Diego Maradona è l’astro nascente del calcio mondiale, ha 21 anni e ha appena firmato con il Barcellona dopo aver giocato nel Boca Juniors. Il futuro Pibe de Oro sta disputando la sua prima partita mondiale proprio nella città catalana, nello stadio che sarà teatro delle sue gesta in campo, il Camp Nou: è il 13 giugno 1982.
Il numero 10 dell’Albiceleste ha di fronte un numero 10 del tutto estroso: alto, belloccio, biondo con i riccioli, centrocampista che oggi definiremmo moderno, grande visione di gioco, piede (sinistro) delicato e senso del gol. Ludovic Coeck ha 26 anni e gioca nell’Anderlecht, facendo incetta di trofei, in patria e fuori. Nell’istantanea scattata dal fotografo Steve Powell è uno dei sei giocatori in maglia giallorossa che sfidano un solitario Maradona. Ma in realtà l’argentino aveva solo ricevuto un calcio di punizione sulla tre quarti prima di scodellare il pallone in mezzo all’area.
La partita terminerà, a sorpresa, 1-0 per la squadra di Ludo con gol di Vandenbergh al 62’. Coeck segnerà un bel gol contro El Salvador nella partita vinta di misura contro i centramericani. Il centrocampista belga disputerà cinque partite in quel Mondiale: un torneo iridato che si concluderà dopo la seconda fase a gruppi con Polonia e Unione Sovietica. Destino in parallelo per Maradona: la sua Argentina sarà eliminata dal girone della morte con Italia e Brasile.
Ludo è uno dei migliori centrocampisti della manifestazione ed è pronto al salto verso il grande calcio. L’Anderlecht, di cui è punto di riferimento da una decade, inizia a stargli stretta. Pazienta un altro anno, però: giusto il tempo di centrare un nuovo sigillo internazionale con la vittoria della Coppa Uefa, in finale contro il Benfica.
Coeck si guarda attorno, nell’estate 1983 mette nel mirino il campionato italiano. La Roma fresca di secondo scudetto è attraversata da una bufera interna: il suo uomo più rappresentativo, la stella osannata dai tifosi, Paulo Roberto Falcao, è in procinto di passare all’Inter. Sembra tutto fatto tra le società di Ivanoe Fraizzoli e Dino Viola, c’è addirittura un contratto firmato ma non basta. A far saltare il trasferimento dell’anno interviene nientemeno che Giulio Andreotti, tifoso romanista doc, Circola voce che addirittura Papa Wojtyla sarebbe dispiaciuto di un addio del brasiliano alla città eterna.
Non se ne fa più niente e il dirigente nerazzurro Sandro Mazzola vira sul biondo belga che tanto bene aveva fatto all’Anderlecht. Due miliardi il valore del cartellino, cifra notevole per il mercato dell’epoca. Ludo è pronto per essere la stella nerazzurra, sfidando proprio Falcao nella Roma e Platini nella Juventus. «Già alla conferenza stampa di presentazione lui si era preparato un discorso in italiano – ricorda Mazzola – e allora fece scalpore perché non capitava così spesso».
Coeck sa come farsi volere bene, in campo e fuori. «Mi piace tutto dell’Italia, il sole, il calore dei tifosi, il mangiare», spiega ai microfoni con un italiano dignitoso. La Scala del Calcio inizia ad acclamare il suo nuovo beniamino. «Il suo sorriso era contagioso, la sua risata contagiava tutti anche per il suo vocione – ricorda Beppe Bergomi, suo compagno di squadra in quell’Inter – le prime volte che ha messo piede in campo a San Siro la gente lo chiamava “La luce” per come giocava e distribuiva i palloni».
Ma l’interruttore, nel destino di Ludo, si spegnerà presto. Gli infortuni, in primis, che renderanno tribolata la sua stagione nerazzurra: nel campionato rimedia uno stiramento, poi problemi continui alla caviglia, infine una botta al costato. Nella stagione 1983-1984 disputa solo 15 partite con i nerazzurri. L’Inter crede ancora in Coeck e tenta la carta del prestito per rivitalizzarlo: il belga va all’Ascoli di Costantino Rozzi e viene accolto come una star dai tifosi marchigiani.
La sfortuna, tuttavia, lo perseguita. Questa volta è l’anca a fargli male, addirittura i medici ipotizzano una malformazione. Con la maglia bianconera il centrocampista biondo non vedrà mai il campo. Torna all’Inter, ma le caselle degli stranieri sono già riempite con Liam Brady e Karl Heinze Rummenigge. La legge Bosman è ancora lontanissima.
Ludo Coeck vuole giocare, ha l’obiettivo del Mondiale in Messico nel 1986. Dopo un anno di inattività torna in patria, firma con il Rwd Molenbeek, ha voglia di rimettersi in gioco.
Ma la luce per lui decide di andare via per sempre. Il 7 ottobre 1985, dopo un’intervista televisiva in Belgio, Ludo viene coinvolto in un grave incidente stradale tra Anversa e Bruxelles. Muore due giorni dopo, lasciando la sensazione di un campione incompiuto, di quello che poteva essere ma non sarebbe mai stato.
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