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Cosa ci rimane della Coppa d’Africa 2017 ? Intervista a Karim Barnabei

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Domenica 5 febbraio cala il sipario sull’edizione 2017 della Coppa d’Africa. Entusiasmante come sempre ha regalato tante sorprese e qualche curiosità che solo la magia della terra africana sa regalarci. In finale ci arrivano l’Egitto e il Camerun, una rematch della sfida del 2008 dove, a trionfare, furono i Faraoni per 1-0. Miglior portiere di quella edizione fu Essam El-Hadary, ancora in campo oggi, a 44 anni.
Le sensazioni, le sorprese, le grandi cadute e uno sguardo al Mondiale in Russia: una chiacchierata con il giornalista Karim Barnabei, inviato di Fox Sports in Gabon.

La Coppa d’Africa 2017 che è edizione è stata? Era lecito aspettarsi qualcosa di più dai padroni di casa del Gabon trascinati dal giocatore del Borussia Dortmund, Aubameyang, o magari dall’Algeria con i vari Ghoulam, Mahrez, Slimani e Brahimi?

«E’ stata un’edizione sorprendente con le favorite che hanno mollato sin da subito all’inizio, proprio come Gabon e Algeria. Ma finalmente si è iniziato a capire che è necessario progettualità nel calcio, anche in Africa, anche con le Nazionali. Perché l’Algeria ha ripreso l’allenatore Georges Leekens, dopo 13 anni, solo il 28 ottobre, mentre il Gabon ha preso José Camacho a tre settimane prima dell’inizio del torneo.
Si sta capendo che l’allenatore, da solo, non può cambiare tutto: serve che ci sia sinergia con la federazione e con i giocatori. Infatti, sono andati avanti Nazionali che hanno avuto sostegno completo da parte della federazione, come Hugo Broos, ct del Camerun, nonostante le critiche iniziali dei giornalisti o come Paulo Duarte per il Burkina Faso che ha saputo costruire un rapporto a lungo termine».

Uno sguardo alla finale: l’Egitto si conferma ancora una volta dominante nel torneo, mentre il Camerun arriva quasi a sorpresa considerando il rifiuto di “leader europei”. Quali sono state le forze vincenti per le due squadre? 

«Sono squadre che hanno allenatori con una precisa organizzazione di gioco. Un’organizzazione certosina, direi. Prendiamo Héctor Cuper, per quanto usi il “catenaccio”, rimane un gioco costruito: ha quattro giocatori bloccati dietro fissi e l’Egitto ha subito solo un gol. Poi avanti è spinto dalla rapidità di Trezeguet e Salah che, pur non avendo avuto un andamento costante, quando gli è stato consentito di accendersi, ha sempre risolto la partita.
Il Camerun è lo stesso: pressing, incursioni, con Bassogog arma in più dulla destra. Hugo Bross ha messo su una squadra solida, nonostante abbia perso otto giocatori prima dell’inizio della Coppa d’Africa o per rinuncia o per infortunio, ma alla fine il Camerun è arrivato fino in fondo perché il calcio è uno sport di squadra.
L’Egitto non era tra le favorite: è una squadra da temere e rispettare per la storia che scritto in questa manifestazione. E’ un rullo compressore con nove partecipazioni e sette vittorie. Intimoriscono a differenza, però, delle qualificazioni mondiali dove non riescono ad fare il salto di qualità e dove la partecipazione a un Mondiale, manca da Italia ’90».

Parliamo delle curiosità: una è, senza dubbio, il portiere dell’Egitto, Essam El-Hadary, coi sui 44 anni. Ce ne puoi parlare? Quanto è stato decisivo?

«La storia di El-Hadary è frutto di un piano contorto della storia. C’era attesa per il calciatore più anziano a scendere in campo, ma inizialmente Cuper aveva scelto El Shenawy per la partita d’esordio contro il Mali. Ma, dopo nemmeno mezz’ora, è uscito per infortunio ed è iniziato il torneo di El-Hadary che ha chiuso la porta a chiave. Decisiva la parata su Bouhaddouz contro il Marocco nei quarti di finale, strepitoso in semifinale dove ha parato due rigori decisivi nella lotteria degli 11 metri, contro il Burkina Faso.
E’ una storia bellissima, una professionalità rara: El-Hadary, ha carisma, portamento fiero. Un ex allenatore egiziano ha detto che lui è l’unico calciatore che conosce ad aver comprato casa sopra al campo di allenamento. Il Cairo ha 15-20 milioni di abitanti se consideriamo l’hinterland e se rimani bloccato nel traffico è finita. Lui, invece, ha preso casa proprio lì in modo tale da poter arrivare anche in anticipo! Non è casualità, lui ha testa: parla sempre di amore per la maglia, dimostra fierezza.
E’ un leader morale: in squadra c’è gente che ha l’età di sua figlia, ma dice di essere un fratello maggiore più che un padre».

Proviamo a guardare oltre, andando verso il Mondiale del 2018. Con i gironi ancora aperti, cosa lascia questa Coppa d’Africa? Quali squadre potremmo vedere in Russia?

«Le qualificazioni, essendo con una diversa densità e spalmate su due anni, sono in pratica uno sport differente in Africa rispetto alla stessa Coppa. L’esempio dell’Egitto è il più eclatante perché manca ai Mondiali da ben 28 anni. Ne passano solo cinque, quindi sicuramente una tra Nigeria e Camerun starà fuori, così come una tra Marocco e Costa d’Avorio.
Non è lo scontro diretto a far la differenza, quindi aspettiamoci delle sorprese sicuramente perché vedremo delle big cadere. Mi incuriosisce il Burkina Faso, inserito nello stesso girone del Senegal perché ha fame, ha voglia di lottare ed è stata una sorpresa, con l’attaccante Aristide Bancé che a 32 anni riesce a fare ancora un lavoro enorme ed è stato l’unico a segnare a El-Hadary».

Giornalista professionista, cura “Curiosità sportive”, rubrica-memorabilia di aneddoti, storie e miti legati allo sport, riavvolgendo le lancette del tempo perché il suo cuore è ancora fermo sulla traversa dove si è stampato il rigore tirato da Di Biagio nel Mondiale del ’98.

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