Da santo a giullare e tutta una vita passata a riabilitarsi per una partita. Per una sola partita storta. Capro espiatorio di una debacle collettiva, eppure i mirini di stampa, tifosi e popolo era tutti puntati su di lui. Valdir Peres è l’incarnazione umana delle parole leggere e pungenti dello scrittore Eduardo Galeano che, nel romanzo “Splendori e miserie del gioco del calcio”, alla voce portiere dice questo. Da leggere tutte d’un fiato:
Lo chiamano anche portiere, numero uno, estremo difensore, guardapali, ma potrebbero benissimo chiamarlo martire, paganini (nella zona rioplatense indica scherzosamente chi paga il conto), penitente, pagliaccio da circo. Dicono che dove passa lui non cresce l’erba. E quando la squadra ha una giornata negativa, è lui che paga il conto sotto una grandinata di palloni, espiando peccati altrui. Gli altri giocatori possono sbagliarsi di brutto una volta o anche di più, ma si riscattano con una finta spettacolare, un passaggio magistrale, un tiro a colpo sicuro: lui no. La folla non perdona il portiere. E’ uscito a vuoto? Ha fatto una papera? Gli è sfuggito il pallone? Le mani di acciaio sono diventate di seta? Con una sola papera il portiere rovina una partita o perde un campionato, e allora il pubblico dimentica immediatamente tutte le prodezze e lo condanna alla disgrazia eterna. La maledizione lo perseguiterà fino alla fine dei suoi giorni
Valdir Peres è stato questo. Semplicemente vittima. Lui era l’estremo difensore della Nazionale brasiliana durante il Mondiale del 1982, quello disputato in Spagna e a noi, italiani, tanto caro quanto immortale.
Voluto dal ct Telé Santana per difendere i pali, Valdir Peres si trovò davanti l’uragano Paolo “Pablito” Rossi nella partita vinta dall’Italia 3-2 contro i verdeoro. Era il 5 luglio 1982, la “Tragedia del Sarrià”, venne ricordata da sponda brasiliana quella disfatta, a Barcellona, nell’Estadio Sarrià. Portiere contro portiere: da un lato, Zoff osannato e benedetto con tanto di parata del secolo a tempo scaduto; dall’altro il brutto anatroccolo.
Quella fu anche l’ultima partita per Peres in Nazionale: ritenuto uno dei maggiori colpevoli non sarà mai più convocato nella Seleção. Al rientro a casa, fu deriso da tutti: un ragazzino, all’aeroporto, gli consegnò un disegno, la sua caricatura con su scritto “Valdir Peres, specialità polli allo spiedo”.
A vedere e rivedere le immagini di quella partita, Peres non commise alcun errore grossolano o pacchiano sui tre gol subiti. Non aveva responsabilità, almeno lui. In realtà, tutto quel Mondiale fu una gogna: all’esordio contro l’Urss intervenne a “saponetta” su un tiro innocuo di Bal che segnò la rete del vantaggio dei sovietici. E giù con le critiche che si trascinarono anche a rassegna terminata.
Valdir sembrava un pesce fuor d’acqua in una squadra di prime donne tutte altezzose, lui pelato a 25 anni assieme a compagni dalla chioma fluente. Eppure prima del Mondiale 1982, Peres era un vincente: quattro campionati paulisti, una Copa do Brasil e un titolo nazionale oltre alla conquista, nel 1975, del Bola de ouro, il pallone d’oro brasiliano, primo portiere a vincere il trofeo e ad aprire le porte ai vari Taffarel e Rogerio Ceni.
Ma non bastava. Così da santo divenne giullare. Sì, venne anche chiamato Sao Valdir: era il 19 maggio 1981, amichevole di prestigio Stoccarda, tra Brasile e Germania Ovest. A dieci minuti dal termine, con i verdeoro avanti 2-1, i tedeschi beneficiarono di un rigore e sul dischetto si presentò lo specialista Breitner. Il primo tentativo fu respinto da Peres, ma per il direttore di gara il portiere si era mosso anzitempo e il penalty era da ripetere. Al secondo tentativo Breitner cambiò angolo, ma il numero uno brasiliano respinse nuovamente:
Al rientro in albergo il personale di servizio dell’hotel mi portò in trionfo. Avevano visto la partita in tv ed erano rimasti impressionati dalle mie prodezze. Rimasi sorpreso di fronte a tale slancio emotivo. La stampa brasiliana il giorno dopo parlò apertamente di Sao Valdir
La rivincita delpelato contro il capellone.
E’ morto il 23 luglio 2017, all’età di 66 anni colpito da un infarto durante una festa di compleanno a Mogi Mirim, nello stato di San Paolo. Non poteva andarsene via se non nel mese di luglio. Splendori e miserie del gioco del calcio.
Fonti:
–Storie di calcio;
–Calcioesteronews.it
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