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Ho soltanto saltato e mi è un po’ venuta così, ed è incredibile come sia la stessa schiacciata

Dice di non averci pensato, LeBron James al termine della partita di Nba giocata nella notte tra venerdì 7 e sabato 8 febbraio tra i Los Angeles Lakers e gli Houston Rockets, vinta da quest’ultimi per 121-111.  Ma il numero 23 ha realizzato una schiacciata spettacolare che a tutti ha ricordato un’altra fatta 19 anni fa nello stesso palazzetto da Kobe Bryant, morto il 26 gennaio in un incidente di elicottero.

This iconic image of a LeBron James dunk was captured by team photographer Andrew D. Bernstein.

Una copia pressoché perfetta, per movimento, coordinazione ed esecuzione. James, che dal 2018 veste la casacca gialla, era molto legato a Bryant e il loro rapporto era diventato particolarmente sentito dopo il trasferimento di James ai Lakers, la squadra in cui il numero 24 giocò per tutta la sua carriera.

 

Non sembrò possibile che stesse succedendo davvero, e a rivederlo oggi il video dell’ultima partita di Kobe Bryant su un campo di NBA sembra ancora più incredibile. Segnò 60 punti, e negli ultimi tre minuti guidò i Lakers a una rimonta pazzesca contro gli Utah Jazz, era il 13 aprile del 2016. Il numero 24 della squadra di Los Angeles in realtà aveva fatto anche meglio in passato come gli 81 punti messi a segno il 22 gennaio 2006 contro i Toronto Raptors. Bryant, che con quell’exploit firmò il secondo record di sempre dietro soltanto ai 100 punti di Wilt Chamberlain con i suoi Philadelphia Warriors contro i New York Kniks.

Alla sua ultima partita c’erano tutti, compreso O’Neal accanto alla panchina, e nei momenti più spettacolari del finale le telecamere si soffermarono più volte su Gianna, seduta in prima fila. Bryant ha chiuso la sua carriera con 33.643 punti realizzati in 1.346 partite, quarto miglior realizzatore in assoluto di tutti i tempi, scavalcato da LeBron James con i 29 punti realizzati contro Philadelphia proprio nella notte tra il 25 e 26 gennaio, giorno della morte dello stesso Kobe che su Twitter si era complimentato con il collega-amico.

 

E’ uno tra i simboli più tatuati dagli statunitensi, scrive, nel saggio critico “No logo”, l’autrice Naomi Klein. Parliamo dello Swoosh, il logo universalmente riconosciuto della Nike, una delle società d’abbigliamento che più si è legata allo sport e alle gesta degli atleti. Con un fatturato che nel 2015 ha superato  i 30 miliardi di dollari, negli anni, Nike è diventato il primo produttore mondiale di accessori e abbigliamento sportivo, soprattutto per il calcio, il basket, il tennis e diverse discipline atletiche.

Nike Inc. nasce il 25 gennaio 1967, su idea di un allenatore, Bill Bowerman, e di uno studente di Economia, Phil Knight, per importare scarpe sportive dal Giappone. Fu scelto Il nome “Nike” perché nella mitologia greca l’omonima dea simboleggiava la vittoria. A guardar bene, infatti, lo Swoosh rappresenta la  dinamicità stilizzata della dea alata Nike di Samotracia.

Dalle scarpe alle magliette, dagli orologi ai polsini, il brand è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità, cavalcano lo slogan “Just do it” ed efficaci campagne pubblicitarie. Dallo spot girato dalla Nazionale di calcio brasiliana in aeroporto, a Michael Jordan, siamo rimasti incollati davanti allo schermo e ancora oggi ricordiamo con affetto queste pubblicità.
Qui di seguito, abbiamo raccolto gli spot che hanno aumentato la popolarità del marchio portandolo alla supremazia attuale:

1988 – La prima volta di “Just do it”

La prima volta che il mondo si accorge di queste tre semplici parole è in uno spot televisivo del 1988. Si vede Walt Stack, allora 80eene corridore, correre a petto nudo lungo il Golden Gate Bridge di San Francisco, mentre dice al pubblico che corre 17 miglia ogni mattina. “Just Do It” è stato un spartiacque per l’azienda: a metà degli anni ’80, infatti, aveva perso negli Stati Uniti il dominio sulla vendita delle scarpe sportive. Questo passo è stato decisivo per il definitivo rilancio;

1991 – Ci vuole il rock: Agassi e i Red hot

Esplode la carica degli anni ’90 e la Nike pensa di miscelare rock e sport, dimostrando di poter spaziare e accogliere le icone più trend del momento. Per la musica ecco i Red Hot Chili Peppers, mentre come atleta sportivo si sceglie il ribelle, alternativo e un po’ punk nell’anima: la folta chioma (che poi perderà) del tennista Andre Agassi;

1995 – La sfida infinita: Agassi contro Sampras

E’ ancora il tennis a proiettare la Nike in una nuova dimensione. Questa volta scende in strada, tra i comuni passanti. La forza espressiva del marchio è talmente forte da piazzare nello spot una delle rivalità sportive più acri e suggestive: Agassi contro Sampras. Lo spot “Guerrilla-tennis”, definito come uno dei migliori 25 sportivi da Espn, è un incontro improvvisato tra le vie di New York con gli spettatori sorpresi e poi entusiasti;

1996 – Il calcio va all’inferno

Com’è facilmente intuibile, il calcio (soccer) in America è partito un paio di gradini al di sotto rispetto basket, baseball o anche tennis. Nel corso degli anni è diventato sempre più popolare anche se la Nike, attenta anche al mercato europeo, ha sempre avuto un occhio di riguardo al calcio nostrano.
Nel 1996 fa centro con uno spot mitologico che vede Maldini, Ronaldo, Brolin, Rui Costa, Kluivert, Campos chiamati a salvare il calcio da orrendi e maligni diavoli. Il tocco finale è un must ancora oggi: Cantona che si alza il colletto e prima di perforare il portiere esclama: “Au revoir”.
La Nike, in seguito, realizzerà tante altre campagne sul calcio (ricordiamoci Ronaldo e il Brasile in aeroporto o tutto il capitolo sulla “gabbia” o il “joga bonito”), ma questo spot di metà anni ’90 è una tappa miliare e unica;

1996 – “I’m Tiger Woods”

Nello stesso anno, Nike decide di puntare e investire su un ragazzo, un golfista, da poco passato ai professionisti. Crede nelle potenzialità del ragazzo e gli dedica una campagna ad hoc semplice ed efficace, tanto da rimanere in testa per giorni e giorni. Bambini e ragazzini, in successione, pronunciano «I’m Tiger Woods»: è la presentazione al mondo di quello che per molti sarà considerato il più grande golfista di sempre e tra i migliori sportivi.
La carriera di Woods non ha bisogno di ulteriori parole: già nel 1997 vince il Masters a 21 anni e 3 mesi risultando il più giovane vincitore nella storia del torneo;

2001 – Dopo il rock, ora tocca all’hip hop

E’ probabile che quella generazione di ragazzini si sia appassionata all’hip hop e al basket vedendo questo spot. Una scarica di adrenalina, la voglia di prendere in mano la palla e fare acrobazie e freestyle. Sfondo nero, luci soffuse, un beat creato dal suono dei rimbalzi della palla e dalle scarpe che scivolano sul parquet e si sforna un autentico capolavoro. Divenuto icona del nuovo secolo, lo spot è stato riadattato anche in versione “calcistica”;

2003 – Ciao Michael Jordan

Michael Jordan è la leggenda del basket. Michael Jordan per quasi due decadi è stato uno dei volti più di successo della Nike che già verso la fine degli anni ’80 aveva scommesso su di lui. Basta pensare che esiste una linea, “Air Jordan”, costruita esclusivamente sull’icona dei Chicago Bulls.
Nel 2003, all’annuncio del suo reale e definitivo ritiro come giocatore dall’Nba, la Nike, in preda alla nostalgia, gira uno spot sulla falsariga di quelli passati. C’è il regista Spike Lee nelle vesti di Mars Blackmom (nome di fantasia di questo personaggio molto amico di Mj) che persuade e prova a convincere il numero 23 a ritornare a giocare.
Una serie di infinite telefonate e poi alla fine del video, si sente dall’altra parte della cornetta Jordan che saluta. Poi “tu-tu-tu”. E’ la conclusione di un pezzo inarrivabile di storia. Divertente e un po’ triste allo stesso tempo;

2005 – Con le traverse di Ronaldinho esplode internet

Nike introduce il concetto di “viralità”, fenomeno di ipercondivisione ed emulazione che si diffonde attraverso la rete. Bastano solo alcune parole: Ronaldinho, Barcellona, quattro traverse (più una quinta che si sente in chiusura dello spot). Il capolavoro è servito;

2013 – 25 anni di “Just do it”

La Nike, come visto con Spike Lee, ha ciclicamente chiesto la partecipazione di attori, registi e addetti allo spettacolo. Per celebrare i 25 anni dalla nascita dello slogan, si serve della voce di Bradley Cooper per narrare le gesta dello spot dal nome “Possibilities”.
E’ un invito a non mollare mai, a credere in quello che si fa: fatica, sudore e sconfitte forgiano gli atleti vincenti di domani. Così, si arriva a giocare assieme a Piqué (difensore del Barcellona) o a sfidare Serena Williams o LeBron James.
Inutile dirlo, la campagna è diventata subito virale, ottenendo più di quattro milioni di visualizzazioni nella prima settimana di lancio;

Ora la palla passa a voi: quali spot vi sono rimasti più impressi?

Negli ultimi 10 anni Tom Brady, con i New England Patriors, ha vinto tre Super Bowl in un campionato che rende quasi impossibile rimanere un contendente al titolo per più di qualche anno. Usain Bolt e Michael Phelps hanno vinto rispettivamente sei e nove medaglie d’oro olimpiche. Messi è stato sei volte campione della Liga, due volte vincitore della Champions League e cinque volte vincitore del Pallone d’Oro.

Nessuno dei quattro, tuttavia, ha avuto un impatto sul loro sport come LeBron James. Almeno secondo giudizio dall’agenzia di stampa internazionale Associated Press che l’ha incoronato come atleta maschile del decennio. Accanto a lui, come atleta femminile degli anni Dieci, c’è Serena Williams che ha vinto 22 Slam dal 2000 a oggi e soprattutto è stata per moltissime stagioni la numero uno incontrastata. Una supremazia eccezionale quella della tennista americana, che in questa speciale classifica ha battuto grandissime campionesse come la nuotatrice Katie Ledecky e le sciatrici Lindsay Vonn e Mikaela Shiffrin.

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LeBron James, che il 30 dicembre 2019 ha compiuto 35 anni e che nella vittoria dei Los Angeles Lakers sui Dallas Mavericks, è diventato il nono giocatore di sempre a raggiungere quota 9.000 assist in NBA, ha aperto il decennio firmando con i Miami Heat. La mossa non solo ha aiutato a inaugurare un’era di superteam, ma ha anche accelerato la frequenza dei movimenti offseason per le top star dell’NBA.

 

A partire dal 2010, LeBron ha raggiunto le finali NBA per otto volte consecutivamente, vincendo tre titoli (e altrettanti MVP delle finali). Il suo più grande successo è probabilmente il titolo 2016, quando ha portato ai Cleveland Cavaliers il loro primo anello, battendo i Golden State Warriors, autori della miglior regular season di sempre con 73 vittorie, sotto 3-1 nella serie (nessuno prima di Cleveland aveva mai rimontato un 3-1 nelle finali NBA).

Dopo i sogni, bisbigli, rinvii e notizie ufficiose e ufficiali ora il secondo capitolo di Space Jam ha una data e segnamocela: 16 luglio 2021. Ad annunciarlo, oltre la casa di produzioen è Lebron James che si unirà al team Toon Squad di Bugs Bunny in quella che è stata una pellicola storica che ha segnato la carriera di Michael Jordan anche fuori dal parquet Nba.

Il tweet di King James dal suo profilo ufficiale

Ovviamente la foto postata è ancora un photoshop dato che le riprese inizieranno solamente in estate durante la pausa Nba.
La notizia del film era stata ufficializata già lo scorso settembre, quando LBJ23 ha postato un foto su Instagram che ritraeva uno spogliatoio con gli armadietti e con i nomi di LeBron, Bugs Bunny, Terence Nance (regista) e del produttore Ryan Coogler.

 

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👀👀👀 #JustAKidFromAkron 👑 X #ToonSquad 🥕 @springhillent

Un post condiviso da LeBron James (@kingjames) in data:

Quindi, il cestista più famoso e forte degli ultimi tempi si sfilerà la canotta dei Los Angeles Lakers e sostituirà il grande Michael Jordan per quello che sarà una grande apparizione cinematografica.

Dopo ben 22 anni, era il 1996, i personaggi dei Looney Tunes torneranno a calcare il parquet di basket per una nuova avventura adatta a grandi e piccini.

La pellicola Space Jam 1 ha riscosso un grandissimo successo, grazie proprio alla presenza dell’allora campionissimo Michael Jordan. La pellicola ottenne oltre 250 milioni di dollari di incassi. Le riprese cominceranno nel 2019, durante la pause della stagione Nba.

La famosa copertina della pellicola di ben 23 anni fa

Per il quattro volte MVP Nba, sarà la seconda esperienza cinematografica dopo la commedia del 2015 Trainwreck. Chissà se la presenza di James nel sequel di Space Jam alimenterà ancora di più quei dibattiti su chi tra James e Jordan sia il più forte di tutti i tempi. Anche per questo non è chiaro se l’ex numero 23 dei Chicago Bulls parteciperà alle riprese per fare una comparsa.

Ora bisogna solo aspettare per capire quali saranno i “compagni di squadra” e di avventura di LeBron. Se nel Space Jam del ’96 accanto a Michael Jordan (prima di perdere il talento e trasformarsi nei temutissimi Monstars) erano apparse leggende come Patrick Ewing, Charles Barkley, Muggsy Bogues, Larry Johnson e Shawn Bradley, le proposte per una parte nel secondo capitolo certo non mancano. A chiamare in causa LBJ sul suo profilo Instagram per una collaborazione si sono già fatti vivi diverse stelle Nba, da Evan Turner a Larry Nance Jr, passando per Matthew Dellavedova e Jeff Green, fino a Shareef O’Neal, il figlio di Shaquille.

Per la seconda volta nella sua carriera, LeBron James torna in Ohio da ex, ma questa volta l’accoglienza dei tifosi dei Cavaliers è stata davvero emozionante. Per il numero 23 dei Lakers questa volta è stato un trionfo, in campo e soprattutto di pubblico: una lunga ovazione quando sono state introdotte le due squadre con lo storico speaker dei Cavaliers, Sean Peebles, che facendo uno strappo alla regola, ha tenuto per ultimo il nome di James nella lista degli ospiti, dedicandogli un urlo che di solito spetta soltanto ai giocatori di Cleveland. A quel punto la folla ha risposto salutando LeBron con un applauso durato quasi un minuto.

 

I Los Angeles Lakers hanno vinto 109 a 105 e signor “Prescelto” del basket Nba non ha fatto sconti a nessuno. Trattenute le emozioni, e nonostante i simpatici siparietti con l’ex compagno Tristan Thompson, nella sfida è il migliore, con una doppia doppia da 32 punti, 14 rimbalzi e 7 assist e giocate di potenza alternate a quelle di finezza, soprattutto nei momenti importanti. Ed è proprio la sua tripla nel finale che si merita gli applausi: sotto 96-99, i Los Angeles Lakers affidano a James il pallone e LeBron non trema, ma scarica dall’arco una bomba perfetta che vale la parità: è il tiro che dà il la alla cavalcata dei gialloviola verso la vittoria.

 

James è molto legato alle sue due esperienze con i Cavaliers con cui ha giocato dal 2003 al 2010 e dal 2014 al 2018. In mezzo l’esperienza con i Miami Heat e, adesso, con i Lakers. Nella sua seconda esperienza a Cleveland, LeBron ha superato la soglia dei 24.000 punti diventando il più giovane giocatore a farlo precedendo Kobe Bryant di circa un anno (Bryant aveva superato la soglia ai 31 anni, James a 30 anni e 17 giorni) e nel corso della stagione 2015-2016 diventa il più giovane giocatore a raggiungere 26.000 punti in carriera a 31 anni e 30 giorni. Dei tre titoli Nba vinti, l’ultimo del 2016 è proprio con i Cleveland Cavaliers.

Un anno di sport, un anno di intense emozioni. Abbiamo racchiuso in questo video quelli che sono, per noi, i migliori cinque sportivi del 2016. Dalle imprese individuali a quelle di squadra, ogni sport è legato indubbiamente a un protagonista.

Gustatevi il video e partecipate al sondaggio lanciato sulla nostra pagina Facebook, scegliendo il vostro atleta!
Votate e auguri di buon 2017 da Mondiali.it!

L’ultimo, in ordine di tempo, è stato Jamie Vardy, l’attaccante del Leicester e della Nazionale inglese che, dopo il gol contro la Spagna, nell’amichevole finita 2-2, ha esultato rimanendo immobile. O, per meglio dire, non ha proprio esultato. Semplicemente ha portato in campo un nuovo tormentone nato negli Stati Uniti ed esploso in pochi giorni tra sportivi e non: il Mannequin challenge. La “sfida del manichino” è semplice e intuitiva: più persone assieme, rigide e immobili per alcuni secondi, ricreano delle scene, mentre qualcuno riprende passando in mezzo ai manichini umani.

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L’idea è nata a fine ottobre in una scuola della Florida e, in batter di ciglia, si è propagata in giro per il mondo: cantanti, attori e sportivi, negli spogliatoi, negli stadi e addirittura alla Casa Bianca. Tra i mannequin challenge più famosi c’è, infatti, quello realizzato dalla squadra di basket dei Cleveland Cavaliers con LeBron James e l’ex first lady, Michelle Obama, in grande spolvero.

Una delle migliori e più coinvolgenti performance arriva dall’Australia con gli oltre 11mila spettatori che erano andati alla Perth Arena a vedere la partita di basket tra i Perth Wild Cats e i New Zealand Breakers.

In Europa il tormentone l’ha portato il Borussia Dortmund con un video, postato sul profilo Instagram di Mario Götze, girato nella palestra del club tedesco e con Reus, Schürrle, Weidenfeller, Kagawa e gli altri che ben si prestano alla sfida. Anche i giocatori della Juventus si sono lasciati contagiare,

Il Portogallo è stata la prima Nazionale di calcio a esibirsi. Con Cristiano Ronaldo protagonista in prima fila, completamente nudo, solo in mutande, con gli addominali contratti e una delle sue classiche posizioni statuarie. Oltre ai lusitani, anche la Spagna, sempre nello spogliatoio, si è fatta prendere la mano.

Vardy, dunque, ha portato il mannequin challenge sul rettangolo verde di calcio, ma siamo sicuri che sia stato il primo a esultare rimanendo fermo? In Italia ricordiamo ancora Mark Bresciano, centrocampista australiano, con quasi 250 presenze in Serie A tra Empoli, Parma, Palermo e Lazio. Ad ogni gol si irrigidiva e senza tradire sentimenti ed espressioni, rimaneva fermo, imperioso, come una statua.

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