Se esiste un mondo dove l’impossibile è il regno del possibile, quello è il calcio. Gli esempi sono innumerevoli: da Capello (“Mai alla Juve) in bianconero a Ronaldo il fenomeno al Milan dopo il nerazzurro di qualche anno prima. Da Figo passato dal Barca al Real a Marcello Lippi all’Inter dopo la Signora alla fine degli anni Novanta. Così come sembrava una follia l’arrivo a Torino di Higuain nel 2016 o la panchina dei Bauscia per Antonio Conte, promesso sposo per la società di Suning. Ecco perché le due pazze idee delle ultime ore per il totomister della Juve sono meno improbabili di quanto sembrano: Maurizio Sarri e Josè Mourinho.
Sulla prima pagina del Sun oggi
Perché Sarri
Gli attriti con la Signora, la presa del Palazzo contro il potere bianconero, la retorica popolare sul sarrismo contro il capitalismo della squadra della Fiat. Tutto verrebbe meno in un battito di ciglia, dopo le prime vittorie. E anche il dito medio esposto prima di Juve Napoli lo scorso anno indicherebbe solo un anno di attesa prima dell’arrivo alla Signora. Sarri sarebbe il profilo ideale per fare una rivoluzione tecnica. D’altronde se mandi via Allegri, avrebbe poco senso ingaggiare un allenatore con all’incirca lo stesso modo di giocare (Inzaghi, Mihajlovic) ma con meno appeal. E visto che Guardiola, Klopp e Pochettino sembrano irraggiungibili economicamente, il tecnico ex Napoli ed Empoli sarebbe l’ideale per una svolta tanto invocata sui binari dell’intensità e del bel gioco.
Perché Mourinho
Conte all’Inter e Mourinho alla Juve. Potrebbe essere la trama di uno dei prossimi episodi di Black Mirror e invece sarebbe lo scenario clamoroso della prossima serie A. Dal 2008 in poi, anno del suo approdo in nerazzurro, il portoghese è in cima alla lista dei nemici della Juve. Punzecchiature qua e là, esultanze irridenti (Juve Manchester United è solo di qualche mese fa), gli zeru tituli di scherno negli anni del dominio nerazzurro. Eppure Josè non è mai stato tenero anche nei confronti della sua ex amata (con lo scudetto vinto in segreteria). Potrebbe essere l’uomo giusto per regalare la tanto agognata Champions, che a Torino manca da 23 anni così come a Milano mancava da una vita (1966 prima del 2010). E sembra anche che i rapporti con Cristiano Ronaldo siano notevolmente migliorati dopo gli anni burrascosi al Real Madrid.
Anche da subentrante in panchina fa le cose per bene così come accadeva da giocatore. Ole Gunnar Solskjaer è il nuovo manager dal Manchester United dal 19 dicembre al posto di José Mourinho. Finora in Premier League l’ex attaccante norvegese ha saputo solo vincere. Quattro partite, quattro vittorie: 14 gol fatti, 3 reti subite. Una posizione di classifica sensibilmente migliorata nei distacchi rispetto allo Special One. Sesto posto, ma a sola 3 e 6 lunghezze di distanza da Arsenal e Chelsea che precedono i Red devils. E una serie di giocatori rivitalizzati, a partire da Pogba.
4 – Ole Gunnar Solskjaer is only the second manager in Manchester United history to win his first four league games in charge of the club, after Matt Busby in 1946. Revival. #NEWMUNpic.twitter.com/Dt9XpCfGms
L’obiettivo per Solskjaer è continuare questa striscia positiva anche in FA Cup. Oltremanica il calcio non si ferma mai e oggi è in programma il terzo turno di Coppa d’Inghilterra. All’Old Trafford arriva il Reading, formazione che milita in Championship. Le quattro vittorie consecutive nell’era Solskjaer costituiscono un record prestigioso. Era dai tempi di Sir Matt Busby nel 1946 che il club non raggiungeva un filotto di vittorie simile. Prima di una piccola pausa, il Manchester vuole fare strada in Coppa. Poi si volerà a Dubai, in quello che tutto sembra tranne che un ritiro. La Premier ripartirà il 12 gennaio, il giorno dopo lo United sarà impegnato a Londra con il Tottenham. Solskjaer preparerà la partita nel lussuoso resort “One & Only Royal Mirage Arabian Court” di Dubai, votato tra i migliori 25 alberghi degli Emirati Arabi Uniti.
La situazione aggiornata dopo quattro partite con #Solskjaer allenatore del #ManUtd è la seguente:
Lì Pogba e compagni potranno rinvigorire l’amalgama di gruppo persa con Mourinho. L’arrivo di Solskjaer ha fatto bene a diversi campioni che sembravano dispersi. Pogba, ad esempio. Dalle voci su una probabile cessione a 4 reti e 3 assist in tre partite. Poi Rashford (3 gol e 1 assist), Lingaard (2 gol e 1 assist), Martial (1 gol e 1 assist) e Sanchez (1 assist).
Tutto merito del norvegese, abile da subentrante anche quando segnava gol decisivi nel Manchester di Ferguson. Chiedere per informazioni al Bayern Monaco nell’incredibile finale di Champions di vent’anni fa a Barcellona. L’unico problema per giocatori e addetti ai lavori sembra essere solo uno: ma come si pronuncia davvero Solskjaer? La risposta arriva direttamente dall’interessato.
Surely the day’s Big Question: just who pronounced Solskjaer’s surname the best?pic.twitter.com/TWQA9RXJwU
Chiamatelo pure Special Once. C’era una volta lo Special One strabiliante, quello della Champions League impossibile al Porto e dell’ancor più assurdo triplete dell’Inter del 2010. E in mezzo l’amore più bello con il Chelsea ambizioso di Abramovich e la prima Premier League vinta dopo 50 anni. Quel José Mourinho che in dodici anni, dal 2003 al 2015, ha rivoluzionato il calcio europeo tra Portogallo, Inghilterra, Spagna e Italia, portando a casa 22 titoli, non c’è più.
Quello che si toglieva la medaglia dal collo mentre il Porto alzava la Champions League, quello “padrone” del suo futuro che piangeva e abbracciava Materazzi dopo la finale di Madrid, ecco quel Mourinho che non è più artefice del suo destino. E lo dimostrano le sue ultime due gestioni, dal ritorno al Chelsea agli ultimi anni al Manchester United, da una coincidenza di tempi beffarda: il 17 dicembre 2015 José Mourinho veniva esonerato dal Chelsea, tre anni dopo il 18 dicembre 2018, esattamente alle 9.46 orario inglese, il manager portoghese viene licenziato dal Manchester United.
Manchester United has announced that Jose Mourinho has left the Club.
We would like to thank him for his work during his time at Manchester United and wish him success in the future. #MUFC
Nell’arco temporale di tre anni, due bocciature pesanti per lo Special One, con tre glorie isolate come la conquista della Coppa di Lega, dell’Europa League e della Community Shield, con i Red Devils, nel 2017. Tre trofei, certamente importanti, ma che non hanno entusiasmato l’ambiente di Manchester abituato ai fasti di Alex Ferguson, a vincere le coppe “di Serie A” e a trionfare in Premier Leauge. Mou viene esonerato per un gioco mai decollato e apprezzato, ma anche e soprattutto per i risultati mediocri, ennesimi, in Premier. Nel complesso dei due anni e mezzo, è stato in panchina 144 volte, vincendo 84 partite, pareggiandone 31 e perdendone 29, ma pesa il sesto posto in classifica, lontani dalla zona Champions e a -19 dal Liverpool che è in testa e proprio domenica 16 dicembre vittorioso per 3-1. Pesa la gestione burrascosa con alcuni giocatori importanti dello spogliatoio dal capitano Valencia a Lukaku, ma soprattutto con Paul Pogba, la cui immagine da imbacuccato spettatore panchinaro durante la partita di Anfield è eloquente.
Per la quarta volta in carriera, Mourinho non riesce a completare l’anno calcistico all’interno della medesima società. Oltre all’ultima esperienza di Manchester e al già citato esonero di tre anni fa al Chelsea, nella carriera del portoghese, è successo solamente altre due volte e, coincidenza, ancora a dicembre: nel settembre del 2000, Mourinho lasciò il Barcellona per essere ingaggiato dal Benfica in sostituzione dell’esonerato Jupp Heynckes. Fu la prima esperienza su una panchina prestigiosa, ma dopo sole nove partite di campionato, il 5 dicembre, rassegnò le dimissioni a causa del cambio di presidenza del club.
Nel gennaio 2001 si accasò all’União Leiria, conducendo la squadra prima al quinto posto, la posizione più alta mai raggiunta dal club, e poi al terzo posto nel dicembre del campionato 2001-2002 prima di passare, ancora una volta durante l’ultimo mese dell’anno, al Porto. Esattamente la squadra da cui è partita la rincorsa verso il successo. Il successo dello Special One…ora Special Once.
Non sappiamo se la Treccani creerà il neologismo Mourinhate seguendo la scia delle parole Cassanate, Sarrismo o Tottilatria, certo però con il gesto di ieri sera Josè Mourinho aggiunge un’altra “sceneggiata” alla lista della sua carriera da allenatore.
Al fischio finale tra Juventus – Manchester United il tecnico portoghese ha risposto agli sfottò del pubblico juventino durante il match, con un gesto che ha fatto discutere. Mano vicino all’orecchio a significare “Non vi sento! Non parlate più?”. Un’azione che ha fatto innervosire i tifosi juventini e anche i calciatori (su tutti Leonardo Bonucci) hanno voluto frenare il tecnico per l’esagerazione del suo comportamento. Anche il giornale sportivo inglese Sun sport non l’ha presa bene.
In realtà anche all’andata c’è stato qualcosa di simile. Fischi continui da parte dei tifosi juventini in trasferta all’Old Trafford per i suoi trascorsi all’Inter e il tecnico lusitano che al termine del match alza la mano destra indicando il numero tre, in ricordo del triplete nerazzurro del 2010 non ancora riuscito invece alla Juventus. Stesso gesto del numero tre alzato qualche giorno prima anche in Premier League allo Stamford Bridge di Londra tra Chelsea e i Red Devils. Mourinho risponde ai fischi del pubblico ricordando che lui è l’allenatore più vincente dei blues con i suoi tre titoli nazionali.
Mourinho che, con le tre dita, ricorda ai tifosi blues i titoli nazionali vinti col Chelsea
Ancora contro il Chelsea un altro show di questi livelli s’è tenuto quando sulla panchina blues sedeva Antonio Conte. I due pare non si amino alla follia e ciò o si è visto in campo in alcuni match tra i Red Devils e il Chelsea di Premier. Allo Stamford Bridge, finisce 4-0 e l’ex interista esplode nel finale avvicinandosi al collega dicendogli all’orecchio, ma in maniera evidente, che “no, così non va, non si esulta in questo modo, è mancanza di rispetto nei confronti dell’avversario sconfitto”. In FA Cup avviene invece un vero e proprio faccia a faccia davanti al quarto uomo. Lo scontro continua negli spogliatoi, a quanto pare, nuovo contatto ravvicinato. E a fine gara ennesimo siluro del portoghese, stavolta contro i propri ex tifosi: “Io Giuda? Sì, ma Giuda number 1”.
Il “caldo” confronto con Antonio Conte
REAL MADRID
Ma non è la prima volta che il lusitano si rende protagonista di uscite poco eleganti. Se lo ricordano bene in Spagna soprattutto i tifosi del Barça, quando era sulla panchina dei blancos. Al termine della partita di Supercoppa di Spagna tra Real Madrid – Barcellona, vinta dai catalani per 3-2, scatta una rissa tra calciatori e panchine. Mourinho va fuori di sé e aggredisce il vice di Guardiola, Tito Vilanova, con un dito nell’occhio che gli costarono due turni di stop.
Il dito nell’occhio di Vilanova dopo il match di Supercoppa di Spagna
Da ricordare anche i “Porqué?” ancora dopo un’eliminazione del suo Real contro il Barcellona. I vari perché dopo la partita per le tante scelte sbagliate dell’arbitro del match.
INTER
Tanti i successi con l’Inter ma anche molte scenette del portoghese sia in campo che fuori. Su tutte il famoso gesto delle manette contro la Sampdoria a san Siro pareggiato 0-0. Per i nerazzurri due espulsioni, gesto a favore di telecamera e quindi polemica contro la classe arbitrale, accusata di aver un diverso riguardo con le altre squadre. Il portoghese prese tre giornate di squalifica e 40 mila euro di multa.
Il famoso gesto delle manette durante il match Inter – Sampdoria
Altro capitolo è stato lo show al Camp Nou nella semifinale di ritorno contro il Barcellona del 2010. Una serata ricca di episodi: dall’ingresso in campo per il riscaldamento a prendersi insulti dal pubblico per fare da scudo ai suoi giocatori, al siparietto con Guardiola e Ibrahimovic in cui va a mettere pressione durante un confronto tattico, alla corsa finale sotto il settore ospiti con tanto di lite con il portiere Valdes.
PORTO
Per trovare una storica scenetta in casa Porto, dobbiamo fare un tuffo alla finale di Champions League vinta nel 2004. José Mourinho non appena riceve la medaglia per la vittoria, scatta una foto con i suoi calciatori e fugge via sfilandosi il simbolo della vittoria. Gesto molto forte che significò l’addio del tecnico dalla panchina lusitana, lo aspettava a braccia aperte Abramovich a Londra.
Il suo addio al Porto dopo la finale di Champions League 2004
José Mourinho ama attirare l’attenzione su di sé. Sia quando vince sia, soprattutto, quando le sue squadre vanno male. Il suo Manchester United non è in un gran momento. Decimo in campionato, falcidiato dalle assenze (Fellaini, Lingard, Sanchez), ha perso male in casa contro la Juventus in Champions League più di quanto non abbia detto il risultato finale (0-1). Così, all’89’ del match di Old Trafford contro i bianconeri, ha deciso di fare uno dei suoi soliti show. Dopo aver involontariamente (?) disturbato Bernardeschi sulla linea laterale del campo, Mourinho è stato bersagliato dai cori di scherno dei tifosi juventini. Mou, come è noto, non è uno troppo diplomatico o politically correct. Ha risposto a quegli insulti alzando le tre dita in segno di sfottò. Il messaggio, non troppo velato, si riferiva al Triplete centrato dall’Inter nel 2010. Scena fotocopia ripetutasi qualche giorno fa a Stamford Bridge. Il pareggio in extremis di Barkley ha reso burrascoso il finale di partita. I supporter del Chelsea non amano più molto il loro vecchio trascinatore e hanno iniziato a deriderlo. Mourinho ha nuovamente alzato le tre dita, ricordando le tre Premier vinte con i Bleus.
Allenatori che perdono la pazienza con i tifosi. Il tecnico di Setubal non è solo in questa speciale classifica.
Harry Redknapp – Oggi ha 71 anni, è un tecnico di lungo corso nel calcio inglese sulle panchine, tra le altre, di Bournemouth, Southampton, Tottenham, Portsmouth, QPR Rangers e una parentesi da ct della Giordania. Nel 1994 Redknapp allenava il West Ham e fu protagonista di una storia a metà tra realtà e leggenda. In quell’estate, durante un’amichevole tra gli Hammers e l’Oxford United, il manager ebbe un siparietto con un tifoso piuttosto critico verso il suo West Ham e in particolare con l’attaccante Lee Chapman. Sfortuna volle che quest’ultimo si infortunasse. Allora Redknapp, stufo di quanto stava sentendo dalle tribune, si rivolse alle sue spalle, individuando quel rompiscatole di supporter. Si chiamava Steve Davies. «Ehi tu, che parli tanto, sei bravo a giocare quanto a parlare? Sapresti fare meglio di Chapman?». Davies non si tirò indietro, prese la maglia numero 3 dal magazziniere, indossò gli scarpini e realizzò il sogno di ogni tifoso. Entrare in campo con la propria squadre del cuore. Ma chi è quel giocatore, si chiedevano giocatori e spettatori. «Come non lo conoscete? Non lo avete visto ai Mondiali? E’ Tittyshev, il bulgaro», esclamò divertito Redknapp. E Steve Davies detto Tittyshev fu annunciato dallo speaker ed entrò in campo. La leggenda narra che segnò addirittura un gol, poi annullato per fuorigioco. D’altra parte aveva giocato a Usa ’94, vero Harry?
Redknapp rimbrotta il tifoso critico, prima di invitarlo a scendere in campo
Cesare Maldini – Il 27 giugno 1998 la Nazionale italiana disputa gli ottavi di finale di Francia ’98 al Velodrome di Marsiglia contro la Norvegia. E’ l’Italia vicecampione del mondo a Usa ’94, con Pagliuca e Maldini, Costacurta e Albertini, Di Biagio e Dino Baggio, Del Piero e Vieri. Proprio Bobo sblocca la partita al 18’, cui segue la memorabile esultanza uno di fronte all’altro con Pinturicchio. Del Piero, reduce dall’infortunio muscolare in finale di Champions contro il Real Madrid, non è al meglio. Il ct Cesare Maldini ha Roberto Baggio in panchina, ma non lo fa entrare. I tifosi dietro la panchina iniziano a protestare, chiedono l’ingresso in campo del Divin Codino. Maldini padre lascia perdere per un attimo la partita nel secondo tempo e si mette a battibeccare con chi invocava la sostituzione con Baggio. Quasi per ripicca Del Piero esce, ma viene sostituito da Enrico Chiesa. Così imparate a discutere delle mie scelte, è il messaggio che viene recapitato da Cesare Maldini ai 60 milioni di commissari tecnici in Italia.
Carlo Mazzone – E’ probabilmente l’episodio più famoso di questa classifica. Quello che ha reso immortale il Sor Carletto da Trastevere. 30 settembre 2001, stadio “Rigamonti” di Brescia. C’è il derby, sentitissimo, tra le Rondinelle e l’Atalanta. Dopo il vantaggio di Roberto Baggio, gli orobici capovolgono la situazione con Sala, Doni e Comandini. A 15 minuti dalla fine gli ospiti sono avanti 3-1. Carlo Mazzone ha 64 anni, siede sulla panchina del Brescia dopo gli anni, tra le altre, di Ascoli e Roma. Dalla curva ospite inizia a sentire cori beceri che proprio non si aspettava. Ancora Baggio accorcia le distanze, 2-3 al 75’. Mazzone confida al suo storico vice, Leonardo Menichini: «Se famo er tre pari vado sotto a curva». E il pareggio arriva, a tempo scaduto con la tripletta del fuoriclasse con il codino. Carletto a quel punto si lancia in una corsa sfrenata verso il settore atalantino, Menichini non riesce a fermarlo. Quando torna a centrocampo esclama all’arbitro Pierluigi Collina: «Buttame fuori, me lo merito».
La corsa di Carlo Mazzone verso il settore dell’Atalanta
Roberto Mancini – I precedenti che riguardano l’attuale tecnico della Nazionale sono diversi, complice il suo carattere fumantino. Il primo episodio è datato 9 gennaio 2005. A San Siro l’Inter del Mancio ospita la Sampdoria di Novellino. Gli ospiti fanno un gran match e vanno avanti 2-0 con Tonetto e Kutuzov. Il Meazza mormora, bersaglio delle critiche è l’allenatore, staccato in classifica da Juve e Milan e affetto dalla pareggite, con 12 pari nelle prime 16 partite. Ma dall’86’ i nerazzurri mettono a segno una clamorosa rimonta in pochi minuti. Martins, Vieri e il gol nel recupero di Recoba firmano un’impresa memorabile. Al gol dell’uruguaiano, Mancini si gira verso la tribuna facendo esplodere tutta la sua rabbia verso chi l’aveva contestato anzitempo. Nel 2016, in occasione del derby contro il Milan perso per 3-0, Mancini viene espulso e quando esce dal campo mostra il dito medio ai tifosi rossoneri. La sua serata da incubo continua con la lite in diretta tv negli studi Premium con Mikaela Calcagno. Infine, lo scorso marzo, sulla panchina dello Zenit San Pietroburgo, il Roberto furioso se la prende su instagram su un tifoso che l’aveva insultato dopo il pareggio con il Rostov, invitandolo andare a quel Paese. Mancini gli replicava riferendosi, poco garbatamente, alla sorella del sostenitore russo.
Il dito medio di Mancini ai tifosi del Milan dopo un derby
Maurizio Sarri – Infine l’ex tecnico del Napoli, oggi al Chelsea, è stato al centro delle polemiche prima del match scudetto Juve Napoli dello scorso aprile. L’arrivo del pullman partenopeo all’Allianz Stadium è accolto, come purtroppo capita spesso, da insulti ripetuti alla squadra e alla città campana. Sarri non ci sta e mostra il dito medio ai tifosi che erano ai lati del bus. Dopo la partita, vinta per 1-0 con gol di Koulibaly al 90’, l’allenatore toscano rincara la dose:
Sarei anche sceso dal pullman perchè se uno mi sputa e mi insulta perchè napoletano, parola usata come un insulto, meritava che scendessi dal pullman
Il dito medio di Maurizio Sarri ai tifosi della Juventus
Chelsea Manchester United non è mai una partita come le altre. La rivalità storica tra le due squadre di alta classifica si è accentuata dopo l’approdo di Jose Mourinho sulla panchina dei Red Devils. L’ex tecnico dei Bleus a Londra ha vinto tre Premier League, ma non è più troppo amato a Stamford Bridge. Prima le polemiche con Antonio Conte, quando l’allenatore italiano allenava Hazard e compagni. Poi il finale burrascoso dopo il pareggio in extremis della squadra di Maurizio Sarri nel match dell’ultimo turno di Premier.
Dopo il gol nel primo tempo di Antonio Rüdiger, il Manchester aveva ribaltato il match con una doppietta di Anthony Martial nella ripresa. Al 96’ ci ha pensato Ross Barkley in mischia a regalare un punto prezioso al Chelsea. Proprio dopo il gol del centrocampista di casa si è scatenata una rissa dalle parti della panchina di Mourinho. Un assistente di Maurizio Sarri, Marco Ianni, si è lasciato andare un’esultanza di troppo proprio davanti allo Special One che non ha gradito. Si è così scatenata una rissa furibonda che è stata sedata solo grazie all’intervento degli uomini della sicurezza e dei componenti delle rispettive panchine.
💥 Scenes at Stamford Bridge! 💥
Jose Mourinho says he has accepted an apology from @ChelseaFC assistant coach Marco Ianni, who sparked chaos in the dugout following Ross Barkley’s last-minute equaliser! 😳
Sono stato insultato da Ianni e non mi ha fatto piacere. Sarri è stato il primo a venire da me e dirmi che avrebbe risolto il problema: Maurizio mi ha portato nel suo ufficio per scusarsi e ha portato pure il suo assistente affinché si scusasse pure lui. Le ho accettate e non c’è altro da dire
Maurizio Sarri, dal canto suo, ha ammesso l’errore del suo collaboratore:
Sinceramente, non ho visto quello che è successo, ma ho parlato con José e naturalmente ho parlato con il mio staff perché credo fossimo dalla parte del torto. E quindi l’ho affrontato immediatamente in privato
Non bastasse il pareggio beffa e la rissa finale, Mou ha concluso il suo pomeriggio a Stamford Bridge con i fischi e gli insulti dei suoi ex supporter. Il manager portoghese ha rispedito le punzecchiature al mittente indicando con le tre dita il numero di Premier vinte con il Chelsea.
L’inizio di stagione dei Red Devils non è stato dei migliori. Dopo sei giornate di Premier League la squadra arranca al settimo posto, con soli 10 punti. Il Liverpool a punteggio pieno è a 18, Manchester City e Chelsea sono avanti di 6 (16 punti). In Champions League l’esordio è stato convincente ma in un test poco attendibile: vittoria per 2-0 sul campo degli svizzeri dello Young Boys, nello stesso girone di Juventus e Valencia.
Pogba e compagni dopo il ko interno (0-3) contro il Tottenham
Male, malissimo in Coppa di Lega, con la clamorosa eliminazione interna per mano del Derby County (club che milita in Championship) dell’allievo Frank Lampard. Proprio in questa occasione si è consumata l’ultima faida interna tra Mou e Pogba, originata da un video postato dal francese su instragram durante il match (poi perso) di Carabao Cup. Un episodio infelice che ha scatenato le ire del tecnico portoghese: il campione del mondo Bleu è stato infatti degradato da vice capitano. All’indomani del ko in Coppa, le telecamere hanno poi catturato un istante dell’allenamento in cui i due dialogano a muso duro nel centro sportivo di Carrington.
Inequivocabili le parole di Mourinho alla vigilia della gara con il West Ham
Il Manchester United è più grande di chiunque altro e io devo difenderlo
Ma non basta perché secondo la stampa inglese lo Special One non avrebbe gradito l’atteggiamento di Rashford dopo la partita contro lo Young Boys. Indiscrezioni d’OltreManica raccontano di uno spogliatoio diviso a metà: da una parte l’ala guidata da Pogba con Martial, Bailly, Rashford, Shaw e Pereira, dall’altra Mou supportato da Sanchez, Fellaini, Valencia, Matic, Young. Una situazione che alimenta le voci di un addio da Manchester di entrambi i protagonisti. Su Pogba ci sarebbe il Barcellona o un possibile ritorno alla Juve mentre il fantasma di Zidane aleggia sulla panchina di Old Trafford.
Arriva un punto esatto della carriera manageriale dove il più giovane e allievo mette la freccia e sorpassa il più anziano (o meglio dire del più esperto), con cui magari hanno passato anni sportivi assieme, tra vittorie e delusione. Giovedì 25 settembre, nella notte del terzo turno di Coppa di Lega inglese è successo proprio questo: da una parte Frank Lampard, ex leggenda del Chelsea, ora allenatore del Derby County (in Championship), dall’altra José Mourinho, attuale allenatore del Manchester United, ma che a Londra ha scolpito il suo nome nella storia.
E ancora, da un lato il centrocampista che è sceso in campo ininterrottamente dal 2001 al 2005, arrivando al record di 164 gare consecutive; di fronte il manager portoghese che, arrivato nel 2004, con i suoi modi di fare e di intendere il pallone ha portato i Blues a tre Premier League, tre Coppe di Lega, un Community Shield e una Coppa d’Inghilterra.
E così il passato si affaccia nel presente e fa lo sgambetto: il Derby County ha sbancato l’Old Trafford ai calci di rigore, dopo il 2-2 al novantesimo. A Mourinho non basta il gol di Juan Mata al 3′: al 59′ gli ospiti riaprono i conti con Wilson e a complicare le cose ci pensa il portiere Romero, espulso al 67′ per fallo di mano. Il gol di Marriott all’85’ porta gli ospiti addirittura avanti, prima del 2-2 messo a segno da Fellaini nel recupero. Ai rigori passano gli ospiti 8-9, con l’errore decisivo di Philip Jones dal dischetto.
Manchester United eliminato dalla Coppa, un brutto ko dopo un avvio di stagione insoddisfacente al punto che Lampard alla vigilia del match aveva detto: «We’re both in a sack race», ovvero entrambi rischiano l’esonero. Sì perché se lo United è lontano dalla vetta della Premier League, il Derby singhiozza, è sesto, a soli due punti dal primo posto, ma non sta ancora dando quella sicurezza e stabilità di rendimento.
Ma Frank torna a casa con un enorme sorriso e una grande iniezione di fiducia che corona una settimana indimenticabile, anzi cinque giorni: venerdì ha annunciato la nascita di sua figlia, sabato è tornato alla vittoria in campionato battendo 3-1 il Brentford e giovedì notte l’impresa di Manchester.
Un campione, si sa, non lo è solo in campo durante una gara, ma lo è a 360 gradi, anche nella vita quotidiana. Un gesto d’affetto, di rispetto e di passione, infatti, può essere più indelebile di un trionfo in un match o della conquista di un trofeo.
Proprio questo è quello che capita a quei fuoriclasse che sono veri uomini anche lontano dalle competizioni agonistiche.
BebeVio, vincitrice dell’oro paralimpico nel fioretto alle Olimpiadi di Rio 2016 e icona dello sport italiano,fa parlare molto di sé anche quando non è in pedana. Tra sketch ironici sulla sua disabilità e campagne di sensibilizzazione per le vaccinazioni, la campionessa ha regalato un’immensa gioia a una sua collega di fioretto AlicePigato, un’atleta 16enne di NoviLigure. Durante un torneo valido per il campionato nazionale la giovane Alice ha portato a casa la terza posizione, preceduta da AlessiaBiagini e proprio da BebeVio, vincitrice della prova. La campionessa paraolimpica, al momento della premiazione, non ha esitato un attimo nel regalare la sua medaglia d’oro proprio ad Alice.
Ma Bebe Vio non è stata la prima a fare quest’umile gesto. In passato, infatti, campionissimi come ad esempio il rugbista neozelandeseSonnyBWilliams o la Nazionale azzurra di pallavolo maschile o il pugile Carl Frampton.
Williams, il centro degli AllBlacks, poco dopo aver ricevuto la medaglia d’oro della Coppa del Mondo 2015 a Londra, ha voluto premiare un ragazzino che era entrato in campo proprio per abbracciare il suo beniamino. Il piccolo, dopo essersi divincolato dalla polizia è riuscito a farsi notare dai giocatori neozelandesi che stavano festeggiando la vittoria ed è stato preso in custodia proprio da Williams, il quale dopo quest’umile gesto è stato definito golden heart.
E dal cuore d’oro sono stati anche i ragazzi della nazionale italiana di pallavolo, i quali hanno deciso di donare il premio di 50mila euro ottenuti dalla Fondazione Giovanni Agnellialle popolazioni colpite dal terremoto in Umbria, Lazio e Marche. Durante la stessa premiazione, anche il fiorettista Daniele Garozzo, oro a Rio 2016, ha voluto devolvere la vincita di 150mila euro in beneficenza.
Anche dalla Scozia giungono notizie dal sapore romantico. L’exallenatoredel GlasgowRangers, MarkWarburton, colui che è stato l’artefice del ritorno in Premiership della squadra più titolata di Scozia, ha regalato la sua medaglia a un piccolo supporter dei Gersaffettodauna raramalattia. Il gesto è stato complimentato in primis dal giovane fan ma soprattutto da altri personaggi famosi.
Un gesto insperato l’ha subito anche un altro giovanissimo appassionato di boxe, DevonGillespie, il quale ha ricevuto a sorpresa la medaglia del pugile nordirlandese, CarlFrampton. Dopo aver firmato l’autografo al piccolo Devon, il boxerbritannico gli ha piacevolmente offerto la medaglia ottenuta poco prima.
Discorso inverso è accaduto al forte pugile irlandese, MichaelConlan. Un bambino di 5 anni ha fatto recapitare all’atleta una lettera scritta di suo pugno oltre che una medaglia vinta a scuola per sottolineargli la sua ammirazione nonostante la sconfitta subita alle Olimpiadi in Brasile.
Very warming message from this young lad, if anyone knows who he is, could they please tell him I hve a gift for him pic.twitter.com/0SQJ63TvEr
Il tecnico, JosèMourinho, è stato addirittura due volte coinvolto in “generosi” regali ad estranei. Lo Special One, forse troppo abituato a vincere, ha regalato, sia nel 2009 quando era allenatore dell’Inter dopo la sconfitta in SupercoppaItaliana che nel 2015 quando era al Chelsea, la sua medaglia d’argento a persone presenti in tribuna.
C’è chi però la sua medaglia d’oro olimpica l’ha proprio svenduta in maniera più che goffa. Il polacco PawelFajdek, campionedel mondo nel lancio del martello a Pechino 2015, dopo aver festeggiato la vittoria a suon di brindisi, ha pagato il taxi che lo ha riportato a casa proprio con la medaglia d’oro vinta qualche ora prima non avendo contanti. Per fortuna le autorità cinesi hanno rimediato all’errore dell’atleta visibilmente ubriaco.
Vabbè, nel bene o nel male regalare una medaglia fa sempre notizia.