Tag

psg

Browsing

La prima colpa della Juventus è essere sè stessa. Il successo in chiaroscuro contro la Lazio, il crollo in Coppa Italia e il pareggio beffa subito da Gervinho hanno aperto una prima crepa nelle certezze bianconere. Il momento non è sicuramente dei più buoni, i carichi di lavoro nelle gambe si fanno sentire per poter arrivare al top nel clou della stagione. Ovvero tra meno di 20 giorni, Wanda Metropolitano di Madrid, andata degli ottavi di finale di Champions in casa dell’Atletico. Ma i numeri sono ancora, in modo granitico, dalla parte di Allegri. Dati oggettivi che non possono essere smentiti da interpretazioni più o meno valide.


Con la sconfitta del Psg in Ligue 1 in trasferta a Lione, la Juventus resta l’unica squadra imbattuta nei maggiori campionati europei. Non il Real, Barcellona o il già citato Atletico. Non i super ricchi francesi con Buffon. Nemmeno il Bayern Monaco e neanche Liverpool e Manchester City. Il cammino immacolato di Ronaldo e compagni, con 19 vittorie e 3 pareggi, segna quota 60 punti, 9 in più del Napoli. Un record nella storia della serie A, uno dei tanti raggiunti dal tecnico livornese. Che tuttavia non riesce ancora a entrare pienamente nel cuore dei suoi tifosi.

Abituati troppo bene, probabilmente, i supporter di Madama. Quando è arrivato nell’estate 2014, la Juventus non vinceva la Coppa Italia da quasi 20 anni, dalla doppietta con lo scudetto nel 1995. Con Allegri in panchina i bianconeri hanno fatto double per quattro anni consecutivi. Eppure il ko con l’Atalanta è stato vissuto addirittura come un fallimento in nome di quel triplete sdoganato dall’Inter nel 2010.

Ma, mai come quest’anno, l’obiettivo della Signora è la Champions. Sarà quello il vero bivio della stagione, lo spartiacque che dividerà una stagione da ricordare a una normale se consideriamo normale vincere l’ottavo scudetto consecutivo (e non lo sarebbe in ogni caso). Ciò non significa vincere obbligatoriamente la Coppa, ma certo uscire agli ottavi con l’Atletico sarebbe quello un vero fallimento. Per il momento i tifosi juventini devono accontentarsi di quei 60 punti, dei 17 gol di CR7, di un cammino in A senza sconfitte, di una Supercoppa vinta e di un girone di Coppa concluso al primo posto. Tutto cancellato dopo un ko in Coppa Italia contro la squadra italiana più in forma e un 3-3 a domicilio nato da un’ingenuità di Mandzukic.

La classe operaia va in paradiso. Blaise Matuidi non è un giocatore appariscente, di quelli che trascinano le folle o conquistano gli obiettivi dei fotografi. Il suo ruolo, in mezzo al campo, è uno solo: correre. Sia quando ha il pallone, sia soprattutto quando non ne è in possesso. Spina nel fianco degli avversari, elemento imprescindibile in tutte le squadre in cui ha giocato. Gli allenatori lo sanno bene: il francese è uno di quei calciatori a cui non rinuncerebbero mai. Non vincerà mai un Pallone d’Oro, né un riconoscimento individuale. Eppure lo juventino può pregiarsi di un particolare primato nel 2018.

Matuidi, infatti, è il giocatore più vincente nell’anno appena trascorso. Né CR7 e neanche Messi. Ad aver vinto più partite è proprio il centrocampista di origini angolane nato a Tolosa nel 1987. Su 56 gare disputate (49 con la Juve, 7 con la Francia) ha colto la vittoria in ben 48. Praticamente l’86% degli incontri a cui ha partecipato. Per l’ex Paris Saint Germain un’annata d’oro visto che ha vinto il Mondiale con la Nazionale, uno scudetto e una Coppa Italia con la Juventus.

Dietro di lui, a quota 44 vittorie, ci sono Roberto Firmino e Ivan Rakitic al terzo posto. Piazza d’onore, invece, per Angel Di Maria e Antoine Griezmann con 45 sigilli da 3 punti. Approdato alla Juve nell’estate 2018, Matuidi si è rivelato subito pedina fondamentale per Max Allegri. Assieme a Pjanic e Khedira compone il centrocampo bianconero, che si avvale anche degli innesti di Bentancur ed Emre Can in questa stagione. Con la Juventus non ha perso il vizio del gol, avendo segnato 6 reti in 68 partite. A Parigi, invece, ha militato 5 stagioni con il Psg, con 295 presenze e ben 33 gol.

Quando Marcus Thuram è nato a Parma nel 1997, papà Lilian giocava nel club gialloblù insieme a un giovanissimo Gigi Buffon. Più di vent’anni dopo il piccolo Thuram è diventato grande e ha spedito a casa il portierone italiano, ancora in attività. Il suo Guingamp, ultimo in Ligue 1, ha clamorosamente inflitto la prima sconfitta stagionale in Francia al Paris Saint Germain. L’1-2 casalingo patito dalla squadra di Tuchel ha eliminato i parigini dalla Coppa di Lega ai quarti di finale. Marcus, centravanti del Guingamp, è stato protagonista assoluto sbagliando prima il rigore del possibile 0-1 e poi realizzando quello del definitivo 1-2 al 93’. Buffon, in tribuna, ha assistito alle gesta di quel bambino oggi diventato grande che gli ha causato il primo dispiacere della stagione.


La famiglia Thuram sforna campioni e talenti che hanno fatto e promettono di fare le fortune dei loro club. Lilian, difensore plurivincitore negli anni ’90-2000 con Parma e Juventus e nella Francia campione del mondo. I suoi figli sembrano già dei predestinati. Marcus, centravanti del Guingamp dopo essere cresciuto nelle fila del Sochaux. Khephren, nato nel 2001 a Parma, è invece un centrocampista centrale che milita nel Monaco. Ha esordito in Champions League a novembre scorso contro l’Atletico Madrid, spedito in campo da Thierry Henry. Il Guardian l’ha inserito nella lista dei 60 migliori Millennial.

Qualche giorno fa, Gigi Buffon aveva commentato con un pizzico di malinconia le gesta dei figli dei suoi ex compagni.

Quando ho giocato contro Federico Chiesa ho pensato di smettere, all’inizio ero un po’ disorientato e pensavo fosse arrivata l’ora. Ho visto anche Khéphren Thuram, figlio di Lilian. Era in panchina contro il Monaco.

L’intervista è stata rilasciata ad Eurosport, con l’inviato Alain Boghossian, anch’egli compagno di squadra del portiere a Parma. Già in campionato Buffon aveva incrociato Marcus Thuram nel match tra Psg e Guingamp dello scorso agosto. In quell’occasione Neymar e compagni si imposero in trasferta per 3-1. Qualche mese dopo hanno subito la prima sconfitta stagionale in patria dagli ultimi in classifica. Fuori dalla Coppa di Lega per mano del più grande dei piccoli Thuram.

Marcus Thuram e Gigi Buffon

Juventus e Roma hanno già un posto assicurato tra le migliori 16 d’Europa con un turno d’anticipo, questa sera Napoli e Inter proveranno a fare lo stesso.

Gli azzurri giocano al san Paolo contro la Stella Rossa di Belgrado, mentre la squadra di Spalletti sono ospiti del Tottenham al Wembley di Londra.

Il re Mida della Champions, Carlo Ancelotti, ha ribadito di evitare di fare calcoli matematici in ottica qualificazione. Per ora conta solamente vincere davanti al proprio pubblico per poi dare un’occhiata al risultato al Parco dei Principi tra Paris Saint Germain – Liverpool.

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Are you ready? 💪🏻 👫 Tag a friend you’re going to watch #NapoliStellaRossa with! 🏆 @championsleague 💙 #ForzaNapoliSempre

Un post condiviso da SSC Napoli (@officialsscnapoli) in data:

In effetti, per qualificarsi già oggi, i partenopei devono innanzitutto battere i serbi e sperare che Neymar e compagni perdano o pareggino contro i reds. Se ciò non dovesse accadere si rimanda tutto all’ultimo turno, con Liverpool – Napoli vera finale. Nel peggiore delle ipotesi: perdendo oggi potrebbero finire all’ultimo posto, ma comunque con possibilità di qualificazione.

Al san Paolo gli azzurri dovrebbero scendere in campo con la squadra al completo. In attacco coppia Mertens – Insigne con l’italiano che arriva da tre partite consecutive in gol. Solamente due mostri sacri del calcio nostrano in Europa hanno fatto meglio: Alessandro Del Piero con 5 gol consecutivi (stagioni 1995-1996 e tra 96/97 e 97/98) e Pippo Inzaghi con 6 reti nell’annata 2002/03.
Lo stadio e il pubblico partenopeo sarà sicuramente un’arma in più per la squadra di Ancelotti, così com’è stato il “Marakana” di Belgrado per i biancorossi.

Tanta gente sarà sugli spalti anche di un altro impianto mozzafiato qual è il Wembley che ospita l’Inter. È la prima volta che la squadra nerazzurra gioca sul campo della nazionale dei Tre Leoni.

Cercheranno di tenere a bada tensione e  pressione gli uomini di Spalletti, comunque convinti del buon percorso europeo fatto finora. Contro Harry Kane e company l’Inter deve provare a strappare un risultato positivo per chiudere già oggi il capitolo girone insieme alla già qualificata Barcellona. Pochettino si gioca la carta del fattore campo per riaprire tutti i discorsi grazie anche alla vittoria mozzafiato nei minuti di recupero contro il Psv Eindhoven.

Come si può immaginare l’attacco dell’Inter sarà guidato dal generoso Mauro Icardi che ha deciso di regalare a ogni compagno di squadra un Rolex per festeggiare il titolo di capocannoniere la scorsa stagione.

 

Sbloccatosi anche con la Selección in amichevole contro il Messico, il capitano vuole continuare a trascinare la squadra nerazzurra a suon di gol. Ai londinesi ha già fatto male nel match d’andata con il gol dell’1-1, prima di Vecino.
Gli Spurs, questa sera, cercheranno, invece, di non farsi sfuggire l’occasione. Al match arrivano con un buon stato di forma, grazie soprattutto alla convincente vittoria contro il Chelsea di Sarri in Premier League.

Se Napoli e Inter dovessero raggiungere Roma e Juve agli ottavi, per l’Italia sarebbe un vero e proprio squillo europeo, con la sola nazione italiana a portare 4 squadre tra le prime 16. Record, tra l’altro, mai raggiunto da quando è stata rivista la formula della Champions League.

Al 94’ di Italia Stati Uniti, Marco Verratti ha deciso che il ricamo poteva bastare. Era giunto il momento di innescare finalmente una rete italiano, spezzando il lungo digiuno azzurro. Imbeccata per Gagliardini dal limite dell’area di rigore, poi l’asse nerazzurro con Politano ha firmato il gol vittoria allo scadere contro gli americani. Esulta Mancini in panchina, esultano i giocatori, gonfia il petto anche il 26enne pescarese. È finalmente arrivato il momento di prendersi definitivamente la Nazionale dopo anni di grandi promesse non mantenute.

Non mi sono mai trovato così bene in Nazionale. Con Mancini esprimiamo al meglio tutte le nostre qualità

Marco Verratti da sei anni regala sprazzi di grande calcio a Parigi. Il salto all’ombra della Torre Eiffel arriva nel 2012, a 19 anni. Il presidente Al-Khelaïfi e l’allora direttore sportivo Leonardo restano impressionati dai numeri del centrocampista con il Pescara di Zeman in serie B. Un po’ Xavi, un po’ Pirlo, un po’ Iniesta. Paragoni ingombranti che però non scuotono Marco. Passa in Ligue 1 senza aver mai giocato un minuto nella massima serie italiana. È il paradosso che tuttora accompagna il numero 6 del Paris Saint Germain.

Verratti con Cavani e Neymar al Psg

Oltralpe Verratti sta facendo collezione di trofei nazionali. Cinque campionati (il sesto sarà una formalità), sei supercoppe, cinque coppe di Lega, quattro coppe di Francia. Ha giocato al fianco di fuoriclasse come Ibrahimovic, Neymar, Cavani e Mbappè con la naturalezza di un veterano. Per anni i suoi fidi scudieri in mezzo al campo sono stati Thiago Motta e Matuidi. Un po’ quello che oggi sono in Nazionale Jorginho e Barella. La maglia azzurra rappresenta, fino all’approdo di Mancini, il grande cruccio del centrocampista.

Debutta nel 2012 con Prandelli, va al Mondiale brasiliano nel 2014, salta Euro 2016 per la pubalgia. Naufraga con Ventura nello spareggio maledetto con la Svezia, anche se nel match di ritorno a San Siro è squalificato. Ora con Mancini sembra aver preso per mano la squadra. A 26 anni è giunto il momento di compiere l’ultimo definitivo salto per la consacrazione in Nazionale. Con il Psg la sfida più grande è replicare anche in Europa quanto ammirato in patria. In attesa di un ritorno in Italia e di un esordio in serie A da veterano.

Il Matador torna nella sua arena. Napoli Paris Saint Germain è la partita di Edinson Cavani, nuovamente al San Paolo ma da avversario. Tre stagioni con gli azzurri, tra il 2010 e il 2013, con numeri da fenomeno: 104 gol in 134 partite. Quarto posto nella classifica all time dei migliori marcatori partenopei, inseguito a 98 da Dries Mertens. L’uruguaiano sarà regolarmente in campo con la squadra, nonostante qualche acciacco alla coscia che gli ha impedito di giocare con il Lille in Ligue 1.


Nella notte del ritorno di Gigi Buffon in Champions League, il grande protagonista sarà Edi da Salto, a circa 500 chilometri da Montevideo. Quando arriva in Italia, nel 2007 a Palermo, era un ventenne di belle speranze, non ancora il Matador delle aree di rigore. In Sicilia, con Colantuono prima, Guidolin e Delio Rossi poi, parte inizialmente esterno offensivo, poi si trasforma centravanti puro con Miccoli e Pastore. Saranno 37 i centri in 117 partite che gli consentono il grande salto a Napoli per 17 milioni di euro nel 2010. Quando viene presentato da De Laurentiis è uno sbarbatello di 23 anni con l’apparecchio ai denti.

La presentazione di Cavani con De Laurentiis

Il tecnico Walter Mazzarri gli consegna le chiavi dell’attacco nel tridente con Hamsik e Lavezzi. Cavani non tradisce le aspettative e non perdona le difese avversarie. Nel primo anno realizza 33 gol in 47 partite con ben quattro triplette, portando il Napoli in Coppa dei Campioni 20 anni dopo Maradona. Memorabili il suo gol al Lecce nei minuti di recupero e il tris alla Juve il 10 gennaio 2011. La stagione successiva, 2011-2012, Edinson debutta in Champions League segnando il gol azzurro a Manchester contro il City. Vince il suo primo e unico trofeo italiano alzando al cielo la Coppa Italia in finale contro la Juve, con gol del vantaggio annesso. L’anno dopo fa poker in Europa League contro il Dnipro, vincendo la classifica cannonieri di serie A con 29 reti. A Napoli non accadeva dai tempi di Maradona.

Nell’estate 2013 il passaggio al Psg per 64 milioni di euro, dove finora ha realizzato 176 centri il 256 gare. La sensazione che Napoli possa anche essere il suo futuro resta ogni anno molto forte. Il procuratore Fernando Guglielmone, a Sportnews.eu, non nega un clamoroso ritorno.

Il futuro? Tutto è possibile ma devono esserci le condizioni per tornare a Napoli

 

 

 

Nel prossimo weekend ci sarà spazio alle partite delle Nazionali e i campionati europei saranno in pausa.
Questa prima parte di stagione è stata abbastanza avvincente in quasi tutte le leghe, tranne che in Italia e in Francia dove Juventus e Paris Saint Germain pare stiano già facendo una stagione a parte dominando il campionato a punteggio pieno.

Come detto del Psg, i parigini hanno già messo le mani sulla Ligue 1 per buona pace delle altre squadre francesi che, nel corso delle ultime annate, hanno dovuto accontentarsi di piazzarsi per un posto in Champions League.

I tanti campioni che dispone la rosa della squadra parigina permette al tecnico Tuchel di giostrare al meglio la situazione dando la possibilità a tutti di giocare qualche partita. Certamente l’arma migliore dei francesi è l’attacco grazie alla presenza dei tre fenomeni: Neymar, Cavani e Mbappé.

Proprio il giovane francese non fa altro che continuare a stupire e lo ha fatto anche nell’ultima uscita contro il Lione nel roboante 5-0.

L’enfant prodige ha deciso di mettersi in mostra, scalzando tutti gli altri compagni di squadra. Tra il minuto 61 e il minuto 74, il campione del mondo è salito in cattedra realizzando 4 reti al portiere Anthony Lopes.

Un vera e propria macchina da guerra che, in tredici minuti, ha avuto la forza e l’abilità di abbattere l’avversario a suon di gol. Ovviamente a fine gara pallone a casa.

 

Quattro reti in cui c’è stata la collaborazione di tutti gli interpreti offensivi dei parigini. Neymar e Cavani hanno sicuramente contribuito alla serata fantastica del 19enne. Gol che vanno a incrementare la classifica marcature in Ligue 1: 8 reti e 3 assist in 5 partite.

Tuttavia raramente riusciamo a gustarci un poker all’interno di una partita (a meno che non sei CR7 o Messi), così com’è stato per Mbappé.

C’è chi però è riuscito a fare ancora meglio del francese. 22 settembre 2015 e la partita è Bayern Monaco – Wolfsburg. Il polacco Robert Lewandowski decide di diventare protagonista assoluto del match realizzando ben 5 gol in soli 9 minuti. Un record storico che difficilmente sarà battuto, a meno che Kylian Mbappé non decida di dettar legge.

Nike e Michael Jordan è stata un’accoppiata stra-vincente non solo nei parquet della Nba, ma anche nel mondo della brand reputation. MJ con il suo numero 23 (e anche 45) cucito sulle spalle, la sua esplosione nei Chicago Bulls ha spaccato il modo di vedere lo sport, diventando il primo sportivo macchina da soldi.
La Nike, nel 1985 e con discreta lungimiranza, aveva realizzato una linea di calzature sportive, “Air Jordan”, dedicate esclusivamente al campione della pallacanestro. Dalle scarpe da basket, poi, il marchio che si ispira alle famigerate doti spettacolari del cestista, si è aperto a tutto l’abbigliamento.

Risultati immagini per jordan psg

Rimanendo sempre all’interno dei confini del basket. Prima di oggi. Air Jordan, infatti, ha raggiunto un accordo storico con il Paris Saint-Germain, squadra di calcio capitolina francese, che diventa così il primo club fuori dal mondo della palla a spicchi a sostituire lo swoosh di Nike con l’icona del Jordan volante. L’accordo prevede la presenza del nuovo logo sulle maglie da calcio per la stagione di Champions League 2018-2019.

 

Per quanto riguarda la partnership, la collezione Jordan Brand x Paris Saint-Germain comprende due completi da gioco, calzature e abbigliamento. Le divise sono prevalentemente in bianco e nero, con dettagli rossi che saranno utilizzati come terzo e quarto kit del club. Il completo da portiere arriva in neretto e inserti vivaci, alludendo, per quanto riguarda i colori, alla storica maglia dei Chicago Bulls.

Uno dei punti di fuoco del licensing è la fusione dei due loghi, con il Jumpman inserito nel cuore dello stemma del club parigino. Sulla stessa lunghezza d’onda i pensieri di Jordan e del presidente del club parigino, Nasser Al-Khelaifi che commenta:

La partnership tra Paris Saint-Germain e il brand Jordan riflette l’ambizione di entrambi i marchi di combinare stile, prestazioni e innovazione. Condividiamo molti valori con il brand Jordan, che è conosciuto in tutto il mondo per il suo patrimonio sportivo e per i suoi accattivanti design contemporanei. Crediamo che sia una partnership che esalterà i nostri tifosi, ci aiuterà a raggiungere un nuovo pubblico e migliorare la nostra portata globale

 

Un ritorno in campo da presidente del suo Paese, per ritirare la sua maglia preferita che ha indossato per anni e che gli ha permesso di diventare grande.

Stiamo parlando di George Weah, attuale presidente della Liberia ed ex campione di calcio, pallone d’oro 1995, il primo africano a riceverlo.

In Italia lo abbiamo ammirato con la maglia del Milan dal 1995 al 2000 e ora, dopo l’elezione dello scorso 22 gennaio 2018, è alla guida della Liberia.

A Monrovia a quasi 52 anni (li festeggerà il primo ottobre) l’ex attaccante rossonero è sceso in campo con la sua nazionale contro la Nigeria in un match passerella per il ritiro della sua maglia numero 14, la preferita dell’ex centravanti con cui ha ottenuto diversi successi sia in Italia che all’estero.

 

Visualizza questo post su Instagram

 

President Weah during the game! Lets go, Prezzo!

Un post condiviso da The Liberian Influence (@theliberianinfluence) in data:

Rimasto in campo per ben 79 minuti, King George non è riuscito a segnare l’ultima rete della sua carriera con i liberiani, ma comunque ha segnato in maniera positiva la sua grande carriera verso quel Paese che ha deciso prima di guidare da capitano (seppur avesse avuto la possibilità di giocare con la nazionale francese) e poi da presidente.

Con qualche chilo in più, George è riuscito comunque ad avere qualche lampo di classe anche se la velocità (arma letale per le difese avversarie) non è certo più quella di una volta.
Per lui grandi applausi a ogni pallone toccato e standing ovation finale da parte dello stadio di Monrovia, Peccato per la mancata marcatura: il rigore che ha accorciato le distanze lo ha trasformato Kpah Sherman all’89esimo.

La fortuna calcistica della famiglia Weah però non è finita. A 18 anni è già un vero talento, il figlio di George, Timothy classe 2000 e stella del Paris Saint Germain.

Una finale dall’esito scontato: così è stata definita l’ultima grande sfida prima di assegnare la Coppa di Francia. Ma sogni, emozioni e una partita giocata fino alla fine con impegno da entrambe le squadre dicono che dietro la vittoria della favorita c’è molto di più.

Il Paris Saint Germain vince per 2-0 contro la formazione di terza divisione del Les Herbiers.

Les Herbiers contro Psg: due team a confronto completamente differenti per esperienza e storia.

Indiscussa la forza della squadra francese di Mbappè e compagni, alla sua dodicesima Coppa di Francia conquistata (di cui quattro consecutive) e reduce da altri importanti trofei.

La sua rivale in campo, Les Herbiers, arriva in finale con un passato costellato solo da impegno e grinta, direttamente dalla terza divisione. A sorpresa arriva fino alla fine del percorso, vivendo una favola che non ha mai smesso di far emozionare sia i giocatori che l’allenatore Stephane Masala.

Il vero successo sarà quello di resistere il più a lungo possibile. Secondi? Minuti? Un’ora? Non lo so. L’importante non è il risultato: voglio solo vedere Parigi negli occhi

Queste le parole del tecnico di origini sarde prima della partita. Nonostante la consapevolezza del dislivello fra i due club, non hai voluto smettere di lottare e sognare incitando i suoi ragazzi a dare il massimo e godersi questa notte magica. E così è stato.

Alla vigilia della gran finale erano in tanti ad aspettarsi una goleada ma la squadra della piccola cittadina della Vandea è riuscita a sorprendere anche in campo, tenendo testa alla sua avversaria e incassando poi la sconfitta con onore. Per quasi trenta minuti di gioco la rete del Les Herbiers è rimasta inviolata. Complice anche un pizzico di fortuna, tra pali e gol annullati, la partita si è sbloccata per merito di Lo Celso e poi si è conclusa con il gol di Cavani su rigore nel secondo tempo.

Ma allo Stade de France è una festa per tutti, anche per quella squadra inaspettatamente in finale, che ha comunque sfiorato l’impossibile in un’impresa degna di essere raccontata. E come ogni favola, anche quella del Les Herbiers ha un suo lieto fine, che in questo caso non è la vittoria finale, ma la gioia di innalzare la Coppa di Francia insieme ai Campioni.

Al termine del match, infatti, lo stadio esulta per il gesto compiuto dal capitano del Psg, Thiago Silva, che prima di sollevare la Coppa chiama il capitano rivale, Sebastien Flochon, per condividere quel momento di festa.

Tra gli applausi generali si conclude una serata ricca di emozioni per entrambe le squadre, che chiudono la Coppa di Francia senza rimpianti, l’una per aver siglato il nuovo record di vittorie e l’altra per essere arrivata in finale contro ogni pronostico e aver lasciato il segno nella storia del suo paese di appena 15.000 persone.