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È stato Leo Messi con un pallone da basket!

Parole semplici quelle di Sean Elliot ma che sintetizzano ciò che è stato Manu Ginobili per i San Antonio Spurs e per tutta l’Nba: uno dei cestisti internazionali più forti della storia del basket americano.

La notte del 28 marzo 2019 è stata speciale per tutto il popolo amante di questo sport, perché segna uno step fondamentale per la storia degli Spurs: il ritiro della maglia numero 20 indossata dall’argentino durante i sedici anni di permanenza in Texas.

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Il saluto di Gonibili al pubblico presente per l’evento

All’AT&T Center, una cerimonia da brividi davanti all’assoluto protagonista e a tanti suoi ex colleghi e compagni di squadra, oltre al grande coach Gregg Popovich.

Con la canotta grigionera Ginobili ha vinto ben quattro titoli Nba (l’ultimo nel 2014 con l’italiano Marco Belinelli) oltre ad altri record come l’essere entrato nella top 5 per partite disputate (1057 di stagione regolare più 218 di playoff), punti (14043), assist (4001) e recuperi (1392). Mica male per chi ha deciso di ritirarsi lo scorso agosto a 40 anni, dopo aver vinto anche l’Eurolega con la maglia di Bologna (con annesso premio di MVP) e la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Atene 2004 con la nazionale argentina.

Senza di lui non avremmo mai vinto!

Parole secche quelle di coach Popovich il quale ha tanto amato Ginobili e con estrema schiettezza ha ribadito quanto fosse stato fondamentale per i successi degli Spurs. Con Parker e Duncan (Big Three) hanno segnato un’epoca in Nba alla base dei trionfi della franchigia texana.

Un video tributo da brividi che sintetizza in breve i sedici anni trascorsi in America, tutti con la stessa canotta, tutti con gli stessi colori.

Ora sul tetto dell’AT&T Center di San Antonio c’è anche lui, accanto ad altri campionissimi degli Spurs come la 21 proprio di Tim Duncan, oltre alla 00 di Johnny Moore, alla 6 di Avery Johnson, alla 12 di Bruce Bowen, alla 13 di James Silas, alla 32 di Sean Elliot, alla 44 di George Gervin e alla 50 di David Robinson.

Gracias Manu!

È stato un anno di cambiamento in Nba: LeBron James ha lasciato Cleveland per accasarsi con i Lakers, il ritiro di Manu Ginobili, l’arrivo di Luka Doncic e il ritorno ad alti livelli di Derrick Rose.

Cambiamenti anche per i due italiani che quest’anno stanno vivendo una stagione da protagonisti con le proprie franchigie. Marco Belinelli, dopo le parentesi del 2018 con Atlanta e Philadelphia, ha deciso di ritornare a San Antonio, dove ha trascorso i più bei momenti della sua carriera; Danilo Gallinari, lasciatosi alle spalle un bel po’ di acciacchi fisici, sta disputando una gran bell’annata con i Clippers.

Nell’ultima giornata c’è stato il terzo derby italiano tra i due. A spuntarla sono stati gli Spurs per 122-111. La guardia bolognese è stato protagonista con un primo tempo ad altissimi livelli con giocate di classe e undici punti. Danilo ha risposto con un secondo tempo in cui è salito in cattedra, chiudendo con 21 punti finale anche se non sono bastati per evitare la sconfitta dei losangelini.

Una gran bella rivelazione di questa stagione sono proprio i Clippers, attualmente al quarto posto in Western Conference. Gli Spurs di Belinelli, invece, sono partiti un po’ a singhiozzo e certo non sono i favoriti per quest’anno, ma comunque ora hanno risalto la china e la qualificazione ai playoff non è da escludere.

Belinelli è in un buon stato di forma ed è un jolly in più che mister Popovich si deve giocare per ottenere il ventiduesimo pass consecutivo per la fase finale del campionato.

I Clippers di Gallinari stanno giocando un ottimo basket. L’ala è uno dei punti fermi della squadra di Los Angeles e in molti stanno sperando in una sua presenza all’All Star game. Per Danilo sarebbe un bel sogno dopo 10 anni di carriera in Nba. La concorrenza è spietata e, aldilà dell’importanza di piazzarsi bene in classifica, serve molta notorietà per entrare nel quintetto.

Belinelli, alla prima stagione senza l’argentino Ginobili, ha dimostrato di essere ancora decisivo per gli Spurs, dopotutto è comunque sempre un campione Nba.

Un Michael Jordan arrabbiato per la delusione dei suoi Charlotte per la mancata qualificazione ai Playoff di Nba.

Una grande sconfitta per uno come lui che, in campo, ha sempre trascinato le sue squadre a essere protagoniste nel campionato id basket più famoso del mondo.

Per la prossima stagione quindi, l’ex campionissimo ha deciso di fare una vera e propria rivoluzione al fine di portare gli Hornets in un buon livello.

Il cambiamento partirà dalla panchina, perché sia patron Jordan che il General manager Mitch Kupchak hanno deciso di sollevare dall’incarico di capo allenatore Steve Clifford.

Da qui la particolare idea di provare a dare la franchigia americana a un allenatore nuovo e italiano: Ettore Messina. L’ex ct della nazionale, attualmente vice dell’allenatore Popovich ai San Antonio Spurs, potrebbe diventare il primo coach italiano a guidare una squadra di Nba. E ciò potrebbe accadere proprio a Charlotte nella squadra di Jordan.

Jordan e Kupchak hanno avuto l’ok dalla dirigenza degli Spurs per incontrare il mister italiano che, da quattro anni, fa da spalla al grande Popovich.

Se Messina accetterà questo incarico non solo sarà il primo italiano, ma sarà addirittura il primo non americano a diventare head coach di una franchigia Nba.

Entra nel vivo la stagione di basket Nba. Gli appassionati del basket americano si preparano a vivere un finale di stagione mozzafiato. Tanti i protagonisti che prenderanno parte nella fase che poi conduce alla finale in cui si decreterà il campione del 2018.

Tra questi grandi protagonisti ci sono anche due Italians che tanto bene stanno facendo nelle loro franchigie. Il primo è tornato a dimostrare di essere un grande cestista e che l’Nba fa per lui ed è la guardia Marco Belinelli che, da quando a gennaio è approdato a Philadelphia sta vivendo una nuova “giovinezza” in terra americana.

L’altro è un veterano della panchina. Alle spalle del maestro Gregg Popovich come viceallenatore dei San Antonio Spurs, l’ex ct della nazionale italiana, Ettore Messina,  cercherà ancora una volta di dare il contributo tecnico alla squadra campione Nba del 2014 per andare il più avanti possibile.

Una bella vetrina per la pallacanestro italiana che, in America, dopo qualche anno di appannamento torna ad avere figure all’interno della fase finale della Nba.

Per Belinelli è stato un vero e proprio crescendo in questa stagione. Già ad Atlanta aveva dimostrato di essere in palla, ma è nei 76ers di Philadelphia è veramente tornato a dimostrare tutto il suo talento. Tante partite a segno con giocate sopraffine, mica male per uno che comunque i punti solitamente li fa fare agli altri. Il milanese se la vedrà contro i Miami Heats ad est.

 

PLAYOFFS! #trusttheprocess #Heretheycome #PhilaUnite

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Dal suo approdo ai Sixers sono arrivate 23 vittorie in 28 gare compresa la striscia di 16 successi consecutivi per concludere la stagione regolare. E con il 32enne azzurro gli stranieri di Philadelphia sono diventati sette, un record all’interno della quota di 62 non americani impegnati nella post-season.

Grazie a queste belle prestazioni sono arrivati i complimenti anche dell’ex campionissimo Kobe Bryant

Beli ha tante qualità, ma soprattutto è molto intelligente: sa come muoversi senza palla, sa sfruttare i blocchi. È proprio il tipo di giocatore che serviva a Philadelphia, da mettere accanto a Joel Embiid, che comanda raddoppi in qualsiasi zona del campo, e Ben Simmons, che attaccando il ferro costringe le difese rivali a proteggere l’area. Giocatori che vanno circondati da gente come Marco, che sa muoversi senza palla e tirare da fuori. Per questo non mi ha sorpreso la velocità con cui si è integrato.

Anche per Ettore Messina continua il momento positivo con gli Spurs che per il ventesimo anno consecutivo si qualificano ai Playoff anche se con fatica maggiore rispetto alle scorse stagioni. Tuttavia ora sono lì e non hanno intenzione di gettare subito la spugna. A Ovest se la vedranno contro i favoritissimi Golden State Warriors.

Non sono molti gli italiani che hanno avuto l’onere e l’onore di calcare i parquet dell’Nba, di sicuro Marco Belinelli ne ha girate di arene nei sui 11 anni americani.

La guarda bolognese, infatti, con l’ultimo debutto con i Philadelphia 76ers ha raggiunto quota 9 squadre in Nba. Nove debutti diversi per uno dei cestisti italiani più importanti della storia del basket azzurro.

Let’s gooooo !!! #trusttheprocess

Un post condiviso da Marco Belinelli (@mbeli21) in data:

Certo non se lo sarebbe mai aspettato, il nostro Marco, quando nel 2007 ha lasciato la sua amata Bologna per trasferirsi nel campionato di pallacanestro più bello ed entusiasmante del mondo.

A quasi 32 anni ha deciso di voltare nuovamente pagina e di tuffarsi appieno nella sua nuova avventura con i Sixers. Il suo trasferimento è stato un po’ inaspettato e inusuale dato che la sua vecchia squadra, gli Hawks di Atlanta, non avevano accettato nessuna offerta recapitatoli e quindi nell’ultimo giorno di mercato, l’azzurro ha sciolto il suo contratto per poi accettare la proposta della franchigia della Pennsylvania.

Ottimo il suo debutto, ma facciamo un percorso tornando indietro di 11 anni.

GOLDEN STATE

A portarlo in  America sono i Golden State Warriors, Marco è la scelta come primo europeo. Con la squadra di Oakland esordisce nella Summer League di Las Vegas l’8 luglio 2007 realizzando 37 punti con 14/20 dal campo e 5/7 nel tiro da 3 in 40 minuti di gioco, Fino ad allora seconda migliore prestazione nella breve storia del precampionato americano.
Il 30 ottobre successivo fa il suo esordio in Nba contro gli Utah Jazz, realizzando 6 punti in 12 minuti. Tuttavia la prima stagione non è esaltante. La seconda invece è partita col piglio giusto e la chiuderà con una media di 8,9 punti, 1,7 rimbalzi e 2,1 assist a partita e un utilizzo medio di 21 minuti.

TORONTO RAPTORS

Nel 2009 vola a Toronto e raggiunge l’altro azzurro in Nba, Andrea Bargnani. Le difficoltà sono parecchie dovute al fatto di non essere il titolare, anche se il minutaggio è migliore rispetto all’esperienza con i Golden State. Il mancato approdo ai playoff, scombussola tutti i piani e a fine stagione decide di lasciare il Canada.

NEW ORLEANS HORNETS

Nel 2010 a New Orlans, Belinelli diventa titolare e fulcro centrale della squadra. Dopo la fine della stagione ottiene insieme alla squadra il passaggio ai playoff con il settimo posto nella Western Conference. Arriva l’esordio nella fase finale del campionato, ma gli Hornets perdono 4-2 contro i Lakers.
La seconda stagione per la franchigia della Louisiana è quella del flop con l’ultimo posto in classifica di Conference. Belinelli decide di cambiare aria.

CHICAGO BULLS

Il prestigio di calcare il parquet dello United Center dove il grande Michael Jordan ha fatto la storia del basket è stato tanto. Ai Bulls nel 2012/13, seppur non giocando da titolare (su 73 partite, solo 27 nel quintetto base), riuscì a ritagliarsi uno spazio in squadra. Il 5 maggio 2013 con la vittoria dei Bulls 99-93 contro i Nets, e 24 punti messi a segno da Belinelli, l’azzurro diviene il primo giocatore italiano a superare il primo turno di playoff nell’Nba.

SAN ANTONIO SPURS

Sicuramente l’esperienza più emozionante è stata quella con gli Spurs, grazie anche il titolo vinto nel 2014 oltre che al premio personale dell’Nba Three-point Shootout. La prima stagione con i San Antonio è quella dei record. Marco Belinelli oltre a essere un maestro dai tre punti, diviene il primo giocatore dell’Italia a vincere prima una Nba Conference (la Western) e successivamente anche l’anello, nella serie finale vincente contro i Miami Heat.

SACRAMENTO KINGS

Il passaggio ai Kings, dopo le gioie con gli Spurs, risulta fallimentare. Una stagione che lo stesso Belinelli ha più volte ribadito “la sua peggior stagione in Nba”. Fischiato anche dal pubblico, decide di lasciare quanto prima la California.

CHARLOTTE HORNETS

Dopo il flop con i Kings, arriva il riscatto con gli Hornets. La guardia azzurra viene addirittura accolto dal presidente del team, il grande Michael Jordan. Il suo ottimo inizio di stagione venne frenato da una distorsione alla caviglia. Comunque sia la partenza del campionato è buona per la squadra, ma a gennaio qualcosa si rompe e i playoff sono un miraggio. A fine anno, un po’ a sorpresa, arriva l’ennesima trade.

ATLANTA HAWKS

Dal giugno 2017 a pochi giorni fa. Questa è stata l’esperienza ad Atlanta per Belinelli. Gli Hawks, in piena ricostruzione, non sono certi favoriti per una grande stagione. Tuttavia i mesi ad Atlanta, in un gruppo poco forte, ha fatto sì che Marco tornasse a fare bene. Gioca oltre 23 minuti a partita segnando 11,4 punti di media ed è anche per questo che i Philadelphia hanno ora puntato su di lui.

Mentre Golden State in gara-5 ha surclassato Cleveland e si è aggiudicato il secondo titolo Nba degli ultimi 3 anni, Mondiali.it vuole fare un tuffo nel 2014 quando a vincere l’anello sono stati i San Antonio Spurs guidati dall’italianissimo Marco Belinelli.

In effetti il cestista azzurro, che oramai è un veterano del basket americano, ha avuto l’onore e la fortuna di essere stato il primo italiano ad alzare il trofeo più ambito dagli amanti della pallacanestro.
Quella del 2014 è stata una stagione da incorniciare per Belinelli che ha avuto modo di vincere anche un trofeo personale. Infatti, grazie alla media stagionale di oltre il 44% nel tiro da tre punti, viene selezionato per partecipare allo spettacolare “Three-point Shootout” in occasione dell’All-Star Weekend 2014. A fine gara riesce a sconfiggere nello spareggio lo statunitense, Bradley Beal, diventando così il primo italiano a vincere questo tipo di premio.

Se in questo 2017 a portare in trionfo Golden State sono stati sicuramente Kevin Durant e Stephen Curry, sicuramente nel 2014 uno degli artefici del sogno di San Antonio è stato proprio il bolognese Belinelli.

Vincere l’anello Nba è stata una vera e propria conquista per la pallacanestro italiano che oramai da anni in pianta stabile esporta i propri cestisti all’interno del campionato più famoso e importante del pianeta. Dal 1995, quando a trasferirsi oltreoceano fu Vincenzo Esposito (attuale coach di Pistoia), sino ad ora, sono stati molti gli italiani a volare nel campionato a stelle e strisce. Nessuno però era riuscito a raggiungere il trofeo più ambito prima di Belinelli.
Seppur campioni come il “Gallo” Gallinari, Andrea Bargnani e Gigi Datome abbiano fatto parte di gruppi forti, non sono mai riusciti a vincere il “Larry O’Brien Championship Trophy” prima che lo facesse proprio Marco Belinelli tre anni fa.

A far sì che il cestista bolognese crescesse la sua fama ci ha pensato anche l’ex presidente americano, Barack Obama, quando, in occasione della consueta visita alla Casa Bianca della squadra vincitrice del titolo, pubblicamente gli riservò le parole:

Who we miss on the Bulls!! (che manca a noi de Bulls)

con preciso richiamo al tifo del presidente Usa per la squadra di Chicago, in cui ha militato la guardia bolognese.

Tuttora la guardia azzurra è in Nba e dopo la trionfante esperienza a San Antonio ha militato in diverse squadre del campionato di Nba. A portarlo in America furono i Warriors nel 2007. Dopo Golden State, ha girato in varie città: Toronto, New Orleans, Chicago. Dopo la vittoria del Nba Final, si trasferisce a Sacramento (pessima annata) prima di stabilirsi a Charlotte negli Hornets. In effetti la piccola parentesi a Sacramento non è stata delle migliori. Nonostante un buon prestagione, il campionato è negativo con una scarsa vena realizzativa.

Il riscatto arriva a Charlotte. Con delle buone prestazioni riesce a far risalire la china degli Hornets perdendo per un soffio il pass per i playoff. Il sogno è quello di rivedere un italiano ad alzare il trofeo Nba così che possa portare in auge il basket azzurro.

Dario Sette