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2018

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Se attorno alla eterea figura di Lev Ivanovič Jašin (o Yashin per comodità e popolarità occidentale) esistono così tante leggende e aneddoti è perché: 1- è egli stesso una leggenda che nel corso della sua carriera e anche dopo ha arricchito la fantasia di tifosi e appassionati; 2- il suo essere leggenda deriva semplicemente dal fatto che prima di lui il ruolo del portiere non era degno di menzione. O meglio, era impossibile cucire racconti romantici e romanzati attorno a chi è nato per evitare la gioia del calcio, ovvero il gol.

Il buon Galeano, quasi con carezza paternale, ha scritto belle pagine attorno alla sciagurata figura dell’estremo difensore, ma Yashin ha creato un precedente: si può entrare nella storia del football dal senso di marcia opposto, ma prima di abbandonarci al flusso di racconti parafantastici, siamo pragmatici e scioriniamo una serie di titoli che ha vinto.

Unico portiere a vincere il Pallone d’oro, nel 1963, a 34 anni e dopo aver annunciato (poi ritrattato) il suo ritiro. Dietro di lui, quell’anno, tutti in fila per levarsi il cappello c’erano Rivera, Eusebio, Schnellinger, Suarez, Trapattoni e Bobby Charlton.
Nella classifica della International Federation of Football History and Statistics è stato votato come miglior portiere del XX secolo. Bandiera fino alla fine, Yashin ha avuto tre colori sulla propria pelle: il bianco e l’azzurro della Dinamo Mosca, con cui ha conquistato cinque campionati sovietici e tre Coppe dell’Urss. E poi il rosso, quello proprio della Nazionale sovietica con cui ha collezionao 74 presenze, vincendo una medaglia d’oro ai Giochi olimpici del 1956 e un campionato europeo nel 1960.
Nel 1964 ha nuovamente raggiunto la finale del torneo continentale, perdendola contro la Spagna. Ha disputato quattro Mondiali e lui era in campo, nel 1958, quello svedese e quello della prima apparizione assoluta dell’Urss che si piantò ai quarti di finale.

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In realtà il suo vero e unico colore era il nero e non per qualche scelta politica, semplicemente perché vestiva total black e per questo il suo soprannome divenne “ragno nero”. Nero come l’occhio che si ritrovò, nel Mondiale in Cile, quattro anni dopo, quando Lev conobbe “l’ospitalità” cilena: un paio di colpi ben assestati e un occhio bendato che non impedì al poritere di continuare a giocare da perfetto stoico.

Questo è uno degli aneddoti che costellano la vita di Yashin. Nato in una famiglia di operai dell’industria pesante, iniziò a lavorare in fabbrica a 14 anni, durante la seconda guerra mondiale, per rimpiazzare i colleghi più anziani impegnati al fronte. Qui, si narra, già intuirono le sue qualità di para tutto grazie alla prontezza di riflessi con cui il giovane ragazzotto riusciva ad afferrare al volo bulloni e altri oggetti che i suoi compagni di fabbrica gli tiravano per gioco.
Poi c’è l’usanza di scendere in campo con due cappelli, uno in testa e l’altro da posizionare dietro la porta o la leggenda che lo vedeva raccogliere un quadrifoglio nei pressi della porta dopo ogni rigore neutralizzato (se ne contano più di 80 non di quadrifogli, ma di rigori parati).

Il ragazzotto nella sua bacheca vanta anche un altro trofeo, extracalcistico: nel 1953 vinse una coppa sovietica di hockey su ghiaccio, sempre come portiere della Dinamo Mosca. Sì perché la società russa capì di avere con sè un diamante grezzo che non andava sprecato, ma nel calcio i pali in quell’era erano abbastanza protetti da Aleksei Petrovich Khomich, la tigre, così Lev fu momentaneamente “parcheggiato” nell’hokey.

Nel 1985, a seguito di una grave forma di tromboflebite, subì l’amputazione di una gamba, ma nonostante tutto, tre anni dopo, accompagnò comunque la selezione sovietica alle Olimpiadi di Seul, dove l’Urss vinse, per la seconda e ultima volta, la medaglia d’oro nel torneo di calcio.

E’ morto nel 1990, a 60 anni, a causa di un cancro allo stomaco. Abbiamo aperto con un aggettivo preciso: etereo. Beh in realtà lui, o almeno il suo nome, nello spazio c’è per davvero: gli è stato dedicato un asteroide, il 3442 Yashin.

(Lev Yashin è stato scelto come simbolo per il poster ufficiale del Mondiale 2018 in Russia. L’opera è stata realizzata dall’artista Igor Gurovich e mette in evidenzia una marcata estetica sovietica)

Da quasi sessant’anni le figurine Panini fanno parte del calcio italiano e internazionale. L’azienda modenese, nonostante la tecnologia e il digitale, resta ancora un punto fermo che accomuna grandi e piccoli.

Il “celo manca” sono vocaboli diventati d’uso comune  oramai da decine di anni, così come il baratto di figurine. Scambiarsi le proprie figurine magari per ottenere un campione come Ronaldo, o semplicemente per completare l’album della stagione, sono solo alcune delle tradizioni legate alla Panini.

Nata nel 1961, la casa editrice si appresta a festeggiare un traguardo importante. Anni ricchi di successi, come il 2018. Grazie alla stampa delle figurine per il Mondiale di Russia, l’azienda ha avuto un incremento di 536 milioni di euro rispetto al 2017, raggiungendo quasi il muro del miliardo.

Gli anni passano e Panini resta, anzi migliora sempre di più. La prima stagione, quella del 1961/62, era con il milanista Nils Liedholm in copertina.

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Copertina album Panini 1961/62 con Nils Liedholm con la maglia del Milan

 

Dalla prossima stagione tornerà la Premier League. Potremo ammirare tutti i campioni del campionato più bello del mondo.
Un ritorno dopo 27 anni, era infatti la stagione 1992/93 quando venne pubblicato il primo album dedicato alla neonata lega inglese.

L’edizione di quest’anno non poteva che avere al centro di tutto Cristiano Ronaldo. Il fuoriclasse portoghese è il primo a spuntare nel nuovo album e guida via via tutti gli altri calciatori rappresentativi dei propri club.

Tra le novità: le pagine dedicate alla Nazionale Under 21 e alla Nazionale femminile. Di queste ultime oltre a 15 figurine in maglia azzurra, ce ne sono anche 12 dedicate alle squadre della Serie A femminile.

Ma come si crea una figurina?

Il procedimento, nonostante siamo in epoca digitale, è legato alla fotografia. C’è chi come Giovanni Trapattoni proprio grazie alle figurine ha potuto rivivere e ripercorrere tutta la sua grande carriera.

L’azienda modense è sicuramente parte della storia del calcio italiano. Il 15 gennaio prossimo sarà il 69° anniversario della rovesciata di Carlo Parola. Il gesto tecnico del difensore della Juventus contro la Fiorentina, che è, tuttora, il simbolo dell’album Panini.

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La rovesciata di Parola in Juventus – Fiorentina del 15 gennaio 1950

Arriva un punto della vita in cui i genitori si mettono l’anima in pace lasciando ai propri figli la libertà di tappezzare i muri della stanzetta con poster, immagini, scritte e quant’altro. Nella cameretta di ogni adolescente c’era, c’è e ci sarà il volto di un personaggio di un fumetto, di un cartone animato, del proprio idolo sportivo. E di certo, le riviste con gli inserti speciali e i calciatori a grandezza naturale non aiutavano.

Kylian Mbappé lo scorso 20 dicembre 2018 ha compiuto 20 anni, è ancora un ragazzino anche se per lui l’anno appena concluso l’ha consacrato come il talento più cristallino non solo in prospettiva, ma letale e decisivo anche declinando il tempo al presente. Veloce, tecnico, rapido nello stretto, funambolico e letale sottoporta, l’ex ragazzotto cresciuto nel Monaco, si è affermato al Paris Saint-Germain e con la Nazionale francese vincendo da protagonista il Mondiale in Russia.

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Negli ultimi due-tre anni la vita dell’esterno/punta nato a Bondy è letteralmente andata di corsa, spedita  come quando sul campo accelera e lascia le fiamme dietro di sé: era solo un bambino, un adolescente con i propri idoli appiccicati sulla parete della cameretta. Anzi l’idolo era solo uno: Cristiano Ronaldo. Nel 2013 il giornale France Football ha scattato una foto di Mbappé, quando aveva soltanto 14 anni, nella sua stanza, con felpa e sguardo sognante e alle spalle decine di immagini del portoghese, idolo della sua infanzia.

Ora, però, sul suo profilo Instagram, per augurare a se stesso e a tutti un 2019 quanto meno positivo come l’anno appena compiuto, ha pubblicato una foto nel quale ha “cancellato” dal muro le foto di CR7 piazzando gli istanti più iconici del suo anno incredibile che, oltre ad averlo visto sollevare la Coppa del Mondo, si è arricchito di una Ligue1, Coppa di Lega, Coppa di Francia, Supercoppa, riconoscimento come miglior giovane del Mondiale, nell’All Star team di Russia 2018 e vincitore del Trofeo Kopa come miglior under-21 al mondo. E una copertina del Time.

 

 

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• 2018 🏆🎉✅ • 2019…..❓❓❓ 🥳HAPPY NEW YEAR🥳

Un post condiviso da Kylian Mbappé (@k.mbappe) in data:

Un fotomontaggio, ovviamente nulla contro Cristiano Ronaldo, solo un messaggio chiaro: è cresciuto, ha realizzato in un batter ciglio i suoi sogni, raggiungendo traguardi che altri calciatori non raggiungerebbero nemmeno in una carriera intera. Ora il mito del giovane Kylian è Mbappé stesso.

Ma CR7 rimane l’idolo del giovane francese e il calcio, nell’ultimo anno, ci ha nuovamente sorpreso con il passaggio del portoghese alla Juventus. Mbappé sogna in grande, sogna da ragazzo di 20 anni e chissà cosa gli regalerà questo 2019…

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28 gennaio 2018 – Roger Federer vince l’Open di Australia ed entra nella storia come il primo uomo di sempre a centrare 20 vittorie nei tornei del Grande Slam. In finale piegato il croato Marin Cilic 6-2 6-7 6-3 3-6 6-1 dopo una maratona di 5 set in tre di gioco. Sarà l’unico major vinto nel 2018 da Federer, visto che al Roland Garros trionfa Rafa Nadal mentre l’ultima parte di stagione ha visto il dominio assoluto di Novak Djokovic, tornato numero 1 e vincitore a Wimbledon e agli Us Open. L’Italia ha avuto un 2018 positivo di Fabio Fognini, salito al n.13 del mondo, e di Marco Cecchinato sorprendente semifinalista a Parigi.

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21 febbraio 2018 – E’ l’anno delle Olimpiadi invernali a Pyeongchang, in Corea del Sud. L’evento di febbraio ha prodotto un disgelo nei rapporti con la Corea del Nord, che ha inviato una delegazione per partecipare ai Giochi. Per l’Italia il momento più alto è stato il primo storico trionfo di Sofia Goggia nella discesa libera femminile. Sul gradino più alto del podio anche Arianna Fontana, regina dello short track. Il grande Marcel Hirscher finalmente vince le sue due prime medaglie d’oro olimpiche mentre la sorprendente ceca Ester Ledecka è diventata la prima donna nella storia a vincere un oro sia nello sci alpino che nello snowboard.

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4 marzo 2018 – Si spegne a soli 31 anni il capitano della Fiorentina Davide Astori, a causa di un misterioso malore nel sonno mentre era in ritiro con la squadra a Udine prima della partita contro l’Udinese. Per l’occasione la Serie A si ferma e vengono rinviate tutte le partite in programma. Un evento che scuote tutto il calcio italiano, che si stringe intorno alla moglie e alla figlia del calciatore viola. Nel giorno del funerale nel Duomo di Firenze sfilano i più grandi campioni italiani, fra cui una delegazione degli storici rivali della Juventus guidata da Gigi Buffon e Giorgio Chiellini, compagni di Astori in Nazionale.

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17 marzo 2018
 – Vincenzo Nibali vince la Milano-Sanremo, prima grande classica di ciclismo su strada della stagione. Per lo Squalo dello Stretto e’ la terza Classica Monumento dopo i due Giri di Lombardia. Nel corso della stagione, poi, Nibali subisce un grave infortunio al Tour che compromette l’assalto al campionato del Mondo di Innsbruck.

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13 maggio 2018 – La Juventus si laurea campione d’Italia per la 34esima volta (36 sul campo), la settima consecutiva. Un record mai realizzato da nessuno in Italia. I bianconeri di Massimiliano Allegri trionfano al termine di un appassionato testa a testa con il Napoli fino a quasi l’ultima giornata. La svolta con il successo in rimonta dei bianconeri in casa dell’Inter, seguito dal clamoroso ko degli azzurri di Maurizio Sarri a Firenze contro la Fiorentina. E’ l’ultimo scudetto di Gigi Buffon che a fine stagione lascia la Juventus per andare a giocare nel Paris Saint-Germain. I bianconeri completano la loro stagione vincendo anche la Coppa Italia.

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14 maggio 2018 – Roberto Mancini diventa ufficialmente il ct della Nazionale dopo l’allontanamento di Giampiero Ventura per la fallita qualificazione ai Mondiali. Nominato dal commissario straordinario Fabbricini, il ct trovera’ ben presto l’appoggio anche del neo presidente Federale Gravina. Nel corso dell’anno, l’Italia di Mancini disputerà la prima edizione della Nations League fallendo l’accesso alle Final Four ma mettendo in mostra giovani e idee di gioco nuove ed interessanti.

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26 maggio 2018
 – Sulle due ruote, ma senza motore, il 2018 conferma il dominio indiscusso del Team Sky nelle grandi corse a tappe. Il campione inglese Chris Froome vince per la prima volta in carriera il Giro d’Italia. La fuga memorabile sul Colle delle Finestre rappresenta una delle imprese piu’ leggendarie mai realizzate da un ciclista.

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27 maggio 2018 – Il Real Madrid battendo per 3-1 il Liverpool nella finale di Kiev vince la sua terza Champions League consecutiva e la 13.a in totale. E’ stato il canto del cigno di Zinedine Zidane, sostituito in panchina prima da Julen Lopetegui e poi da Santiago Solari. Parla spagnolo anche l’Europa League, con la vittoria il 16 maggio dell’Atletico Madrid in finale contro l’Olympique Marsiglia.

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10 luglio 2018 – Cristiano Ronaldo diventa ufficialmente un giocatore della Juventus: con i 112 milioni versati da Andrea Agnelli al Real Madrid, il fuoriclasse portoghese diventa l’acquisto più costoso nella storia del calcio italiano. Il cinque volte Pallone d’Oro firmerà un quadriennale da 31 milioni netti a stagione. Ronaldo farà il suo esordio in Serie A il 18 agosto nella partita contro il Chievo, mentre il primo gol ‘italiano’ di CR7 arriva il 16 settembre contro il Sassuolo.

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15 luglio 2018 – La Francia vince la sua seconda Coppa del Mondo battendo per 4-2 la sorprendente Croazia nella finale di Mosca. La giovane stella Kylian Mbappe, Paul Pogba e Antoine Griezmann hanno trascinato la squadra allenata da Didier Deschamps ad un successo che mancava dal 1998 quando l’attaccante del PSG non era ancora nato. Per la prima volta dopo oltre 50 anni l’Italia non era presente ad un’edizione dei Mondiali, punto piu’ basso toccato dal nostro calcio.

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22 luglio 2018 – Francesco Molinari trionfa all’Open Championship in Scozia e diventa il primo golfista italiano a vincere un major. Poche settimane dopo, il 30 settembre, trascina l’Europa alla conquista della Ryder Cup a Parigi.

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29 luglio 2018 – Il gallese Geraint Thomas vince il suo primo Tour de France, spezzando il regno di Froome. Parla inglese anche la Vuelta, con la vittoria di Simon Yates. Lo spagnolo Alejandro Valverde, invece, all’eta’ di 37 anni si aggiudica il Campionato del Mondo ad Innsbruck.

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8 settembre 2018 – Nel tennis femminile, il momento più emozionante della stagione è stato certamente la finale degli US Open vinta dalla giapponese Naomi Osaka in finale su Serena Williams. La campionessa americana, a caccia del suo 24° titolo del Grande Slam e’ letteralmente esplosa in una furiosa protesta contro l’arbitro Carlos Ramos, accusato addirittura di essere un ladro.

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21 ottobre 2018 – Nella MotoGP, quinto titolo mondiale per lo spagnolo Marc Marquez su Honda, mentre alla Ducati non e’ bastato un grande finale di stagione di Andrea Dovizioso. Annata senza vittorie, invece, per Valentino Rossi.

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28 ottobre 2018 – Lewis Hamilton domina la stagione 2018 in Formula Uno vincendo 11 Gran Premi e conquistando il suo quinto titolo piloti. Il sogno di Sebastian Vettel e della Ferrari sfuma nella seconda metà della stagione. Il trentatreenne britannico della Mercedes eguaglia il leggendario Juan Manuel Fangio e ora punta deciso al primato assoluto di Michael Schumacher con 7 titoli. Fernando Alonso lascia la Formula 1 per andare a caccia della Triple Crown, dopo aver vinto la 24 ore di Le Mans l’obiettivo dello spagnolo e’ la 500 miglia di Indianapolis.

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25 novembre 2018 – La Croazia vince la 106a e ultima edizione della Coppa Davis, nella formula tradizionale. Dalla prossima stagione la storica competizione tennistica a squadra lascia spazio ad un nuovo format, creato da una società di proprietà del difensore del Barcellona Piqué, che entusiasma poco i giocatori ed è stato accolto da diverse critiche.

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3 dicembre 2018 – Luka Modric vince il Pallone d’Oro 2018. Il centrocampista croato del Real Madrid, premiato anche come Miglior giocatore del Mondiale in Francia, spezza l’egemonia di Cristiano Ronaldo e Leo Messi nel principale riconoscimento individuale a livello calcistico.  Ada Hegerberg vince, invece, la prima edizione femminile dello stesso riconoscimento.

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9 dicembre 2018 – Il River Plate vince la Coppa Libertadores battendo in finale il Boca Jr in uno storico Superclasico fra i due grandi club di Buenos Aires. La partita decisiva si e’ disputata al Santiago Bernabeu di Madrid, dopo la che la gara in programma al Monumental il 24 novembre era stato rinviata a causa del violento assalto al pullman del Boca da parte dei tifosi del River.

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Sono passati 19 anni, diciannove lunghi anni ma, quello che nel 1999 ha fatto Mario Cipollini è rimasto nella storia del ciclismo internazionale.

Il Re Leone riesce a portare a casa 4 vittorie di tappa consecutive al Tour de France. Evento spettacolare quanto altrettanto difficile da ripetere.

Tutto inizia il 7 luglio, tappa numero quattro della 86esima edizione della Grande Boucle. Centonovantuno chilometri da Laval a Blois (sino ad allora la tappa più lunga della storia del Tour). Cipollini torna protagonista dopo un periodo di crisi che lo affliggeva da qualche mese.

Una giornata perfetta per il velocista azzurro che, insieme al folto gruppo, sono giunti al traguardo con 25 minuti d’anticipo rispetto alle previsioni, polverizzando il precedente primato, con una velocità media di 50,356 km/h.
A guidare il gruppo il campione italiano che, sulla linea del traguardo ha bruciato Zabel, O’Grady e Steels. Una vittoria importantissima per SuperMario del team Saeco, il quale finalmente riesce ad alzare le braccia al cielo, dato che nelle precedenti tappe, per un problema o per un altro, non era riuscito a esprimersi al meglio.

Il giorno dopo la grande vittoria a Blois, il nostro Cipo si ripete e stavolta lo fa da Bonneval ad Amiens. Seconda tappa pianeggiante con i corridori tutti attaccati al gruppone di partenza. Tutto si decide nuovamente all’arrivo e, Mario Cipollini bissa il successo del giorno prima. Decima vittoria della sua carriera alla Grande Boucle.

“Dalla Terra alla Luna, dalla polvere alle Stelle”

Cosi la Gazzetta dello Sport citava la vittoria del velocista toscano, nella città che fu di Jules Verne. Più tranquillo dopo l’impresa della tappa precedente, ha potuto levare le braccia al cielo e guardarsi indietro tagliando il traguardo. Ottimo lavoro di squadra della Saeco.

Il 9 luglio, non c’è due senza tre! Ancora Cipollini. Da Amiens a Maubeuge, SuperMario vince ancora ed eguaglia il record di Gino Bartali del 1948. Prima di Ginetaccio nessun altro italiano era riuscito a tagliare tre volte consecutive il traguardo nella corsa francese.
Stavolta la vittoria è arrivata grazie alla squalifica del belga Steels il quale ha prima spinto Svorada e poi tagliato la strada proprio all’italiano.

Il capolavoro però, il SuperMario nazionale lo fa nella settima tappa. Quarta vittoria seguente al Tour e record personale della storia della corsa francese. Infatti prima di Cipollini mai nessuno era riuscito a vincere 4 tappe consecutive dal 1930, anno della prima edizione della Grande Boucle. Dopo quell’impresa il nostro SuperMario si è trasformato in SuperPoker.

Quello fatto da Cipollini, infatti, è rimasto negli annali del ciclismo italiano per quello che è stato uno dei più forti velocisti degli ultimi 30 anni.

Nel 1998, nel Mondiale che parlava francese, fu il difensore Thuram, con una storica quanto irripetibile doppietta, a mandare la Francia in finale superando un’arcigna Croazia per 2-1. La prima finale nella storia Bleus, quella poi portata a casa (poca distanza a dire il vero da Saint-Denis alla sede della Federazione francese) schiantando per 3-0 il Brasile. Al tempo Didier Deschamps ringraziò Thuram, da compagno di squadra, e ringraziò anche Blanc, squalificato, per aver potuto ascoltare la Marsigliese e giocare la partita di una vita con la fascia di capitano al braccio.

Vent’anni dopo, esattamene due giri di decennio e una finale, la seconda, persa ai rigore contro l’Italia del 2006, c’è ancora Deschamps, questa volta da commissario tecnico, ma i ringraziamenti in semifinale vanno anche a questo giro a un difensore, Umtiti,  che di nome fa Samuel , come il profeta. “Il suo nome è Dio”, in ebraico.

 

La Francia batte 1-0 il Belgio nella prima semifinale in programma e accede così alla finale di Mosca del 15 luglio. Al 51’, con il suo stacco perentorio, sugli sviluppi del corner, sovrasta Fellaini ed è un messaggio di forza, di rabbia, di compattezza e completezza. Giroud, l’attaccante riferimento transalpino, può permettersi di segnare solo un gol tra questo Mondiale russo e il precedente brasiliano, perché la Francia è tutto questo. E’ soprattutto consapevolezza di non essere mai stata tanto brillante lungo questo mese, eccezion fatta per alcuni istanti durante il match contro l’Argentina.

Con Mbappè imbrigliato, che spolvera colpi di tacco e tocchi di genio mixate a sceneggiate del compagno di squadra al Psg, Neymar, e Griezmann non molto in palla, è stato il difensore del Barcellona e di origine camerunese a sbloccare la partita. Proprio lui in un derby cosmopolita e multietnico, con 23 giocatori, tra Francia e Belgio, figli d’Africa. Lui che non ha mai avuto dubbi su quale maglia nazionale volesse vestire, talmente convinto di poter essere importante per la Francia da non aver neppure vacillato di fronte al mitico Roger Milla che tentava di convincerlo a scegliere il paese dei genitori.

E’ il derby di cuore e di sangue di Thierry Henry, vice allenatore di Martinez, attento e motivatore, che durante gli inni non si scompone, ma interiormente esplode di orgoglio per sfidare i suoi connazionali. E con lo stesso orgoglio e rispetto al termine del triplice fischio, saluta i nuovi probabili eroi francesi, così come aveva fatto con gli altri avversari mentre il suo Belgio passava gironi, ottavi e quarti di finale.

Il fiammeggiante Belgio ha tenuto in scacco i Bleus per tutto un tempo con un inedito 3-2-4-1 e Dembélé in campo al posto dell’annunciato Carrasco per dare equilibrio alla squadra e costringere la Francia a stare rintanata. Ma il sogno del Belgio è durato appunto un tempo, con Hazard ispirato, De Bruyne praticissimo e Lukaku poco lucido. Poi Courtois nella ripresa tiene la partita ancora aperta, mentre il subentrato Mertens non riesce a spaccare il ritmo. Il Belgio esce in semifinale come nel 1986, quando si piegò all’Argentina di Maradona.

Mentre la Francia, al bivio, impegna la curva per la finale, i ragazzi del mago Martinez hanno ancora un’ultima partita, la finale del terzo e quarto posto. Sarà solo utile alle statistiche per molti, ma questo Belgio non può tornare in patria a mani vuote. Magra consolazione.

Francia (4-2-3-1): Lloris, Hernández, Pavard, Varane, Umtiti, Mbappé, Pogba, Griezmann, Kanté, Matuidi (41′ st Tolisso), Giroud (40′ st N’Zonzi). (23 Areola, 19 Sidibe, 17 Rami, 3 Kimpembe, 22 Mendy, 8 Lemar, 20 Thauvin, 11 Dembélé, 18 Fekir, 16 Mandanda). All.: Deschamps.

Belgio (3-1-4-2): Courtois, Alderweireld, Chadli (46′ st Batshuayi), Vertonghen, Kompany, Witsel, Dembélé (15′ st Mertens), Fellaini (35′ st Carrasco), E. Hazard, De Bruyne, Lukaku. (20 Boyata, 3 Vermaelen, 18 Januzaj, 17 Tielemans, 16 T. Hazard, 23 Dendoncker, 12 Mignolet, 13 Casteels). All.: Martinez.

Arbitro: Cunha (Uruguay).

Reti: 6′ st Umtiti.

Ammoniti: E. Hazard, Alderweireld, Kantè, Mbappé e Vertonghen

Angoli: 5-3 per il Belgio. Recupero: 1′ e 6′. Var: 0.

Ci siamo quasi, il Tour de France numero 105 inizierà il 7 luglio e le sorprese non sono certo mancate.

Il campione britannico, Chris Froome ci sarà. Il tribunale antidoping dell’Unione ciclistica internazionale ha annullato la squalifica per il plurivincitore della Grande Boucle (le ultime tre edizioni) e della fresca maglia rosa al Giro d’Italia.

Froome era finito sotto inchiesta per l’uso di salbutamolo, un medicinale per l’asma, utilizzato durante la Vuelta del 2017.

Tuttavia il Tour de France è da sempre la corsa ciclistica più amata da tutti. Dai Pirenei alle Alpi, tantissimi sono stati i campioni che si sono susseguiti nel corso delle 104 edizioni passate.

I duelli tra Coppi e Bartali, le scalate di Marco Pantani, le vittorie di Armstrong (poi annullate), sono solo alcuni dei bei momenti e delle emozioni vissute in Francia.

Anche i manifesti hanno preso parte e hanno scritto la storia del Tour. Colori sgargianti, scritte d’altri tempi e percorsi che andrebbero anche ripresi.

Uno dei primi grandi manifesti è del 1925 quando l’italiano Ottavio Bottecchia bissò la vittoria del ’24. È stata la sua ultima vittoria della maglia gialla, dato che pochi anni dopo, nel giugno del 1927, sarà trovato senza vita sul ciglio della strada in Friuli, in circostanze mai realmente capite.

Nel 1927 c’è stata una piccola “rivoluzione”. Il direttore di quell’epoca, il francese Henri Desgrange, propose l’idea di introdurre un gruppo individuale, perché dal suo punto di vista non era soddisfatto delle squadre tattiche utilizzate nelle lunghe fasi piatte.
Contrariamente da quanto pensato da Desgrange, tale regola fu rimossa nel giro di pochissimo tempo perché non rese la gara più interessante, anzi la rese ancora più noiosa. Per questo motivo fu rimossa dopo il Tour de France del 1929.

Il 1933, invece, segna un altro cambiamento. Tra le maggiori novità c’è l’inserimento di un’altra classifica: quella degli scalatori, con la maglia a pois. Un riconoscimento per i ciclisti scalatori nei gran premi della montagna. Un altro fatto interessante è che il Tour è stato eseguito in senso antiorario dal 1913 e nel 1933 è tornato a girare in senso orario.

I manifesti e il Tour de France nel giro di pochi anni riscuotono sempre più successi. Con l’idea del governo d’introdurre le vacanze estive per i francesi nel 1936, aumentarono di botto le presenze dei tifosi sulle strade transalpine. Lo storico direttore Henri Desgrange, ha guidato la federazione dal primo Tour de France nel 1903, fu sostituito da Jacques Goddet dopo la seconda tappa, a causa di problemi di salute.

Il Tour del ’48 torna a essere in mano a un italiano. A trionfare in maniera del tutta inaspettata è Gino Bartali che con la sua vittoria “aiuterà” anche a colmare gli animi accesi in Italia dopo l’attentato al leader del partito comunista italiano, Palmiro Togliatti. Fu lo stesso presidente del Consiglio, Alcide De Gasperi, a telefonare personalmente a Bartali, invitandolo a decidere di non abbandonare la gara.

Da Bartali a Coppi. L’edizione del 1952 fu stravinta dal campione italiano. Un vero e proprio record (mezz’ora sul secondo) che regge tuttora. Coppi, inoltre, era così dominante nella gara che gli organizzatori decisero di raddoppiare il montepremi per il 2 ° posto, per mantenere la gara interessante.

Per concludere, la locandina del 2013, quella del centenario. Poster che rende omaggio alla prima arte del ciclismo.

Dall’album digitale a quello. La Panini ha accompagnato l’edizione 2018 dei Mondiali in Russia, con il suo immancabile album di figurine. Un cimelio da collezionare, la prima volta per molti giocatori, addirittura per due nazionali, Panama  e Islanda. Da scambiarli da bambini a ritrovare il proprio viso stampato con l’orgoglio di una famiglia, di una comunità, di una città: vedere  il proprio figlio indossare la maglia della nazione.

E poi c’è Pedro, un bambino di otto anni brasiliano, che queste figurine se l’è disegnate. Ben 126 sul totale di 682 presenti nell’album in commercio. Pedro ha il calcio nelle vene, vive nella città di Bauru e qui sanno cos’è il futebol: nel 1952 per quattro anni, Pelé ha iniziato a riscrivere il gioco del calcio prima di andare al Santos.

E Pedro, ha dedicato una sezione proprio alle leggende brasiliane: c’è O’ Rei, ma anche Ronaldinho, oltre all’attuale Neymar, Messi o Cristiano Ronaldo con tanto di pomo d’Adamo in rilievo. A lui di vedere i suoi amici incollare, aprire le bustine e barattarle proprio non andava giù, lui che è figlio della cassiera Gleice il cui stipendio “obbliga” a fare delle scelte e delle priorità.

Così lui il suo album se l’è creato con pastelli e matite: figurine che ricalcano i modelli originali con dati, altezza, peso e stemmi delle nazionali. Racchiuse in un quaderno stropicciato, ma su cui emerge il logo di Russia 2018.

L’opera di Pedro è uscita dai confini di Bauru, ed è arrivata fino alla sede messicana della Panini, che su Twitter ha promesso al piccolo disegnatore una sorpresa.

 

Diego Maradona è l’astro nascente del calcio mondiale, ha 21 anni e ha appena firmato con il Barcellona dopo aver giocato nel Boca Juniors. Il futuro Pibe de Oro sta disputando la sua prima partita mondiale proprio nella città catalana, nello stadio che sarà teatro delle sue gesta in campo, il Camp Nou: è il 13 giugno 1982.

Il numero 10 dell’Albiceleste ha di fronte un numero 10 del tutto estroso: alto, belloccio, biondo con i riccioli, centrocampista che oggi definiremmo moderno, grande visione di gioco, piede (sinistro) delicato e senso del gol. Ludovic Coeck ha 26 anni e gioca nell’Anderlecht, facendo incetta di trofei, in patria e fuori. Nell’istantanea scattata dal fotografo Steve Powell è uno dei sei giocatori in maglia giallorossa che sfidano un solitario Maradona. Ma in realtà l’argentino aveva solo ricevuto un calcio di punizione sulla tre quarti prima di scodellare il pallone in mezzo all’area.

La partita terminerà, a sorpresa, 1-0 per la squadra di Ludo con gol di Vandenbergh al 62’. Coeck segnerà un bel gol contro El Salvador nella partita vinta di misura contro i centramericani. Il centrocampista belga disputerà cinque partite in quel Mondiale: un torneo iridato che si concluderà dopo la seconda fase a gruppi con Polonia e Unione Sovietica. Destino in parallelo per Maradona: la sua Argentina sarà eliminata dal girone della morte con Italia e Brasile.

Ludo è uno dei migliori centrocampisti della manifestazione ed è pronto al salto verso il grande calcio. L’Anderlecht, di cui è punto di riferimento da una decade, inizia a stargli stretta. Pazienta un altro anno, però: giusto il tempo di centrare un nuovo sigillo internazionale con la vittoria della Coppa Uefa, in finale contro il Benfica.

Coeck si guarda attorno, nell’estate 1983 mette nel mirino il campionato italiano. La Roma fresca di secondo scudetto è attraversata da una bufera interna: il suo uomo più rappresentativo, la stella osannata dai tifosi, Paulo Roberto Falcao, è in procinto di passare all’Inter. Sembra tutto fatto tra le società di Ivanoe Fraizzoli e Dino Viola, c’è addirittura un contratto firmato ma non basta. A far saltare il trasferimento dell’anno interviene nientemeno che Giulio Andreotti, tifoso romanista doc, Circola voce che addirittura Papa Wojtyla sarebbe dispiaciuto di un addio del brasiliano alla città eterna.

Non se ne fa più niente e il dirigente nerazzurro Sandro Mazzola vira sul biondo belga che tanto bene aveva fatto all’Anderlecht. Due miliardi il valore del cartellino, cifra notevole per il mercato dell’epoca. Ludo è pronto per essere la stella nerazzurra, sfidando proprio Falcao nella Roma e Platini nella Juventus. «Già alla conferenza stampa di presentazione lui si era preparato un discorso in italiano – ricorda Mazzola – e allora fece scalpore perché non capitava così spesso».

Coeck sa come farsi volere bene, in campo e fuori. «Mi piace tutto dell’Italia, il sole, il calore dei tifosi, il mangiare», spiega ai microfoni con un italiano dignitoso. La Scala del Calcio inizia ad acclamare il suo nuovo beniamino. «Il suo sorriso era contagioso, la sua risata contagiava tutti anche per il suo vocione – ricorda Beppe Bergomi, suo compagno di squadra in quell’Inter – le prime volte che ha messo piede in campo a San Siro la gente lo chiamava “La luce” per come giocava e distribuiva i palloni».

Ma l’interruttore, nel destino di Ludo, si spegnerà presto. Gli infortuni, in primis, che renderanno tribolata la sua stagione nerazzurra: nel campionato rimedia uno stiramento, poi problemi continui alla caviglia, infine una botta al costato. Nella stagione 1983-1984 disputa solo 15 partite con i nerazzurri. L’Inter crede ancora in Coeck e tenta la carta del prestito per rivitalizzarlo: il belga va all’Ascoli di Costantino Rozzi e viene accolto come una star dai tifosi marchigiani.

La sfortuna, tuttavia, lo perseguita. Questa volta è l’anca a fargli male, addirittura i medici ipotizzano una malformazione. Con la maglia bianconera il centrocampista biondo non vedrà mai il campo. Torna all’Inter, ma le caselle degli stranieri sono già riempite con Liam Brady e Karl Heinze Rummenigge. La legge Bosman è ancora lontanissima.

Ludo Coeck vuole giocare, ha l’obiettivo del Mondiale in Messico nel 1986. Dopo un anno di inattività torna in patria, firma con il Rwd Molenbeek, ha voglia di rimettersi in gioco.

Ma la luce per lui decide di andare via per sempre. Il 7 ottobre 1985, dopo un’intervista televisiva in Belgio, Ludo viene coinvolto in un grave incidente stradale tra Anversa e Bruxelles. Muore due giorni dopo, lasciando la sensazione di un campione incompiuto, di quello che poteva essere ma non sarebbe mai stato.

Ci pensa Harry Kane a scacciare i fantasmi dell’esordio che aleggiavano sull’Inghilterra dopo aver colpito già Argentina, Germania e Brasile. L’uragano del Tottenham fa respirare Southgate al 91’ consentendo alla Nazionale dei Tre Leoni di superare a fatica la Tunisia (2-1). Svezia e Belgio rispettano i pronostici della vigilia superando Corea del Sud (1-0) e, più agevolmente, Panama (3-0). La vittoria degli scandinavi, in particolare, inguaia la Germania: ora i tedeschi nel girone F non possono più sbagliare.

Cosa è successo oggi

Gruppo F: Svezia Corea del Sud 1-0

E’ il 18 giugno, sono trascorsi 16 anni da Daejeon e da Byron Moreno, poco più di 7 mesi dallo spareggio mondiale perso a San Siro. Svezia Corea del Sud è la partita della rabbia italiana per un curioso scherzo del calendario.

Così, mentre gli azzurri sono alla tv o in vacanza, a Novgorod il match scorre via tra poche emozioni e qualche sbadiglio del primo pomeriggio. Scandinavi a condurre le danze, ma che impattano sulle parate del portiere Hyun-Woo Cho e la mira da rivedere dei suoi cecchini. Serve un calcio di rigore al 65’ concesso, con l’utilizzo del Var, dall’arbitro salvadoregno Aguilar. Il capitano, ed ex genoano, Granqvist trasforma dal dischetto, coreani che rischiano il blitz finale con un colpo di testa al 91’ di Hwang. Svezia in corsa per la qualificazione con Germania e Messico, asiatici che, dopo una sola giornata, sembrano già spacciati.

 

Gruppo G: Belgio Panama 3-0

La favola di Panama dura un’ora circa, dall’ingresso in campo fino al secondo tempo. A Sochi grandi emozioni dei centramericani, al loro primo Mondiale, durante l’inno nazionale, con occhi lucidi per molti giocatori panamensi.

Primo tempo bloccato, spazi chiusi e diavoli rossi che sbattono contro il muro del ct Gomez. Serve il colpo del fuoriclasse e il Belgio può disporne a volontà: prodezza balistica al volo di Mertens al 47’, poi è monologo giallorosso. Hazard e De Bruyne ispirano, Lukaku trafigge per due volte il portiere Penedo (69’ e 75’). Il Belgio non stecca e si candida a un Mondiale da protagonista, il caso Nainggolan è già in soffitta.

 

Gruppo G: Tunisia Inghilterra

Più che dell’invasione pacifica dei supporter inglesi, la Volgograd Arena deve fare i conti con sciami di moscerini che fanno irruzione durante le dirette tv e ronzano attorno ai giocatori in campo durante il match. La doppietta di Harry Kane regala la prima vittoria meritata a Southgate, che ha faticato più del dovuto per sconfiggere la Tunisia. Gran primo tempo degli inglesi, forse il migliore di una big al Mondiale finora: la velocità di Delle Alli e Sterling affonda negli spazi dei nordafricani, con Kane che colpisce subito all’11’. I calciatori di Sua Maestà hanno però il demerito di non chiudere il match, consentendo il ritorno degli uomini del ct Maaloul. Il pari tunisino arriva con un rigore (generoso) trasformato da Sassi al 35’. Secondo tempo all’arrembaggio bianco, Souhgate lancia Rushford, ma deve sudare fino al primo minuto di recupero prima di gioire.

 

 

Cosa aspettarci domani

Gruppo H: Colombia Giappone (ore 14, Italia 1, Mordovia Arena, Saransk)

Le ultime squadre all’esordio a Russia 2018 sono quelle del gruppo H. Colombia e Giappone è in, realtà, un revival di Brasile 2014 quando i cafeteros di Peckerman demolirono la squadra di Zaccheroni per 4-1. Confermato il ct argentino, dopo il mondiale verdeoro concluso ai quarti di finale, la Colombia è alla ricerca dell’equilibrio perduto tra un reparto offensivo ricco di soluzioni (Falcao, Cuadrado, James Rodriguez, Uribe) e una difesa balbettante.

Il Giappone, allenato da Akira Nishino, prova a giocarsi le proprie carte affidandosi alla cerniera di collegamento tra le varie zone del campo: dietro l’ex interista Nagatomo, a centrocampo il talento del Borussia Dortmund Kagawa, dietro le punte l’ex milanista Honda. Fari puntati anche sulla stella Inui, presentato venti giorni fa dal Betis Siviglia in stile Dragon Ball.

Probabili formazioni

Colombia (4-2-3-1): Ospina; Arias, D. Sanchez, Mina, Mojica; Aguilar, C.Sanchez; Cuadrado, James Rodriguez, Uribe; Falcao. All.: José Pekerman.

Giappone (4-3-3): Kawashima; Sakai, Makino, Yoshida, Nagatomo; Yamaguchi, Hasebe, Kagawa; Honda, Osako, Inui. All.: Nishino.

Gruppo H: Polonia Senegal (ore 17, Italia 1, Spartak Stadium, Mosca)

Match inedito tra le due formazioni che non si erano mai affrontate prima. Il gruppo H è uno dei gironi più equilibrati in cui tutte e 4 le squadre hanno chance di qualificazione. Non è solo Lewandowski contro Koulibaly: Zielinski, Manè, Milik e Niang promettono scintille in campo. Il Senegal torna a un Mondiale dopo Giappone e Corea 2002, torneo in cui raggiunse i quarti di finale e sconfissero, a sorpresa, la Francia campione uscente con un gol di Bouba Diop. La Polonia, all’ottava partecipazione a un Mondiale, non raggiunge la fase a eliminazione diretta dal 1986. Robert Lewandowski arriva in Russia con la palma di capocannoniere della zona europea con 16 reti. La difesa senegalese è avvisata.

Probabili formazioni

Polonia (4-4-2): Szczesny; Piszczek, Glik, Pazdan, Bereszynski; Blaszczykowski, Krychowiak, Zielinski, Grosicki; Lewandowski, Milik. Ct: Adam Nawalka

Senegal (4-3-3): K.N’Diaye; Wagué, Koulibaly, Mbodj, Sabaly; Gueye, Kouyaté, P.N’Diaye; Keita, Sow, Mané. Ct: Aliou Cissé

 

Gruppo A: Russia Egitto (ore 20, Canale 5, Saint Petersburg Stadium)

La seconda giornata dei gironi si apre con la sfida tra i padroni di casa e gli africani di Momo Salah. La Russia è a caccia di conferme dopo l’abbuffata dell’esordio (5-0) contro l’Arabia Saudita. Il ct Cherchesov punta sulla stella Golovin (un gol e due assist contro i sauditi), finito nell’orbita della Juventus e sull’attaccante Cheryshev, protagonista inatteso del match di apertura con una doppietta dopo aver sostituito l’infortunato Dzagoev.

Per l’Egitto è la gara della vita. Beffata al fotofinish contro l’Uruguay, la squadra di Cuper si aggrappa alle giocate della stella del Liverpool, che torna in campo dopo l’infortunio alla spalla nella finale di Champions League contro il Liverpool. Al netto di una prevedibile vittoria dell’Uruguay contro l’Arabia, gli egiziani si giocano le residue speranze di qualificazione nella gara di San Pietroburgo.

Probabili formazioni

Russia (4-2-3-1): Akinfeev; Mario Fernandes, Ignashevich, Kutepov, Zhirkov; Gazinsky, Zobnin; Samedov, Golovin, Cheryshev; Smolov. Ct: Cherchesov

Egitto (4-2-3-1): El Shenawy; Fathy, Gabr, Hegazy, Abdel-Shafi; Hamed, Elneny; Salah, Elsaid, Trezeguet; Mohsen. Ct: Cuper