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Sergio Pellissier e il Chievo Verona, un rapporto simbiotico in cui parli del giocatore e pensi alla squadra. E viceversa. Un po’ come accade con Totti e la Roma, Del Piero e la Juventus, Puyol e il Barcellona, Raul e il Real Madrid, Giggs e il Manchester United, Lahm e il Bayern Monaco.

Il capitano del Chievo ha vestito la maglia clivense in modo stabile dal 2002 fino all’età di 40 anni. E’ l’ultimo baluardo della squadra dei miracoli targata Delneri all’inizio degli anni Duemila. Una particolarità: è stato l’ultimo giocatore in attività a inserirsi nella speciale classifica dei marcatori più anziani in Serie A, piazzandosi al quinto posto: l’ultimo gol per i clivensi arrivò il 27 gennaio del 2019, nel match contro la Fiorentina valido per la 21^ giornata di campionato, all’età di 39 anni e 290 giorni. Può vantare il titolo di miglior marcatore in Serie A del Chievo, con 112 reti. È inoltre il calciatore con più gol nel derby di Verona, ben quattro.

6° posto – In questa speciale classifica ha scalzato Paolo Maldini, ora al sesto posto. Ben 29 gol in campionato, di cui l’ultimo risale al 30 marzo 2008 nella gara contro l’Atalanta all’età di 39 anni e 278 giorni.

4° posto – Francesco Totti può vantare diversi record, tanto per restare in tema e citarne uno: è il marcatore più anziano nella storia della Champions League, con l’ultimo gol segnato a 38 anni e 59 giorni. È inoltre il secondo miglior marcatore di sempre della Serie A, con l’ultimo gol che arrivò il 25 settembre del 2016, nella partita contro il Torino, due giorni prima del suo quarantesimo compleanno, nella trasferta allo stadio “Olimpico Grande Torino” contro i granata. Aveva 39 anni e 364 giorni.

3° posto – Medaglia di bronzo per lo zar, Pietro Vierchowod. L’ultimo gol nel campionato italiano lo segnò a 40 anni e 47 giorni con la maglia del Piacenza, squadra con la quale chiuse la carriera, nell’ultima giornata del campionato 1998/99, il 23 maggio del 1999, nella partita pareggiata 1-1 contro la Salernitana.

2° posto – Al secondo posto il leggendario Silvio Piola: è il miglior marcatore di sempre nella storia del campionato italiano con 274 reti; è il calciatore con più gol in una singola partita nel campionato italiano, addirittura 6; ed è anche il miglior marcatore nella storia della Lazio con 149 gol. Possiede anche il terzo posto tra i migliori marcatori con la maglia della Nazionale italiana. L’ultimo gol lo segnò all’età di 40 anni e 131 giorni, il 7 febbraio del 1954 in un Novara-Milan valido per la 19^ giornata di campionato, terminato sul risultato di 1-1.

1° posto – Questa speciale classifica è vinta da Alessandro Costacurta che segnò l’ultima rete della sua carriera nel giorno del suo ritiro. Il 19 maggio 2007 timbrò su rigore il gol che gli permette di essere il calciatore più anziano ad aver mai segnato nella massima serie: 41 anni e 25 giorni.

Si sarebbero dovuti incrociare una serie di fattori e così è stato. Il nuovo decennio – gli anni Venti – della Serie A si è aperto con il lunch-match tra Brescia-Lazio con i laziali che hanno vinto per 2-1 l’ennesima partita in pieno recupero. Con doppietta, tanto per cambiare, di Immobile. In rimonta, per di più, perché ad aprire i giochi c’ha pensato Mario Balotelli che è sgusciato alle spalle del difensore che lo stava smarcando e ha trafitto Strakosha con un sinistro angolato.

 

E questa è senz’altro una coincidenza che fa di Balotelli il primo e unico calciatore nella storia del campionato italiano a segnare per due decenni consecutivi il primo gol. Sì perché SuperMario ha infatti segnato anche il primo gol degli anni Dieci: era mercoledì 6 gennaio 2010 e al Bentegodi di Verona si giocava Chievo-Inter. Partita delle 12.30, inusuale al tempo, ma dalla stagione successiva consuetudine, decisa proprio da Balo che regala alla squadra di Mourinho il titolo di campione d’inverno con una giornata d’anticipo con 42 punti conquistati in 18 gare.

Una bella coincidenza se pensiamo che Balotelli l’anno dopo avrebbe lasciato l’Inter per andare al Manchester City, girovagando per tutto il decennio tra Liverpool, Milan, Nizza e Marsiglia prima di rientrare in Italia, al Brescia, proprio quest’estate.

La settimana scorsa ci sono state le lacrime di Sergio Pellissier che ha deciso di appendere gli scarpini al chiodo da bandiera del Chievo Verona. Domani sarà la volta di un altro simbolo dei gialloblu, il portiere Stefano Sorrentino.

La punta valdostana ha deciso di smettere col calcio giocato e si prospetta qualche ruolo nel club.
Il portiere Sorrentino dice addio, dopo otto stagioni con i clivensi in Serie A, intervallate dall’esperienza al Palermo.
Il numero uno non scenderà in campo nell’ultima trasferta a Frosinone, ma saluterà comunque i tifosi e quello che per anni è stata la sua casa.

A 40 anni suonati, però, non ha deciso di ritirarsi ed è pronto a iniziare una nuova avventura.

Gli occhi della tigre hanno difeso i pali del Chievo in tante stagioni e, insieme a Pellissier, Sorrentino è stato punto fermo della società veneta.

Attraverso Twitter un messaggio commovente per la società e per i tifosi e un augurio a colui che prenderà il suo posto.

I campi della Serie A gli avrebbe potuto assaporarli già nel 2011, quando la Juventus lo aveva cercato e portato a Torino salvo poi firmare per il Chelsea e volare in Inghilterra.

Questa sera allo stadio Bentegodi di Verona contro la Roma, Lucas Piazon dovrebbe debuttare in Serie A con la maglia del Chievo.

 

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Un post condiviso da Lucas Piazon (@lpiazon) in data:

Preso in prestito dai Blues nella finestra di mercato invernale, il brasiliano classe ’94 farà il suo esordio nel campionato italiano 8 anni dopo esserci andato vicino se fosse arrivato a Torino.

Destini e situazioni completamente diversi rispetto a qualche anno fa. Quella Juventus era in fase di crescita dopo gli anni bui ma che stava per vivere una della annate più belle con Antonio Conte allenatore; i clivensi, invece, ora sono ultimi in classifica e hanno bisogno di punti per allontanare la sempre più presente ombra della Serie B.

Tuttavia Piazon ha deciso di accettare l’offerta dei veneti per mettersi in gioco in un campionato difficile com’è quello italiano e magari sarà un modo per dimostrare le sue qualità per quello che in molti definivano come il “nuovo Kakà”.

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Lucas Piazon al suo arrivo a Torino. Il quotidiano Tuttosport esaltava le sue doti

Proprio come l’ex Pallone d’oro rossonero, Piazon è arrivato in Europa dal San Paolo nel gennaio 2012, per volare a Londra. Gli inglesi lo acquistano l’allora 17enne per 7,5 milioni di euro offrendogli un contratto di un milione di euro.
Uno dei motivi primari per il suo mancato approdo a Torino è stato proprio l’ingaggio.

Sono onorato di non aver preso Piazon a queste con­dizioni. Non sarebbe stato etico riconoscere a un minorenne uno stipendio così alto!

avrebbe detto qualche anno dopo l’ex ad bianconero, Beppe Marotta.

L’esperienza con i Blues, tuttora, non è stata delle migliori.
Dopo le buone apparizioni con la squadra giovanile con la quale vince la FA Youth Cup e il premio di “Miglior Giovane del Chelsea”, debutta con la prima squadra, ma collezionerà solo tre presenze. Il brasiliano, infatti, nel corso delle stagioni gira un po’ nei vari campionati europei: Malaga (Spagna), Reading e Fulham (Inghilterra), Vitesse (Olanda) e Eintracht Francoforte (Germania).

Tra le sue stagioni migliori, sicuramente le due appena trascorse tra le fila dei Cottagers in Championship e quella in Eredivise con il Vitesse nel 2013/14.

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Piazon con la maglia del Fulham

In Olanda, club satellite dei Blues, ha ottenuto 31 presenze con 11 gol e 8 passaggi vincenti. Con i bianconeri londinesi, invece, ha giocato 58 partite arricchite con 12 reti e 9 assist che hanno aiutato la squadra a raggiungere i playoff e la successiva promozione in Premier League.

Ritornato al Chelsea, sperava che Sarri gli concedesse qualche chance.  Alla corte dell’ex allenatore del Napoli, però, è riuscito solamente a ottenere una convocazione in panchina contro il Tottenham, in Coppa di Lega. Da questa situazione è nata l’idea di provare l’esperienza italiana con il Chievo, che l’ha ottenuto in prestito con diritto di riscatto.

La scelta di venire in Italia deriva dal mio desiderio di tornare ad essere protagonista in campo e combattere per qualcosa.

L’ambiente clivense potrebbe certo giovargli e potrebbe essere il luogo giusto in cui dimostrare il valore di cui tutti si sono stupiti nel 2011, quando riuscì a guidare il Brasile U17 al trionfo nel Campionato Sudamericano di categoria.

Quando è stato acquistato quest’estate dalla Fiorentina, in molti hanno digitato il suo nome su google. Perché Alban Lafont era, ai più, un oggetto misterioso. Neanche ventenne, semisconosciuto portiere del Tolosa, originario del Burkina Faso ma poi sbarcato in Francia da piccolo. Eppure in Ligue 1 ha esordito nel 2015 ha soli 16 anni. Un anno più tardi è stato inserito dal Guardian tra i migliori 60 calciatori nati nel 1999. Qualità che hanno convinto i dirigenti della Fiorentina ha investire su di lui per il posto da portiere. Fiducia a tratti ripagata, a tratti mal riposta.

Statistiche alla mano Lafont ha una delle medie voto più basse tra i portieri titolari in A. Il suo 5,92 lo fa precipitare nelle retrovie al pari dell’empolese Provedel. I fanta allenatori che avevano puntato su di lui si stanno un po’ mangiando le mani. La difesa gigliata ha fin qui subito 24 reti in 32 partite. Ben tre sono arrivate dalla sfida con il Chievo che ha uno dei peggiori attacchi del campionato (17 gol all’attivo). E dire che poteva andare anche peggio se l’arbitro Chiffi non avesse annullato il gol di Giaccherini propiziato da un passaggio sciagurato proprio di Lafont.


Il portierino francese si è poi riscattato neutralizzando il secondo rigore di Pellissier che poteva portare le squadre sul 3-3. Lafont ha battezzato lo stesso angolo scelto dall’attaccante clivense nel penalty precedente, riuscendo questa volta a intercettare il pallone. Certo, come dimostrano i suoi voti, l’ex Tolosa non è propriamente quell’estremo difensore che trasmette sicurezza alla difesa (e a chi puntato su di lui al fantacalcio). Per questo in molti sono pronti a studiare le contromosse del caso in vista dell’asta di riparazione.


Il mercato tuttavia non offre molto. L’occasione più ghiotta potrebbe arrivare dalla Spal con Viviano. Un ex viola, tra l’altro, chiamato per la sua esperienza tra i pali degli estensi. In casa Genoa, invece, prestazioni altalenanti anche per un altro portiere talentino, quel Radu titolare dell’under 21 rumena. Un ulteriore rischio potrebbe essere pescare in casa Empoli. Provedel, come detto, non entusiasma. A contendergli il posto c’è quel Dragowski finito al “Castellani” dopo aver fatto il vice proprio di Lafont a Firenze.

 

Ventunesima giornata di Serie A, seconda del girone di ritorno, partita già con i tre anticipi del sabato e che continua oggi con diversi match interessanti.

Nell’anticipo delle 12.30 si sfidano Chievo Verona – Fiorentina. Al Bentegodi ci sono i clivensi, sconfitti dalla Juve nell’ultima uscita a Torino e fanalino di coda della Serie A, e c’è la Viola che, invece, arriva da uno scoppiettante 3-3 contro la Sampdoria con un super Muriel. La vittoria dei toscani non è poi così scontata dato che la cura Di Carlo comunque qualche miglioramento lo ha portato.

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Sergio Pellissier, il giocatore più prolifico della storia del Chievo

Alle 15 c’è un piacevole derby tra Parma – Spal. La differenza di dieci punti in classifica porta a pensare a una convincente vittoria per i ducali. I ferraresi arrivano dal pareggio in trasferta col Bologna e hanno bisogno di punti per allontanarsi dalla zona calda. Possibile che entrambi segnino e magari anche con parecchi gol.

Stessa idea anche per Atalanta – Roma. I bergamaschi sono in una forma strabiliante e i giallorossi, nonostante siano in ripresa grazie alla vittoria contro il Torino, hanno sempre sofferto contro i nerazzurri. Scoppiettante pareggio? O più cauti con una doppia chance?

Il Bologna di Inzaghi che ospita il Frosinone ha il dovere di vincere contro i ciociari. Facile vittoria per i rossoblu.

Alle 18 c’è Torino – Inter. I nerazzurri non possono perdere altri punti così come i granata. Partita tosta, ma con buone possibilità di vittoria per gli uomini di mister Spalletti, magari con poche reti.

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Il capitano granata, Andrea Belotti

Quando gioca la Juventus, anche se va a Roma contro la Lazio, difficilmente la si da per sconfitta, noi consigliamo un più cauto gol.

Quando si dice “gallina vecchia fa buon brodo!”. Sergio Pellissier, attaccante classe 1979 del Chievo Verona, è l’esempio lampante di questo classico proverbio della lingua italiana.

Bomber di razza che, nonostante le 39 primavere, riesce ancora a essere decisivo per le sorti della squadra in cui milita dal 2002, di cui è capitano e miglior marcatore della storia.

Il prossimo 12 aprile la punta valdostana compirà 40 anni e per giugno ha la missione (quasi) impossibile di salvare il Chievo dalla retrocessione.

Pellissier, tuttavia, non ha paura. Ha visto passare tanti allenatori da Veronello ma lui è rimasto sempre lì a guidare il gruppo gialloblu in tutti questi anni di Serie A. Quella di quest’anno non può che essere un’altra sfida da provare a vincere.

Con la rete messa segno al Bentegodi contro la Lazio, è salito a quota due (raggiunto il bottino dello scorso anno), ma soprattutto sono 110 reti nella massima serie, tutti con la stessa maglia. Ai biancocelesti è il suo ottavo centro, è la sua vittima preferita.
Attualmente in campionato è il quarto attaccante più prolifico in attività alle spalle di Quagliarella, Icardi e Higuain, oltre ad essere il calciatore con la più lunga anzianità di servizio in un club di Serie A, eredità raccolta da Gigi Buffon, emigrato in Ligue 1 al Psg dopo diciassette anni di Juventus.

L’abbraccio col figlio raccattapalle Matteo a bordo campo è il simbolo della quattordicesima giornata di campionato. Sergio subito dopo la rete del momentaneo 1-0 è corso verso suo figlio, per uno scatto fotografico bellissimo.

I clivensi, con l’arrivo di Mimmo Di Carlo, sono riusciti a uscire indenni contro Napoli e Lazio per due punti che valgono oro data la bruttissima partenza in campionato e i 3 punti di penalizzazione. Con il mister di Cassino, inoltre, il Pelli ha ritrovato il posto al centro dell’attacco. Il capitano, che è sempre stato un leader silenzioso, ha voluto esternare la propria indignazione contro l’ex ct della nazionale, Gian Piero ventura, dimessosi dalla panchina gialloblu dopo poche settimane.

Ora si è caricato sulle spalle i clivensi di cui è il simbolo e, a vero highlander, sicuramente sarà l’ultimo a mollare fino alla fine del campionato.

Proprio grazie alle gioie col Chievo si è tolto la soddisfazione di esordire anche con la maglia della nazionale il 6 giugno 2009 in amichevole contro l’Irlanda del Nord. Ovviamente è andato in rete anche in quell’occasione: una presenza un gol con l’Italia, mica male.

Poco più di un mese, 32 giorni per l’esattezza dal 10 ottobre 2018 quando, in seguito all’esonero di Lorenzo D’Anna, ha raccolto l’incarico di allenatore del Chievo Verona, fino all’11 novembre e al pareggio per 2-2 in casa contro il Bologna. Tanto è durata l’esperienza di Gian Piero Ventura sulla panchina della squadra veneta, tanto è durato il ritorno in Serie A dell’ex ct della Nazionale dopo due stagioni. Ventura, stando a indiscrezioni, lotta ancora con i fantasmi del passato, lo stress, tutta l’Italia pronta a sbeffeggiarlo al minimo errore dopo la storica debacle della mancata qualificazione dell’Italia ai Mondiale.

Certo, poi, la situazione del Chievo è drammatica con zero punti in classifica, partendo da -3 di squalifica, ancora a secco di vittorie con il peggior attacco e la peggior difesa del campionato. Eppure, dopo tre sconfitte consecutive, alla quarta partita, il Chievo Verona ha strappato il primo pareggio, ma nulla è servito per far cambiare decisione a Ventura, spiazzando tutto l’ambiente.

I 32 giorni di Ventura al Chievo Verona non saranno celebri e dannati come i 44 di Brian Clough al Leed United o come i 39 di Paul Gascoigne al Kettering, ma c’è chi ha fatto meglio (o decisamente peggio, dipende dalla prospettiva), restando alla guida di una squadra per molto meno tempo. Ecco la top 5:

8 giorni: Sinisa Mihajlovic allo Sporting Lisbona

Il 18 giugno 2018 Sinisa Mihajlovic firma con lo Sporting Lisbona e diventa allenatore della squadra portoghese  voluto direttamente dal presidente del club Bruno de Carvalho. Otto giorni dopo, però, il tecnico serbo viene sollevato dal suo incarico perché la Commissione di gestione del club ha deciso di cambiare presidente e di rivedere i piani anche tecnici. Per l’ex allenatore del Torino, dunque, non c’è stato neanche il tempo di sedersi in panchina;

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5 giorni: Zé Maria al Ceahlaul

L’ex terzino di Perugia e Inter ha vissuto una commedia tragicomica: unico allenatore ad essere stato esonerato due volte in una settimana dalla stessa squadra. È successo in Romania, dove la dirigenza della squadra ha dimostrato di non avere le idee molto chiare: Zé Maria, infatti, è stato mandato via, richiamato e poi nuovamente esonerato, in appena 5 giorni;

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2 giorni: Marcelo Bielsa alla Lazio

Una storia leggendaria tra due caratteri forti e scontrosi come Lotito e l’allenatore Marcelo “El loco” Bielsa. Secondo il tecnico non ci sono state garanzie alle tante promesse fatte: il presidente della Lazio e il suo staff, infatti, non avrebbero rispettato l’accordo di comprare i cinque giocatori richiesti. Così non si fa, e Bielsa, sentitosi mancare di rispetto ha rassegnato le dimissioni dopo solo due giorni. Senza nemmeno entrare negli uffici della Lazio;

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1 giorno: Attilio Tesser al Cagliari

Zamparini, Preziosi…e Cellino. Quando uno di questi tre presidente “mangia-allenatori” prende una decisione, il racconto diventa senz’altro epico. Attilio Tesser è stato allenatore del Cagliari nella stagione 2005-06, ma chi se lo ricorda? Prima partita,  alla vigilia della prima giornata contro il Siena il presidente Cellino gli disse «vediamo se lei è un uomo fortunato». In seguito alla sconfitta per 2-1, il massimo dirigente isolano lo esonera;

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10 minuti: Leroy Rosenior allo Torquay

Record imbattibile. La panchina più breve della storia spetta a lui. Rosenior aveva preso accordi con la squadra inglese Torquay e il 17 maggio 2007 si era presentato per firmare il contratto. Il tempo di recarsi in conferenza stampa e rispondere alle domande di tre giornalisti e la situazione cambia inesorabilmente: il proprietario del club vende il 51 percento delle sue azioni e il nuovo presidente decide subito la sua prima mossa: esonerare, ovviamente, l’allenatore.

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Il 16 settembre per lui è un giorno speciale. Nel 2012 segna il primo gol allo stadio Olimpico con la maglia della Roma nella sconfitta per 3-2 contro il Bologna; l’anno dopo al Tardini, contro il Parma, ancora in Serie A. Nel 2015 QUEL gol contro il Barcellona da centrocampo in una notte indimenticabile di Champions League. E poi, l’anno scorso, nel 2017, il ritorno dal primo minuto dopo il lungo infortunio. E proprio al lungo calvario, durato quasi un anno, pensa Alessandro Florenzi. I fantasmi sono ritornati in mente quando, contro l’Atalanta a fine agosto, ha sentito un dolore al ginocchio. Paura e terrore per un angoscia che l’ha cambiato:

 L’infortunio mi ha toccato, mi ha fatto crescere, pensare e vedere la vita sotto tanti aspetti. Ho sempre avuto la convinzione che ci sia una via di uscita per tutto e che ci sia sempre chi sta peggio di te. Io sono riuscito a tornare a fare quello che amo; ci sono bambini, ragazzi, che non hanno avuto la stessa fortuna

La mente si fa cupa, i pensieri grigi, il timore di stare lontano dai campi ancora per molto e, chissà, poter ritornare sperando di essere ancora utile. Di poter sfrecciare ancora sulla destra, lasciarsi andare a qualche incursione per sentirsi gridare “a bello de nonna!”. Per rimettersi in piedi dall’ultimo pesante infortunio ci vollero 325 giorni con una ricaduta, il crociato del ginocchio sinistro che cede nuovamente. Una traversata nel deserto, l’ha chiamata lui e riecco i fantasmi:

Ho avuto brutti pensieri, ho pensato a tutto il percorso fatto durante la riabilitazione, al post operatorio. Il pensiero è andato anche ai miei cari, a mia moglie che inevitabilmente non ho potuto aiutare con i bambini

Sua moglie Ilenia ha pubblicato sui social una foto assieme alla figlia Penelope e Florenzi. Lui sorride, al ginocchio ha solo un cerotto, segno che il suo nuovo rientro è alle porte. Nella partita di ripresa contro il Chievo dovrebbe potercela fare per la panchina. Per essere con la sua squadra il 16 settembre. Il suo giorno speciale.

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Italians si occupa, per l’appunto, di italiani all’estero e noi di Mondiali.it ci siamo focalizzati sui quei sportivi che “difendono” il tricolore in terra straniera.

Oggi vogliamo raccontarvi la storia di chi ha esaltato l’azzurro italiano tanti anni fa e ha radicalizzato il calcio italiano sul territorio americano.

Si tratta del club calcistico del Brooklyn Italians Soccer Club, squadra con sede nella metropoli New York nell’omonimo quartiere di Brooklyn. Il team ha una storia di quasi 70 anni, in effetti è stata fondata nel 1949 da un folto gruppo di migranti italiani del secondo dopoguerra, capitanati dal signor John DeVivo. Attualmente il club milita in NPSL, National Premier Soccer League (quarta divisione nazionale americana).

La dirigenza di questa bella società ha voluto raccontarci qualche pillola della sua grande storia.

Fondata nel ’49 come sono state gettate le prime basi?

Dopo il secondo conflitto mondiale, sono stati tantissimi gli italiani che sono venuti in America a cercar fortuna e lavoro. Alcuni di questi immigrati italiani formarono prima un club sociale, e poi dal club sociale crearono una vera e propria squadra di calcio che sfidava sia altre squadre italiane di club sociali, altri team di altre nazionalità d’origine come: tedeschi, ungheresi, irlandesi, ecc…

Sono ancora in vita alcuni italiani ideatori del club?

Certo! Due degli storici fondatori: Carmelo Ullo e Jerry Valerio sono ancora pienamente attivi nel nostro ambiente, regolarmente vengono a farci visita nei campi di allenamento e durante i match di campionato.

Come si è sviluppata la società nel corso degli anni?

Ora la dirigenza del club è molto più piccola, con i vari soci che si spostano in New Jersey e in altri quartieri periferici. Attualmente la maggior parte del nostro lavoro è con la nostra sezione giovanile della squadra di calcio. Tuttora contiamo oltre 500 bambini di età compresa tra 4-18 a giocare a calcio. Vogliamo farli crescere con la cultura calcistica. Tuttavia ora non c’è più quella concezione di pura italianità presente in squadra, ma ci è piaciuto aprire anche ad altre culture ed etnie.

Ci sono storie particolari di immigrati che hanno preso parte della fondazione del club?

Nel corso della storia del nostro club ci sono state tantissime situazioni diverse e particolari. Ultimamente abbiamo avuto alcuni giocatori haitiani, di 13 e 15 anni, fuggiti da Haiti in cerca di una vita migliore. Il terremoto del 2010 e la carestia del piccolo Paese hanno costretto molte persone a scappare via. Questi due ragazzini sono venuti ad allenarsi con le nostre squadre giovanili e li abbiamo messi sotto contratto. Abbiamo poi scoperto che dormivano da senzatetto nel Prospect Park e quindi abbiamo cercato di aiutarli, prima ospitandoli per poi trovar loro una famiglia che li adottasse.

Nel corso della storia, dal punto di vista calcistico, quali sono stati e quali sono gli obiettivi della squadra?

Lo scopo primario per il club giovanile è quello di fornire innanzitutto un luogo sicuro per i bambini di Brooklyn per imparare l’educazione e giocare insieme. Quindi, vogliamo aiutare i nostri ragazzi ad andare all’università con gli allenatori del college.
Dopodiché, vogliamo offrire opportunità ai giocatori che sono abbastanza bravi da giocare a livello professionistico. Lo facciamo attraverso il passaggio alla nostra prima squadra, in cui molti giocatori che hanno fatto bene, hanno poi intrapreso carriere professionali di successo.
L’obiettivo della nostra prima squadra è quello di far diventare la squadra composta al 50% da giovani laureati di Brooklyn italiani entro il 2025. Nella nostra ultima partita, abbiamo finito la partita con sei giocatori attuali o ex giocatori della squadra giovanile sul campo, che è qualcosa di cui siamo molto orgogliosi. La nostra prima squadra sta andando molto bene e, inoltre, abbiamo anche la squadra di età media più giovane del campionato.

Avete dei gemellaggi con altre squadre italiane ed europee?

Sì, abbiamo una partnership con il West Ham United in Inghilterra e il Chievo Verona in Italia. Verona sta organizzando un campo per i nostri giocatori.

Fa piacere vedere giocatori come Giovinco, Pirlo, Donadel giocare in MLS?

Sì, è sempre bello vedere grandi giocatori italiani giocare in America dove possiamo vederli e lasciarci insegnare qualcosa. Soprattutto ci piace osservare Sebastian Giovinco che è nel pieno della sua carriera e potrebbe ancora giocare per uno dei migliori club d’Europa.

Crede che la società possa crescere negli anni?

La squadra di calcio del club sta andando sempre meglio ogni giorno. La dirigenza deve essere sempre all’altezza e il progetto è quello di ottenere un maggior numero di genitori di giocatori giovanili coinvolti nel club n modo che ciò possa incrementarne la stabilità finanziaria.

Cosa si aspetta in un futuro prossimo? Sia da parte sua che da parte del club?

Per il club, abbiamo l’obiettivo di avere il 50% della nostra prima squadra composta da giovani laureati entro il 2025. Continueremo a crescere e migliorare i nostri team e giocatori, rafforzando la nostra filosofia e metodologia ogni anno. Per me, non sono sicuro di cosa riserva il futuro. Sono convinto che se lavori duro oggi, domani ci sarà il successo. Mi piacerebbe lavorare in Italia un giorno in futuro.

Dario Sette