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Dall’album digitale a quello. La Panini ha accompagnato l’edizione 2018 dei Mondiali in Russia, con il suo immancabile album di figurine. Un cimelio da collezionare, la prima volta per molti giocatori, addirittura per due nazionali, Panama  e Islanda. Da scambiarli da bambini a ritrovare il proprio viso stampato con l’orgoglio di una famiglia, di una comunità, di una città: vedere  il proprio figlio indossare la maglia della nazione.

E poi c’è Pedro, un bambino di otto anni brasiliano, che queste figurine se l’è disegnate. Ben 126 sul totale di 682 presenti nell’album in commercio. Pedro ha il calcio nelle vene, vive nella città di Bauru e qui sanno cos’è il futebol: nel 1952 per quattro anni, Pelé ha iniziato a riscrivere il gioco del calcio prima di andare al Santos.

E Pedro, ha dedicato una sezione proprio alle leggende brasiliane: c’è O’ Rei, ma anche Ronaldinho, oltre all’attuale Neymar, Messi o Cristiano Ronaldo con tanto di pomo d’Adamo in rilievo. A lui di vedere i suoi amici incollare, aprire le bustine e barattarle proprio non andava giù, lui che è figlio della cassiera Gleice il cui stipendio “obbliga” a fare delle scelte e delle priorità.

Così lui il suo album se l’è creato con pastelli e matite: figurine che ricalcano i modelli originali con dati, altezza, peso e stemmi delle nazionali. Racchiuse in un quaderno stropicciato, ma su cui emerge il logo di Russia 2018.

L’opera di Pedro è uscita dai confini di Bauru, ed è arrivata fino alla sede messicana della Panini, che su Twitter ha promesso al piccolo disegnatore una sorpresa.

 

Il fantasma di Maradona ha imprigionato il talento di Messi, lasciandone le briciole, e forse neanche quelle, tra i prati di Russia. E’ una frustrazione, quella della Pulce, che inizia già dall’inno nazionale: mentre a Nižnij Novgorod risuonano le note dell’Himno Nacional Argentino la telecamera indugia su Leo, che si copre il volto con una mano, rifuggendo dalle attenzioni mediatiche.

Non lo preoccupa troppo la Croazia, forse ha già i cattivi presagi di quello che sarà, forse intravede l’ombra del Pibe de Oro, forse non sta bene come sospettano i giornali argentini, forse semplicemente non ha più la forza di caricarsi la Selección sulle sue spalle. L’ha già fatto in passato, durante le tribolate qualificazioni mondiali, con la tripletta decisiva nella sfida di Quito contro l’Ecuador. L’ha fatto in tredici anni, dal 2005 a oggi, diventando il miglior marcatore nella storia dell’Albiceleste, 64 gol in 125 partite, +30 su Maradona che si era fermato a 34 in 91 gare.

Ma non basta, perché Leo è Messi ma non ancora il Messia fino a quando non porterà la Coppa del Mondo a casa, come fatto da Diego nel 1986. Il 10 del Barcellona è stato troppe volte il manifesto perdente di una squadra tanto talentuosa quanto fragile nei momenti decisivi: tre sconfitte consecutive in finale negli ultimi anni tra Coppa America (Cile) e Mondiale (Germania), unico sigillo l’oro olimpico del 2008. Troppo poco per sé e il suo popolo.

Un fardello che aveva portato el diez a ritirarsi dalla sua Nazionale nel 2016, prima di tornare sulla sua decisione.

Triste, solitario y final, la Pulce ha le mani davanti agli occhi quando si parla di Nazionale. Non guarda le telecamere, non ha quella garra che Maradona esibì al mondo intero durante l’inno argentino nella finale di Italia ’90, l’8 luglio allo stadio Olimpico di Roma. Ancora scottato dai rigori nefasti della semifinale di Napoli, il pubblico capitolino fischiò l’inno biancoceleste, provocando le ire di Diego che esclamò “Hijos de p…” in mondovisione.

La rabbia prima delle lacrime per la sconfitta al 90’. Ancora la Germania, con un rigore generoso trasformato da Brehme e concesso tra le polemiche dall’arbitro messicano Codesal. Ma il fuoriclasse del Napoli aveva già esorcizzato l’Alemania quattro anni prima in Messico, nel torneo che lo consacrò al mondo tra la mano de Dios e il gol del Siglo contro l’Inghilterra.

Maradona aveva salutato la Nazionale con gli occhi spiritati del gol contro la Grecia a Usa ’94 e con l’infermiera che lo prelevava in campo dopo essere risultato positivo ai test antidoping al termine del match contro la Nigeria.

Gli africani sono il prossimo e forse ultimo appuntamento con la storia della Selección per Lionel: vincere potrebbe non bastare, l’infermiera di Messi avrà le sembianze del fantasma di Maradona.

Cosa è successo giovedì 21 giugno

Argentina quasi fuori, Francia e Croazia agli ottavi. A una settimana dall’inizio di Russia 2018, il campionato del mondo inizia a emettere i primi pesanti verdetti. Il 21 giugno 2018 entra di diritto nella storia dell’Albiceleste con una delle peggiori disfatte della Nazionale ai Mondiali. Sampaoli ha un piede e mezzo nel baratro, assieme al fantasma di Messi, il fratello gemello di quello ammirato al Camp Nou.

La Francia, solida e poco incline allo spettacolo, liquida il Perù con Mbappe e si giocherà il primo posto del girone con la Danimarca, che impatta 1-1 contro una bella Australia. I sudamericani sono eliminati, a breve potrebbero ritrovarsi anche l’Argentina sullo stesso aereo di ritorno a casa.

Gruppo C, Samara Arena: Danimarca Australia 1-1 (7’ Eriksen, 38’ Jedinak rig)

Sembra tutto facile per i danesi con il bel gol di Eriksen dopo pochi minuti che suggella un ottimo inizio di match. Il ct Hareide inizia a pregustare il pass agli ottavi, strappato con un turno d’anticipo, ma sottovaluta l’orgoglio e la qualità degli oceanici. Reazione copia incolla rispetto alla prima giornata con la Francia: Var e rigore dejà vu già ottenuto con i transalpini, con il braccio di Poulsen (decisivo col Perù) simile a quello (folle) di Umtiti. Dagli 11 metri Jedinak non si lascia intimidire dalle provocazioni di Schmeichel jr, al contrario di quanto fatto dal peruviano Cueva: per il barbuto centrocampista dell’Aston Villa è il secondo gol dal dischetto a Russia 2018 e il quinto consecutivo con la sua Nazionale. Nella ripresa gli uomini di van Marwijk confermano organizzazione e intraprendenza, ma peccano nella finalizzazione: il pari non accontenta (ma neanche scontenta) nessuno, verdetti rimandati all’ultima giornata in un equilibratissimo girone C.

Gruppo C, Ekaterinburg Arena: Francia Perù 1-0 (34’ Mbappe)

La Francia vince, ma continua a non convincere. Massimo risultato col minimo sforzo per gli uomini di Deschamps, che conquistano la qualificazione agli ottavi e si giocheranno il primo posto del girone nella gara contro la Danimarca. Il Perù è matematicamente eliminato, non senza rimpianti. La prestazione dei Bleus è ancora una volta opaca dopo gli scricchiolii già manifestati contro l’Australia: buon avvio con Griezmann e Mbappe, il gol vittoria è proprio dell’attaccante del Psg, che ribadisce in maniera fortunosa in rete un tiro deviato di Giroud. La prova della Francia, in sostanza, termina qui: i transalpini si accontentano e soffrono l’aggressività peruviana nel secondo tempo, con Pedro Aquino che centra l’incrocio dei pali con un tiro dalla distanza. Pogba lancia palloni alla viva il parroco, Mbappè perde tempo durante la sostituzione, il Perù mantiene il possesso palla (56% vs 44%), ma non basta. La squadra di Gareca saluta Russia 2018 con un turno di anticipo, quanto pesa il rigore sbagliato da Cueva sullo 0-0 contro la Danimarca.

Gruppo D, Novgorod Stadium: Argentina Croazia 0-3 (53 Rebic, 80’ Modric, 91’Rakitic)

L’inferno argentino inizia al 53’ con un regalo del portiere Caballero che propizia il gol di Rebic. Ma l’Albiceleste gioca senza idee, è impaurita sin dall’inno nazionale, con le facce spaesate e svuotate dei calciatori biancocelesti. Come avesse un presagio, Messi si tocca il volto mentre la telecamera lo inquadra durante le note dell’inno: il numero 10 è un autentico fantasma del match, specchio di una squadra priva di qualsiasi trama di gioco. La Croazia gioca tranquilla, senza il pathos di vincere a tutti i costi, guidati da due meravigliosi direttori d’orchestra come Modric e Rakitic, non a caso a segno nel fnale. La squadra di Sampaoli crolla con un passivo pesante, a nulla valgono gli ingressi di Dybala e Higuain. Ora vincere contro la Nigeria nell’ultima giornata potrebbe non bastare, mentre i croati festeggiano qualificazione e primato (momentaneo) del girone. Ora sembrano avere la concreta possibilità di far saltare il banco nel torneo iridato.

Cosa aspettarci venerdì 22 giugno

Gruppo E, Saint Petersburg Stadium: Brasile Costarica (h 14, Italia 1)

Sospiro di sollievo per la Seleção dopo l’infortunio alla caviglia subito da Neymar in allenamento: la stella del Psg ha recuperato e sarà regolarmente in campo. La squadra di Tite è chiamata a cancellare l’esordio a due facce contro la Svizzera: bene fino alla prodezza di Coutinho, poi black out e vani assalti finali. Il Brasile non può fallire, anche perché deve già rincorrere la Serbia a quota 3 punti. Ma i centramericani non sono certo la vittima sacrificale: basti ricordare cosa avvenne 4 anni fa, quando i costaricensi sconfissero l’Italia nella seconda giornata (dopo aver già messo sotto l’Uruguay) qualificandosi agli ottavi. Tempi che sembrano lontani, ma Russia 2018 ci sta insegnando che nessuna partita è scontata. Da monitorare la sfida tra portieri: da una parte il madrileno Navas, dall’altra Alisson, a un passo, secondo radiomercato, dalla camiseta blanca.

Probabili formazioni

Brasile (4-2-3-1): Alisson; Danilo, Miranda, Thiago Silva, Marcelo; Paulinho, Casemiro; Willian, Coutinho, Neymar; Gabriel Jesus. All. Tite

Costarica (5-4-1): Keylor Navas; Gamboa, Duarte, Acosta, Gonzalez, Calvo; Bolanos, Borges, Guzman, B. Ruiz; Joel Campbell. All. Oscar Ramirez

Gruppo D, Volgograd Arena: Nigeria Islanda (h 17, Italia 1)

Islanda per confermare l’ottimo inizio contro l’Argentina, Nigeria già all’ultima spiaggia dopo il ko contro la Croazia. Il match di Volgograd è tra le outsider del girone E, con i vichinghi decisi a sovvertire i pronostici della vigilia che assegnavano la qualificazione ad Argentina e Croazia. Il ct degli africani Rohr si gioca il tutto per tutto affidandosi a Obi Mikel, Iwobi e Ighalo davanti, l’obiettivo è dimenticare l’opaca prestazione nel match d’esordio. Gli africani hanno vinto solo una gara nelle ultime 13 disputate ai Mondiali. Hallgrimsson ripropone lo stesso undici che ha fermato Messi e compagni, dopo i quarti conquistati a Euro 2016 e le ottime indicazioni del debutto, l’Islanda non è più una sorpresa ad alti livelli.

Nigeria (4-2-3-1): Uzoho; Shehu, Trost Ekong, Balogun, Idowu; Ndidi, Etebo; Moses, Obi Mikel, Iwobi; Ighalo. CT: Rohr

Islanda (4-4-2): Halldorsson; Magnusson, R.Sigurdsson, Arnason, Saevarsson; Bjarnason, Hallfredsson, Gunnarsson, J.Gudmunsson; G. Sigurdsson, Finnbogason. CT: Hallgrimsson

Gruppo E, Kaliningrad Stadium: Serbia Svizzera, (h 20, Canale 5)

Sulla carta è lo spareggio per la piazza d’onore nel gruppo del Brasile, ma la classifica dopo la prima giornata recita Serbia capolista e Svizzera appaiata ai verdeoro. Per il ct serbo Krstajic l’occasione è ghiotta: una vittoria avvicinerebbe sensibilmente la qualificazione agli ottavi. Kolarov, Milinkovic Savic e Ljajic: le buone sorti della Serbia passano dai piedi talentuosi della serie A. Occhio però alla Svizzera dell’ex tecnico laziale Petkovic: la qualità non è elevatissima, soprattutto davanti, ma l’organizzazione tattica è esemplare, ne sanno qualcosa Neymar e compagni. La corsa di Lichtsteiner e Rodriguez, il talento di Dzemaili e Shaqiri, i muscoli di Behrami: è un match da tripla per gli scommettitori.

Serbia (4-2-3-1): Stojkovic; Ivanovic, Milenkovic, Tosic, Kolarov; Matic, Milivojevic; Tadic, Milinkovic-Savic, Ljajic; Mitrovic. All. Mladen Krstajic

Svizzera (4-2-3-1): Sommer; Lichtsteiner, Schar, Akanji, Ricardo Rodriguez; Xhaka, Behrami; Shaqiri, Dzemaili, Zuber; Seferovic. All. Vladimir Petkovic

Cosa è successo mercoledì 20 giugno

Settimo giorno di Mondiali russi e primi fatali verdetti. Nel Gruppo A, già fortemente indirizzato dalla vittoria della Russia sull’Egitto, ci pensa Suarez a mettere la parola fine. Il suo gol basta per piegare le resistenze dell’Arabia Saudita e portare l’Uruguay a sei punti in vetta assieme ai padroni di casa. Arabi e Salah a casa dopo due partite.

E, a braccetto, chiude i bagagli anche il Marocco che, dopo l’inattesa sconfitta all’esordio contro l’Iran, cade nuovamente con un colpo di testa, manco a dirsi, di Cristiano Ronaldo. I “Leoni dell’Atlante” condannati all’eliminazione. CR7 è sufficiente a questo Portogallo per portarsi a casa un risicato e sofferto 1-0 e a conquistare il quarto punto nel Gruppo B.

In serata altrettanto sofferta vittoria per la Spagna che, con il medesimo risultato di 1-0, ha la meglio su un volenteroso Iran che, nonostante il modulo iperprotetto, ha più volte spaventato De Gea e compagni. Simbolo di questa partita contorta è la rete rocambolesca di Diego Costa che segna su rimpallo in azione di disimpegno della formazione iraniana.

Tre partite, tre risultati terminati 1-0.

Portogallo – Marocco 1-0

Il Portogallo è 4 alla terza. O meglio Cristiano Ronaldo. Quarto gol dell’attaccante, al minuto 4 di Portogallo – Marocco e quattro punti per la nazionale lusitana inserita nel Gruppo B. Decisivo ancora una volta, l’asso del Real Madrid in due partite completa il suo repertorio: rigore, di destra su punizione, di sinistro e ora di testa. E’ bravo a farsi trovare libero in area di rigore sugli sviluppi di un calcio d’angolo battendo El Kajoui di testa. La reazione del Marocco è stata veemente con diverse occasioni per Benatia e compagni, senza però infilare la porta di Rui Patricio. Il massimo risultato, ma non con il minimo sforzo: gli uomini di Renard non sono stati abili a capitalizzare con un gol il predominio territoriale in campo. Dopo il vantaggio al 4′ sugli sviluppi di un corner, il Portogallo si è limitato a difendersi con ordine e tanto è bastato a portare a termine la missione.

Uruguay – Arabia Saudita 1-0

Nel Gruppo A, l’Uruguay di Tabarez dimostra pragmatismo e ermeticità battendo l’Arabia Saudita ancora per 1-0 come nel match d’esordio contro l’Egitto. Cavani sciupa tanto quanto Suarez nel primo incontro, a questo giro l’attaccante ex Liverpool segna, festeggiava le 100 presenze con la Celeste, diventa il pichichi della nazionale con 52 gol e il primo uruguaiano a segnare in tre diversi Mondiali. È finita solo 1-0 per alcuni errori di mira e con la formazione saudita creativa fino alla trequarti avversaria (il possesso palla finale dice 53% a 47% per i sauditi) e l’Uruguay solido, cinico e sprecone in contropiede: nella ripresa notevoli gli errori di Carlos Sanchez servito da Cavani e dello stesso Matador che si è fatto fermare dal portiere.

Iran – Spagna 0-1

La sfida serale che mette di fronte “Furie Rosse” e Iran dimostra che l’avvio di questo Mondiale per la Spagna non è per nulla semplice. Le vicissitudini causa esonero Lopetegui e arrivo di Hierro come ct. si fanno sentire così ci pensa ancora Diego Costa a togliere le castagne dal fuoco. Quello che è considerato un po’ il pesce fuor d’acqua, il meno aggraziato in una squadra di prestigiatori. Ma al 54’ è lui a insaccare su carambola dopo che il rilancio di Rezaeian incoccia sul ginocchio dell’attaccante dell’Atletico Madrid. Con un po’ di fortuna, insacca il suo terzo centro nel torneo e firma l’1-0 all’Iran, che vale l’aggancio al Portogallo in vetta al gruppo B.  Gli iraniani masticano amaro, perché avevano appena sfiorato il gol con Ansarifard in una rara sortita offensiva. E perché si vedono annullare, poco dopo, il pari di Taremi per fuorigioco di Ezatolahi. Taremi sarà fino alla fine l’incubo di De Gea: l’occasione ghiottissima gli capita sulla testa a dieci minuti dalla fine, ma non inquadra la porta.

 

Cosa aspettarci giovedì 21 giugno

Gruppo C | Danimarca – Australia | ore 14.00

Dentro o fuori per l’Australia, chiamata a battere la Danimarca per giocarsi poi la qualificazione all’ultima giornata della fase a gironi. I risultati della prima gara non lasciano alternative, per la nazionale del c.t. olandese van Marwijk: la sconfitta con la Francia obbliga gli oceanici a vincere per poi sperare in un altro risultato positivo col Perù. D’altro canto, i danesi blinderebbero di fatto la qualificazione in caso di successo, dopo la vittoria ottenuta contro i sudamericani nella precedente uscita.

Probabili formazioni:
Danimarca (4-2-3-1): Schmeichel; Dalsgaard, Kjaer, Christensen, Larsen; Kvist, Delaney; Poulsen, Eriksen, Sisto; Jorgensen. All. Hareide.
Australia (4-3-3): Ryan; Behich, Milligan, Sainsbury, Risdon; Mooy, Rogic, Jedinak; Leckie, Nabbout, Kruse. All. van Marwijk.

Gruppo C | Francia – Perù | ore 17.00

Francia-Perù può già dire molto del futuro del Girone C dei Mondiali. In caso di successo dei francesi e allo stesso tempo della Danimarca (contro l’Australia), infatti, sarebbe già archiviata con una giornata di anticipo la questione relativa al passaggio del turno. Per questo motivo la squadra del ct. Deschamps non vuole commettere errori contro i biancorossi di Gareca, sfortunati nella sfida di esordio proprio contro i danesi (0-1 finale).

Probabili formazioni:
Francia (4-3-1-2): Lloris; Pavard, Varane, Umtiti, L. Hernandez; Matuidi, Kantè, Pogba; Mbappè, Griezmann, Dembelé. All. Deschamps.
Perù (4-2-3-1): Gallese; Advincula, Rodriguez, Ramos, Trauco; Tapia, Yotun; Flores, Cueva, Farfan; Carrillo.  All. Gareca.

Gruppo D | Argentina – Croazia | ore 20.00

Argentina-Croazia è la partita che aprirà il secondo turno del Girone D. In campo le due iniziali candidate per il passaggio del turno, che però stanno da subito attraversando momenti diversi: la vittoria contro la Nigeria per 2-0 all’esordio permette alla squadra di Dalić di vivere con meno apprensione il big match (in caso di vittoria, l’accesso agli ottavi sarebbe assicurato); il pareggio 1-1 con l’Islanda mette invece ulteriore pressione sulle spalle di Messi e compagni, chiamati immediatamente a reagire per evitare brutte sorprese. In casa croata da registrare la decisione del ct di rispedire a casa Nikola Kalinic, che nella prima sfida, fingendo un mal di schiena, si è rifiutato di entrare in campo nei minuti finali.

Probabili formazioni:
Argentina (3-4-3): Caballero; Tagliafico, Otamendi, Mercado; Salvio, Mascherano, Lo Celso, Acuna; Pavon, Aguero, Messi. All. Sanpaoli.
Croazia (4-2-3-1): Subasic; Vrsaljko, Vida, Lovren, Strinic; Rakitic, Modric; Rebic, Kramaric, Perisic; Mandzukic. All. Dalić.

Ultimo aggiornamento: 13 maggio 2018

 

Le chiamiamo “bandiere” o, forse, alcuni parlano già al passato convinti che la fedeltà nel calcio sia svanita e quindi via sentimentalismi e senso di appartenenza per fare spazio ad altro che conta nel pallone moderno. E niente più Zanetti, niente più Totti, niente più Maldini o Del Piero.
La realtà, però, non è così malaccia: il Cies, il centro studi svizzero sul calcio europeo, nel suo ultimo report, ha raccolto la lista dei giocatori che all’interno dei maggiori campionati Uefa, indossano da più (tante) stagioni la stessa maglia. Dei veterani, insomma.

Sono 61 i calciatori che militano almeno da 10 anni nello stesso club. Alcuni indossano la fascia di capitano, come Buffon, altri ci sono arrivati dopo aver fatto tutta la gavetta nelle giovanili come De Rossi nella Roma, e poi ci sono simboli che hanno scritto la storia della squadra pur venendo dall’estero. Messi, è uno di questi.  E poi ci sono società che hanno cambiato così tanti giocatori nel recente passato da non avere una bandiera in senso assoluto di tempi: uno, per esempio, è il Crotone che ha in Martella – quattro stagioni – il giocatore da più tempo in rosa.

La lista completa la potete sfogliare qui, noi abbiamo scelto i giocatori con almeno 12 anni nella stessa squadra.

Xabi Prieto scolpito sulla maglia

Sabato 12 maggio, la Real Sociedad per omaggiare il suo leader Xabi Prieto, ha deciso di sostituire il proprio logo con il volto del capitano. Prieto ha deciso di ritirarsi al termine della stagione e la società con un comunicato ha detto:

Xabi ha sempre portato lo stemma della Real. La Real porterà stavolta lui come stemma

Nonostante la pubalgia che l’ha bloccato ai box nella seconda parte di stagione, il capitano basco è entrato a sette minuti dalla fine nella partita vinta 3-2 contro il Leganés. Xabi Prieto ha messo insieme in carriera quasi 580 apparizioni, e tra squadra A e B sono state tutte gare disputate con la maglia della stessa squadra.
Nella stessa partita è stato reso omaggio anche a Carlos Martinez, difensora dal 2007 in prima squadra (già dal 2004 nella squadra B).

 

Stefan Kiessling saluta il Leverkusen. E il Bayer saluta lui

Dopo 12 stagioni con la stessa maglia del Leverkusen, Kiessling decide di ascoltare il suo fisico, così a 34 anni decide di ritirarsi dal calcio giocato. Si conclude una delle più belle pagine del calcio moderno: 444 partite, 162 gol, 75 assist e capocannoniere nella stagione 2012-2013.  Anche per lui sette minuti di passerella nella vittoria per 3-2 delle aspirine contro l’Hannover.

Martedì 10 aprile, la Champions League ha vissuto uno scossone storico e inimmaginabile. Il Barcellona di Leo Messi, vincitore all’andata per 4-1 sulla Roma, ha perso 3-0 all’Olimpico la gara di ritorno. O meglio, i giallorossi hanno ribaltato la sfida dei quarti di finale con una prestazione sublime trascinati da De Rossi, Manolas e Dzeko.
Non è un Mondiale (e ne siamo consapevoli noi che scriviamo approfondimenti e curiosità legati alla Coppa del Mondo), ma l’unicità di questa impresa sportiva ha sì fragore mondiale e soprattutto, leggendo tra le righe, ci consegna una serie di provocazioni in ottica Russia 2018. Due su tutte: Messi ha giocato in modalità Argentina e Gerard Piqué, così sciatto e distratto in marcatura sull’attaccante  bosniaco, che sicurezza può dare alla Spagna?

Ma al di là di tutto, ecco una sfilza di pillole, tweet, pensieri e video di una notte “magggica”:

  • Parliamo, forse, della rimonta italiana “perfetta” quanto meno nel recente passato della Champions League? I due termini di paragone sono: il 3-1 tra Juventus e Real Madrid, semifinale del 2003, che ribaltò il 2-1 spagnolo del Bernabeu; il 3-0 del Milan contro il Manchester United, ancora semifinale, nel 2007, in risposta al 3-2 dei ragazzi di Ferguson all’andata. Perché pensiamo che il 3-0 della Roma sia superiore? Nelle altre due sfide avevamo due squadre quantomeno alla pari in termini di qualità, rosa, giocate individuali.
    Pavel Nedved, inoltre, vinse il Pallone d’oro nel 2003; Kakà, invece, nel 2007. Ci riesce difficile, al momento, poter immaginare un giocatore giallorosso alzare il trofeo al termine di quest’annata.

 

  • Daniele De Rossi e Kostantinos Manolas, autori del 2-0 e del 3-0, hanno trovato la maniera migliore per rifarsi dei rispettivi autogol nella sfida d’andata (che ricordiamo ha visto il Barcellona trionfare 4-1). Altra costante, è Edin Dzeko: l’attaccante bosniaco ha segnato sia all’andata (nella porta giusta) che al ritorno.

  • E lui, autore di una partita impressionate, ci credeva davvero: dopo il suo gol arrivato al sesto del primo tempo, non ha perso tempo per esultare e ha subito preso la palla per riposizionarla a centrocampo.
  • La Roma è più avvezza a raggiungere semifinali e finali di Coppa Italia che di coppe “paneuropee”. Nella stagione 1969-1970 arrivò in semifinale di Coppa delle Coppe (1-1 e 2-2 contro i polacchi del Górnik Zabrze). L’apoteosi, a suo modo drammatica, fu la Coppa dei Campioni del 1983-1984, persa all’Olimpico ai calci di rigore contro il Liverpool.

    • Al primo anno senza Francesco Totti, la Roma raggiunge un risultato impensabile, al netto di una stagione al di sopra dei migliori auspici che opinionisti avevano dei giallorossi e dell’allenatore Eusebio Di Francesco ai nastri di partenza di questa stagione
  • Daniele De Rossi, diventato capitato ufficialmente dopo l’addio del numero 10, ha collezionato 55 presenze in Champions League. Totti, invece, è a 57, pertanto DDR – salvo infortuni – potrebbe raggiungere proprio il suo ex compagno
  • Al media manager che gestisce il Twitter della Roma, dopo il triplice fischio finale, è gli partita la tastiera:

 

 

    • A Carlo Verdone, attore e noto tifoso romanista, invece, gli stava per partire un’altra cosa:

 

 

    • Il centrocampista belga Radja Naingollan, invece, ha usato Instagram per tenerci informati sullo stato d’euforia dello spogliatoio:

 

 

 

  • Eusebio Di Francesco aveva già battuto Ernesto Valverde 3-0 in un match casalingo. Il 15 settembre 2016, nella fase a gironi dell’Europa League, al Mapei Stadium quando il Sassuolo ha vinto con lo stesso risultato contro l’Atletico Bilbao.
  • Il presidente della Roma, James Pallotta, si è tuffato nella fontana di Piazza del Popolo. Gli arriverà una multa da pagare:

 

    • Ecco le telecronache e radiocronache di tv e radio capitoline (sì, c’è anche Zampa):

 

 

 

    • Sport, il principale quotidiano sportivo di Barcellona, si è presentato in edicola con uno sfondo nero a lutto e il titolo Fracaso sin excusas (Fallimento senza scuse). Va ricordato che lo stesso aveva, invece, titolato Un Bombón, “un cioccolatino”, quando il Barça fu sorteggiato contro la Roma.

 

    • Il web romano ci consegna cimeli preziosi e citazioni notevole, vedi Mario Brega in “Borotalco”:

 

 

 

 

    • Oh, questa è davvero notevole. Fra i moltissimi tweet celebrativi, ce n’è uno che all’apparenza poteva sembrare fake: è quello dell’olandese Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione Europea. Il suo account viene usato solitamente per comunicazioni istituzionali. Ieri però, alla fine della partita, ha twittato una frase in perfetto dialetto romano:

 

 

Frans Timmermans ha detto di essere tifoso della Roma da oltre 40 anni. Lo è diventato fra il 1972 e il 1976, quando ha vissuto nella capitale per via del lavoro di suo padre, che faceva l’archivista per l’ambasciata olandese in Italia

  • Quando capisci di aver scritto un pezzo notevole di Storia:

I record sono fatti per essere abbattuti e superati, certo. Ma se parliamo di Lionel Messi siamo certi che, nel momento in cui avremo finito di scrivere questo pezzo, il talento argentino avrà frantumato un altro primato. Il cinque volte pallone d’oro, prima di martedì 20 febbraio, non aveva ancora segnato a 12 squadre incontrate – magari solo una volta o in più occasioni – durante la sua carriera.
Bene, in cinque giorni – 5 GIORNI – ci siamo ritrovati a dover rimettere mano a un articolo scritto proprio in questa circostanza e ad aggiornare, per l’ennesima volta, le sue statistiche.

Sì perché martedì 20 febbraio, nell’andata degli ottavi di Champions League, il numero 10 ha segnato al Chelsea la rete del definitivo 1-1, dopo esser rimasto a secco nei precedenti otto scontri contro il club londinese. E come se non bastasse, sabato 24 febbraio ha messo a segno una doppietta (letale e furbo il secondo gol su punizione) nel rotondo e roboante 6-1 con cui il Barcellona ha polverizzato il Girona nella Liga. Già proprio il club dirimpettaio era, infatti, una delle squadre incontrate da Messi in passato a cui non aveva segnato.

Pochi dogmi esistono nella vita e in particolar modo nel calcio: oltre alla massima di Gary Lineker secondo il quale “22 uomini rincorrono un pallone per 90 minuti, e alla fine la Germania vince”, un’altra certezza è che ci ritroveremo ancora qui a parlare di un nuovo traguardo frantumato da Messi.
Intanto, però, ecco l’articolo per conoscere le squadra che (al momento) hanno resistito alla furia della pulga argentina.

Al nono tentativo, finalmente, l’ha messa dentro. “Tabù” forse è una parola concettualmente larga e inappropriata, ma dinanzi a Messi che frantuma record su record e che impegna tutti quanti a trovargli un punto debole nelle statistiche intergalattiche o un qualcosa che non ha ancora fatto, c’era questa “astinenza”: negli otto incontri precedenti in cui il talento argentino ha affrontato il Chelsea, infatti, era rimasto sempre a secco. Prima del match di martedì 20 febbraio, andata degli ottavi di Champions League, a Stamford Bridge. Un gol prezioso e fondamentale (…e ti pareva), quello del definitivo pareggio per 1-1.

Croce rossa, dunque, sul club londinese che finisce nell’infinito elenco delle squadre “matate” dalla pulga argentina. Meno lunga, ma reale e curiosa è, invece, la lista delle formazioni che hanno dimostrato di avere la pellaccia davanti alla furia di sua maestà Leo. Va detto che, in alcune di queste partite, Messi aveva ancora la maglio numero 30, si stava affacciando in prima squadra a singhiozzi lui cresciuto nella cantera e che accanto aveva totem sacri come Larsson, Eto’o, Ronaldinho e anche Giuly.
Sono rimaste ancora poche squadre in giro che, a mo’ di spilla al petto, potranno dire un giorno di aver bloccato il giocatore più temuto nel nuovo millennio. Consigliamo, però, di aspettare il ritiro ufficiale di Messi perché siam certi che questa classifica e questo pezzo verranno aggiornato più e più volte.

Infatti, già nel weekend del 24 febbraio 2018, abbiamo dovuto aggiornare questo articolo perché Messi, ancora a secco contro i dirimpettai del Girona, ha segnato una doppietta.

Uda Gramenet

Bisogna riavvolgere le lancette e partire dal 2004, l’anno in cui Messi mette piede per la prima volta al Camp Nou con la maglia dei grandi del Barcellona. Il 16 ottobre 2004, infatti, arriva l’esordio in prima squadra contro l’Espanyol (match mai banale) che lo rende il terzo giocatore più giovane a vestire la maglia del Barcellona e il più giovane a esordire nella Liga (record battuto solo dall’ex compagno di squadra Bojan Krkić nel settembre del 2007). Undici giorni dopo l’esordio, il 27 ottobre, il Barcellona gioca la Copa del Rey sul campo dell’Uda Gramenet, team di Segunda Divsion B, la terza serie spagnola. L’impresa è servita: la squadra di Santa Coloma de Gramenet, 116mila abitanti, passa il turno grazie alla rete di Ollés al 103’. Impresa nell’impresa è la prima squadra a cui Messi non ha segnato.

Udinese

L’anno dopo, il 27 settembre 2005, il Barcellona sfida l’Udinese nel Gruppo C di Champions League. La tripletta di Ronaldinho e il gol di Deco demoliscono i sogni di gloria della squadra italiana che trova il momentaneo pari con Felipe. Ma contro De Sanctis, Berotto, Zenoni, Felipe e Candela, Lionel Messi resta a bocca asciutta.

Cadice

Nel 2005, Messi poteva vestire la maglia del Cadice che voleva agguantare il talento cristallino salvo poi scontrarsi con il rifiuto di Rijkaard che aveva in mente ben altri piani. E contro il Cadice, sempre lo stesso anno, l’argentino si scontra a metà dicembre per la 16agiornata di Liga. Vincono i blaugrana con due reti del camerunense Eto’o e Giuly. Messi non segna, al ritorno manca l’appuntamento per infortunio e da allora non ha ancora avuto modo di incontrare quella che poteva diventare la sua squadra.

Real Murcia

Altra squadra incontrata solo una volta (non era presente negli altri match) è il Real Murcia. Facciamo un salto nella stagione 2007-2008, annus horribilis chiuso al terzo posto e a ben 18 punti di distacco dal Real Madrid campione. Di certo non può essere un conforto il 5-3 contro il Real Murcia con cui il Barcellona chiude la Liga: tripletta di Giovani dos Santos, poi Henry e il solito Eto’o. Per Messi solo due assist e niente più.

Al-Sadd

Nell’inverno del 2011, il Barcellona demolisce il Santos di un giovane Neymar nella finale del Mondiale per club. Messi segna due reti, ma invece non riesce a trovare la via del gol nella semifinale, vinta nuovamente 4-0, contro l’Al-Sadd, team del Qatar.

 

Liverpool

Dopo il Chelsea, l’altra squadra inglese a esser uscita indenne è il Liverpool di Rafa Benitez, quello della finale contro il Milan del 2007. Mentre Kakà impazza sui campi d’Europa (viene eletto, infatti, miglior giocatore del torneo) il Barcellona, in casa, si squaglia davanti alle reti di Bellamy e Riise. La rete in apertura di Deco lascia spazio a una possibile rimonta ad Anfield, ma il Barça vince solo 1-0 con Gudjohnsen. Il Liverpool va ai quarti e Messi non avrà modo di rifarsi anche perché i Reds escono dalla scena europea per 11 anni.

Xerez

Contro lo Xerez, Messi ha una ragionevole scusa per non aver avuto mai fortuna sotto porta. Anche se ha giocato solo due volte contro la squadra spagnola nella Liga 2009-2010, in entrambe le circostanze è stato sostituito nel secondo tempo da Pep Guardiola.

Inter

Sempre quella stagione, l’altra italiana indenne: l’Inter. Barcellona – Inter si sono incrociati ben quattro volte in Champions (girone di qualificazione e drammatica semifinale)…beh sapete come andata e sapete anche che Messi non è riuscito a segnare a Julio Cesar nelle tre volte in cui è sceso in campo contro i neroazzurri.

Benfica

Messi avrebbe potuto incontrare il Benfica già nel 2006, nei quarti di finale di quella Champions League poi alzata in faccia all’Arsenal in una finale elettrizzante, ma saltò entrambi i match per infortunio. Bisogna aspettare la stagione 2012-2013: nel Gruppo G, Messi incontra le aquile portoghesi sia all’andata che al ritorno, ma nel primo incontro bastano Alexis Sanchez e Fabregas, mentre nell’altro finisce 0-0 (e il ragazzo di Rosario subentra dalla panchina giocando mezz’ora).

Rubin Kazan

E poi, per finire, una spruzzata di Russia. Il Rubin Kazan sa essere sorprendentemente rognoso quando si trova davanti ai blaugrana e nemmeno il 5 volte pallone d’oro è riuscito a scardinare la retroguardia avversaria. Quattro match, una vittoria, due pareggi e una sconfitta. Storica e memorabile la vittoria del Rubin, al Camp Nou, per 2-1 nell’ottobre 2009 grazie ai gol di Ryazantsev e Gökdeniz Karadeniz. E di Messi nemmeno l’ombra (almeno sul taccuino degli arbitri).

Stasera in Francia si svolge la premiazione che incorona il più forte tra i giocatori, che sarà premiato con il celebre pallone d’oro nella cerimonia che avrà luogo a Parigi.

La location scelta, con lo sfondo della Torre Eiffel, ospiterà i 30 campioni che si sfidano per il titolo e che saranno votati da una giuria formata da 173 giornalisti. Tra questi calciatori ci sono anche due italiani, Gigi Buffon e Bonucci.

Ecco la lista completa degli aspiranti al premio: Aubameyang (Borussia Dortmund), Benzema (Real Madrid), Bonucci (Juventus/Milan), Buffon (Juventus), Cavani (PSG), Coutinho (Liverpool), De Bruyne (Manchester City), De Gea (Manchester United), Dybala (Juventus), Dzeko (Roma), Falcao (Monaco), Griezmann (Atletico Madrid), Hazard E. (Chelsea), Hummels (Bayern Monaco), Isco (Real Madrid), Kane (Tottenham), Kanté (Chelsea), Kroos (Real Madrid), Lewandowski (Bayern Monaco), Mané (Liverpool), Marcelo (Real Madrid), Mbappé (Monaco/PSG), Mertens (Napoli), Messi (Barcellona), Modric (Real Madrid), Neymar (Barcellona/PSG), Oblak (Atletico Madrid), Ramos S. (Real Madrid), Ronaldo (Real Madrid), Suarez (Barcellona) .

Il vincitore del pallone d’oro che è salito più volte sul paco per ritirare il premio è sicuramente Lionel Messi, che ne ha collezionati già 5. Oggi proverà a conquistare il 6? Sembra che quest’anno nella rosa dei favoriti ci sia il nome di Cristiano Ronaldo, che nella sua carriera è arrivato a 4 palloni d’oro e che stasera potrebbe raggiungere il primato del calciatore argentino. Non resta che aspettare l’orario di inizio per scoprire il vincitore 2017.

L’appuntamento è alle ore 19.30 e la diretta dell’evento potrà essere seguita su Premium Sport HD.