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Cristiano Ronaldo – Messi – Messi – Messi – Messi – Cristiano Ronaldo – Cristiano Ronaldo – Messi – Cristiano Ronaldo – Cristiano Ronaldo. Sembra un testo futurista, ma così in maniera estesa, crea un ulteriore impatto. Un decennio governato da un’unica oligarchia: dieci edizioni del Pallone d’oro spartite tra il giocatore ex Real Madrid (anche se ha iniziato a collezionare trofei quando era ancora al Manchester United) e quello del Barcellona.

C’è un dopo, l’interruzione dell’egemonia e ha il nome e le fantasia di Luka Modric, vincitore dell’edizione 2018 del Pallone d’oro. Ma c’è stato un prima. Un’era precedente che ai nostri occhi sembra millenaria. E l’ultimo re di un impero calcistico un po’ più “umano” è stato Kakà. Nel 2007, la stella del Milan dall’eterno viso fanciullesco, dopo esser stato il trascinatore nella cavalcata che ha portato la Champions League contro il Liverpool, la Supercoppa Europea contro il Siviglia e il Mondiale per Club contro il Boca Juniors, trionfa anche nei riconoscimenti individuali, conquistando il Pallone d’oro dopo Fabio Cannavaro. Un voler rimarcare quanto di leggendario fatto quell’anno: il migliore al mondo è il brasiliano numero 22.

Ma in quel trofeo luccicante c’è il germe della “rivolta” perpetrata dal fantasmagorico duo: Kakà per innalzare il premio di France Football ha scalzato proprio Ronaldo, arrivato secondo, e Lionel Messi, giunto terzo. Da quel momento solo nel 2010 non vedremo sul podio entrambi i fuoriclasse: in quell’anno, infatti, fu all-in blaugrana con gli ambasciatori Xavi e Iniesta ad aprire le porte della gloria all’argentino.

San Siro è stata la navicella spaziale di Kaká, uno che veniva da un altro pianeta, è all’Old Trafford, nell’andata della semifinale di Champions del 2007, che mise in mostra, in mondovisione, tutto quello che aveva fatto vedere dal suo arrivo in Italia nell’estate del 2003: in particolare, una straordinaria capacità nel ribaltare l’azione, tagliando il campo a velocità supersonica e sempre con la palla al piede (destro o sinistro che fosse), sempre a testa alta e sempre con estrema purezza del gesto.

Di lui si dirà sempre che è stato un giocatore elegante, nonostante le galoppate e gli strappi di direzione. E se all’Old Trafford – il tempio del calcio – innalzò davanti a CR7 il manifesto della sua arte, fu con la maglia del Brasile che Kakà ammutolì sul campo Messi.
Bisogna riavvolgere le lancette di un anno, è il 3 settembre 2006 e mentre in Italia si contano i danni di calciopoli nonostante una Coppa del Mondo appena sollevata, in giro per il globo è già tempo di amichevoli nazionali per impostare i nuovi cicli. E a Londra si gioca un’amichevole che di “fraterno” non ha nulla: Brasile contro Argentina. La nuova Seleçao di Dunga rifila tre reti all’Albiceleste: doppietta di Elano, 3-0 di uno straripante Kakà, con Robinho “man of the match”.

Anche in estate, anche a settembre dopo un Mondiale, il ragazzo del Milan veste il suo smoking bianco. Entrato al 59’ al posto di Daniel Carvalho, a un minuto dal 90’, fa quello che gli riesce meglio: prende palla dalla difesa approfittando di un errato controllo di un giocatore argentino, alza lo sguardo e punta la porta nonostante tre/quarti di campo ancora da fare. Parte, si lascia alle spalle lo stesso giocatore, supera il cerchio di centrocampo, procede incalzante, poi tocco a cambiare direzione in uscita che manda a terra il difensore Milito e tocco che sa di sentenza mentre Abbondanzieri prova a intercettare il tiro in uscita bassa.

 

E’ il gesto di una carriera, ripetuto all’impazzata seminando avversari lungo la pista verde, ma questo è speciale perché è partito proprio rubando palla a Messi e superandolo in velocità in una corsa generazionale. Messi ha ancora 19 anni, va detto, ma ha le stimmate del campione. In quell’istante però, in quei quattro secondi di partita, l’ordine delle cose ha ristabilito il suo flusso: nell’ultima fase dei mortali, Kakà è di un altro pianeta.

C’erano davvero tutti, lunedì 23 settembre, al teatro della Scala di Milano per il “The Best FIFA Football Awards”, premio indetto nel 2016 nel quale rappresentati dei media, commissari tecnici e capitani delle Nazionali votano il miglior giocatore, il miglior allenatore e il top11 della scorsa stagione.

TheBest FIFA Men’s Player 2019: Leo Messi

Il premio più atteso è finito a Lionel Messi, ovvero quello di miglior giocatore della passata stagione. Messi si è imposto davanti a Van Dijk e Ronaldo, unico tra i grandi big non presenti alla Scala per la cerimonia e rimasto a Torino. Per Messi è la prima vittoria del premio da quando porta questo nome; la seconda se vogliamo considerare il vecchio FIFA World Player; unito però ai 5 Palloni d’Oro (di cui 4 vinti quando la FIFA insieme a France Football avevano fuso i due premi) fanno dell’argentino il recordman assoluto in termini di riconoscimenti individuali. Messi riesce insomma a vincere il premio come migliore calciatore FIFA anche in un anno in cui si è portato a casa soltanto la Liga e succede al croato del Real Madrid, Luka Modric.

 

TheBest FIFA Women’s Player 2019: Megan Rapinoe

Nel campo femminile invece il successo di miglior giocatrice è stato tutto di Megan Rapinoe. La calciatrice americana, campionessa del mondo e trascinatrice della nazionale statunitense al secondo titolo mondiale consecutivo, è stata eletta dalla FIFA come la più forte dell’anno 2019.

 

Jurgen Klopp e Jill Ellis i miglior allenatori

Jürgen Klopp ha vinto il premio di miglior allenatore per la stagione 2019: il tecnico dei Reds ha preceduto Pep Guardiola (Spagna/Manchester City) e Mauricio Pochettino (Argentina/Tottenham Hotspur). Capace di guidare il Liverpool sul tetto d’Europa, Klopp ha così parlato sul palco: «Un vero onore, anche se il nostro è stato un grande lavoro di squadra e non capisco perché questo riconoscimento arrivi a un singolo». Al termine del suo discorso Klopp ha spostato l’attenzione sull’associazione “Common Goal”, movimento di beneficenza lanciato con il supporto del calciatore spagnolo Juan Mata e di cui fa parte anche Giorgio Chiellini, che si impegna a destinare una parte degli stipendi dei calciatori/allenatori che ne aderiscono per progetti dedicati alle persone meno fortunate. Per la categoria allenatrici, lo scettro va a Jill Ellis, coach degli Stati Uniti per il suo secondo Mondiale portato a casa.

Miglior portiere: Alisson

Da quest’anno è stato introdotto anche il premio per il miglior portiere e se lo aggiudica Alisson Becker, il numero 1 dei Reds, ex Roma, che ha preceduto Ederson (Brasile/Manchester City) e Marc-André ter Stegen (Germania/Barcelona). Alisson in questa stagione ha vinto la Champions League con il Liverpool e la Coppa America con il Brasile.

Migliore XI FIFA

Questo invece l’undici scelto dalla FIFA per la stagione 2019. Per la Juventus sono presenti Cristiano Ronaldo e De Ligt, anche se l’anno passato ha giocato con la maglia dell’Ajax. L’undici completo: Alisson; Ramos, De Ligt, Van Dijk, Marcelo; Modrić, De Jong; Hazard; Messi, Ronaldo, Mbappé.

 

Puskas Award, miglior gol del 2019: vince Zsori

Daniel Zsóri ha, invece, vinto il FIFA Puskas Award 2019, il gol più spettacolare della passata stagione. Il giocatore ungherese è stato premiato per la rete segnata in Debrecen-Ferencvaros TC, nel campionato magiaro, il 16 febbraio 2019. Zsóri ha preceduto Lionel Messi e Juan Fernando Quintero.

Avete letto bene. No, non è una bufala, una fake news o un titolo clickbait per accaparrarsi qualche visualizzazione in più. Almeno formalmente, la notizia è vera: lo IK Junkeren, squadra norvegese di terza serie, ha davvero acquistato Lionel Messi. Non è, però, l’attaccante argentino e, in realtà, non si può nemmeno chiamare un caso di “omonimia”.

Daniel Are Knutsen, questo il suo vero nome, è un ragazzo di 16 anni talmente devoto al talento del Barcellona che ha deciso di cambiare nome, legalmente registrato all’anagrafe, adottando nome e cognome della Pulce. Chiamatelo pure fanatismo, ma il giovane calciatore, nonostante il nome altisonante, non intende creare paragoni: «Faccio del mio meglio per avvicinarmi al suo stile, ma probabilmente il mio talento  non è eccezionale quanto il suo», ha detto Daniel al magazine norvegese VG.

 

Il club, ovviamente, spera possa diventare un valido giocatore anche se Messi, quello vero, a 17 anni e tre mesi fece il suo debutto nella Liga e nella squadra dei “grandi” del Barcellona. Era il 2004 e Daniel aveva poco più di un anno. Per il momento sarà integrato nell’Under 16 e Runar Bo Eriksen, manager dell’IK Junkeren, ha scherzato sul suo acquisto: «Inizialmente eravamo interessati a Cristiano Ronaldo».

C’è anche l’attaccante Fabio Quagliarella tra i 10 candidati al Puskas Award, il premio – dedicato al campione ungherese Ferenc Puskas – che dal 2009 viene assegnato annualmente dalla Fifa all’autore o all’autrice del gol più bello della stagione precedente.

La lista è compilata dalla stessa Fifa con l’aiuto di ex giocatori e allenatori: quest’anno sono stati presi in considerazione i gol segnati dal 16 luglio 2018 al 19 luglio 2019. Per essere presi in considerazione dai giudici, i gol devono essere stati realizzati senza l’aiuto di errori degli avversari ed evidenti colpi di fortuna. Non vengono fatte distinzioni tra i livelli dei campionati professionistici, le nazionalità e il genere. Dalla lista attuale ne verranno poi selezionati tre tramite votazione online: il vincitore del Puskas Award 2019 sarà annunciato nel corso della cerimonia della consegna dei premi FIFA in programma il 23 settembre al Teatro alla Scala di Milano.

Stropicciatevi gli occhi e ammirate le 10 prodezze:

🇧🇷 Matheus Cunha
🇩🇪 RB Lipsia

🇨🇴 Juan Fernando Quintero
🇦🇷 River Plate

🇸🇪 Zlatan Ibrahimovic
🇺🇸 Los Angeles Galaxy

🇦🇷 Lionel Messi
🇪🇸 Barcellona

🇮🇹 Fabio Quagliarella
🇮🇹 Sampdoria

🇺🇸 Amy Rodriguez
🇺🇸 Utah Royals

🇬🇧 Billie Simpson
🇬🇧 Cliftonville

🇬🇧Andros Townsend
🇬🇧 Crystal Palace

🇭🇺 Daniel Zsori
🇭🇺 Debrecen

🇨🇲 Ajara Nchout
🇨🇲
Camerun

 

 

Cristiano Ronaldo, vincitore della UEFA Nations League con il Portogallo e miglior marcatore delle Finals e vincitore del primo scudetto con la Juve, sfiderà Lionel Messi (capocannoniere di Champions, Scarpa d’oro e decima Liga con il Barcellona) e Virgil van Dijk (man of the Match della finale di Champions League vinta dal suo Liverpool e in finale di UEFA Nations League con l’Olanda). Sono loro i tre candidati finali per il premio UEFA di Calciatore dell’anno per il 2018/19.

Il vincitore verrà annunciato – insieme alla vincitrice del premio UEFA di Calciatrice dell’anno e ai vincitori dei premi per ruolo della UEFA Champions League – giovedì 29 agosto a Montecarlo in occasione della  cerimonia del sorteggio della fase a gironi di Champions. L’anno scorso il riconoscimento è stato dato al centrocampista del Real Madrid Luka Modric.

 

I tre finalisti sono stati selezionati da una giuria di 80 allenatori formata dai tecnici dei club che hanno partecipato alla fase a gironi 2018/19 di Champions League (32) ed Europa League (48), e da 55 giornalisti selezionati dal gruppo European Sports Media (ESM) in rappresentanza di ogni federazione UEFA. I membri della giuria hanno scelto tre calciatori, assegnando cinque punti a quello preferito, tre al secondo e uno al terzo. Gli allenatori non potevano votare giocatori della propria squadra.

È stato un bel Superclasico e, stavolta, a spuntarla sono stati i padroni di casa del Brasile che vola in finale di Coppa America dopo 12 anni.

Nello stadio di Belo Horizonte la Seleçao tornano a vincere dopo l’umiliante sconfitta subita dalla Germania nel Mondiale del 2014. Ora può veramente sognare: il tifo c’è, la squadra anche. Si attende di sapere solamente chi sarà l’avversaria tra Cile-Perù nel capitolo finale.

Grande partita per tutta la formazione guidata dal ct Tite, trascinata da un sempreverde Dani Alves e da Gabriel Jesus. Il terzino e capitano ha preso in mano la squadra oltre a esser stato l’ispiratore del primo gol, l’attaccante del City ha finalmente fatto la voce grossa nel reparto offensivo.

Nell’Albiceleste per 60 minuti si è visto un buon Messi, soprattutto con il palo colpito a inizio ripresa. Gli argentini nel complesso avrebbero meritato qualcosa in più, i verdeoro sono stati cinici.
La Pulce è stato ripreso da tutte le telecamere durante l’inno nazionale. Non aveva mai cantato e questa questione ha smosso mezzo pianeta.


La partita è stata vivace con il Brasile più dinamico all’inizio del match, ma con l’Argentina che sfiora il vantaggio con un tiro dalla distanza di Paredes.
A sbloccare l’equilibrio al 19esimo è Gabriel Jesus dopo una magistrale azione di Dani Alves. Il terzino ha superato con un sombrero Acuña e con un dribbling Paredes, per poi allargare su Firmino che, con precisione, ha offerto la palla all’attaccante Citizens.

Nell’Argentina la ghiotta pallagol arriva ad Aguero che di testa ha colpito la traversa. Nel secondo tempo il capitolo è lo stesso con la Selección che ha provato a pungere ma è stato il Brasile a chiudere il match con la rete dell’attaccante del Liverpool, servito da Gabriel Jesus, autore di una grande giocata.

Finale prevista domenica al Maracanà di Rio de Janeiro. Per il Brasile sarà un nuovo banco di prova davanti a uno stadio che in alcune occasioni viene ricordato per momenti poco felici.

Dai 600 gol di Messi all’eterno dibattito tra l’argentino e Cristiano Ronaldo. Dalla Pulce che gioca assieme a Ronaldinho ai ragazzini terribili dell’Ajax che sbancano anche Londra. C’è questo ed altro nella partweeta di Champions, i dieci migliori post nelle due serate europee.

Messeicento


Leo e Dinho


Lumaca Italia


Giudizi affrettati


Godiamoceli


Lumaca Italia parte II

Carezze arbitrali


Birra e tv


Ansia non ne abbiamo


Calcio pane e salame

Leo Messi e la Selección argentina, un amore vs odio che pende dalla parte più romantica. Il tallone d’achille della Pulce resta la maglia albiceleste: decisivo nelle qualificazioni, grande assente nelle gare che contano. L’ultimo disastroso Mondiale russo aggiunge un ulteriore tassello alla turbolenta storia d’amore tra Messi e la sua Nazionale. Eppure, nonostante il perenne e ingombrante paragone con Maradona, in Argentina hanno scelto di amarlo e aspettarlo un’altra volta. Dopo sette mesi il fuoriclasse del Barcellona torna a giocare per la squadra del ct Scaloni. E la Selección su twitter lo omaggia con un video speciale.


Da Bergoglio a Manu Ginobili

Dieci argentini in uno. Dieci argentini che hanno fatto, a loro modo, la storia concentrati in Leo Messi. Dalla fede di Papa Bergoglio alla velocità di Juan Manuel Fangio. Dai tocchi di Astor Piazzolla e Manu Ginobili alla precisione di Gabriela Sabatini e al genio letterario di Josè Borges. Dalla velocità di una Pagani Zonda alla bellezza visionaria di Benito Quintela. Dal medico Rene Favaloro al cantante Carlos Gardel.

Hai tenuto il conto? Sono dieci argentini in uno. E ci sono ancora persone che pensano sia di un altro pianeta. Può essere, ma di un pianeta di geni chiamato Argentina

In coppia con Lautaro

L’occasione per il gran ritorno è, in realtà, solo un’amichevole contro il Venezuela in programma questa sera al Wanda Metropolitano di Madrid. Lo stadio della finale di Champions League nella città a Messi più avversa vista la grande rivalità tra Barcellona e Real Madrid. In attacco El Diez dovrebbe fare coppia con Lautaro Martinez, che anche in Nazionale ha preso il posto del ribelle Mauro Icardi. 65 reti in 128 partite: bottino niente male se non ti chiamassi Leo Messi. E se il tuo popolo non aspettasse da te quella Coppa che a Buenos Aires manca dal 1986. Quando più in alto di tutti c’era la grande ombra di Messi, Diego Armando Maradona.

Ancora una volta, l’ennesima volta è sempre Lionel Messi.

Il campione argentino del Barcellona ha dimostrato che il Barcellona è ancora lui. Nel match di Liga contro il Siviglia ha sfoderato una prestazione super che gli ha permesso di segnare un nuovo record, che si va ad aggiungere già alla ricca lista di risultati individuali ottenuti in Spagne e in Europa.

Al Sánchez Pizjuán il numero 10 argentino ha registrato il 50esimo hat-trick della sua immensa carriera da professionista, la 44esima con la maglia blaugrana (le altre sei con la nazionale argentina).

Quelli realizzati non sono stati gol “scontati”, sono stati gol alla Messi, sia per peso ma soprattutto di rara bellezza. Una tripletta mozzafiato che per gli amanti del calcio sono un inno allo sport: la prima rete è stata segnata al volo con una girata di prima intenzione sull’altezza del dischetto del rigore, la seconda con un tiro di destro (non è il suo piede) sotto all’incrocio e per concludere un cucchiaio delizioso a beffare il portiere del Siviglia, Tomas Vaclik.

Una grande risposta a tutti coloro che avessero ancora qualche dubbio su Leo Messi. La squadra catalana lo ha voluto omaggiare attraverso un tweet, definendolo il “più forte di sempre!”.

Parole forti che riaccendono la polemica e la diatriba con Ronaldo per chi sia il più forte calciatore attuale e della storia.
Una tripletta che comunque entra di diritto negli annali del calcio. Con il 44esimo hat-trick in azulgrana, di cui 29 messe a segno al Camp Nou e altre 15 sparse nei vari stadi spagnoli ed europei.

L’esultanza al terzo gol è stato un déjà vu. Il pugno destro in alto tra le braccia del compagno Dembélé ha infatti scomodato una leggenda come Pelé.
Difficile trovare le differenze tra il 2019 e il lontano 1970, quando O Rei segnò all’Italia nella finalissima mondiale all’Estadio Azteca vinta 4-1 dal Brasile: stessa espressione di gioia e stesso pugno alzato mentre è Jairzinho a portarlo in trionfo. Un’immagine e un accostamento che sta facendo il giro della Spagna, suggestivo parallelo tra due campioni che occupano di diritto un posto nell’Olimpo del calcio.

Forse dalla Spagna arriva un proposta interessante anche per il calcio italiano: una Supercoppa a quattro squadre, una rivoluzione che la Federcalcio spagnola ha annunciato a partire già dall’estate 2019. A contendersi quello che è solitamente il primo trofeo dell’anno (in Italia, negli ultimi anni si sta giocando nel periodo natalizio) giocheranno le prime due della Liga e le due finaliste della Coppa del Re.

Luis Rubiales, presidente della Federcalcio spagnola, ha annunciato il cambio di format del torneo istituito nel 1982, che mette di fronte la squadra vincitrice della Liga e quella che ha trionfato nella Copa del Rey. Fino al 2018, la competizione si è giocata in doppio confronto con match di ritorno in casa della società campione nazionale. A partire dalla prossima estate, la manifestazione sarà giocata da quattro squadre, ad eliminazione diretta.

 

I tre match, le due semifinali e la finale, (non è prevista la “finalina”, la sfida per il terzo posto) si giocherebbero tutti in una città straniera, nella settimana precedente all’inizio del nuovo campionato. Secondo Rubiales, la Supercoppa diventerà «una festa del calcio e genererà sempre maggiore attenzione» perché il nuovo format ha l’esigenza di espandere ulteriormente il brand del calcio spagnolo. Con tanto di tifoseria che storce il naso per ovvie questioni di costi e di distanze.

Del resto già la recente Supercoppa si è giocata a Tangeri, in Algeria, dove il Barcellona si è imposto per 2-1 sul Siviglia, ottenendo quindi il 13° trofeo, oltre 10 finali perse, un record assoluto in Spagna. Dal 2018, inoltre, si decise che il trofeo sarebbe stato assegnato in gara unica, in modo da poterla disputare all’estero, come accade anche in Italia, ma il regolamento della Supercoppa è cambiato nel corso degli anni.

Risultati immagini per supercoppa spagnola

Nato nel 1982, prevedeva andata e ritorno, oltre all’assegnazione automatica in caso di double Liga e Coppa del Re come successo al Bilbao nel 1984 e al Real nel 1989. Negli anni ’90 quest’ultima parte venne eliminata: in caso di double (situazione che si verificò in 6 stagioni, compresa l’ultima), avrebbe giocato la finalista perdente di Coppa del Re.