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Daniele Ferri, un coach nelle vasche della Thailandia

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Il ritornello del tormentone dell’estate 2015 di Giusy Ferreri era “Volerei da te, da Milano fino a Hong Kong, passando per Londra, da Roma e fino a Bangkok”. In effetti questa strofa è anche un po’ la sintesi dell’avventura dell’attuale allenatore della nazionale femminile pallanuoto della Thailandia, Daniele Ferri, che nel 2013 ha iniziato la sua esperienza sulla panchina del setterosa Thai.
Laureato in Economia e dipendente in un’azienda informatica, il giovane toscano lascia l’Italia per la volta di Bangkok per inseguire il sogno di diventare allenatore di pallanuoto. Il sogno è poi diventato realtà, condito anche con i successi ottenuti in vasca come la storica medaglia d’oro ai Sea Games del 2015 a Singapore. Daniele Ferri prima di essere tecnico della nazionale asiatica, seppur sempre appassionato di pallanuoto, aveva allenato solamente per hobby nel tempo libero quando era a Prato.

Com’è partita questa avventura, lasciare improvvisamente l’Italia per la Thailandia?

È nato tutto per caso, io sono venuto in Thailandia prima per una vacanza e in seguito la dirigenza della squadra ha chiesto a un mio amico se avesse potuto aiutare loro alla ricerca di un head coach per la Nazionale femminile. Un progetto nuovo, che sarebbe partito da zero. Beh! Mi hanno contattato e non ci ho pensato su due volte.

Come si trova in Thailandia?

Molto bene. Chiaramente ci sono usi e costumi molto diversi dai nostri. Reputo la Thailandia un Paese bellissimo, proprio come l’Italia, entrambe però hanno altri tipi di problemi purtroppo.

Com’è stato il primo approccio con la squadra? Come comunica con loro?

Da parte mia c’è stato un approccio poco democratico, direi prevalentemente “autoritario”. Sapevo benissimo che per ottenere subito dei risultati le ragazze dovevano seguirmi, a volte con le buone a volte meno. Proprio perché ho cercato di inculcare il lavoro e il sacrificio.
In allenamento comunico in lingua Thai, quando faccio delle riunioni parlo in inglese.

Oggi invece come procede il lavoro? Come definisce le sue ragazze?

Il progetto prosegue bene, la squadra è in crescita sempre e posso confermare che un giorno raggiungeremo una maturità tale da potercela giocare con squadre di livello top.
Le due sedute di allenamento quotidiane affiancate a tre giorni di palestra con personal trainer e a un giorno di riposo ci aiutano a migliorare il nostro livello. In effetti ad oggi siamo primi nel Sudest asiatico e quinti in Asia.
Le mie giocatrici le chiamo Thaigers, le tigri thailandesi (ride ndr).

Come avviene lo scouting per la ricerca di nuovi talenti?

I talenti li creiamo con il mio staff. Insieme si va alla ricerca nelle file del nuoto. Purtroppo in Thailandia ci sono pochi club e in più non seguono un iter professionistico preciso. Adesso siamo in Grecia e stiamo giocando con le migliori squadre di A1 ellenica. Siamo in gradi di giocarcela alla pari o vincere con tutte, solamente l’Olympiacos e il Vouliagmeni sono una spanna sopra, tant’è che lottano per vincere anche in Europa.
Alcune delle ragazze presenti in rosa hanno iniziato da poco, adesso sono ottime giocatrici. Sono molto fiero di quanto fatto sinora.

Qual è il punto forte del suo team e invece dove c’è ancora da lavorare?

Sicuramente siamo una squadra molto veloce in contropiede e con un’attenzione particolare alla difesa. Tatticamente non abbiamo niente da invidiare a tante squadre, anche perché con il mio staff abbiamo potuto osservare diversi stili di pallanuoto nel mondo. Abbiamo rubato qualcosa da tutti. Certamente  dobbiamo acquisire maggiore esperienza e giocare più partite ufficiali, anche perché la media dell’età è di 18 anni, in effetti ci sono giocatrici che hanno 15-16 anni.

Il successo ai Sea Games ti ha dato una grossa fama nel Paese, com’è stata l’esperienza?

La medaglia d’oro ai Giochi del sud est asiatico la paragono al vittoria della Premier League vinta dal Leicester di Claudio Ranieri: un mezzo miracolo. Era trent’anni che vinceva Singapore, noi siamo riusciti a spezzare questo dominio e in più l’abbiamo fatto in casa loro.
Questa stagione è in programma un torneo in Australia a Sidney e poi ci sono nuovamente in Sea Games, in Malesia. L’obiettivo è quello di avvicinarsi alla top ten delle squadre più forti a livello mondiale. Per ora in Asia, Kazakhistan, Cina e Giappone ci sono superiori.

Cosa fai nel tempo libero?

Nel tempo libero cerco di fare video analisi delle partite. Mi piace molto mangiare anche se qui la cucina è un po’ troppo piccante. Mi piace molto la tradizione Thai e tutto ciò che fa parte della loro cultura antica.

Hai qualche obiettivo personale da raggiungere? Sogni magari un salto di qualità?

Vedremo, ma è difficile. Nel calcio si vedono sempre più allenatori giovani alla guida di squadre forti, purtroppo nella pallanuoto vedo sempre le solite persone. In Italia siamo fortunati ad avere grandi allenatori come Fabio Conti e Sandro Campagna. Mentre in alcuni Paesi asiatici puntano più sul nome che sulle capacità. Ogni volta vedo che vanno alla ricerca di allenatori dalla Serbia, Croazia e Montenegro.  In Italia forse non ci sono i giocatori più forti del mondo, ma sicuramente ci sono i più grandi allenatori.

A proposito d’Italia, ti manca?

L’Italia è il Paese più bello del mondo, posso ribadirlo dato che ho girato tantissimo nella mia vita. Amo molto il mio Paese e mi commuovo quando sento il mio inno nazionale. Mi manca l’espresso, ormai in tutto il mondo sanno fare un discreto cappuccino ma l’espresso è buono solo da noi.

Dario Sette

Giornalista professionista, cura “Italians”, rubrica che parla di sportivi italiani che si sono affermati all’estero. E chissà magari, Ivanka Trump, la prossima volta non confonderà più Giorgio Chinaglia, ex attaccante di Lazio e New York Cosmos, per un santo.

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