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Domenica 14 aprile la Premier League potrebbe essere a un bivio con la delicata sfida tra Liverpool, in testa alla classifica, ma con una partita in più rispetto al Manchester City che insegue a due lunghezze, e il Chelsea di Maurizio Sarri che deve tener botta per difendere il terzo posto che vuol dire Champions League. Ma la vigilia è segnata da un pessimo video, diventato virale, in cui alcuni tifosi blues insultano Mohammed Salah, attaccante dei Reds e anche ex del match.

Ecco più che insulti, l’atteggiamento è davvero spregevole e razzista: all’interno di un pub, i supporter londinesi intonano un coro ripetuto, “Salah is a bomber”, con un gioco di parole che non fa riferimento alle sue capacità realizzative, ma a un chissà quale richiamo al terrorismo di matrice islamica, lui che è egiziano e musulmano.

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La società del Liverpool e ha pubblicato una nota ufficiale davvero dura:

Il video che circola in rete, che mostra vili cori discriminatori indirizzati a un nostro giocatore, è pericoloso e disturbante. In questa stagione abbiamo già assistito a ripugnanti episodi di discriminazione negli stadi in Inghilterra, in Europa e in tutto il mondo; atti registrati e pubblicati attraverso vari device. Siamo anche testimoni di numerosi e odiosi attacchi sui social. Questo tipo di comportamento va chiamato per quello che è: puro e semplice fanatismo. Il Liverpool Football Club ritiene che sia dovere delle autorità intervenire urgentemente con tutte le procedure necessarie a identificare e punire chiunque commetta un crimine d’odio. Nel calcio e nella società civile non c’è spazio per queste azioni. Le vittime di tutto questo non sono solo gli individui, ma tutta la collettività, quindi c’è bisogno di una decisa reazione. Per quanto concerne quest’ultimo incidente, il club sta lavorando con la polizia per accertare i fatti attorno a questo filmato, al fine di identificare i singoli soggetti. Inoltre, stiamo collaborando col Chelsea Football Club sulla faccenda. Ringraziamo il Chelsea per la loro condanna e il loro impegno ad agire immediatamente per individuare i responsabili.

Nella chiusura della nota, il club di Liverpool ringrazia il Chelsea per la collaborazione e condanna: infatti, la società di Stamford Bridge ha preso immediatamente provvedimenti, riconoscendo i tifosi protagonisti di questo gesto inqualificabile. Accesso allo stadio negato, abbonamenti ritirati e divieto ad assistere a una partita per almeno 10 anni. Giusto così.

 

Ha bruciato Koulibaly con uno scatto nello stretto, e scusate già se è poco, si è portato sul destro, non il suo piede, e ha battuto Ospina con un tiro rasoterra, infimo, che è passato sotto le gambe del portiere del Napoli. Momo Salah è stato ancora una volta devastante e trascinatore del Liverpool in Champions League: il suo gol al 34’ del primo tempo ha tenuto fino alla fine, grazie anche alla prodezza dell’altro ex-Roma, Alisson, decisivo al 92’ su Milik. E’ l’1-0 che ha dato alla squadra inglese il passaggio del turno agli ottavi, castigando la squadra di Ancelotti a una cocente eliminazione e al terzo posto che vuol dire Europa Leauge.

Ad Anfield erano presenti 52.015 tifosi, la maggior parte dei quali ovviamente fedeli ai colori “reds” e tra questi, mentre lo stadio esulta all’unisono al gol dell’egiziano, ce n’è uno sui cui le telecamere indugiano: è un ragazzo non vedente venuto allo stadio col cugino. Quest’ultimo lo abbraccia e non la smette di urlare per la felicità.

Poi gli si avvicina all’orecchio e gli racconta l’azione che ha portato al gol dell’1-0, l’assolo travolgente di Mohamed Salah. E’ la passione che supera i confini, si incunea nel sangue di chi vive per serate magiche come queste.

 

La BBC in Inghilterra si chiede: «Abbiamo finalmente una lotta al vertice in Premier League?». E a guardare il rendimento di Manchester City e Liverpool la risposta non può che essere positiva. Il colpo di scena era atteso, ed è arrivato alla giornata numero sedici: il primo passo falso del City di Guardiola è arrivato contro il Chelsea di Maurizio Sarri, mentre li Liverpool di Klopp macinava il miglior rendimento nelle ultime 5 partite tra le 20 formazioni di Premier: 5 vittorie su 5, 13 gol fatti e un solo subito.

E quindi c’è il sorpasso in testa: Liverpool 42, Manchester City 41. Quello che ha creato in due anni l’allenatore ex Borussia Dortmund rimarrà scritto nella storia dei Reds perché lo dicono i numeri fino ad ora. Non solo la finale in Champions League, ma anche la miglior partenza in Premier League in 126 anni di storia del club. Trema la voce dalle parti di Anfield che non vede un titolo da 1990, quando ancora si chiamava First Division.

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E proprio da quegli anni riemergono analogie con l’andamento macina risultati di oggi: adeguando le vittorie con tre punti odierni, il Liverpool aveva conquistato 41 punti nella stagione 1990-1991 dopo 16 giornate e alla fine della stagione ha chiuso al secondo posto, mentre grazie alla terza e quarta partenza migliore di sempre nello stesso conteggio delle gare nell’1988 e nel 1979 ha alzato al cielo lo scettro finale.

I numeri fanno impressione anche dal punto di vista difensivo: Alisson e Van Dijk saranno pure stati costosi acquisti, ma attorno all’ex portiere della Roma e all’olandese si sta strutturando una fase difensiva che ha concesso solo sei reti in Premier League. E Jürgen Klopp su questo sta costruendo sia vittorie roboanti come l’ultima 4-0 in casa del Bournemouth o l’1-0 di inizio dicembre con cui ha sbancato il derby del Merseyside contro l’Everton grazie al gol (e alla papera di Pickford) al 96’.

Eroe, tanto per cambiare, nel successo roboante contro il Bournemouth è stato Mohamed Salah che ha realizzato una tripletta, si è portato il pallone a casa, toccando quota 10 reti nella Premier 2018-2019. E considerando le 32 realizzazioni dell’anno passato, in un solo anno e mezzo, l’egiziano è già entrato nella Top10 dei più prolifici marcatori nella storia del Liverpool. E se dovesse continuare la sua marcia letale, già quest’anno potrebbe raggiungere Fernando Torres fermo a 65 reti.

 

E a dimostrazione del bel clima che Klopp e la sua banda sta respirando sotto la Kop, proprio al termine della partita contro la squadra della contea di Dorset, Salah si è distinto per un bellissimo gesto: premiato come Man of the Match ha ceduto il riconoscimento al suo compagno di squadra James Milner che ha toccato quota 500 partite giocate in Premier League.

 

Che Salah fosse venerato in patria non lo si scopre di certo oggi: nelle scorse elezioni in Egitto, nel marzo 2018, l’attaccante del Liverpool ha preso un milione di voti…pur non essendo, ovviamente, candidato. L’exploit dell’egiziano dalla chioma folta, passato da Firenze e dalla Roma, è supportata anche dal suo modo di fare simpatico, sorridente e disponibile, anche e soprattutto sui social.

Sabato 17 novembre si è giocata la partita Egitto – Tunisia, quinta giornata del Gruppo J che assegna due posti per l’accesso alla prossima Coppa d’Africa. Una partita sentita, contro la squadra imbattuta del girone e sugli spalti, a fare il tifo per Momo e compagni, c’era anche una giovanissima tifosa che ha esibito uno striscione davvero divertente:  “Salah, segna per favore! Devo andare a casa per finire i compiti”.

Salah effettivamente ha segnato, anzi ha deciso la partita con una rete al 90’ che ha permesso all’Egitto di vincere in rimonta per 3-2, portarsi a 12 punti e a qualificarsi per la Coppa d’Africa. Ecco sì, promessa mantenuta, ma forse la rete è arrivata un tantino tardi rispetto alle pretese della bambina. Così la stella reds che ha segnato 36 gol in Premier League l’anno passato ed è a quota 12 quest’anno, si è “scusato” su Twitter. Ecco la sua risposta: «Sono veramente dispiaciuto per averti mandato a casa troppo tardi, e anche per averti tenuto fino all’ultimo minuto. Spero che il tuo insegnante capisca la situazione!»

Momo davvero geniale…non solo in sul rettangolo di gioco.

Il quinto Beatle, oggi, è un faraone che incanta Anfield Road. Momo Salah, a sedici mesi dal suo trasferimento in Inghilterra, è già nella storia del Liverpool. La doppietta realizzata in Champions League contro la Stella Rossa di Belgrado non finirà nell’anonimato. Grazie a quei due gol l’egiziano ha centrato il traguardo dei 50 in maglia reds in sole 65 partite. E’ diventato così il giocatore più veloce a segnare così tante reti sulle rive del fiume Mersey. In questa speciale classifica Salah precede, tra gli altri, Albert Stubbins (attaccante del Liverpool negli anni ’40 e ’50, comparve, a proposito di Beatles, sulla copertina di Sgt. Pepper), Fernando Torres, Ian Rush e Daniel Sturridge.

Sono felice di aver segnato 50 reti con il Liverpool, ma la cosa più importante è la squadra. Sono felice di averla aiutata a vincere. Mi auguro di riuscire a vincere la Champions League

Momo è diventato sin da subito il beniamino dei suoi nuovi supporters, dopo le esperienze con Basilea, Chelsea, Fiorentina e Roma. I 42 milioni (più 8 di bonus) spesi per il suo trasferimento Oltremanica oggi valgono molto di più. Capocannoniere lo scorso anno in Premier con 32 gol, nessuno mai ci era riuscito in Inghilterra con quel numero di reti. Assieme a Mané e Firmino, Salah compone un trio d’attacco micidiale che fa le fortune della squadra di Klopp. I tifosi del Liverpool hanno addirittura cambiato il noto motivetto di Sugar Sugar degli Archies per celebrare le prodezze di quei tre. La difesa del Cardiff, oggi avversaria in Premier, è avvisata.

La delusione patita in finale di Champions contro il Real Madrid è andata oltre il risultato, per l’attaccante classe ’92. Il brutto infortunio causatogli da Sergio Ramos ha pregiudicato il mondiale russo, in cui l’Egitto è uscito anzitempo ai gironi inanellando una serie di 3 sconfitte su 3 partite. Tuttavia Momo è ripartito da Anfield lì dove aveva lasciato. Mostrando quel talento puro, unito a una velocità fuori dal comune, che aveva mostrato già nella sua esperienza italiana. Già nei sei mesi di Firenze, prima di Roma, Salah era stato una pedina importante per lo scacchiere di Vincenzo Montella. Una partita su tutte: la semifinale d’andata di Coppa Italia contro la Juventus. All’Allianz Stadium Salah, praticamente da solo, espugnò quella è una vera e propria fortezza per i bianconeri.

Ha scalzato la rovesciata di Cristiano Ronaldo, in Champions League, contro la Juventus. E ha sorpassato anche l’omologo gesto di Bale, in finale sempre della massima competizione europea per club. Mohamed Salah, l’attaccante egiziano del Liverpool, ha vinto il Puskas Award, il premio per il miglior gol della stagione passata. A impressionare è stata la rete da favola segnata nel derby contro l’Everton, sotto una fitta nevicata: uno slalom nella difesa avversaria terminato con un sinistro a giro all’incrocio con il pallone che si spegne sul secondo palo.

Reduce da un’annata strepitosa, nella quale si è definitivamente consacrato come uno dei migliori giocatori del pianeta, Mohamed Salah, dopo aver battuto il record di reti in una singola stagione di Premier League e aver trascinato il Liverpool alla finale di Champions League, ha fatto suo l’importante riconoscimento, succedendo a Giroud ed entrando nella stretta schiera di campioni come CR7, Hamit Altintop, Neymar, Stoch, Ibrahimovic, James Rodriguez, Wendell Lira, Mohd Faiz Subri.

L’ex di Fiorentina e Roma ha ottenuto il 38% dei voti, molti dei quali provenienti dalla sua patria: il vincitore, infatti, è stato decretato dai tifosi via web e in Egitto, Salah, è considerando un dio del calcio. Alle elezioni politiche egiziane di fine marzo 2018, quasi un milione di votanti ha espresso la propria preferenza per il giocatore del Liverpool…pur non essendo candidato.

La fama di Mohamed Salah, definitivamente consacrato la passata stagione, è cresciuta talmente tanto che il British Museum, un paio di settimane prima della finale di Champions League, ha esposto le sue scarpe accanto a illustri cimeli egiziani, tra un sarcofago e l’altro, insieme a mummie e sfingi dell’Antico Egitto.

La stagione al limite dell’inimmaginabile che sta vivendo Mohamed Salah si arricchisce di un ulteriore premio personale, il titolo di capocannoniere della Premier League: l’esterno offensivo egiziano ha raggiunto questo obiettivo andando a segno 32 volte, mai nessuno aveva realizzato così tanti gol nel campionato inglese da quando sono diventate 20 le formazioni partecipanti (il record precedente era di 31 ed apparteneva ad un trio mica male, Suarez, Ronaldo e Shearer). Nonostante resti ancora da giocare la partita più difficile degli ultimi undici anni per i Reds, già adesso l’ex calciatore della Roma è stato inserito tra i papabili vincitori del prossimo pallone d’oro, qualora dovesse trascinare il suo Liverpool alla conquista della Champions League (sabato 26 maggio, 20:45, contro il Real Madrid) farebbe un ulteriore passo in avanti in una sfida che nell’ultima decade è stata un duopolio tra Messi e Ronaldo.

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fonte foto: LFC official Twitter

Per raggiungere il massimo trofeo individuale, però, ‘Momo’ avrà bisogno di dare il meglio di sé anche in Russia e portare l’Egitto il più avanti possibile nel Mondiale: già nel 2010 Snejider non ricevette il premio al termine di una stagione che lo aveva visto realizzare un triplete con l’Inter ed arrivare in finale della Coppa del Mondo con l’Olanda (sconfitta 1-0 dalla Spagna grazie al gol di Iniesta). Se Salah dovesse riuscire a portare il Liverpool sul tetto d’Europa e la sua nazionale almeno agli ottavi di finale le possibilità di vedere un nuovo vincitore del pallone d’oro aumenterebbero a dismisura.

Al termine della consegna del Golden Boot (nome del trofeo assegnato al capocannoniere), l’egiziano ha ovviamente ringraziato i tifosi dicendo che cercherà di fare il massimo anche nella prossima stagione. L’annata ancora in corsa ha visto un Liverpool (così come le altre 18 squadre della Premier League) mai in grado di competere per la vittoria finale della Premier League e che anzi deve ringraziare soprattutto Mohamed Salah se è riuscito a posizionarsi tra le prime quattro squadre d’Inghilterra, garantendosi sicuramente un posto nella prossima Champions League anche qualora dovesse perdere la finale di Kiev.

 

Semifinali thrilling da mettere sotto stress i pallottolieri per la quantità di gol e di occasioni da rete create. Nel doppio incontro di Champions League tra Real Madrid – Bayern Monaco e Liverpool – Roma, sono stati messi a segno 20 gol, una media di cinque a partita. In più, con 13 marcature tra andata e ritorno, Roma-Liverpool è diventata la semifinale di Champions più ricca di gol nella storia della competizione. Roba che, probabilmente, solo il gioco-non gioco di Simeone con l’Atletico Madrid avrebbe potuto tamponare.

Nella bagarre europea, a spuntarla sono Real Madrid e Liverpool che il 26 maggio, all’Olimpiyskiy Stadium di Kiev, fileranno le loro spade per dar vita a una scintillante finale.
“Finalmente Reds!”, verrebbe da dire; “ancora le Mengues!?”, postilla aggiuntiva. Sì, perché se la ciurma di Klopp arriva all’ultimo gradino della Champions dopo 11 anni da quel Milan – Liverpool scalfito da Inzaghi e Kakà, il Real Madrid, invece, è alla terza finale consecutiva – record per la storia dell’attuale coppa dalle grandi orecchie – la quarta nelle ultime cinque edizioni.

Se l’antipasto delle semifinali, tra sgroppate, reti favolose e sbavature difensive, vi ha fatto venire l’acquolina in bocca, ecco cinque motivi (più uno) per cui potremmo assistere a una finale fantasmagorica:

1- Si rivede una finale tra Spagna e Inghilterra

E non è un avvenimento così tradizionale nella lunga kermesse europea. Tra scontri fratricidi e incontri “classici” tra superpotenze di diverse nazioni, questa è solamente la quinta volta in 63 edizioni che a sollevare la Champions sarà una squadra uscita da una finale tra spagnoli e inglesi.
Se, infatti, nell’ultimo decennio è stato il Barcellona a vedersela contro l’Arsenal nel 2006 e due volte contro il Manchester United nel 2009 e 2011 (in tutte e tre le circostanze, uscito vincitore), c’è solo un precedente per il Real Madrid: 1981, al Parco dei Principi di Parigi, proprio contro il Liverpool;

2- La finale con più trofei sul piatto

Dunque, non sarà la prima volta che Blancos e Reds si sfideranno nell’ultimo atto della massima competizione europea: il precedente, nella Coppa Campioni 1980-1981, vide il Liverpool sorridere e trionfare per 1-0 con la rete del difensore Alan Kennedy al minuto 82’ che piegò il Real allenato da Vujadin Boskov.
Non è l’unico incrocio tra le due squadre: nella cronistoria di questa sfida pesa il 4-0 incassato ad Anfield dove gli spagnoli furono surclassati, nel ritorno degli ottavi del 2009, dalle reti di Torres, doppio Gerrard e l’italiano Dossena.

Ma quella di Kiev sarà affascinante anche perché sarà la finale di Champions nella quale andranno in campo il maggior numero di Champions e di finali in assoluto: 17 coppe (12 del Real, 5 del Liverpool), 24 le finali in totale;

 

3- I due migliori attacchi in Champions League

I ragazzi di Klopp hanno segnato 40 gol in 12 partite, subendone 13; la formazione di Zidane, invece, ne ha realizzati 30, con 12 subiti. I numeri migliori in Europa in questa edizione che avvalorano il cammino delle due compagini: nel Gruppo E di qualificazione, il Liverpool ha messo a segno 23 reti (ok, nello stesso girone c’erano anche Maribor e Spartak Mosca), mentre nei match di andata tra ottavi e quarti contro il Porto ha piazzato un 5-0, contro il Manchester City un sorprendente 3-0. Per il Real, invece, un cammino differente: ha chiuso il Gruppo H al secondo posto alle spalle del Tottenham e, lungo la sua marcia trionfante, ha dovuto vedersela contro Psg, Juventus e, appunto, Bayer Monaco;

4- Il coro “You’ll never walk alone”

Lo ascolteremo presumibilmente altre due volte quest’anno in Europa, durante l’ingresso in campo dei giocatori e nei minuti di recupero del match. Indipendentemente dal risultato in quel momento dello scontro. Possiamo dire che è un valido motivo per stare incollate davanti allo schermo, avendo il volume alzato al massimo;

 

5- Il duello tra Salah e Cristiano Ronaldo

I due spadaccini più iconici nei ranghi di Liverpool e Real Madrid. Il prossimo Pallone d’oro si gioca nel giro di un paio di mesi in ex terre sovietiche: dalla finale di Kiev, in Ucraina, al Mondiale in Russia. Entrambi non hanno lasciato il segno nelle semifinali di ritorno, ma possiamo chiudere entrambi gli occhi al netto di una stagione strepitosa che hanno costruito sapientemente macinando chilometri alternati a giocate irreali. Il tempo per caricarsi c’è con l’egiziano che sorride per il vantaggio minimo sul portoghese in quanto a reti stagionali, 43 a 42;

 

Bonus extra: la storia di Andrew Robertson, terzino del Liverpool

A margine della Coppa d’Africa appena conclusa con la sorprendente vittoria dei Leoni Indomabili del Camerun al cospetto dei ben più quotati Faraoni capeggiati dal romanista Salah, si può certamente affermare che uno dei protagonisti della nazionale egiziana, pur sconfitta, sia stato il portiere Essam El-Hadary.

Il portiere, classe 73, alla veneranda età di 44 anni, proiettato alla titolarità “grazie” all’infortunio del collega El Shenawy, ha blindato la porta dei Faraoni per l’intero torneo – con tanto di doppio rigore parato nella lotteria decisiva in semifinale con il Burkina Faso – capitolando solo nella finale di Libreville al cospetto del miracoloso Camerun di Hugo Broos.
Ovviamente diventando il giocatore più anziano, con i suoi 44 anni e 21 giorni, a calcare il campo della massima manifestazione calcistica africana.

Ma quella di El-Hadary è solo l’ultima di una serie di storie sorprendenti, quasi magiche, tutte legate da una matrice comune, un filo sottile che le rende uniche ma inscindibilmente collegate: sono storie di eroi nascosti, giocatori che non rubano l’occhio allo spettatore, che non bucano lo schermo ma che, grazie ad una scintilla che viene da dentro, all’innata professionalità e voglia di arrivare, riescono a raggiungere con i loro guantoni risultati impensabili.

 

GABOR KIRALY

Senza andare troppo lontano nel tempo, merita una citazione Gabor Kiraly. Il portierone, classe ’76, vanta un’onesta carriera in squadre di seconda fascia in Germania, tra Bundesliga (7 anni nell’Hertha Berlino) e Zweite Liga (5 anni nel Monaco 1860) e nelle serie minori inglesi (in Championship tra Crystal Palace e Burnley) senza mai riuscire a fare il definitivo salto nei top teams fino a tornare in patria per chiudere la carriera nella squadra – l’Haladas – che lo lanciò nel lontano 1993.

Tipo stravagante, il magiaro si è guadagnato qualche copertina nel corso degli anni più per il suo particolare look in campo, dove da sempre si presenta con dei discutibili pantaloni della tuta grigi, al posto dei consueti pantaloncini d’ordinanza. La storia narra che Király fosse solito indossare, ai tempi dei suoi esordi in prima squadra nell’Haladas, un pantalone nero imbottito, per attutire i colpi sui campi in fango, pietre e terra che popolavano l’Ungheria di fine anni ’80 e inizio anni ’90.
Un giorno, però, sua madre lava la divisa, ma non fa a tempo ad asciugarla, e quindi Gábor deve scendere in campo con una tuta grigia, diversa dal solito. Ecco come nascono le leggende: con quella tuta grigia fa un’ottima partita, poi un’altra e un’altra ancora. Da quel momento il pantalone grigio diventa il suo portafortuna.

Ma la storia di questo onesto mestierante del pallone ha qualcos’altro di speciale: grazie alla sua affidabilità e alla voglia di continuare a mettersi in gioco, Kiraly viene convocato per gli Europei 2016 in Francia, dove gioca titolare a 40 anni compiuti, diventando il giocatore più vecchio ad aver mai disputato una gara nella fase finale di un campionato Europeo di calcio, prima di dire addio alla Nazionale dopo ben 107 gettoni di presenza.

 

 

FARYD MONDRAGON

E chi si ricorda di Faryd Mondragòn? Il portiere di Cali, classe ’71, sguardo fiero e fisico statuario, sin da giovane si presentava come prospetto di sicuro avvenire, seguendo le orme di Renè Higuita, ed entrando a far parte, a 23 anni, della fortissima (ma sciagurata) selezione colombiana di Maturana ad USA ’94.

Tuttavia, la carriera di Faryd non esplode come da premesse e, dopo le prime non indimenticabili esperienze europee al Saragozza e al Metz, ha un sussulto solo a 30 anni suonati, quando, nel 2001, viene ingaggiato dal Galatasaray.
Nella squadra di Istanbul è titolare inamovibile e diventa una bandiera del club fino al 2007, calcando il palcoscenico della Champions League e vincendo 2 campionati e una coppa nazionale e sfiora anche l’approdo in Italia, quando nell’estate del 2005, il Palermo tenta l’assalto al colombiano, ma i tentennamenti del Galatasaray e l’età considerata “avanzata” (ha già 34 anni) da qualche dirigente rosanero alla fine fanno saltare l’operazione.

Fin qui nulla di trascendentale. E allora perché parlarne? Semplice, perché, anche dopo l’uscita dal calcio di prima fascia, la scintilla non si spegne, “El Turco” non molla, continua ad allenarsi duro e a dare le garanzie necessarie per mantenersi nel giro della Nazionale.
E la sua costanza viene premiata. Convocato per i Mondiali del 2014, Mondragòn, subentrando ad Ospina all’85’ nella partita Giappone-Colombia, diventa, all’età di 43 anni e 3 giorni, il giocatore più anziano ad aver giocato una fase finale di un Mondiale, sverniciando il precedente record che apparteneva non ad un carneade, ma al simbolo del calcio africano Roger Milla, che ad USA ’94 (sì, proprio il Mondiale d’esordio di Faryd) scese in campo a 42 anni e 39 giorni.

Michele De Martin

Domenica 5 febbraio cala il sipario sull’edizione 2017 della Coppa d’Africa. Entusiasmante come sempre ha regalato tante sorprese e qualche curiosità che solo la magia della terra africana sa regalarci. In finale ci arrivano l’Egitto e il Camerun, una rematch della sfida del 2008 dove, a trionfare, furono i Faraoni per 1-0. Miglior portiere di quella edizione fu Essam El-Hadary, ancora in campo oggi, a 44 anni.
Le sensazioni, le sorprese, le grandi cadute e uno sguardo al Mondiale in Russia: una chiacchierata con il giornalista Karim Barnabei, inviato di Fox Sports in Gabon.

La Coppa d’Africa 2017 che è edizione è stata? Era lecito aspettarsi qualcosa di più dai padroni di casa del Gabon trascinati dal giocatore del Borussia Dortmund, Aubameyang, o magari dall’Algeria con i vari Ghoulam, Mahrez, Slimani e Brahimi?

«E’ stata un’edizione sorprendente con le favorite che hanno mollato sin da subito all’inizio, proprio come Gabon e Algeria. Ma finalmente si è iniziato a capire che è necessario progettualità nel calcio, anche in Africa, anche con le Nazionali. Perché l’Algeria ha ripreso l’allenatore Georges Leekens, dopo 13 anni, solo il 28 ottobre, mentre il Gabon ha preso José Camacho a tre settimane prima dell’inizio del torneo.
Si sta capendo che l’allenatore, da solo, non può cambiare tutto: serve che ci sia sinergia con la federazione e con i giocatori. Infatti, sono andati avanti Nazionali che hanno avuto sostegno completo da parte della federazione, come Hugo Broos, ct del Camerun, nonostante le critiche iniziali dei giornalisti o come Paulo Duarte per il Burkina Faso che ha saputo costruire un rapporto a lungo termine».

Uno sguardo alla finale: l’Egitto si conferma ancora una volta dominante nel torneo, mentre il Camerun arriva quasi a sorpresa considerando il rifiuto di “leader europei”. Quali sono state le forze vincenti per le due squadre? 

«Sono squadre che hanno allenatori con una precisa organizzazione di gioco. Un’organizzazione certosina, direi. Prendiamo Héctor Cuper, per quanto usi il “catenaccio”, rimane un gioco costruito: ha quattro giocatori bloccati dietro fissi e l’Egitto ha subito solo un gol. Poi avanti è spinto dalla rapidità di Trezeguet e Salah che, pur non avendo avuto un andamento costante, quando gli è stato consentito di accendersi, ha sempre risolto la partita.
Il Camerun è lo stesso: pressing, incursioni, con Bassogog arma in più dulla destra. Hugo Bross ha messo su una squadra solida, nonostante abbia perso otto giocatori prima dell’inizio della Coppa d’Africa o per rinuncia o per infortunio, ma alla fine il Camerun è arrivato fino in fondo perché il calcio è uno sport di squadra.
L’Egitto non era tra le favorite: è una squadra da temere e rispettare per la storia che scritto in questa manifestazione. E’ un rullo compressore con nove partecipazioni e sette vittorie. Intimoriscono a differenza, però, delle qualificazioni mondiali dove non riescono ad fare il salto di qualità e dove la partecipazione a un Mondiale, manca da Italia ’90».

Parliamo delle curiosità: una è, senza dubbio, il portiere dell’Egitto, Essam El-Hadary, coi sui 44 anni. Ce ne puoi parlare? Quanto è stato decisivo?

«La storia di El-Hadary è frutto di un piano contorto della storia. C’era attesa per il calciatore più anziano a scendere in campo, ma inizialmente Cuper aveva scelto El Shenawy per la partita d’esordio contro il Mali. Ma, dopo nemmeno mezz’ora, è uscito per infortunio ed è iniziato il torneo di El-Hadary che ha chiuso la porta a chiave. Decisiva la parata su Bouhaddouz contro il Marocco nei quarti di finale, strepitoso in semifinale dove ha parato due rigori decisivi nella lotteria degli 11 metri, contro il Burkina Faso.
E’ una storia bellissima, una professionalità rara: El-Hadary, ha carisma, portamento fiero. Un ex allenatore egiziano ha detto che lui è l’unico calciatore che conosce ad aver comprato casa sopra al campo di allenamento. Il Cairo ha 15-20 milioni di abitanti se consideriamo l’hinterland e se rimani bloccato nel traffico è finita. Lui, invece, ha preso casa proprio lì in modo tale da poter arrivare anche in anticipo! Non è casualità, lui ha testa: parla sempre di amore per la maglia, dimostra fierezza.
E’ un leader morale: in squadra c’è gente che ha l’età di sua figlia, ma dice di essere un fratello maggiore più che un padre».

Proviamo a guardare oltre, andando verso il Mondiale del 2018. Con i gironi ancora aperti, cosa lascia questa Coppa d’Africa? Quali squadre potremmo vedere in Russia?

«Le qualificazioni, essendo con una diversa densità e spalmate su due anni, sono in pratica uno sport differente in Africa rispetto alla stessa Coppa. L’esempio dell’Egitto è il più eclatante perché manca ai Mondiali da ben 28 anni. Ne passano solo cinque, quindi sicuramente una tra Nigeria e Camerun starà fuori, così come una tra Marocco e Costa d’Avorio.
Non è lo scontro diretto a far la differenza, quindi aspettiamoci delle sorprese sicuramente perché vedremo delle big cadere. Mi incuriosisce il Burkina Faso, inserito nello stesso girone del Senegal perché ha fame, ha voglia di lottare ed è stata una sorpresa, con l’attaccante Aristide Bancé che a 32 anni riesce a fare ancora un lavoro enorme ed è stato l’unico a segnare a El-Hadary».