«Se vai dal parrucchiere, potrai andare in Nazionale». A pensarlo oggi, verrebbe da ridere, eppure il concetto era questo. Se lo sentì dire Gigi Meroni, uno che viveva fuori dall’ordinario, coi calzini abbassati, maglia da fuori, prima i baffetti, poi i capelli lunghi e la barba.
Una questione di codice, di “dress-code” si dice nel 2018: Gigi accettò dinanzi alla possibilità di perdere il treno azzurro, ma quando divenne famoso e idolo di molti ragazzi che lo emulavano, Edmondo Fabbri, l’allenatore dell’Italia, dovette chiudere più di un occhio. Del resto erano gli anni Sessanta, gli anni dei Beatles e della ribellione veicolata anche attraverso un’acconciatura differente.
E poi c’è chi, trent’anni dopo, in nazionale e soprattutto ai Mondiali non è andato per colpa dei capelli troppo lunghi. Fernando Redondo, l’eleganza vestita di bianco Real, un sinistro telecomandato e un spettacolo per gli occhi. Peccato solo che ai Mondiali in Francia del 1998 nessuno ha potuto ammirare la sua classe planetaria.
Ancora una volta fu: «Tagliati quei capelli e potrai giocare con l’Argentina». A dirlo era Daniel Passarella, tecnico dell’Albiceleste: era stato categorico e non voleva vedere nella sua squadra chiome “stravaganti”. Uomo rigido e attento al rispetto delle regole, nonostante la qualità che il ragazzo poteva garantire a centrocampo, Redondo, dal 1994 al 1998, restò fuori dal giro della nazionale, mentre in Europa faceva faville con la maglia del Real Madrid, tra “taconazi” leggendari e trofei alzati al cielo. Indossò anche la fascia da capitano prima di congedarsi dalle Merengues da vincente: la sua ultima partita con la maglia bianca fu la finale di Champions League vinta 3-0 contro il Valencia di Hector Cuper.
Una carriera a forti tinte chiare e oscure. Al Milan verrà ricordato per il suo lungo infortunio subito dopo l’acquisto nell’estate del 2000 e la decisione di non percepire lo stipendio durante l’assenza dai campi. Il ritiro nel 2004 è una diretta forzatura.
Per vederlo sorridere con la maglia dell’Argentina bisogna risalire al 1993, prima dell’avvento di Passarella, ovviamente: è l’8 agosto e, contro il Paraguay, l’Argentina si gioca la qualificazione ai Mondiali di Usa ’94. La gara è complicata e combattuta, ma sul risultato di 1-1, al 20′ del secondo tempo, il 24enne centrocampista, allora al Tenerife, inventa un gol capolavoro. L’Argentina vincerà 3-1 e quello fu il suo unico gol con la sua Nazionale.
A suo modo è stato un vincente. Atipico senz’altro per non esser sceso a compromessi. A saltare un Mondiale per orgoglio e per i suoi capelli. Unico, però, a deciderlo di farlo per ben due volte! Nel 1990, nel Mondiale italiano, aveva la possibilità di giocarsi la Coppa del Mondo con la nazionale vincitrice in carica. Come andò a finire? Sull’aereo destinazione Roma non mise mai piede: doveva terminare di seguire i corsi di Economia e Commercio all’università.
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