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Non può essere altrimenti, non poteva che essere la “partita della vita” per Antonio Cassano, quando aveva ancora 17 anni. Lui stesso ha più volte ringraziato quella mirabolante rete contro l’Inter del 18 dicembre 1999 perché gli ha dato un futuro, l’ha tolto dalla strada e dalla delinquenza dove probabilmente si sarebbe invischiato se non avesse avuto successo come calciatore. Al suo esordio in Serie A, assieme all’altro debuttante Hugo Enyinnaya, mandati in campo da mister Fascetti perché gli attaccanti titolari sono indisponibili. Proprio contro i nerazzurri che, al contrario, hanno Ronaldo, Vieri, Zamorano e Recoba. Vince il “Galletto” per 2-1, in una storia di aneddoti e curiosità ripercorsi in questi video:

 

Il giorno dopo l’impresa, Michele Salomone iconico giornalista barese ha un accordo con Cassano e la famiglia per intervistarlo a casa di sua madre. Si presenta, ma di Antonio non c’è traccia: non si presenta senza preavviso.

In poche partite si è ripreso la sua squadra, i suoi tifosi e i suoi gol: è tornato Mauro Icardi.

Il capitano nerazzurro è stato il protagonista della vittoria fotofinish nel derby di Milano, un colpo di testa che lancia l’Inter al terzo posto in classifica e che lo lancia anche nella storia.

Un gol certo non come gli altri quello realizzato in un derby. Un gol che ti fa esplodere di gioia e che ti fa sentire tutto il calore dei migliaia di tifosi presenti al Meazza.

L’argentino, grazie alla rete messa a segno contro il Milan, ha raggiunto 104 reti in campionato con la maglia interista superando in classifica all time un grande ex centravanti come Christian Vieri, fermo a 103.

Lo stesso Bobone qualche settimana fa si era complimentato su Instagram con la punta sudamericana per questo bel risultato.

Maurito è salito in settima posizione di questo speciale palmares alle spalle di Roberto Boninsegna a 113 e Sandro Mazzola a 116. Una distanza non molto larga calcolando l’età di Icardi e la sua media gol. Di questo passo potrebbe superarli anche in questa stagione.

Un po’ più staccati Istvan Nyers e Spillo Altobelli, entrambi a 128 reti. L’ungherese è lo straniero con più reti messe a segno in Serie A con la maglia nerazzurra, chissà se l’argentino riuscirà a raggiungerlo. Attualmente è a -24, ma con Icardi tutto è possibile.

Imprendibile è invece Giuseppe Meazza che con i suoi 195 gol segnati pare difficile che venga scalzato. Una vera e propria macchina da gol.

Che sia il perno dell’attacco nerazzurro lo dicono i fatti e lo dicono i suoi gol, il vero marchio di fabbrica dell’argentino. La scorsa stagione ha chiuso con 29 reti in Serie A (capocannoniere con Immobile), tre stagioni fa lo è stato nuovamente a pari merito con Luca Toni con 22 gol.

Tra queste marcature c’è proprio il Milan che negli ultimi 4 derby ha subito ben cinque reti dal numero 9 interista. Il primo nel 2-2 dell’aprile 2017, poi una tripletta nel torneo scorso.

Il posticipo tra Empoli e Milan in programma alle 21 al “Castellani” chiude il turno infrasettimanale della sesta giornata di serie A. Due ore prima, alle 19, Spal Sassuolo sarà sfida tra due squadre hanno iniziato al di sopra delle aspettative il loro campionato.

Il match in Toscana è fondamentale per gli uomini di Gattuso, impegnati a risalire la classifica dopo un inizio di stagione abbastanza tribolato: i rossoneri sono nelle retrovie della graduatoria, ma con due partite in meno. Stasera dovranno fare a meno del loro uomo di maggior classe, Gonzalo Higuain, non convocato a causa di un problema al flessore. Un ko che conferma il rapporto curioso tra gli attaccanti del Milan e la partita contro l’Empoli.

L’esultanza di Higuain dopo il gol all’Atalanta

Segnare un gol ai toscani non sembra portare bene ai centravanti di via Aldo Rossi, nonostante la società del presidente del Corsi non abbia mai sconfitto in casa il Milan. I precedenti sono disparati: qualcuno forse ricorderà Andreas Andersson, attaccante biondo svedese che nel 1997 atterrò a Milano con grandi speranze, visti i numeri incoraggianti ottenuti a Goteborg (32 gol in 39 partite). Ma Andersson lasciò traccia di sé solo con le ragazze, come vociferavano i maligni, segnando un solo gol proprio a Empoli il 5 ottobre 1997. Poi di lui si sono perse le tracce.

Il Milan della stagione 97/98: Andersson è in alto, il quarto da sinistra

Anni dopo, nel 2005, Christian Vieri passa dall’Inter al Milan, un tradimento in riva ai Navigli che non porterò molta fortuna a Bobo. Il suo unico gol in rossonero lo segna proprio a Empoli il 26 ottobre prima di continuare il suo valzer di magliette trasferendosi a Montecarlo.

Bobo Vieri in maglia rossonera

Nove anni più tardi, nel 2014, Fernando Torres è il colpo piazzato da Galliani nel calciomercato estivo. El Niño ex Chelsea, Liverpool e Atletico Madrid non si rivelerà all’altezza delle aspettative: un solo gol in rossonero, proprio a Empoli nel 2-2 del 23 settembre 2014.

Fernando Torres al Milan

In questa particolare cronistoria c’è anche Mattia Destro, il ragazzo incompiuto del calcio italiano, mai definitivamente sbocciato. Neanche in maglia rossonera, che indossa nell’inverno del 2015 per pochi mesi: il suo primo gol nel Milan è contro l’Empoli, questa volta a San Siro. Resterà uno sbiadito ricordo.

Mattia Destro esulta a San Siro

Nel 2016, infine, Gianluca Lapadula ha trascinato il Pescara come capocannoniere alla promozione in A. Quei gol gli valgono il salto in una grande squadra: col Milan realizza 8 reti in 29 partite, la sua prima doppietta nella massima serie è al “Castellani” nel novembre 2016.

Gianluca Lapadula, attaccante del Milan di Montella

Patrick Cutrone, che stasera dovrebbe sostituire a Empoli l’infortunato Higuain, è avvisato.

Corea del Sud, Golden gol, Byron Moreno e Ahn Jung-hwan. Quattro indizi che fanno una prova, anzi apparecchiano il luogo perfetto dell’omicidio calcistico. Sono passati quindici anni dai Mondiali nippocoreani che videro l’Italia del Trap eliminata sciaguratamente dalla Corea del Sud del perugino Ahn e dall’allenatore globetrotter Guus Hiddink.
Una debacle per una Nazionale sulla carta senza dubbio valida tanto da potersi spingere più in là nel torneo, ma frenata dal ct Trapattoni con le sue maniacali fisse che andavano al di là delle reali insidie delle avversarie. Chi si ricorda del terzino ecuadoregno Ulises de la Cruz!? E dell’acqua santa scaramantica usata in panchina?

Il Mondiale del nuovo millennio, del futuristico pallone Fevernova, della prima volta che due paesi, Giappone e Corea del Sud, uniscono le proprie forze per metter su la più gigantesca manifestazione sportiva dopo le Olimpiadi. E poi c’è l’Italia di Buffon, Nesta, Maldini e Cannavaro, di un centrocampo di rottura con Cristiano Zanetti, Tommasi e Di Biagio e poi la qualità e la forza lì davanti con Totti, Vieri, Inzaghi e Del Piero. Con Roberto Baggio lasciato a casa.

Un’Italia che si fa piccolina piccolina, timorosa, col freno a mano tirato e senza esprimere davvero un calcio dominante se non nel match inaugurale contro l’Ecuador, vinto per 2-0 con doppietta di Vieri. Poi la sconfitta per 2-1 contro la Croazia e il pareggio acciuffato per 1-1 contro il Messico grazie alla rete di Del Piero. Piccola nota a margine: l’Italia si qualifica agli ottavi portandosi un bagaglio di quattro gol annullati in due partite tra presunte strattonate e un dubbioso fuorigioco.

E poi arrivò Byron Moreno. Era il 18 giugno 2002 e l’Italia si spostò dal Giappone in Corea, proprio contro i padroni di casa per un ottavo di finale estremamente infuocato. Nello stadio di Daejon si rievocarono spiacevoli fantasmi: “Again 1966” era il messaggio di benvenuto agli azzurri, chiaro il riferimento alla disfatta del Mondiale del 1996 per mano di un’altra Corea, quella del Nord.
Contro i padroni di casa, contro un clima ostile, all’Italia si aggiunse anche la beffarda esibizione arbitrale di Moreno che iniziò subito dopo quattro minuti, quando decise di rendere omaggio ai coreani con un rigore generoso per una trattenuta di Panucci, ma Buffon parò, facendo rimanere in gola l’urlo di gioia di Ahn e dei tifosi rossi.
E’ poi sempre Vieri a sbloccare il match al 18′, a forzare una partita impari dove l’ago della bilancia vestito di nero pendeva nettamente dalla parte dei coreani: il fallaccio su Zambrotta, la ferita alla testa di Coco, il fallo a limite dell’area su Totti rimasero gesti impuniti.

I padroni di casa erano, così, galvanizzati, gli italiani invece iniziarono a perdere le staffe e la concentrazione. Vieri sbagliò alcune clamorose occasioni con il risultato di dover difendere alla bell’e meglio un misero gol di scarto. Tutto invano perché all’87’ l’Italia, per rimanere in tema mitologico nipponico, si fece harakiri: Panucci s’incartò su un cross dalla destra e Seol incrociò di sinistro sul palo lontano. Stadio in fiamme e azzurri nel panico, costretti in extremis ai supplementari.

Lo spauracchio del Golden gol incuteva quasi meno paura rispetto a Byron Moreno che, durante l’extra-time, sfoggiò il meglio: doppio giallo a Totti per una simulazione che non lo era e gol regolare annullato a Tommasi. Il finale era già tutto scritto e fu Ahn, il perugino, a prendere in mano penna e calamaio per scrivere la parola fine: al 115′, Maldini è in ritardo, Ahn spizzica quel tanto che serve a bucare Buffon.
L’Italia era fuori agli ottavi dal Mondiale, la Corea proseguì il suo cammino facendo fuori la Spagna ai quarti, con annesse polemiche, prima di capitolare in semifinale contro la Germania.

Fu un triste epilogo: Paolo Maldini, bersagliato dalle critiche, decise di smettere con la maglia azzurra (rifacendosi con il Milan con la Champions l’anno successivo giocando pressoché tutte le partite della stagione), di Byron Moreno non se ne sentì più parlare tranne qualche anno dopo quando fu condannato a due anni e mezzo di reclusione per traffico internazionale di stupefacenti.

E Ahn? L’idolo per il proprio paese, antieroe mal riuscito in Italia fu cacciato dal vulcanico patron del Perugia, Luciano Gaucci, che sulle colonne della Gazzetta dello Sport, il 19 giugno, disse:

Non lo voglio più vedere: ha offeso il paese che lo ha accolto

Arrivò in Italia con un’affermazione audace, dicendo di voler essere meglio di Nakata. Lasciò l’Italia dopo due stagioni con 30 presenze sporadiche e cinque gol. Ma con un grande dispiacere: consegnare all’Italia il biglietto di ritorno nel Mondiale del 2002.

Prima di Neymar al Paris Saint Germain, prima delle megalomani operazioni di mercato in terra inglese con gli acquisti in difesa tra Manchester City e Liverpool. Prima della bolla creata da sceicchi e fondi asiatici, c’era l’Italia che come il Klondike era una miniera d’oro per numero di talenti e operazioni di calciomercato. Ma quali sono state le operazioni più costose che hanno visto coinvolta la Serie A sia in entrata che uscita? Ecco la top10

 

#10 Christian Vieri

Nella Liga, con la maglia dell’Atletico Madrid, segna 24 gol in 24 partite. Primo posto nella classifica marcatori e quindi la conquista del Trofeo Pichichi, unico italiano a vincerlo. La Lazio di Cragnotti, dunque, decide di riportarlo in Italia nell’estate 1998 dopo una sola stagione in Spagna. Ma Vieri, nella capitale rimane poco: è sensazionale il suo passaggio all’Inter l’anno successivo con Moratti che vuole regalare a Lippi l’ariete per puntare allo scudetto. L’operazione per portare a Milano il 25enne ex-Juve è, fino a quel momento, la più costosa di sempre: quasi 90 miliardi di lire offerti alla Lazio (nel prezzo è compreso il cartellino di Simeone, valutato 21 miliardi) ovvero 48 milioni di euro.

#9 Gaizka Mendieta

Sono gli anni dello strapotere della Lazio e di Cragnotti prima del crack fallimentare. I laziali non solo dominano in Serie A e si fanno valere anche in Europa sul rettangolo di gioco, ma fanno la voce grossa anche nel calciomercato. L’oggetto dei desideri è lo spagnolo Mendieta, capitano e leader del Valencia con il quale, dopo aver vinto la Coppa del Re e la Supercoppa spagnola nel 1999, disputa due finali consecutive di Champions League, perdendole entrambe contro Real Madrid e Bayern Monaco. Eletto miglior giocatore della competizione nella stagione 2000-2001, la Lazio, nella stessa estate dopo aver ceduto Nedved alla Juventus, decide di piazzare il colpo versando nelle casse valenciane 89 miliardi di lire (48 milioni di euro) diventando così il secondo acquisto più costoso nella storia del club biancoceleste dopo Hernan Crespo.

#8 Gianluigi Buffon

Quelle di inizio millennio sono estati calde, caldissime per il mercato dei calciatori, soprattutto in Italia che di talenti ne ha ancora e mantiene un prezioso fascino a livello europeo e internazionale. Così sempre nell’estate 2001, mentre Mendieta valigie in mano passa dalla Spagna all’Italia, percorso inverso – destinazione Madrid – lo fa Zinedine Zidane che lascia la Juventus per accasarsi al Real. Con i soldi incassati, la Juventus decide di investire massicciamente nel mercato facendo razzia del meglio che c’è in giro. Sfumato lo scudetto anche (ma non solo) per alcune incertezze del portiere Van Der Sar, Moggi bussa alla porta del Parma e chiede Buffon, 23 anni e un futuro certo da campione. Così, dopo aver perfezionato l’acquisto di Lilian Thuram dal Parma, sempre dagli emiliani, la Juventus acquista Buffon per 75 miliardi di lire più la cessione a titolo definitivo di Jonathan Bachini, valutato 30 miliardi (in totale 52,88 milioni di euro). Il portierone è quell’anno l’acquisto più oneroso nella storia della società bianconera, record mantenuto fino al 2016.

#7 Hernan Crespo

L’avevamo già chiamato in causa con l’operazione Mendieta. Sì, perché Gaizka è il secondo acquisto più costoso nella storia della Lazio: al primo posto c’è l’attaccante argentino Hernan Crespo. Crespo nel 2000 ha 25 anni, gioca nel Parma e con i ducali vince Coppa Italia, coppa Uefa e Supercoppa Italiana. La Lazio con il tricolore sul pezzo investe ben 110 miliardi di lire (56,81 milioni di euro) per aggiudicarsi el Valdanito. Il suo trasferimento risultò essere il più costoso nella storia del calcio mondiale, seppur per pochi giorni: nello stesso mese, infatti, il portoghese Luis Figo viene acquistato dal Real Madrid per 143 miliardi di lire.

#6 Edison Cavani

Edinson Cavani si è affermato come uno dei giocatori più prolifici d’Europa. È passato dal Napoli al PSG nel 2013 ed è adesso parte di quello che è probabilmente il miglior attacco d’Europa. Il suo trasferimento da 64 milioni e mezzo di euro adesso sembra un affare se si pensa al mercato gonfiato ed Edison, attualmente, è il miglior marcatore nella storia del club transalpino. Scommesse calcio oggi vedono il PSG tra i favoriti per la conquista della Champions League in quanto possono disporre anche della star brasiliana Neymar per rinforzare il loro attacco. Dai uno sguardo all’infografica per vedere i maggiori ingaggi della Serie A.

#5 Kakà

Mezzo milione in più rispetto all’affare Cavani – PSG, in quinta posizione c’è la cessione di Kakà nel 2009 al solito Real Madrid che, ciclicamente, mette piede nel supermercato Italia. Kakà, figliol prodigo del Milan, già promesso a gennaio al Manchester City decide di rimanere in rossonero, ma la cessione è solo rimandata e approda così nell’universo Galacticos assieme a Cristiano Ronaldo. La faraonica campagna acquisti del Real Madrid di Florentino Perez continuò con l’ingaggio del francese Karim Benzema dal Lione per 35 milioni, degli spagnoli Raul Albiol dal Valencia, Alvaro Arbeloa e Xabi Alonso dal Liverpool e Esteban Granero dal Getafe.

#4 Zlatan Ibrahimovic

Zlatan nella sua ossessiva ricerca di vincere la Champions League, dopo aver dominato in Italia prima con la Juventus e poi con l’Inter accetta il passaggio al Barcellona, nella stessa estate del doppio colpo merengues Kakà – Cristiano Ronaldo. La società spagnola paga 46 milioni di euro all’Inter più la cessione del camerunese Eto’o, valutato 20 milioni. Inizialmente è previsto anche il prestito per un anno del bielorusso Hleb, con diritto di acquisto da parte dei nerazzurri per 10 milioni, ma è saltato, e quindi il Barcellona versa altri 3 milioni circa per concludere l’affare per una valutazione totale di 69.5 milioni di euro.

#3 Zinedine Zidane

L’avevamo già accennato. Eccoci al gradino più basso del podio. Sua maestà Zinedine Zidane che nel 2001 si trasferisce dalla Juventus al club Real Madrid che, per averlo tra le sue file sborsa 150 miliardi di lire (77,5 milioni di euro), realizzando il più costoso trasferimento di un giocatore nella storia del calcio fino a quel momento. Con i bianconeri, il talento francese gioca complessivamente 212 partite e segna 31 gol, di cui 24 in Serie A.

#2 Gonzalo Higuain

Tra acquisti e cessioni, sul podio c’è sempre la Juventus. Gonzalo Higuain, a modo suo, ha segnato la storia della Serie A: arrivato in Italia nel 2013, comprato dal Napoli per sostituire proprio Cavani, el Pipita nella stagione 2105-2016 fa il botto. Entra nella top ten dei migliori marcatori della storia del Napoli, toccando quota 70 reti complessive;  va a segno per sei giornate consecutive, eguagliando la striscia positiva di Maradona nella stagione 1987-88; supera  Cavani per gol segnati in una stagione, fino ad allora il miglior cannoniere stagionale nella storia degli azzurri e il 14 maggio, nel 4-0 dell’ultima giornata contro il Frosinone, realizza la tripletta che gli consente di chiudere il campionato con 36 reti in 35 partite, vincendo la classifica marcatori e superando il record assoluto di reti in un singolo campionato italiano, fino ad allora detenuto da Nordahl nella stagione 1949-50, ed eguagliando inoltre quello di Rossetti che resisteva dal 1928-29, quando il campionato si disputava a più gironi. Con questo bigliettino da visita niente male, la Juventus decide di fare follie e sborsa ben 90 milioni di euro per averlo. Il suo trasferimento è il più costoso nella storia della Serie A.

#1 Paul Pogba

Ma se la Juventus ha potuto sborsare questa cifra è perché nella stessa sessione di mercato, nell’estate 2016, il Manchester United bussa alla porta dei bianconeri per riportarsi a casa il gioiellino Pogba lasciato partire troppo in fretta. La cifra è da capogiro: per riacquistare a titolo definitivo il suo ex calciatore, il club inglese sborsa una somma complessiva di 105 milioni di euro. In Italia si rompe il muro dei 100 milioni di euro per un’operazione di mercato. Si tratta in quel momento del trasferimento più oneroso nella storia del calcio, superato l’estate successiva dai 222 milioni sborsati dal PSG per Neymar.

L’unico a essere ancora in campo oggi come 20 anni fa è sempre lui, Gigi Buffon. L’unico precedente spareggio che l’Italia è stata costretta a disputare per ottenere il “pass di riserva” per andare a un Mondiale è stato 20 anni fa, contro la Russia. E per Gigi, appena 19enne, fu il suo esordio nella Nazionale dei grandi.
E proprio in terra siberiana la Nazionale vuole fare tappa nel prossimo giugno. Ma dopo la pesante sconfitta contro la Spagna che consegna alle Furie Rosse il prima consolidato del girone e vedendo sfumare la possibilità di un accesso diretto, il playoff rimane l’unica soluzione.

Due decenni fa, nella Qualificazione per Francia ’98, l’Italia fu inserita nel Girone 2 assieme a Inghilterra, Polonia, Georgia e Moldavia. I ragazzi di Cesare Maldini disputarono anche un buon torneo: sapevamo che gli inglesi erano i concorrenti diretti per acciuffare il primo posto che significava qualificazione diretta senza passare dagli insidiosi pareggi.
L’Italia chiuse a 18 punti, senza nemmeno una sconfitta, con 5 vittorie e tre pareggi, un solo gol subito e la memorabile vittoria a Wembley contro l’Inghilterra firmata dal guizzo dell’inglese Zola e dalla saracinesca umana Peruzzi. Ma non fu abbastanza: l’Inghilterra passò come prima avendo totalizzato 19 punti. Per gli azzurri fu fatale il pareggio in casa nello scontro diretto contro i Tre Leoni e, forse, ancor più i due 0-0 ottenuti in trasferta in Georgia e Polonia.

Archiviate, dunque, le speranze di qualificazione diretta, il sorteggio consegnò i russi all’Italia. All’andata, il 29 ottobre, a Mosca, gli azzurri si ritrovarono un campo innevato e ai limiti della praticabilità. C’era da portare a casa la pelle limitando i danni e provare a uscire sani e salvi dalla zuffa fangosa moscovita.
Buffon, alla mezz’ora, prese il posto di Pagliuca, Vieri al 49’ da buon ariete trafisse il portiere di casa, ma appena quattro minuti più tardi, una sfortunata autorete di Cannavaro rimise tutto in discussione. Risultato finale 1-1 e qualificazione che passa per Napoli, il 15 novembre. Fu Casiraghi, al 53’, spinto dall’euforia straripante del San Paolo a regalare la vittoria e il Mondiale all’Italia.

Vent’anni dopo, cosa ci aspetta?

Agli spareggi partecipano le otto migliori seconde dei nove gironi di qualificazioni. La peggior seconda, dunque, sarà esclusa. Al momento le Nazionali sarebbero: Portogallo, Svezia, una tra Ucraina e Croazia, Slovacchia, Irlanda del Nord, Irlanda e Grecia. L’Italia, grazie al coefficiente ranking verrà valutata come testa di serie e quindi eviterà le insidie e lo spauracchio che ha il volto di Cristiano Ronaldo (eviterebbe anche la Croazia o l’Ucraina).

I playoff da dentro o fuori verso Russia 2018 si giocheranno il 9/10 novembre per la partita di andata e il 13/14 novembre per il match di ritorno.