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Nel corso della sua lunga e gloriosa storia, la Juventus ha disputato innumerevoli partite memorabili. La Vecchia Signora ha riempito i libri di storia con una serie di risultati partite Serie A che hanno impressionato fan e avversari in tutto il mondo, così come incredibili prestazioni nei palcoscenici europei più importanti che l’hanno consacrata come una delle più forti della storia. Nelle prossime righe, ci tufferemo in quattro dei migliori match che la Juventus ha mai disputato, esplorando come questi momenti storici abbiano plasmato il prestigio del club bianconero.

Juventus – Inter 9-1, Serie A, 1961

Una delle più memorabili partite nella storia della Juventus è sicuramente la vittoria per 9-1 contro l’Inter nel 1961. Si tratta di una partita entrata negli annali del calcio, non solo per il risultato, ma per come si è arrivati a tale partita. Infatti, a causa di motivi di ordine pubblico la partita fu sospesa una prima volta, con assegnazione a tavolino la vittoria dei nerazzurri. All’epoca l’Inter si avvicinò allo Scudetto terribilmente, ma la Juventus riuscì a ottenere il ricorso e vincerlo, facendo disputare la sfida a fine campionato. Angelo Moratti, presidente della squadra lombarda, infuriato, decise di far scendere la primavera contro i campioni bianconeri. Inutile dire che la Vecchia signore vinse per 9-1, con Omar Sívori che segnò ben 6 goal. Questa vittoria è ancora oggi ricordata come una delle più grandi mai registrate nella Serie A, ma anche una delle più contese nella storia.

Juventus – Real Madrid 3-1, UEFA Champions League Semi-Final, 2003

Nella semifinale di ritorno della UEFA Champions League del 2003, la Juventus si trovò di fronte il Real Madrid, un gigante del calcio mondiale. Nonostante l’andata fosse terminata 2-1 per il Real, la Juventus riuscì a ribaltare, a Torino, il risultato grazie a una memorabile prestazione di David Trezeguet, Alessandro Del Piero e Pavel Nedvěd. Quella partita venne definita “La partita perfetta”, dove la compagine bianconera riuscì ad annientare i Blancos, grazie anche a Gianluigi Buffon che parò il rigore a Raul. La partita finì 3-1 a favore della Juventus, che avanzò in finale grazie alla regola dei gol fuori casa.

Udinese – Juventus 0-2, Serie A, 2002

Il 5 maggio 2002 è una data indelebile nella storia della Juventus. In quella giornata, la Vecchia Signora, guidata da Marcello Lippi, era a Udine per l’ultima partita della stagione di Serie A. La Juventus era a pari punti con l’Inter, ma grazie alla differenza reti era in svantaggio: per vincere lo Scudetto, doveva sperare in un passo falso dell’Inter e, nel contempo, battere l’Udinese. E così accadde: l’Inter perse a Lazio, mentre la Juventus riuscì a vincere per 2-0 grazie ai gol di David Trezeguet e Alessandro Del Piero. Quella vittoria permette alla Juventus di superare l’Inter e conquistare un incredibile Scudetto, rimasto famoso come “lo Scudetto del 5 maggio”.

Juventus – Ajax 1-1, UEFA Champions League Finale, 1996

Un altro match storico nella cronaca bianconera è sicuramente la finale della UEFA Champions League del 1996, in cui la Juventus ha affrontato l’Ajax. Dopo un match molto equilibrato, terminato 1-1 dopo i tempi supplementari, con un gol di Fabrizio Ravanelli per la Juventus e uno di Jari Litmanen per l’Ajax, la partita si è decisa ai calci di rigore. In questa lotteria dei tiri dal dischetto, è stata la Juventus a trionfare, grazie a un memorabile rigore parato dal portiere Angelo Peruzzi. Quel 4-2 finale ai rigori ha consegnato alla Juventus il suo secondo titolo della UEFA Champions League.

Onore a te fratello Andrea Fortunato. Speriamo che in Paradiso ci sia una squadra di calcio così tu possa continuare a essere felice, correndo dietro a un pallone.

Gianluca Vialli sale sull’altare da capitano della Juventus, da uomo e da compagno di squadra. Quel giovane terzino che ricordava Antonio Cabrini per i capelli e il modo di giocare non c’è più. A 23 anni non è riuscito a vincere la partita contro la leucemia. E’ il 25 aprile 1995, la sua Signora un mese dopo vincerà quell’agognato scudetto dopo nove anni di digiuno. Passerà un anno e quella squadra salirà sul trono d’Europa. Portandosi dentro il ricordo e le tracce di quel ragazzo dai capelli lunghi che correva lungo la fascia.

Un quarto di secolo dopo, quasi, Andrea Fortunato rivive nelle parole di chi l’ha conosciuto, negli spezzoni delle partite in cui si era fatto notare tanto da meritarsi la Juventus e la Nazionale. E anche la sua terra non rimosso il suo ricordo. Castellabate, comune nel salernitano noto per il film “Benvenuti al Sud”, ha deciso di intitolargli una strada. Via Andrea Fortunato porterà direttamente al Museo del calcio a lui dedicato. L’annuncio arriva dalla Fondazione Polito, parte attiva nella diffusione del passaporto ematico per la prevenzione medica tra gli sportivi. Lo stesso sindaco della città, Costabile Spinelli, ha ricordato l’ex juventino:

Era giusto farlo per ciò che ha dato al nostro calcio e per i valori trasmessi durante la sua breve carriera

I più giovani forse non lo conoscono. Ma è giusto che sappiano chi era quel talento così promettente che andava su e giù per la fascia, correndo sul quel prato che aveva sempre sognato. Andrea Fortunato nasce a Salerno il 26 luglio 1971. Cresce nelle giovanili del Como, poi lanciato in prima squadra da Eugenio Bersellini. Prelevato dal Genoa, dopo una parentesi al Pisa, si mette in luce nella stagione 1992-1993, assieme a un altro emergente, Christian Panucci.

Notato da Trapattoni, fa il grande salto nella Juventus nell’estate 1993, la stessa in cui approda a Torino un certo Alessandro Del Piero. I primi mesi sono molto positivi, titolare fisso nella difesa bianconera, segna anche un gol all’Olimpico contro la Lazio. Fa subito gruppo con i compagni di squadra, diventando grande amico di Fabrizio Ravanelli, Gianluca Vialli e Antonio Conte. Viene anche convocato in Nazionale dal ct Sacchi per la gara contro l’Estonia. Poi i primi problemi di salute che ne condizionano il rendimento.  Gli ultras ne ignorano il motivo e lo contestano (poi gli chiederanno scusa) per il suo presunto atteggiamento da lavativo. C’era ben altro dietro quella stanchezza che lo perseguitava.

La diagnosi parla chiaro: leucemia. Fortunato non demorde, lotta, ha soli 23 anni ma la testa ben piantata sulle spalle. La squadra gli è vicino, la terapia sembra riaccendere la speranza. Ma quel 25 aprile 1995 una polmonite gli risulta fatale. Non ha neanche 24 anni, getta nello sconforto tutto il mondo bianconero che nel suo dramma rivive quello di Scirea, morto qualche anno prima in un incidente stradale. Gianluca Vialli lo ricorda al funerale nella cattedrale di Salerno.

E' nata Via Andrea Fortunato, Polito: “In ricordo di un grande ...

Suo papà è congolese, sua mamma triestina. Nata a Trieste il 27 marzo 1989, a sette anni ha cominciato a giocare a pallone, a diciassette ha debuttato in serie A col Tavagnacco, a diciannove la prima volta in azzurro. Laureata in Lingue e Letterature Straniere all’Università di Udine, parla quattro lingue (oltre all’italiano anche inglese, francese e spagnolo). Oggi Sara Gama è capitano bianconero e della Nazionale azzurra, condottiera e leader nella formazione che è arrivata fino ai quarti di finale del Mondiale francese del 2019.

Sara ha vestito, tra le altre, anche le maglie del Paris Saint Germain e del Brescia, formazione con la quale ha vinto uno Scudetto, una Coppa Italia e due Supercoppe Italiane, titoli che si aggiungono all’Europeo Under 19 conquistato con le Azzurrine nel 2008. Difensore solido e roccioso, Sara non è soltanto uno dei più importanti talenti in circolazione ma anche, e soprattutto, un vero e proprio punto di riferimento per l’intero movimento calcistico femminile italiano: Gama è impegnata in Federazione come membro del Federal Board e Presidente della Commissione per lo Sviluppo della figura femminile del calcio.

Barbie rende omaggio a Sara Gama - Juventus.com

Non è, dunque, un caso se Sara Gama è stata selezionata nel 2018 dalla Mattel come “Shero”, unica italiana sportiva tra le 17 personalità del presente e del passato che hanno saputo diventare fonte di ispirazione per le generazioni di ragazze del futuro, proprio in occasione della Giornata Internazionale della Donna.

Un riconoscimento accompagnato dalla creazione di una bambola Barbie “One of a kind” che riproduce le fattezze di Sara Gama, con la maglia della Juventus e la fascia da capitano.

Essere un esempio per le nuove generazioni nell’abbattere le barriere della società di cui lo sport a volte è specchio: questo è l’obiettivo che mi spinge a dare sempre di più. Barbie accompagna da tempo l’infanzia delle bambine e mi piace il fatto che le ispiri a sperimentare i propri sogni attraverso il gioco

Un vero e proprio “Role Model” che ha saputo alzare la voce dopo l’esaltante Mondiale per pretendere parità contrattuale e condizione economica per il movimento calcistico femminile in Italia.

Sara Gama, discorso al Quirinale: “120 anni, tempo relativo ...

Di Juventus-Inter alla 26esima giornata di Serie A ne contiamo già 6. Il bilancio di questo mini ciclo è a tinte bianconere. La Vecchia Signora ha sempre fatto punti e in ben 4 circostanze ha messo le mani sull’intera posta in palio.

Nel 1941/1942 fu 4-0 con reti di Bellini (doppietta), Sentimenti III, Lushta.

Nel 1947/1948 ecco un 2-0 con marcatori Boniperti e Parola.

Nel 1970/1971 terminò 1-1 a Marchetti risposte l’interista Bedin.

Nel 1977/1978 pareggio per 2-2 con gli ospiti in doppio vantaggio grazie a Bini e Muraro, poi la rimonta degli juventini targata Bettega e Cuccureddu.

Nel 1985/1986 un 2-0 firmato Platini (rigore) e Bonini.

Nel 2000/2001 ecco un 3-1 con timbri di Tacchinardi, Inzaghi, Del Piero e del nerazzurro Vieri (rigore).

Da rimarcare come al termine di 3 dei sei campionati appena ricordati il tricolore sia finito sulle maglie di una fra la Vecchia Signora e la Beneamata. Nel 1970-1971 toccò a nerazzurri; nel 1977-1978 e nel 1985-1986 ai bianconeri. Il bilancio dei precedenti, 86, sorride ai padroni di casa avanti per numero di vittorie e gol marcati. Fra l’altro l’Inter dopo aver violato lo Stadium, prima in serie A, col 3-1 del 2012/2013 non è più stata in grado di vincere in casa della Juventus: 4 ko e 2 segni X (l’1-1 nel 2014/2015 e lo 0-0 nel 2017/2018).

I tabellini degli ultimi 5 incroci a Torino raccontano di 1 solo rigore sanzionato (pro Juventus nel 2015/2016), 30 cartellini gialli mostrati dagli arbitri (14 contro la Juventus e 16 contro l’Inter), 2 sole espulsioni comminate (entrambe per rosso diretto, Kovacic all’86’ della sfida 2014/2015 e Perisic al 95’ dell’incrocio 2016/2017).

Da ricordare come la sfida di domenica sera metta di fronte, statistiche alla vigilia della 26esima giornata, la miglior squadra fra le mura di casa (34 punti per i bianconeri, 11V – 1X – 0P con 29GF e 10GS), alla miglior compagine da trasferta (29 punti per i nerazzurri, 9V – 2X – 1P con 26GF e 12GS) della Serie A 2019/2020.

Ma se la Zebra non va ko allo Stadium dal 22 aprile 2018 e nelle successive 33 gare interne di campionato ha registrato 28 successi e 5 pareggi, il Biscione nell’ultimo impegno in trasferta è finito ko all’Olimpico di Roma contro la Lazio, nello scontro diretto che gli è costato il secondo posto nella graduatoria generale.

CONFRONTI DIRETTI JUVENTUS-INTER (SERIE A)*

86 incontri disputati
59 (40) vittorie Juventus
16 (34) pareggi
11 (12) vittorie Inter
151 (65) gol fatti Juventus
66 (30) gol fatti Inter

ULTIME 5 SFIDE JUVENTUS-INTER (SERIE A)

2014/2015, 17° giornata, Juventus-Inter 1-1
2015/2016, 27° giornata, Juventus-Inter 2-0
2016/2017, 23° giornata, Juventus-Inter 1-0
2017/2018, 16° giornata, Juventus-Inter 0-0
2018/2019, 15° giornata, Juventus-Inter 1-0

RISULTATI PIU’ RICORRENTI IN SERIE A AL TERMINE DEI JUVENTUS-INTER

1-0 comparso per 20 volte, l’ultima nel 2018/2019 (Mandzukic)
2-0 comparso per 12 volte, l’ultima nel 2015/2016 (Bonucci, Morata rig.)
1-1 comparso per 8 volte, l’ultima nel 2014/2015 (Tevez, Icardi)

* Fra parentesi i dati dei precedenti Juventus-Inter in Serie A dopo la prima frazione di gioco.

SARRI VERSUS CONTE

Quello di domenica sera allo Stadium sarà il secondo scontro diretto in campionato fra Maurizio Sarri, Juventus, e Antonio Conte, Inter. L’unico faccia a faccia registrato fino a oggi coincide col derby d’Italia dell’andata, quando la Vecchia Signora seppe imporsi per 2-1 grazie alle reti argentine di Dybala e Higuain.

Curiosamente Sarri e Conte sono però legati da un po’ di panchine… perché i due tecnici si sono avvicendati su quella dell’Arezzo nella cadetteria 2006/2007, non solo, al Chelsea l’ex Napoli arrivò dopo le due stagioni con l’ex CT azzurro, infine, adesso, c’è di mezzo la Vecchia Signora…

Il bianconero ha sfidato il Biscione per 9 volte in Serie A. Negli ultimi 5 incroci è sempre andato a punti. Dal 2016/2017, difatti, ecco 3 vittorie più 2 segni X ad occhiali, vale a scrivere 0-0. Le uniche 2 battute d’arresto che rintracciamo sono quelle patite con l’Empoli 2014/2015, 3-4, e il Napoli 2015/2016, 0-2. Il nerazzurro fra Serie B, Arezzo, e A, Atalanta e Inter, ha incrociato uomini e schemi con la sua ex squadra già 3 volte, rimediando sempre e solo dei KO. Non solo. Il computo dei gol incassati ha raggiunto quota 12.

Concludiamo segnalando che Sarri fra Empoli (26), Napoli (101) e, adesso, Juventus (22) vanta ben 149 match a punti nel massimo campionato italiano. Contro l’Inter, pertanto, oltre a dare una spallata a una diretta concorrente nella corsa scudetto, in caso di successo raggiungerebbe il traguardo personale dei 150 match positivi.

TUTTI I PRECEDENTI FRA SARRI E CONTE IN CAMPIONATO

1 vittoria Sarri
0 pareggi
0 vittorie Conte
2 gol fatti squadra di Sarri
1 gol fatto squadra di Conte

TUTTI I PRECEDENTI FRA SARRI E L’INTER IN CAMPIONATO

4 vittorie Sarri
3 pareggi
2 vittorie Inter
11 gol fatti squadre di Sarri
8 gol fatti Inter

TUTTI I PRECEDENTI FRA CONTE E LA JUVENTUS IN CAMPIONATO

0 vittorie Conte
0 pareggi
3 vittorie Juventus
4 gol fatti squadre di Conte
12 gol fatti Juventus

I NUMERI DI SARRI IN SERIE A

177 panchine
106 vittorie
43 pareggi
28 sconfitte
149 gare a punti

I NUMERI DI CONTE IN SERIE A

151 panchine
102 vittorie
34 pareggi
15 sconfitte
136 gare a punti

Per tutti gli amanti del famoso detto “Squadra che vince non si cambia” in riferimento non solo all’idea che il miglior gruppo di giocatori deve restare invariato, ma anche che la stessa squadra che trionfa da anni, la Juventus, continuerà a farlo, ecco a tutti quelli che ancora ci credono è arrivato il momento di dire stop.

Lo stop è sancito da Simone Inzaghi e dai suoi valorosi condottieri laziali, su tutti re Ciro Immobile dall’alto dei suoi quasi trenta gol in campionato, capaci di ridare ai tifosi laziali un entusiasmo sopito da oltre vent’anni, da quel lontano 2000 alla corte di Sven-Göran Eriksson quando per l’ultima volta si festeggiava lo scudetto in casa Lazio.
Sicuramente quest’anno l’entusiasmo sarà condiviso da altri tifosi non necessariamente bianconeri, il nero e l’azzurro sembrano i colori della rinascita e della consacrazione come l’Atalanta di mister Giampiero Gasperini e l’Inter di Conte ci stanno facendo vedere in questi mesi. Probabilmente l’estate scorsa in pochi, anzi pochissimi, avrebbero scommesso su una Lazio capolista e una Juve seconda e tallonata dall’Inter a un paio di mesi dalla fine del campionato, chissà se i tifosi dell’Atalanta si sarebbero aspettati di avanzare così tanto in Champions League ed essere allo stesso tempo la quarta forza del campionato, davanti a Roma, Napoli e Milan, con un Ilicic in lotta per il podio in classifica cannonieri ed il solito “Papu” Gomez a contendersi il primato tra i giocatori che hanno fornito più assist in questa stagione.

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Un campionato all’ombra delle incertezze

Certo la situazione delle ultime settimane pare piuttosto convulsa a causa del Coronavirus che sta creando non pochi problemi tra rinvii e partite a porte chiuse; tutti ovviamente si augurano che l’allarme rientri il prima possibile e che si possa tornare a parlare unicamente di calcio giocato. Intanto diamo un’occhiata alla situazione della Serie A dal punto di vista della classifica e delle ultime indiscrezioni a livello calcistico, lasciando ad altra sede le discussioni.

Dicevamo dell’Atalanta e dei suoi successi, dopo la batosta rifilata al Lecce di Liverani con tripletta del solito Zapata, arriva la doccia fredda della partita a porte chiuse in Champions col Valencia, probabilmente una situazione del genere non se la sarebbe aspettata nessuno dato che per Valencia sarebbero sicuramente partiti migliaia di tifosi bergamaschi che in questi ultimi anni stanno andando in visibilio grazie alla Dea e al granitico Giampiero Gasperini, uomo duro e carismatico, capace di portare anche una provinciale a giocarsela sui campi più prestigiosi senza nessun timore reverenziale.

Dunque lotta aperta al vertice con Lazio e Juve a contendersi un primo posto quest’anno per niente scontato, chissà che l’Inter non regali qualche sorpresa ora che Lukaku, Brozovic e Lautaro Martinez hanno cominciato a far vedere di che pasta sono fatti e soprattutto di cosa sono capaci insieme, per informazioni chiedere a Napoli e Ludogorets tra le altre.

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La fine di un’epoca in casa Juventus

Che in casa Juventus fosse finito un ciclo lo si sapeva da quando Massimiliano Allegri ha lasciato la panchina bianconera passando le redini in mano a Maurizio Sarri, uomo forte di Napoli e Chelsea che però all’ombra della Mole non ha ancora saputo tirare fuori dai suoi quello spirito e quella cattiveria agonistica che fino ad ora avevano caratterizzato le squadre in cui veniva praticato il “sarrismo”, al punto che ora pare che la dirigenza della Juve capitanata da Andrea Agnelli stia addirittura pensando ad un ritorno di Max Allegri per non rischiare di perdere definitivamente la faccia dopo il super colpo di mercato Cristiano Ronaldo che nonostante le solite prestazioni da extraterrestre non può da solo traghettare la squadra verso l’ennesima vittoria, o almeno non può più, perché prima ce l’aveva sempre fatta praticamente da solo.

Sicuramente se un anno fa avessimo scommesso su questi avvenimenti presso un qualsiasi casinò per giocare online avremmo guadagnato un bel gruzzoletto. Del resto chi si sarebbe mai aspettato un Napoli ormai non più agguerrito al punto da impensierire le grandi, un’Atalanta che prepotentemente si continua ad insinuare in posizioni della classifica storicamente destinate a compagini più blasonate quali Roma e Milan, insomma questa serie A 2020 ci sta regalando davvero non poche sorprese e noi non vediamo l’ora di sapere come andrà a finire.  Saranno in grado i due marziani Lukaku e Lautaro di fronteggiare la straordinaria fase ascendente della Lazio trascinata dal bomber Immobile o alla fine trionferà lo strapotere juventino come negli ultimi otto anni? Staremo a vedere sperando che lo spettacolo sia altrettanto avvincente per i mesi che mancano alla fine del campionato.

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La lotta per la salvezza

Non dimentichiamo la parte bassa della classifica dove si scatena il derby genovese per la retrocessione, Genoa e Sampdoria sembrano destinate ad una lotta all’ultimo sangue per spuntarla anche quest’anno, osservate dall’alto da Lecce e Torino e tallonate da Brescia e Spal. Con il pareggio con l’Atalanta, le vittorie su Cagliari e Bologna,  la squadra di Nicola sembra aver ripreso una timida rimonta nonostante l’ultima sconfitta contro la capolista Lazio, mentre i cugini blucerchiati sembrano aver preso un cammino leggermente più tortuoso con le sconfitte patite contro Napoli e Fiorentina, in vista il match con la Roma sempre che si riesca a giocare per motivi di salute pubblica, poi il Bologna di Mihajilovíc e a fine mese  il match della verità contro il Lecce.

Saranno settimane intense che speriamo di vivere entusiasmo e chissà che non si torni a chiedersi chi sarà la prossima anti Juve, se l’inter del duo delle meraviglie o la Lazio del capocannoniere e papabile vincitore della scarpa d’oro 2020.

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Un centravanti come lui oggi non avrebbe prezzo e segnerebbe almeno un goal a partita 

Questo dice ancora oggi di lui Giampiero Boniperti, ex compagno di squadra e amico che, assieme a Charles e al “Cabezon” Omar Sivori formò il cosiddetto Trio Magico, uno dei tandem d’attacco più prolifici nella storia del calcio italiano, paragonabile alla mitica Gre-No-Li (Gren – Nordhal – Liedholm) di matrice scandinavo – rossonera.

Senza dubbio Charles lasciò un segno indelebile nella storia juventina grazie alla sua prolificità, figlia di uno stacco imperioso e di un senso del gol da vero fuoriclasse ma ciò che più è rimasto impresso nella critica e che viene tramandato da chi ha avuto la fortuna di conoscere da vicino il colosso gallese fu senza dubbio la sua pacatezza, il suo essere moderato, doti che gli valsero l’etichetta, universalmente riconosciuta, di “Gigante Buono”.

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La vita e i successi

Charles nacque il 27 dicembre del 1931 a Swansea, città costiera nel sud del Galles, da una famiglia di umile estrazione ( i genitori erano minatori) e, solo sedicenne, venne ingaggiato dal Leeds United, dove alternò, per via della sua imponente mole, il ruolo di attaccante a quello di difensore centrale.

Nei “Peacocks” rimane ben nove stagioni con un bottino di 150 reti in 297 presenze. Un vizio, quello del goal, che non perse neppure in Italia: chiuse il suo lustro con la Vecchia Signora con 178 presenze e 105 goal in tutte le competizioni riportandosi oltremanica nel suo carniere una Coppa Italia nel 1958-‘59, l’accoppiata fenomenale Scudetto – Coppa Italia nel 1959-‘60 e un altro Campionato (1960-‘61) e senza mai essere ammonito o espulso. Un’incredibile costanza di successi frutto dell’affiatamento e della perfetta combinazione di stili di gioco totalmente diversi che garantiva il Trio Magico.

Impossibile, perlomeno su 2/3 del trio, non fare un parallelismo con la Juventus di oggi dove, al netto del carattere meno fumantino, Dybala richiama agli occhi la genialità mancina di Sivori e Higuain, con le dovute differenze, la strapotere fisico di Charles. La differenza al più sta nel terzo tassello della “triade”: tra Mandzukic e Boniperti difficile trovare legami ma forse proprio loro rappresentano l’emblema delle discrepanze tra il calcio romantico di allora e il calcio fisico di oggi.

Dal canto suo, “King John” era un autentico Bulldozer, quasi impossibile da arrestare palla al piede nonostante i calci e gli strattoni. D’altronde, la sua imponenza fisica fece sì che, in gioventù, Charles si cimentasse addirittura nell’attività di pugile, peraltro, con buoni risultati. Salito sul ring per un anno, infatti, il bilancio fu notevole: 10 vittorie in altrettanti incontri. Ottimo ruolino, non c’è che dire, ma la boxe non era lo sport adatto ad un uomo così pacato e gentile e rimase, quindi, una strana e folkloristica parentesi nella vita del gallese.

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Ma non vogliamo concentrarci troppo sulle sue imprese sportive, già note al grande pubblico. Ciò che preme è evidenziare il suo lato umano, la sua indole cordiale ma timida.

Gigante Buono dicevamo. Non sono parole di circostanza perché il centravanti gallese ha spesso dimostrato in campo la sua indole docile e generosa. Giusto per rendere l’idea del personaggio, sono passati alla storia alcuni gesti che, nel calcio di oggi, potremmo definire anacronistici.

Due esempi sui tutti: in uno dei tanti Derby d’Italia tra Juventus ed Inter. John, scattando verso la porta difesa da Matteucci, colpì con una gomitata, involontariamente nel tentativo di divincolarsi, un avversario, ma l’arbitro lasciò correre. La punta avrebbe avuto l’opportunità di andarsene indisturbato, ma si fermò per andare a sincerarsi delle condizioni del collega stramazzato al suolo.

E ancora: Juventus – Sampdoria, l’arbitro Grignani spedì fuori dal campo Sivori (ecco, non proprio il clone dell’ariete britannico) per un bruttissimo intervento. L’argentino si scagliò contro il direttore di gara per farsi giustizia da solo ma Charles, con una facilità disarmante lo afferrò, gli rifilò uno schiaffo e lo allontanò evitandogli una squalifica più pesante di quella che poi gli sarebbe stata inflitta.

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Il declino

Dopo il calo di prestazioni, legato soprattutto ad un intervento al ginocchio, tornò al Leeds, ma solo per qualche mese perché nel 1962 venne ingaggiato dalla Roma.

Ben presto, però, nella Capitale ci si rese conto che la parabola discendente di King John era ormai incontrovertibile e i soli 4 goal in stagione ne furono impietosa conferma nonché viatico per il definitivo ritorno in Gran Bretagna, dove chiuse la carriera in squadre di secondo piano, quali Cardiff City ed Hereford United.

Il declino calcistico, purtroppo, corrispose al declino personale perché, svestiti i panni del bomber, Charles faticò a trovare la propria dimensione di uomo; divorziò dalla moglie, divenne diventò schiavo dell’alcol e, da persona poco loquace quale era, si rinchiuse in casa lontano da amici e parenti.

Addirittura, nel 1988 venne arrestato a causa di debiti e problemi col fisco. Continui problemi di salute lo debilitarono senza pausa, fino alla triste e definitiva dipartita, a soli 72 anni, il 21 febbraio 2004. Nel 2005, per celebrare il proprio 50° anniversario, l’UEFA invitò ogni federazione nazionale affiliata, ad indicare il proprio miglior giocatore dell’ultimo mezzo secolo. La scelta dei gallesi ricadde su Charles, designato quindi Golden Player dalla FAW. Magra consolazione.

Resta comunque il ricordo, vivo in chi l’ha vissuto direttamente e anche in chi l’ha sentito tramandare, di un calciatore formidabile e di un uomo distinto, onesto e semplice, che non verrà dimenticato.

John Charles, centravanti moderno, uomo d’altri tempi.

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Sono 770 i gol segnati in carriera da Cristiano Ronaldo nelle partite ufficiali giocate per i club e per la nazionale portoghese. Il campione della Juventus ha raggiunto questo traguardo grazie alla tripletta contro il Cagliari di domenica 14 marzo. Una data da ricordare non soltanto per la risposta che il campione ha dato ai detrattori che lo avevano attaccato dopo la prestazione negativa contro il Porto – con i bianconeri eliminati dalla Champions League – ma anche e soprattutto per il raggiungimento di un record storico, difficilmente eguagliabile nei prossimi anni: CR7 ha infatti definitivamente superato il numero di gol ufficiali segnati da Pelé.

“Non c’è giocatore al mondo che non sia cresciuto ascoltando storie sui suoi giochi, i suoi obiettivi e i suoi successi, e io non faccio eccezione – ha commentato Cristiano Ronaldo in un lungo post su Instagram –. E per questo motivo, sono pieno di gioia e orgoglio quando riconosco l’obiettivo che mi ha messo in cima alla lista dei gol del mondo, superando il record di Pelé, qualcosa che non avrei mai potuto sognare mentre crescevo da bambino di Madeira”. E nonostante in molti gli abbiano da tempo attribuito il record, CR7 ha voluto invece aspettare, riconoscendo nei 767 il primato di gol del brasiliano e non nei 757, perché – ha aggiunto – non “possiamo semplicemente cancellare la storia secondo i nostri interessi”.

Pelé, dal canto suo, si è congratulato, sempre su Instagram, dichiarando il suo affetto e la stima che prova per il portoghese: “Ti ammiro molto, mi piace guardarti giocare e questo non è un segreto per nessuno. […] Il mio unico rimpianto è non averti potuto abbracciare oggi”.

Ma come si arriva ad un traguardo simile e, soprattutto, perché Cristiano Ronaldo è diverso dagli altri giocatori e non ha eguali nella storia del calcio? La risposta, come lui stesso ha più volte sottolineato nelle interviste rilasciate, è semplicemente una: la mente. Quando si chiede a CR7 quale sia il suo punto di forza, lui risponde sempre e solo “la testa”. Ovvero quella mentalità che lo porta ad allenarsi in un certo modo, a nutrirsi in un certo modo e, in generale, a seguire tutti quegli accorgimenti necessari per raggiungere una forma fisica specifica e uno stato di salute ottimale.

Molti sostengono che Ronaldo sia costruito, come se questo fosse un difetto o un problema, e gli attribuiscono una mancanza di talento – evidente invece nel suo storico rivale Lionel Messi – sopperita quindi con l’edificazione di una macchina studiata a tavolino. Del resto, quando si chiede al portoghese cosa occorre per arrivare al suo livello, la risposta è sempre “dedizione, costanza e lavoro duro”. Il talento non basta, quindi, e CR7 questo lo ha capito molto presto, già ai tempi del Manchester United, quando cominciò a contrastare la magrezza eccessiva con il fitness, che ancora oggi risulta essere parte fondamentale del suo allenamento quotidiano.

Un po’ macchina, un po’ personaggio, dunque, che fa spesso parlare di sé per ciò che fa dentro il campo e non solo. Cristiano Ronaldo è infatti noto anche per la sua proverbiale schiettezza e la tendenza a rispondere alle domande di chi lo intervista dicendo sempre quello che pensa; come è avvenuto anche recentemente in occasione dei Globe Soccer Awards, in cui è stato premiato come miglior giocatore del secolo. Quando gli è stato chiesto cosa si provi a giocare senza tifosi, CR7 ha infatti risposto senza mezzi termini: “Giocare a calcio in uno stadio vuoto è noioso, è alquanto bizzarro giocare in queste condizioni”. E non è evidentemente l’unico a porsi il problema di quanto il calcio senza tifosi abbia influito anche sull’andamento di alcuni giocatori e delle relative squadre.

Ma nonostante reputi profondamente noioso giocare senza pubblico, lui che ama stare al centro della scena ed essere osannato, la sua professionalità non viene mai meno. Perché è diverso dagli altri, dunque? Perché a 36 anni e dopo aver vinto tutto ciò che c’era da vincere – sia a livello di club che individualmente – è ancora il primo ad arrivare al campo di allenamento e l’ultimo ad andarsene; è quello che lascia il centro sportivo solo dopo la sessione di crioterapia che gli permette di recuperare rapidamente la capacità muscolare; è quello per il quale non esistono feste, riposi o ferie, perché c’è sempre e comunque il tempo per dedicarsi agli esercizi quotidiani, anche a casa.

Perché la costruzione del corpo di Cristiano Ronaldo, al contrario di ciò che pensano in molti, non è dettata da semplice vanità: c’è un motivo se CR7 non si infortuna quasi mai o comunque si riprende più in fretta di altri; c’è un motivo se corre ad una certa velocità; e c’è un motivo se salta più in alto di chiunque. E il motivo è in quel corpo costruito a tavolino, certo, non soltanto per mera vanagloria, ma soprattutto per essere una macchina efficiente al massimo del suo potenziale. E ci vuole una mentalità davvero vincente e sempre focalizzata sugli obiettivi per riuscire, a 36 anni, a mantenere gli stessi standard qualitativi, anno dopo anno, senza mai arretrare di un passo o mostrare il benché minimo cenno di cedimento. “Dedizione, costanza e lavoro duro”, quindi, a trecentosessanta gradi: dall’esercizio fisico alla dieta, passando per il riposo.

Cristiano Ronaldo non manca mai un allenamento, dorme otto ore a notte, non beve alcolici, non assume zuccheri, non mangia cibo spazzatura. Mai. Da oltre quindici anni segue una routine controllata e regolare, che non conosce sgarri. Per alcuni potrà sembrare un’esagerazione e un’ossessione da fissati, per CR7 è soltanto la mentalità e il duro lavoro che lo hanno portato a 770 gol e a diventare il più grande marcatore nella storia del calcio.

Se non è stata una “maggioranza bulgara”, poco c’è mancato: 142 voti su 155 disponibili, un’annata da incorniciare per giocate e gol e con la Coppa Uefa alzata davanti ai musi lunghi dei tedeschi del Borussia Dortmund. Il 28 dicembre 1993, Roberto Baggio vince il Pallone d’oro. Con la Juventus, il Divin Codino si afferma e si consacra nel panorama calcistico internazionale. Il riconoscimento della rivista francese France Football non lascia dubbi: nessuno può eguagliare il talento italiano. Alle sue spalle, distaccati, l’olandese Dennis  Bergkamp, che quell’estate passerà dall’Ajax all’Inter, e l’istrionico francese Eric Cantona, idolo tra i tifosi del Manchester United.

Dopo la convincente vittoria della Juventus per 3-1, nell’andata della finale di Coppa Uefa contro il Borussia Dortmund al Westfalenstadion, è lo stesso calciatore nato a Caldogno a ironizzare, dopo avere segnato una doppietta, sulla sua possibilità di alzare il trofeo dorato: «Il Pallone d’oro io a Baggio lo darei».
Con il 3-1 all’andata e il 3-0 al ritorno a Torino, quei pochi scettici si convincono della strepitosa annata del talento con il numero 10 cucito sulle spalle. Del resto, i numeri della stagione 1992-1993 parlano chiaro, chiarissimo: in Serie A, Baggio gioca 27 partite e realizza 21 rete, il suo rendimento migliore dopo la rinascita a Bologna nel 1997-1998 dove segnerà 22 marcature. Letale anche in Coppa Uefa con 6 gol in 7 gettoni.

Attorno ai suoi tocchi, alle sue giocate e al suo talento, la Juventus vuole ricucire i suoi successi, smarriti dopo l’addio di un altro fuoriclasse come Michelle Platini. Ma il Milan di Fabio Capello sfugge e, nonostante, il ricco bottino di segnature di Baggio (solo Signori fece meglio con 26 reti), la Juventus concluderà quarta con 39 punti, meno 11 rispetto al Milan. Unica pacata consolazione per il Divin Codino è la splendida rete che segna a San Siro, nella “Scala del calcio”, proprio ai rossoneri:

E’ in Europa, come detto, che la Juventus e Baggio trovano gloria: è proprio il fantasista ad aprire le marcature europee del club torinese nel 6-1 del primo turno contro i ciprioti dell’Anorthosis Famagosta. Poi un digiuno che si interrompe in semifinale, quando, contro il Paris Saint Germain, tira fuori tutta la sua classe segnando una doppietta nella vittoria per 2-1 all’andata e per 1-0 in terra transalpina. Da antologia i due gol segnati a Torino:

Alla premiazione del Pallone d’oro, Roberto Baggio disse:

Il Pallone d’oro è una cosa mia: sono sicuro che se scendeste in strada a chiedere ai tifosi cosa vorrebbero che vincessi vi risponderebbero lo scudetto, se sono juventini; il Mondiale, se non lo sono. Infatti i miei veri traguardi sono questi, come per un attore è bello vincere l’Oscar, ma è molto meglio se il pubblico apprezza il suo film

Il Mondiale negli Stati Uniti è, forse, il più grande rammarico nella carriera di Baggio e dei tanti tifosi che, in lui, avevano riposto speranze di successo. Dopo una stagione da protagonista, con la Juventus che è riuscita a issarsi al secondo posto, dietro sempre al Milan, nel 1994 Baggio trascinò l’Italia, praticamente da solo, in una storica finale contro il Brasile. Ma quel pomeriggio avverso, furono i rigori a strozzare le grida di gioia.
Il Divin Codino, però, non si è mai dato per sconfitto: al Milan, tra alti e bassi, non ha espresso tutta la sua grazia. E’ rinato a Bologna, è diventato leggenda a Brescia.

In una lettera rivolta ai giovani e ai suo figli, durante una serata del festival di Sanremo nel 2013, si intuisce perché è arrivato fin là, avendo il rispetto di tifoserie e avversi rivali. E’ stato e, forse lo è tutt’ora, il più grande calciatore italiano – e uomo- di sempre:

La lettera di Roberto Baggio indirizzata ai giovani 14-02-2013 (Sanremo 2013) from dioddo on Vimeo.

Un gol al 93′, in un match tradizionalmente sentito e reso ancor più delicato per i punti Champions League. Il 2 marzo 2008, si giocava allo stadio Olimpico di Torino, sì perché la Juventus era in un limbo tra il vecchio Delle Alpi e il nuovo Stadium. Contro la Fiorentina di Cesare Prandelli che riuscì allo scadere a vincere il match per 3-2. Partita rocambolesca, con gli ospiti in vantaggio con Gobbi, poi Sissokho e Camoranesi ribaltano momentaneamente la gara prima del contro sorpasso viola con Papa Waigo e il colpo di testa di Osvaldo.

Ecco, gli ultimi punti presi dalla Fiorentina in casa della Juventus risalgono alla stagione 2007-2008. Da quando è stato inaugurato lo Stadium la Juventus, in campionato, ha sempre e solo vinto nelle sfide con la Fiorentina: un 8 su 8. E dando un’occhiata anche alle stagioni precedenti scopriamo che i bianconeri sono in serie positiva da 11 match.

JUVENTUS-FIORENTINA 2-3 (Stagione 2007-2008 – 26^ giornata Serie A)
JUVENTUS: Buffon; Zebina, Legrottaglie, Grygera, Molinaro; Camoranesi (21’st Nocerino), Sissoko,
Zanetti, Palladino; Del Piero (26’st Iaquinta), Trezeguet.
In panchina: Belardi, Birindelli, Stendardo, Salihamidzic, Tiago.
Allenatore: Ranieri.
FIORENTINA: Frey; Ujfalusi (16’st Osvaldo), Kroldrup, Gamberini, Gobbi; Kuzmanovic, Donadel, Montolivo; Santana (21’st Papa Waigo), Pazzini, Jorgensen.
In panchina: Avramov, Dainelli, Pasqual, Da Costa, Cacia.
Allenatore: Prandelli.
RETI: 18’pt Gobbi, 29’pt Sissoko, 12’st Camoranesi, 31’st Papa Waigo, 48’st Osvaldo.

C’è un punteggio che ormai non si vede da 8.345 giorni al termine di un Napoli-Juventus di campionato. Si tratta del pareggio ad occhiali, vale a dire lo 0-0. L’ultima volta, al momento del calcio d’inizio della sfida valida per la 21esima giornata 2019/2020, sarà distante 22 anni, 10 mesi, 4 giorni. Era, infatti, il 23 marzo 1997 quando la sfida fra azzurri e bianconeri al San Paolo terminò a reti inviolate.

Nei successivi 15 scontri diretti di campionato una delle due squadre in campo ha sempre segnato almeno una rete. Il bilancio dei 74 scontri diretti fra Serie A e cadetteria è in quasi perfetto equilibrio. Napoli e Juventus vantano lo stesso numero di successi, 23, mentre i segni X ammontano a 28. L’unica differenza la riscontriamo nei gol marcati: 90-87 per i campani. E un pareggio è anche il risultato più ricorrente. Anzi, i pareggi sono i risultati più ricorrenti. Perché con 12 presenze ciascuno ci sono sia l’1-1 che lo 0-0.

Gli azzurri al San Paolo vantano 11 punti (3V – 2X – 5P, 11GF/13GS) e non colgono vittoria dallo scorso 19 ottobre, 2-0 sull’Hellas Verona. Poi hanno messo in fila 2 pareggi e, quindi, 4 ko. I bianconeri lontano dalla Stadium hanno raccolto 23 punti (7V – 2X – 1P; 15GF/9GS) e sono reduci da due successi per 2-1, contro Roma e Sampdoria. L’unica sconfitta è quella patita all’Olimpico dalla Lazio il 7 dicembre. In assoluto il Napoli cerca ancora di smuovere la classifica in questo 2020. È l’unica di Serie A che non ha fatto punti. La Juventus conta una serie di 5 trionfi di fila, con Sarri al timone mai è arrivata la ‘sestina’.

CONFRONTI DIRETTI NAPOLI-JUVENTUS (SERIE A E SERIE B)*

74 incontri disputati
23 (20) vittorie Napoli
28 (32) pareggi
23 (22) vittorie Juventus
90 (36) gol fatti Napoli
87 (41) gol fatti Juventus

ULTIME 5 SFIDE NAPOLI-JUVENTUS (SERIE A)

2014/2015, 18° giornata, Napoli-Juventus 1-3
2015/2016, 6° giornata, Napoli-Juventus 2-1
2016/2017, 30° giornata, Napoli-Juventus 1-1
2017/2018, 15° giornata, Napoli-Juventus 0-1
2018/2019, 26° giornata, Napoli-Juventus 1-2

RISULTATI PIU’ RICORRENTI IN SERIE A E SERIE B AL TERMINE DEI NAPOLI-JUVENTUS

1-1 comparso per 12 volte, l’ultima nel 2016/2017 (Khedira – Hamsik)
0-0 comparso per 12 volte, l’ultima nel 1996/1997
1-2 comparso per 9 volte, l’ultima nel 2018/2019 (Pjanic – Can – Callejon)

* Fra parentesi i dati dei precedenti Napoli-Juventus in Serie A e B dopo la prima frazione di gioco.

Sarri versus Gattuso

La prima volta fu decisivo Massimo Maccarone. Perché Maurizio Sarri ha sfidato  Gattuso già in 2 occasioni: nella cadetteria 2013/2014, seconda giornata, Palermo-Empoli e in Serie A 2017/2018, 32esimo turno, Milan-Napoli. In Sicilia i toscani si imposero per 2-1. La rete di Tavano fu pareggiata da Hernandez, ma al 68’ un colpo di testa di Big Mac consegnò il successo agli azzurri.

Pareggio ad occhiali, vale a dire 0-0, invece, l’esito dello scontro diretto al Meazza. Curiosamente in campionato non c’è ancora stato un Sarri-Gattuso. Il mister bianconero è un ex. I partenopei li ha sfidati già in 4 occasioni. Positivo il bilancio, con 2 vittorie e 2 segni X, ma colpisce soprattutto il valore dei gol per match, superiore a 5. I due pareggi, con l’Arezzo in B e l’Empoli in A, sono arrivati con un 2-2. I due successi, con la Juventus qualche mese fa e con l’Empoli in A, marcando 4 reti e subendone non meno di 2 (a Torino furono addirittura 3, con una rimonta che sapeva dell’incredibile).

Negativo, invece, il bilancio degli scontri diretti fra Gattuso e la Vecchia Signora. In 3 incroci di campionato ha rimediato altrettante sconfitte. Non solo. Sul curriculum del giovane allenatore pesano anche le due finali perse proprio contro Madama: in Coppa Italia e Supercoppa Italiana fra le stagioni 2017/2018 e 2018/2019.

TUTTI I PRECEDENTI FRA GATTUSO E SARRI IN CAMPIONATO

0 vittorie Gattuso
1 pareggio
1 vittoria Sarri
1 gol fatto squadre di Gattuso
2 gol fatti squadre di Sarri

TUTTI I PRECEDENTI FRA GATTUSO E LA JUVENTUS IN CAMPIONATO

0 vittorie Gattuso
0 pareggi
3 vittorie Juventus
2 gol fatti squadre di Gattuso
7 gol fatti Juventus

TUTTI I PRECEDENTI FRA SARRI E IL NAPOLI IN CAMPIONATO

2 vittorie Sarri
2 pareggi
0 vittorie Napoli
12 gol fatti squadre di Sarri
9 gol fatti Napoli

I NUMERI DI GATTUSO IN SERIE A

67 panchine
32 vittorie
19 pareggi
16 sconfitte
51 gare a punti

I NUMERI DI SARRI IN SERIE A

172 panchine
103 vittorie
43 pareggi
26 sconfitte
146 gare a punti