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Potrebbe essere la stagione della svolta per Alex Liddi, il giocatore di baseball italiano emigrato in America.

Nato e cresciuto a Sanremo, a quasi trent’anni la terza base sta vivendo una nuova vita nel baseball che conta negli Stati Uniti, la MLB.

Il baseball è nel dna di Alex il quale proviene da una famiglia legata al mondo della mazza e dei guantoni. Il padre Agostino, infatti, ha militato per anni nel Sanremo, la madre Flavia è, invece, un’allenatrice di softball e baseball, così come il fratello maggiore Thomas, il quale è stato un giocatore arrivato fino alla Serie A2, passando anch’egli per Sanremo durante la sua carriera.

Questa stagione è partita con il piglio giusto nel Kansas City Royals, franchigia della Major League Baseball.

Un ritorno nel campionato a stelle e strisce dopo la parentesi del 2015 proprio con i Royals. Attualmente, con la franchigia campione MLB nel 2015, Liddi si sta confrontando con il resto del vivaio per ottenere un posto da titolare in squadra. Nelle prime apparizioni, la terza base sanremese c’è riuscito tanto da ben figurare nei match con colpi da fuoriclasse.

A Kansas trova un altro italiano di prospettiva l’azzurro Marten Gasparini, prossimo alla sua quinta stagione fra i professionisti.
Il bilancio in MLB del sanremese Liddi è di 61 partite (208 media battuta, 6 fuoricampo, 16 punti battuti a casa, 15 punti segnati, 13 basi su ball, 73 strikeouts subiti e 3 basi rubate), spalmate fra il 2011 e il 2013 con i Seattle Mariners.

Liddi, inoltre, è in pianta stabile all’interno della nazionale italiana di baseball, di cui è sicuramente uno dei pezzi più pregiati.

Ancora una volta il presidente americano Donald Trump è stato capace di mettersi nei guai con le sue stesse dichiarazioni. Stavolta, però, ad essere colpiti duramente sono gli sportivi, che hanno reagito subito con inni di protesta contro il presidente.
Gli sport chiamati in causa sono il basket con l’Nba, il football con la Nfl e il baseball con la Mlb, che hanno iniziato una lotta in cui non intendono affatto cedere, rischiando di far vacillare la posizione del politico che già di recente non gode più dei favori di tutti.

Tutto è iniziato il 22 settembre quando Trump, durante un comizio in Alabama, ha parlato dei giocatori neri di football che si inginocchiano per protesta durante l’inno nazionale prima delle partite, attaccandoli molto duramente. Ha detto che la protesta è una mancanza di rispetto per gli Stati Uniti e che sarebbe bellissimo vedere i proprietari delle squadre dire:

Portate quel figlio di puttana fuori dal campo, fuori, è licenziato

Già da un po’ di tempo, infatti, è in atto una forma di protesta a favore delle minoranze etniche che si esprime proprio nel momento in cui viene cantato l’inno nazionale. I giocatori si rifiutano di cantare e preferiscono rimanere in ginocchio per tutta la sua durata.
Le parole di Trump sono state molto forti: per lui è inaccettabile un comportamento simile e deve avere come conseguenza il licenziamento immediato del giocatore!

Com’era prevedibile la reazione è stata istantanea e forse ancora più grande di quanto il presidente stesso poteva immaginare. Gli sportivi sono tutti uniti nel mantenere attiva questa protesta che sta raggiungendo altissimi livelli e coinvolgendo atleti di punta, come Bruce Maxwell, della squadra degli Oakland Athletics, che è stato uno dei primi a mettersi in ginocchio mentre suonava l’inno americano.

 

Anche i giocatori di Nba non si tirano fuori da questa polemica, anzi possiedono un posto in prima fila dopo la revoca dell’invito di Trump alla casa Bianca, che doveva celebrare la vittoria del campionato dei Golden State Warriors. Pare che il presidente non abbia gradito le dichiarazioni dei giocatori in merito alla questione.
La manifestazione contro Donald Trump raggiunge il suo culmine quando nello stadio di Wembley, a Londra, i giocatori dei Jacksonville Jaguars e dei Baltimore Ravens hanno deciso di mettersi tutti in ginocchio, per sfidare il loro presidente.

Ma la protesta ha coinvolto proprio tutti: non solo gli atleti si sono inginocchiati, ma lo hanno fatto anche tutte le persone che fanno parte del loro team. L’idea di dare una lezione morale a Trump non è arrivata solo nello stadio londinese ma ha percorso un po’ tutti gli stadi che vedevano le loro squadre coinvolte in partite più o meno importanti.

Lo slogan che accomuna tutti è lo stesso:

…e ora licenziateci tutti!

Ma queste proteste non fanno che accrescere ora dopo ora le ire del Primo cittadino americano che non demorde, anzi ribadisce ancora una volta che questi giocatori sono irrispettosi e meritano di andarsene a casa.>
Il mondo dello sport è fortemente amareggiato per la situazione che si è venuta a creare, perché suo malgrado è stato coinvolto in una lotta di interessi politici che rischia di dividerlo. Al momento, però, si mostra molto unito contro un presidenzialismo rigido e discriminante che non intende accettare.

È volato in America a Chicago quando era un ragazzino sedicenne. Ora che di anni ne ha 23, il ricevitore italiano Alberto Mineo, partito da Ronchi dei Legionari (Gorizia), ne ha fatta di strada nell’organizzazione dei Chicago Cubs di baseball.
Il suo sogno attuale è quello di rimanere in America per continuare un percorso di crescita che è partito nel 2010 e che lui in primis non vuole interrompere.
Lasciare tutto da adolescente: casa, famiglia, amici, scuola e la sua squadra, i New Black Panthers, non è stato per niente semplice, ma la voglia di essere un atleta ad alti livelli ha fatto sì che volasse a Chicago, storica città in cui si pratica baseball da secoli.

Come ti trovi a Chicago e come valuti questi sette anni in America?

Con l’organizzazione dei Chicago Cubs mi trovo veramente molto bene, abbiamo uno staff di allenatori molto buono e con una gran voglia di insegnare e far migliorare tutti noi.
Sono giunto al mio settimo anno negli States con i Cubs, sono contento di come sta andando la mia carriera e vado ogni giorno al campo con la grinta di migliorare e diventare un buon giocatore.
Non tutto è andato sempre per il meglio, ad esempio i primi anni sono stati un po’ difficili perché qui si gioca ogni giorno e a volte non è semplice stare dietro a questi ritmi sia fisicamente che mentalmente. Tuttavia con il tempo mi sono abituato e ho imparato a prepararmi sotto entrambi gli aspetti, perfezionando il lavoro sono riuscito ad avanzare.

Il tuo ruolo è quello del ricevitore. Su cosa ti basi per dare le giuste indicazioni al lanciatore?

Come ricevitore devo avere un buon rapporto con tutti i lanciatori della mia squadra per poter essere in sintonia ed avere una fiducia reciproca quando siamo in partita. Prima del match facciamo sempre una riunione dove parliamo con il pitching coach riguardo il nostro piano d’attacco verso i battitori avversari in modo tale da avere delle idee su come chiamare i vari lanci nelle diverse situazioni durante la partita.

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Ti è mai capitato di esclamare: “Urca che colpo!”?

Certo, più di una volta mi è capitato di vedere partire la palla dalla mazza del battitore e rimanere stupito. Per esempio quest’anno abbiamo giocato contro i Lansing Longnuts (squadra affiliata ai Toronto Blue Jays) dove gioca Vladimir Guerrero jr. (figlio omonimo del famoso giocatore di Major League Baseball), e, mentre io stavo ricevendo, Guerrero ha battuto un line drive sopra l’interbase che sembrava non cadesse più per la forza con cui la aveva battuta, finché la pallina ha sbattuto dritto contro la recinzione dell’esterno centro sinistro. In quell’istante ho buttato l’occhio sul maxischermo sopra l’esterno centro per vedere quanto veloce andasse la pallina: 108 mph (oltre 170 Km/h).

Qual è la tua più grande soddisfazione?

Beh sicuramente indossare la casacca della nazionale è sempre un gran onore oltre che soddisfazione. Nonostante dia il 100% in qualsiasi match che disputo, quando scendo in campo con la Nazionale c’è sempre quell’emozione che ti da ancor più energia e adrenalina.

Cosa manca al baseball italiano per affermarsi a livello mondiale?

Secondo il mio punto di vista in Italia non si giocano ancora abbastanza partite, che è il miglior modo per perfezionarsi e ottenere quell’esperienza che ogni giocatore deve avere.

Com’è stato vivere all’interno dei Cubs la loro vittoria del World Series 2016, dopo 108 anni di digiuno?

La vittoria delle World Series dei Cubs è stato qualcosa di veramente speciale che si aspettava e sparava da troppi anni. Viverla dall’interno dell’organizzazione ha dato ancor più motivazione a tutti noi delle leghe minori, per lavorare duro ogni giorno. Il nostro scopo è quello proprio di dare il massimo per arrivare un giorno a giocare per la Prima squadra e contribuire alle vittorie.

WS Champs!! #gocubsgo #wschamps

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Hai un numero di maglia a cui sei affezionato?

Adesso sto usando il numero 47 che è lo stesso numero di maglia che ho usato qui a Southbend. Mi ci sono affezionato dopo averlo usato la stagione passata, ma in realtà non c’è nessun motivo particolare per cui l’abbia scelto.

Cosa fai nel tempo libero?

Ahimè di tempo libero non ne ho molto. Di solito guardo dei film, gioco alla PlayStation con i miei coinquilini e mi rilasso per tenermi in forma per le partite.

A fine stagione scade il tuo contratto, che intenzioni hai?

Essendo libero, potrò decidere di firmare per qualche altra squadra. Il mio sogno è quello di restare in America per continuare quella crescita che ho iniziato dal 2010.
Sicuramente l’Italia mi manca, la famiglia e gli amici in primis. Mi manca anche la cucina italiana ma il fatto di essere tutti i giorni in campo e fare ciò che amo, mi aiuta a non pensarci.

Dario Sette

Nel baseball ci sono delle qualità essenziali come avere reattività, scatto, prontezza di riflessi e una solida presa. Per afferrare la palla o qualche volta…direttamente una mazza impazzita.
Sembra una gag o uno spot pubblicitario, ma il gesto istintivo di Luis Guillorme è stato spettacolare quanto più che opportuno.
Guillorme è una riserva dei New York Mets, ha 22 anni, buone prospettive e il suo desiderio è giocare in pianta stabile nella Mlb, il massimo campionato di baseball negli Stati Uniti. Dopo questa clip, forse, gli verrà più facile.

Durante il secondo inning, nel match di giovedì 2 marzo, i Mets erano in battuta e  i Miami Marlins, con Adeiny Hechavarria, in ricezione.  Hechavarria nel colpire la sfera, perde incredibilmente il controllo della mazza che, piroettante, si dirige proprio verso la panchina dei Mets. Mentre tutti si sono allontanati (tra cui Tj Rivera, con la maglia numero 9, che si china), Luis Guillorme è rimasto impassibile, rigido nella sua posizione e, con nonchalance, ha afferrato al volo la mazza prendendola dall’impugnatura. Poi l’ha restituita come se nulla fosse accaduto:

L’esilarante presa ha entusiasmato anche il pubblico che ha applaudito il gesto. Ma non dovrebbe essere una sorpresa: secondo il report di scouting di Mlb.com, Luis Guillorme, tra i giocatori più promettenti, è quello che ha le statistiche più alte nelle prese effettuate.