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Circa ottanta anni fa le strade di Vienna sono listate a lutto. Forse 40mila persone, forse 15mila. Camminano lì, nel freddo austriaco, in processione, per rendere omaggio al più grande calciatore austriaco di sempre. Il Mozart del calcio, detto anche Cartavelina. Il 23 gennaio 1939 Matthias Sindelar e sua moglie, l’insegnante ebraica italiana Camilla Castagnola, vengono ritrovati senza vita nel loro appartamento. La versione ufficiale parla di fuga di gas (avvelenamento da monossido di carbonio), altri avanzano la tesi del suicidio, altri ancora il ruolo determinante della Gestapo. Una morte sospetta. La polizia austriaca archivia velocemente il caso, il fascicolo sulla sua morte scompare misteriosamente nel nulla.

Ma Sindelar è stato ben oltre che il “calciatore suicidato”. Ed è stato molto di più che un semplice atleta. Nasce nel 1903 a Kozlov, in Moravia, al confine con la Slovacchia. Infanzia difficile, patisce la fame, è orfano di padre caduto nella I guerra mondiale. Il suo fisico gracilino non gli impedisce di tirare calci al pallone, a piedi nudi perché le scarpe servivano per cose più importanti. Lo nota un dirigente dell’Hertha Vienna, rapito dalla straordinaria abilità di Matthias con il dribbling. Centravanti atipico, elegante, ama gli assist e il bel calcio, spesso sale a centrocampo per impostare l’azione. Un Mozart del pallone, come lo soprannomina l’allenatore e ct Hugo Meisl.

 

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Passa all’Amateur Wiener (l’attuale Austria Vienna) dove esplode definitivamente. Vince due Coppe Europee, una sua tripletta stende l’Ambrosiana Inter in finale. E’ la stella della Wunderteam, la Nazionale austriaca delle meraviglie, che tra il 1931 e il 1933 vince 12 partite su 16. Contro i rivali tedeschi non c’è partita: Sindelar vince 5-0 e 6-0 in due gare contro la Germania. Seguono un 2-1 all’Italia e un 8-2 all’Ungheria. Contro l’Inghilterra a Stamford Bridge l’Austria perde 3-4 ma Mozart segna un gol dribblando praticamente tutti gli avversari. Un Maradona ante litteram.

Nella semifinale del Mondiale italiano del 1934, Mathias viene colpito ripetutamente dai falli dell’oriundo azzurro Luisito Monti, senza che un arbitro troppo casalingo commini alcunché. Sindelar si infortuna in quel match, l’Austria perde 2-1 e si classifica quarta. E’ proprio nella riabilitazione che il fuoriclasse conosce la sua futura moglie, Camilla Castagnola, traduttrice italiana.

Vivono a Vienna che nel 1938 subisce l’Anschluss, l’annessione nazista per fare la Grande Germania. L’Austria diventa una provincia del Terzo Reich con il nome di Ostmark. Il 3 aprile 1938, per celebrare la nuova conquista tedesca, al Prater di Vienna si gioca la Partita della riunificazione. L’Ostmark sfida la Germania, prima della fusione tra le due squadre. La pangermanizzazione del pallone, voluta da Hitler con un’unica rappresentativa con la svastica sulla maglia. L’Anschluss anche del calcio. Sindelar disputa la sua ultima partita con la Nazionale austriaca. La divisa è quella storica, biancorossa, fortemente voluta da Matthias.

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E’ l’unica concessione che fa la Gestapo. Gli austriaci, infatti, avevano l’ordine di perdere per esaltare al meglio le virtù sportive dei nazisti in campo. Sindelar non ci sta e gioca forse la sua migliore partita. Corre, dribbla, si fa scherno degli avversari. Segna un gol, esulta proprio sotto la tribuna della polizia delle SS, ne fa segnare un altro a Karl Sesta. L’Austria vince 2-0. Il cerimoniale ora impone il saluto nazista rivolto ai gerarchi del Reich. Ma sia Sindelar che Sesta si rifiutano di alzare il braccio teso. Sono gli unici a non fare il Sieg Heil con il successivo Heil Hitler.

Ai successivi Mondiali di Francia il ct tedesco Sepp Herbergher lo vuole nella Nazionale del Reich. Mathias rifiuta, per la seconda volta in pochi mesi, la chiamata nazista. E’ troppo vecchio e infortunato, dice. Si ritira poco dopo, apre un bar con la sua Camilla prima di quel 23 gennaio 1939. Forse un suicidio, forse un duplice omicidio. La verità non si saprà mai. Di vero resta quel No ripetuto due volte che Matthias Sindelar, il Mozart del calcio, disse ad Adolf Hitler.

Uno dei muri-simbolo dello sport è stato infranto. Ce l’ha fatta il keniano Eliud Kipchoge: per la prima volta un uomo corre la maratona in meno di due ore. A Vienna, l’olimpionico è riuscito a percorrere i fatidici 42,195 km in 1 ora 59 minuti, 40 secondi e 2 decimi. Venti secondi scarsi in meno del necessario anche se la performance non potrà essere omologata come record: troppe le anomalie di questa corsa che l’azienda chimica britannica Ineos ha inventato “ad personam” per l’atleta. L’impresa, comunque resta, anche perché a compierla non è un uomo qualsiasi, ma il campione olimpico in carica, nonché detentore del record mondiale ufficiale: Kipchoge lo ha stabilito poco più di un anno fa a Berlino, correndo una maratona vera in 2h 1′ 39”.

Kipchoge, 34 anni originario della contea di Nandi, nella sua impresa che ha avuto come teatro i lunghi viali del parco Prater di Vienna, è stato supportato da 35 “lepri” che si sono alternati lungo il percorso a gruppi di sette: è una delle ragioni per cui la performance non potrà essere omologata. L’evento è stato preparato nei minimi dettagli: i meteorologi, ad esempio, hanno considerato tutte le variabili possibili per mettere l’atleta in condizione di correre nelle migliori condizioni possibili, fino a stabilire in extremis l’orario della partenza, le 8.15. Altra anomalia, il percorso constava di un anello di 9,6 chilometri, da ripetere quattro volte e una frazione. Il tracciato si districava attraverso il parco del Prater, in un’area dove la densità di alberi ad alto fusto mitiga in gran parte gli effetti del vento, contrario o laterale. Senza contare l’assenza di avversari capaci in qualche modo di disturbare o di spezzare il ritmo dell’atleta. Le lepri hanno accompagnato il fuoriclasse fino a 500 metri dall’arrivo, lasciandolo poi solo a celebrare l’impresa. Il fuoriclasse ha tenuto una media di 2′ 50” al chilometro, valore che è fluttuato tra i 2′ 48” e i 2′ 52”, transitando al traguardo parziale in 59′ 35”, 11 secondi in vantaggio sull’ipotetica tabella di marcia.

 

Ognuno di noi se si prepara nella sua vita può raggiunge risultati impossibili. Volevo ispirare tante persone, nell’idea di spingersi oltre i limiti umani, ci ho provato tante volte e questa volta ci sono riuscito.

Il fenomeno keniano ha paragonato il muro delle due ore alla fatidica barriera dei 4 minuti sul miglio, che la leggenda dell’atletica britannica Roger Bannister abbatté nel 1954: «Dopo di lui, ci sono voluti altri 65 anni per fare la storia».

 

Eliud Kipchoge è il campione di Rio della specialità. Dotato di un fisico ideale per le corse di durata – alto 1.67 per soli 52 chilogrammi di peso, ha vinto 10 delle 11 maratone cui ha partecipato. Aveva già tentato di infrangere il muro delle due ore – sempre con Ineos e avvalendosi di un tracciato sui generis – nel 2017, nell’autodromo di Monza, mancando l’obiettivo per 26 secondi. 

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Difficile scindere l’immagine che si crea nella nostra mente se pensiamo alla Nazionale del Messico e alla sua istrionica maglia verde che, a cavallo degli anni ’90, ha visto contornarsi di splendidi rilievi della cultura azteca. Non a caso il Messico deve il suo soprannome El Tricolor (spesso abbreviato El Tri) proprio perché la sua divisa tipica si è sempre contraddistinta coi colori verde per la maglia, bianco per i pantaloncini e rosso per i calzettoni, un richiamo alla bandiera nazionale.

Eppure il verde sgargiante entra nella timeline della camiseta messicana solo verso la fine degli anni ’50: dalla prima partita del 1923, passando per il 1929 – anno di affiliazione alla Fifa – e oltre il 1930, quando i messicani parteciparono alla prima Coppa del Mondo in Uruguay, i colori dominanti erano il granata per la maglia e il blu per i pantaloncini.
Questa trentennale monocromia fu interrotta curiosamente nel 1950, per un solo giorno, per una sola partita. E il Messico indossò il bianco e blu.

Mondiali in Brasile, 2 luglio 1950. Allo Estádio dos Eucaliptos di Porto Alegre,  si disputò l’incontro tra Messico – Svizzera. Un match che non contava più nulla perché nel gruppo A il Brasile aveva ormai superato il turno classificandosi per primo. La partita, però, venne ritardata di venticinque minuti: l’arbitro, lo svedese Ivan Eklind, infatti si accorse che le due compagini vestivano maglie di tonalità pressoché simili. Granata i centroamericani, rossa gli elvetici.
La soluzione? Chiedere in prestito le casacche della squadra locale del Cruzeiro, appunto con strisce orizzontali bianche e blu. La scelta venne stabilita tramite sorteggio: in realtà vinsero i messicani che, per galanteria, decisero comunque di indossare la nuova uniforme. Uniforme amara perché a vincere fu la Svizzera per 2-1.

 

In realtà non è stato il primo e unico episodio nella storia del Mondiali di calcio. Riavvolgendo le lancette arriviamo alla Coppa Jules Rimet del 1934, quella disputata in Italia e che vide proprio gli azzurri alzare il trofeo dopo aver battuto per 2-1 la Cecoslovacchia in finale.
La “finalina”, appellativo grezzo per indicare la finale che decide il terzo e quarto posto, venne disputata dall’Austria e dalla Germania, entrambe solite giocare con maglietta bianca. Anche qui fu necessario un sorteggio per decidere quali uniformi indossare, l’Austria perse, ma non aveva portato con se la seconda maglia. Il calcio popolare, quello cittadino, corse nuovamente in aiuto: il match si giocava a Napoli così per quel giorno, gli austriaci vestirono di blu, mantenendo però il nero dei pantaloncini e dei calzini, regalando un accoppiamento alquanto bizzarro per la storia dell’Austria.

Nel Mondiale del 1958 in Svezia, invece, si assistette a una controtendenza: rispetto ai due casi citati, le strisce furono sostituite da un unico colore. L’Argentina, dopo 24 anni dall’ultima apparizione, tornò in una fase finale dei Mondiali. L’esordio fu a Malmö contro la Germania Ovest e non andò bene: i sudamericani persero 3-1 e furono costretti a giocare con altri colori, il giallo dell’Ifk  Malmö, una delle squadre più storiche del calcio svedese.

Messico, Austria e Argentina. Tutte e tre con divise di club locali, tutte e tre sconfitte. A segnare un passaggio “storico” fu la Francia, nel 1978. In quegli anni, ancora buona parte delle famiglie non aveva una tv a colori: il bianco e nero rendeva difficile riconoscere le squadra guardando la partita comodamente dalla poltrona. Così quando il blu della Francia incontrò il rosso dell’Ungheria nel Mondiale in Argentina (stesso girone dell’Italia che passò per prima alle spalle dei padroni di casa), qualcuno doveva cambiare. Quel qualcuno fu la Francia, e il tutto fu stabilito, da protocollo, prima dell’arrivo delle due squadre allo stadio. Ma per un assurdo errore dei responsabili delle due squadre, entrambe si presentarono con casacche bianche. L’incontro, ovviamente, fu ritardato di 40 minuti per permettere l’arrivo del kit di sostituzione, le maglie della squadra locale del Kimberley, con strisce bianche e verdi. Con la vittoria per 3-1, la Francia fu la prima squadra a trionfare con addosso una maglia non sua.

La Francia nel 1978 non è stata l’ultima nazionale a indossare la maglia di un club. Fu il Costa Rica, per un motivo nobile e apprezzabile. Ritorniamo in Italia, nel 1990. I costaricensi nel match d’esordio contro la Scozia, indossarono la loro classica “mise” rossa, ma nei successivi due incontri del girone scelsero di stravolgere il loro look scegliendo una maglia a strisce bianconere. Un omaggio al club più antico del paese, La Libertad, che aveva dichiarato bancarotta nei mesi precedenti.
Con la nuova casacca, coincidenza, giocarono la seconda gara a Torino, casa della Juventus, perdendo 4-1 contro il Brasile, ma si riscattarono vincendo 2-1 sulla Svezia e passando così il girone. Il Costa Rica, alla sua prima storica partecipazione, si fermò agli ottavi perdendo 4-1 contro la Cecoslovacchia.
Per inciso, il club La Libertad, fondato a San José nel 1905, giocò il suo primo incontro ufficiale nel luglio dell’anno dopo contro il club La Juventud.

In realtà, diversi anni dopo, nel 2014 in un’intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport, il ct di quell’avventura, Bora Milutinovic (allenatore giramondo dei record “mondiali”), ha ammesso un’altra verità:

Allenavo il Costa Rica. Io sono tifoso del Partizan di Belgrado e volevo giocare il Mondiale con le maglie bianconere, ma non sapevo come fare. Così chiamai Montezemolo che mi diede il numero di Boniperti: lui mi fece arrivare 44 maglie. Quando entrammo in campo contro il Brasile tutto lo stadio era con noi. Prendemmo solo un gol e con la Svezia vincemmo

 

Come vi avevo accennato nel precedente post, vivo in Austria dove lavoro sia all’interno di un ostello che come guida turistica. Ora provate a ricordarvi: durante l’Europeo del 2016, l’Islanda aveva due risultati su tre per superare il Gruppo F e accedere agli storici ottavi dove avrebbe incontrato l’Inghilterra. E indovinate contro chi giocava l’ultima gara del girone da dentro o fuori? Ebbene sì proprio contro gli austriaci che dovevano necessariamente vincere per passare il turno.

Io me lo ricordo quel giorno storico, quel 22 giugno del 2016. L’Islanda passa subito in vantaggio, poi l’Austria prima sbaglia un rigore e poi trova il pareggio dopo un’ora di gioco. Dovevamo trattenere il fiato e l’euforia, poi in contropiede, al 94’, il gol del 2-1 di Traustason che ha mandato in paradiso la piccola isola…e ha mandato in ospedale il nostro giornalista che stava facendo la radiocronaca.

E quindi ci tocca l’Inghilterra agli ottavi. Ci toccano gli ideatori del football. In Italia, secondo l’ultimo censimento Istat, vivono 140 islandesi; in Austria molto probabilmente ce ne sono anche di meno e a Vienna, anche come turisti, se ne vedono pochi: zero durante le guide turistiche, un paio l’anno prenotano una camera dell’ostello. Il 27 giugno del 2016, nella piazza del municipio di Vienna c’erano, boh, tutti gli islandesi che vivono in Austria. Ma tutti! E tutti, euforici e chiassosi, davanti al maxischermo piazzato per l’occasione.

 In un attimo, guardandomi attorno, pensavo di essere altrove, a Reykjavik o su per lì; scuotendo la testa a destra e a sinistra la partita si era capovolta: non giocavo più in trasferta, ma in casa! Non ho aspettato un istante e subito ho fatto amicizia con in miei “connazionali” e tra questi ce n’era uno che conosceva personalmente l’ambasciatore islandese in Austria che stava guardando il match in un soppalco, una zona vip esclusiva e riservata a pochi.

E io ero tra questi! Birra gratis (anche il cibo, ma passa in secondo piano), però, non volevo tradire chi era in piazza così sono sceso; la situazione, diciamo, era concitata, la partita non era per deboli di cuore: nella settimana della Brexit,  Sigurdsson e Sigthorsson ribaltano il vantaggio di Rooney su rigore dopo appena 4 minuti.

Io ho vissuto il match storico dell’Islanda nella terra nemica e ho potuto esultare come non mai. Ma c’è di più: mi hanno anche intervistato. Sì, un’emittente austriaca – che non doveva essere la massima rappresentazione della gioia in quel momento – ha intervistato me. Tra tutti gli islandesi e pseudo tali! Esiste un video che potete vedere qui.

Il 18 novembre si parte con la Coppa del mondo di slittino 2017/2018 e siamo ormai giunti alla 41esima edizione di un evento consolidato quanto la coppa di sci alpino. La manifestazione mondiale, organizzata sin dal 1977 dalla Federazione Internazionale slittino (FIL), prevede diverse tappe nelle piste europee più importanti.

I partecipanti gareggiano nelle prove singole, categoria femminile e maschile, e in quelle a squadre per vincere la “sfera di cristallo”, un premio di gran prestigio come negli altri sport invernali.

La coppa del mondo di slittino che sta per prendere il via prevede come prima tappa Igls in Austria, per concludersi a Sigulda, in Lettonia il 28 gennaio 2018. La data finale, quindi, è prevista prima dell’inizio dei Giochi Olimpici invernali di Pyeongchang di febbraio.

I partecipanti si sfideranno in 45 gare suddivise nelle nove tappe, di cui 13 previste per il singolo uomini e donne e per il doppio. Invece 6 prove sono dedicate alle squadre. Alcune tappe (Calgary e Sigulda) servono anche per i campionati pacifico-americani e campionati europei.

Il 18 novembre si parte con il singolo donne e con il doppio, mentre il giorno dopo cominciano anche il singolo uomini e la gara a squadre.

I convocati italiani 

Nella lista dei convocati ci sono alcuni nomi che si sono già fatti notare nelle scorse competizioni e che promettono di arrivare lontani.

Primo fra tutti Dominik Fischnaller, vincitore azzurro dell’edizione del 2015, che mira al traguardo anche stavolta.

Ma anche tra le donne c’è un nome che salta subito all’occhio: è quello di Nina Zoeggeler. Si tratta proprio della figlia del campione Armin Zoeggeler che riuscì a vincere per ben tre volte, nel 2006, 2007 e 2009.

Se la figlia ha anche la metà del talento del padre siamo sicuri che sentiremo parlare molto di lei durante le tappe della competizione.

Ecco la lista completa dei convocati dall’Italia che partono di diritto:

Singolo maschile: Dominik Fischnaller, Kevin Fischnaller, Emanuel Rieder, Theo Gruber

Singolo femminile: Andrea Voetter, Sandra Robatscher

Doppio: Oberstolz/Gruber, Rieder/Rastner

Per quanto riguarda gli altri giovani italiani sono presenti Felix Schwarz, Leon Felderer, Lukas Gufler, Verena Hofer, Hannah Niederkofler e Marion Oberhofer. Nel doppio ci sono, invece, Nagler/Malleier e Gruber/Kainzwaldner

Le tappe della coppa del mondo di slittino 2017-2018

Ecco le località dove si svolgeranno le tappe di Coppa del mondo di slittino:

1/a tappa – Igls (Austria), 18-19 novembre 2017
2/a tappa – Winterberg (Germania), 25-26 novembre 2017
3/a tappa – Altenberg (Germania), 2-3 dicembre 2017
4/a tappa – Calgary (Canada), 8-9 dicembre 2017
5/a tappa – Lake Placid (Stati Uniti), 15-16 dicembre 2017
6/a tappa – Königsee (Germania), 6-7 gennaio 2018
7/a tappa – Oberhof (Germania), 13-14 gennaio 2018
8/a tappa – Lillehammer (Norvegia), 20-21 gennaio 2018
9/a tappa – Sigulda (Lettonia), 27-28 gennaio 2018

Tutto è pronto per l’inizio della Coppa del mondo di sci alpino 2017 a Soelden, in Austria. È il grande giorno della categoria maschile e tutti gli sciatori si preparano per gareggiare.

Ma qualcosa va storto e a causa delle condizioni climatiche sfavorevoli il gigante di Soelden viene annullato!

Cerchiamo di capire cos’è successo già dalla sera prima, quando i tecnici avevano evidenziato dei problemi a causa del vento fortissimo che già in serata lasciava intendere che non aveva intenzione di cessare.

Nonostante le previsioni non rassicuranti, prima di prendere la decisione di annullare la gara prevista si è aspettato il mattino seguente, che non ha lasciato dubbi circa la pericolosità di gareggiare con un vento con folate di 120 km/h.

Ecco le parole del race director della FIS Markus Waldner in proposito:

La sicurezza viene prima di tutto, non abbiamo altra scelta che cancellare la gara 

Un evento del genere non succedeva dal 2010 e, come in quel caso, il regolamento prevede che la gara della prima di stagione non sia recuperata in un secondo momento. Purtroppo, essendo una prova fatta in un ghiacciaio non è possibile riproporla altrove e riorganizzarla in tempo per rispettare le date del calendario.

Quando le condizioni atmosferiche non lo consentono è importante determinare le priorità e decidere di sospendere le eventuali prove al fine di evitare conseguenze peggiori. Nei trascorsi di questa competizione si sono verificati episodi simili non soltanto nel 2010 a causa della forte nebbia, ma anche nel 2006, dove addirittura è saltata tutta la tappa.

Gli organizzatori, in collaborazione con le autorità austriache, sono molto attenti a non perdere di vista la sicurezza degli sciatori in gara.

Quindi i partecipanti della competizione dovranno partire con 100 punti in meno e aspettare due settimane per iniziare la vera e propria gara. 

esulta marchel Hirsher

Un imprevisto che per alcuni è stato alquanto fastidioso, data la preparazione e la voglia di cominciare quest’avventura. Ma, tra tutti, c’è uno sciatore che vede questo annullamento come un’opportunità.

Si tratta di Marcel Hirscher, che in seguito ad un infortunio, non avrebbe potuto iniziare la competizione insieme agli altri nella vetta austriaca di Rettembach.

Si trovava ancora nei box con problemi al malleolo che gli impedivano di potersi mettere in gara già nel gigante di Soelden.

In vista di questa pausa di due settimane, però, prevede infatti di recuperare e poter affrontare la gara a pari merito con i suoi avversari. Il suo nome rientra nella rosa dei favoriti e questo “imprevisto” può davvero giovargli e permettergli di conquistare un altro trofeo.

Nel frattempo, gli altri sciatori devono aspettare fino a giorno 12 novembre per l’inizio della gara ufficiale in Finlandia a Levi, mentre nella categoria femminile si procede come da calendario. La prima gara è stata fatta, con qualche accorgimento visto che il vento era già abbastanza forte, e in questa prima tappa ha trionfato Viktoria Rebensburg.

Manca solo un giorno all’inizio del gigante di Soelden e ormai è chiaro quali saranno gli sciatori che rappresenteranno l’Italia nella categoria maschile, in gara per l’inizio della prima tappa il 29 ottobre. Ecco i loro nomi: Borsotti Giovanni, De Aliprandini Luca, Eisath Florian, Maurberger Simon, Moelgg Manfred, Nani Roberto, Paris Dominik e Tonetti Riccardo.

La Coppa del Mondo maschile di sci alpino 2017-2018, ha già i nomi dei suoi favoriti, tra i quali l’austriaco Marcel Hirscher e i francesi Alexis Pinturault e Mathieu Faivre in cima a tutte le liste. Ma i convocati azzurri hanno tutte le carte in regola per dare del filo da torcere a ognuno di loro.

Fiducia e ottimismo sono trasmessi agli sciatori proprio dal loro allenatore Max Carca con queste parole: 

Abbiamo trovato sempre buone condizioni nell’ultimo periodo, sia settimana scorsa Soelden che in questi giorni in Val Senales. Martedì la pista è stata barrata, ne è venuto fuori un test molto efficace in prospettiva di ciò che troveremo domenica. Anche a Soelden stanno bagnando in queste ore, i ragazzi sono molto concentrati, andiamo sul Rettenbach per dare il massimo e convinti di potere fare un altro passo avanti rispetto all’anno scorso. Disponiamo di due atleti che partono nei quindici (Eisath e De Aliprandini, ndr), vogliamo piazzarne almeno uno nei cinque

Conosciamo più da vicino i nostri azzurri in gara 

Giovanni Borsotti torna a sciare dopo l’infortunio che l’ha costretto ad abbandonare le piste per un po’ di tempo in seguito ai suoi frequenti problemi al ginocchio e le inevitabili operazioni subite. Dopo la lunga riabilitazione lo sciatore alpino ha intenzione di dare il massimo in questa competizione austriaca.

Luca De Aliprandini, nonostante la mancata continuità a causa di infortuni vari, ha fatto una stagione davvero entusiasmante. Ben 4 volte si è classificato tra i primi dieci e la sua grinta e il suo talento lasciano sperare in grandi risultati anche in questa nuova sfida internazionale.

Florian Eisath, veterano della nazionale azzurra di sci alpino, ha grandi aspettative per questa Coppa del Mondo 2017. Dopo svariati successi, il più importante dei quali è il terzo posto di Alta Badia nel 2004 all’inizio della sua carriera, il suo obiettivo è proprio una vittoria al gigante di Soelden.

Maurberger Simon, reduce dalla Coppa Europa 2017, è pronto e carico per tornare a sciare nello slalom gigante della competizione che avrà inizio in Austria e cercare di ottenere grandi risultati come quelli della stagione passata.

Moelgg Manfred, eletto uno dei più grandi sciatori dello slalom, è una delle punte di diamante della nazionale azzurra. Il suo nome compare spesso accanto ad altri grandi del mondo dello sci alpino e per l’ennesima volta nella sua carriera fitta di successi tenterà di conquistarsi almeno una posizione nel podio.

Roberto Nani, che negli ultimi tempi ha subito una battuta d’arresto nelle sue incredibili prestazioni iniziali, cerca di uscire da questa sorta di periodo nero nel quale è entrato per tornare a regalare soddisfazioni al suo paese, magari partendo proprio dal gigante di Soelden.

Dominik Paris dal suo esordio nel lontano 2007 ne ha fatta di strada e oggi, con la Coppa del Mondo 2017, vuole ancora una volta confermarsi come un grande sciatore, cercando di scrivere il suo nome tra i migliori anche in questa competizione.

Riccardo Tonetti, vincitore della Coppa Europa nel 2015 a Palmares e 36esimo nell’ultima Coppa del Mondo di sci alpino, vuole migliorare ancora le sue prestazioni e ha grande fiducia nelle sue capacità per questa nuova convocazione azzurra a Soelden. 

Ancora pochi giorni e assisteremo agli inizi della lunga Coppa del Mondo di sci alpino 2018 che ci accompagnerà fino al mese di marzo.

La cinquantaduesima edizione dell’evento, curato dalla Federazione Internazionale Sci (FIS), avrà luogo nel paesaggio innevato austriaco di Sölden per concludersi nella città di Are in Svezia. Dalla fine di ottobre fino a metà marzo in calendario sono previste 38 gare per gli uomini e 39 per le donne. Soltanto nel mese di febbraio la Coppa del Mondo di sci alpino subirà una battuta d’arresto, in occasione dei Giochi Olimpici Invernali 2018 a Pyeongchang in Corea del Sud.

Per la categoria maschile sono previste 9 discese libere, 6 supergiganti, 8 slalom giganti, 10 slalom speciali, 2 combinate, 3 slalom paralleli. Per la categoria femminile, invece, saranno 8 discese libere, 8 supergiganti, 9 slalom giganti, 9 slalom speciali, 2 combinate, 3 slalom paralleli. Inoltre, nel mese conclusivo di questa competizione mondiale avrà luogo anche una gara a squadre miste.

La competizione organizzata dalla FIS si tiene ogni anno sin dal 1966 e tra gli sciatori di fama internazionale c’è una grande partecipazione. Anche l’Italia, nel corso degli anni, ha conseguito diversi trofei e attualmente, tra tutte le nazioni, è collocata al quarto posto con ben 6 coppe conquistate, l’ultima delle quali nel 1994/1995 dal grande Alberto Tomba.

La scorsa edizione della Coppa del Mondo di sci alpino ha visto trionfare da una parte l’austriaco Marcel Hirscher e dall’altra la statunitense Mikaela Shiffrin.

Quest’anno, per scoprire passo dopo passo chi saranno gli sciatori che concorrono al titolo di campione del mondo 2018 è possibile seguire l’evento anche in tv. I canali che trasmettono la diretta sono RaiSport HD sul canale 57 del digitale terrestre ed Eurosport, che trasmette su Sky nel canale 210 e su Mediaset Premium nel canale 372. È possibile anche seguire le gare in streaming su Rai Play, SkyGo ed Eurosport Player.

Calendario Coppa del Mondo di sci alpino 2018 

Il calendario maschile con date e luoghi: 

29 Ottobre: gigante Sölden (AUT).
12 Novembre: slalom speciale Levi (FIN).
25-36 Novembre: discesa e supergigante Lake Louise (CAN).
1-3 Dicembre: discesa, supergigante e gigante Beaver Creek (USA).
9-10 Dicembre: gigante e slalom Val d’Isère (FRA).
15-16 Dicembre: discesa e supergigante Val Gardena (ITA).
17-18 Dicembre: gigante e gigante parallelo Alta Badia (ITA).
22 Dicembre: slalom Madonna di Campiglio (ITA).
29-30 Dicembre: discesa e combinata Bormio (ITA).
1° Gennaio: city event Oslo (NOR).
4 Gennaio: slalom Zagabria (CRO).
6-7 Gennaio: gigante e slalom Adelboden (SUI).
12-14 Gennaio: discesa, combinata e slalom Wengen (SUI).
19-21 Gennaio: discesa, supergigante e slalom Kitzbühel (AUT).
23 Gennaio: slalom Schladming (AUT).
27-28 Gennaio: discesa e gigante Garmisch-Partenkirchen (GER).
30 Gennaio: city event Stoccolma (SWE).
9-25 Febbraio: Giochi Olimpici PyeongChang (KOR).
3-4 Marzo: gigante e slalom Kranjska Gora (SLO).
10-11 Marzo: discesa e supergigante Kvitfjell (NOR).
14-18 Marzo: Finali di Coppa del Mondo Åre (SWE).

Il calendario femminile con date e luoghi:

28 Ottobre: slalom gigante Sölden (AUT).
11 Novembre: slalom speciale Levi (FIN).
25-36 Novembre: gigante e slalom Killington (USA).
1-3 Dicembre: discesa (x2) e supergigante Lake Louise (CAN).
8-10 Dicembre: supergigante, gigante e combinata St. Moritz (SUI).
16-17 Dicembre: discesa e supergigante Val d’Isère (FRA).
19-20 Dicembre: gigante e slalom parallelo Courchevel (FRA).
28-29 Dicembre: gigante e slalom Lienz (AUT).
1° Gennaio: city event Oslo (NOR).
3 Gennaio: slalom Zagabria (CRO).
6-7 Gennaio: gigante e slalom Maribor (SLO).
9 Gennaio: slalom Flachau (AUT).
13-14 Gennaio: discesa e supergigante Bad Kleinkirchheim (AUT).
20-21 Gennaio: discesa e supergigante Cortina d’Ampezzo (ITA).
23 Gennaio: gigante Kronplatz (ITA).
27-28 Gennaio: gigante e slalom Lenzerheide (SUI).
3-4 Febbraio: discesa sprint e discesa Garmisch-Partenkirchen (GER).
9-25 Febbraio: Giochi Olimpici PyeongChang (KOR).
3-4 Marzo: supergigante e combinata Crans Montana (SUI).
9-10 Marzo: gigante e slalom Ofterschwang (GER).
14-18 Marzo: Finali di Coppa del Mondo Åre (SWE).

L’Austria dice no ai Giochi olimpici 2026 invernali: al referendum che si svolto ieri, in coincidenza con le elezioni politiche austriache, infatti, oltre il 53% sono state le risposte negative alla candidatura di Innsbruck.

Dunque si spegne il sogno olimpico dell’Austria e per il 2026 al momento l’unica candidatura ben avviata rimane quella di Sion, ancora in attesa dell’approvazione da parte del governo elvetico.  Il Consiglio federale svizzero che avrebbe dovuto esprimersi in settimana, ha rinviato di ufficializzare la volontà di concorrere. Dietro decisioni simili servono garanzie finanziarie che spettano al governo elvetico. Una prima iniziativa ufficiale era attesa per metà ottobre, ma davanti a un impegno simile senza certezze la Svizzera ha scelto di prendere tempo nei confronti del Cio.

Il Cio aveva indicato di recente le 4 città interessante: Sion, Innsbruck (Aut), Calgary (Can) e Stoccolma (Sve). Dal 29 settembre ci si può candidare: la vincitrice si saprà nella Sessione Cio di Milano nel settembre 2019. Si parla sempre di una proposta italiana, ma il Coni ha sempre sostenuto che dipenderà dal nuovo Governo nel 2018.

Resta da capire cosa accadrà a Calgary, dove al momento tutto è congelato in attesa delle elezioni comunali che partoriranno una nuova giunta a cui spetterà il compito di decidere il da farsi.

Con le ultime partite in programma domenica 6 agosto si è chiuso il sipario del campionato mondiale di beachvolley Vienna 2017, ricco di emozioni e di sorprese con le tende di questo meraviglioso teatro sportivo inzuppate per la copiosa pioggia: infatti, ancora prima dell’ apertura dei cancelli, verso le 9 di mattina, ha cominciato a piovere dopo nove giornate caldissime di sole.

Il pubblico non si è fatto sicuramente intimorire da quattro gocce e ha preso posto per l’ultima volta nello stadio centrale. I viennesi, normalmente, non sono dei veri appassionati di beachvolley come lo sono nel loro sport nazionale, lo sci, ma in questi giorni, tutti ne hanno parlato in giro per la città, come se fossero informatissimi ed esperti in materia: ulteriore conferma di come il beachvolley possa in poco tempo far appassionare i cuori delle persone.

Dopo la serie delle semifinali con la vittoria del Brasile e dell’Austria, lasciando il bronzo alla Russia (secco 2-0 con doppio 21-17 di Krasilnikov e Liamin contro Varenhorst e Van Garderen), tutti hanno aspettato bagnati fradici la partitona della giornata, la finale tra i brasiliani Evandro e Andrè Loyola contro i beniamini di casa Doppler e Horst. E come per magia proprio nel momento in cui sono entrati in campo i giocatori, è spuntato il sole.

Un boato di allegria carioca e incontenibile ha invaso gli spalti che tremavano ai cori e alle danze, ma anche i tifosi austriaci hanno dato la giusta carica ad Horst e Doppler che, dopo un inizio a favore del Brasile, hanno reagito subito, arrivando a 20 a 16.
Quando però le sorti sembravano decise a favore dei biancorossi, ecco che il fuoriclasse Evandro ha fatto vedere chi è veramente: è stato lui che ha dato la vera spinta in avanti per poter chiudere il primo set per 23 a 21.

Pieni di forza ed energia, per i due brasiliani non è stato poi tanto difficile chiudere un secondo set regalando un gioco spettacolare, che è finito 22 a 20, facendo quasi impazzire il pubblico brasiliano che ha concluso questo campionato 2017 a passi di samba.
L’Austria invece continuerà a ballare il valzer, in attesa del prossimo campionato fra due anni.

 

Natascia De Franceschi – Inviata