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Un secondo posto che lascia un bel po’ di amaro in bocca a Valentino Rossi ad Austin, in Texas.

Il Dottore sale in classifica generale piazzandosi alle spalle di Andrea Dovizioso che, nonostante il quarto posto, scalza Marc Marquez nella generale.

C’è del rammarico, però, per Rossi. Rammarico legato al campione del mondo Maqruez che, su circuito del gp  delle Americhe, ha imbeccato in una domenica storta facendosi del male da solo: lo spagnolo è caduto mentre guidava la gara in solitaria. Poteva essere la gara buona per tornare alla vittoria per il nove volte campione del mondo il quale non riesce a salire sul gradino più alto del podio dal lontano 2017, trionfo sul circuito olandese di Assen. Il cowboy del Texas è stato un altro spagnolo, Alex Rins sulla Suzuki.

Senza giri di parole Valentino si è detto emozionato quando ha visto il rivale Marquez a terra, ma è altrettanto schietto nel ribadire che, a causa di due errori commessi nell’ultimo giro, non è riuscito a piazzare un colpo a sorpresa per beffare Rins durante le ultime curve, prima del traguardo.

Aldilà dell’harakiri di Marquez si può comunque guardare il bicchiere mezzo pieno e ciò significa che Valentino Rossi c’è e potrebbe dire la sua in questo Motomondiale, nonostante le 40 primavere.

Abbastanza soddisfatto, seppur vivendo un weekend sottotono, è Andrea Dovizioso che, con il quarto posto, riesce a piazzarsi leader della generale dopo tre Gp.

Prossima tappa è Jerez de la Frontera con il gp di Spagna, primo fine settimana europeo, e per Rossi è già un importante banco di prova dato che la Yamaha nelle ultime due edizione ha avuto enormi difficoltà.

È stata una partita avvincente tra due squadre con gli astri nascenti del basket NCAA americano più interessanti e che sognano un futuro in Nba.

Tra questi c’è anche un po’ d’Italia e due ragazzi che sono stati protagonisti di una lunga stagione e della finale che si è giocata a Minnesota e vinta dai Virginia Cavaliers, al suo primo titolo della storia, contro i Red Riders per 85-77 all’overtime.
L’Italia è stata rappresentata dall’italoamericano Francesco Badocchi (Virginia University) e dal bolognese Davide Moretti (Texas Tech).

Quest’ultimo è stato uno dei protagonisti principali di tutto il campionato collegiale in cui ha dimostrato talento e velocità, che gli hanno permesso di essere decisivo soprattutto dal tiro da tre punti. Il bolognese, ricorda un po’ Marco Belinelli, studia alla Texas Tech University di Lubbock e ha trascinato i Red Riders fino alla finale.
Davide però è già entrato nella storia grazie al premio Elite 90: un riconoscimento che va al miglior atleta-studente della Division I del college basket sulla base di voti e risultati sportivi.

Purtroppo per Davide il sogno della vittoria si è fermato all’ultimo step. Nonostante i favori dei pronostici fossero tutti dalla parte dei Cavaliers, Davide è scoppiato in lacrime al termine del match dopo aver messo a segno ben 15 punti.

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Il pianto di Moretti al termine della finale persa contro i Cavaliers

Il futuro comunque è tutto da vivere per un giovane che alla prima esperienza americana è già arrivato così in fondo e da attore protagonista. Pertanto sicuramente continueremo a sentir parlare di lui.

Per Francesco Badocchi emozioni totalmente opposte. La 20enne ala nata a Milano, prima di emigrare in Usa, sprizza felicità da tutti i pori perché è il primo italiano a vincere un titolo Ncaa dopo aver saltato molte partite a causa di un grave infortunio.

In America è arrivato nel Kansas per gli anni del liceo, con il sogno del basket e di studiare economia, Badocchi è cresciuto nelle giovanili dell’Olimpia Milano e nel Libertas Cernusco.

In America è stato subito soprannominato Human pogo stick per l’esplosività. Sa che la sua strada è ancora lunga e ora la vittoria è giunta da comprimario, però il futuro è tutto dal sua parte.

È stato Leo Messi con un pallone da basket!

Parole semplici quelle di Sean Elliot ma che sintetizzano ciò che è stato Manu Ginobili per i San Antonio Spurs e per tutta l’Nba: uno dei cestisti internazionali più forti della storia del basket americano.

La notte del 28 marzo 2019 è stata speciale per tutto il popolo amante di questo sport, perché segna uno step fondamentale per la storia degli Spurs: il ritiro della maglia numero 20 indossata dall’argentino durante i sedici anni di permanenza in Texas.

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Il saluto di Gonibili al pubblico presente per l’evento

All’AT&T Center, una cerimonia da brividi davanti all’assoluto protagonista e a tanti suoi ex colleghi e compagni di squadra, oltre al grande coach Gregg Popovich.

Con la canotta grigionera Ginobili ha vinto ben quattro titoli Nba (l’ultimo nel 2014 con l’italiano Marco Belinelli) oltre ad altri record come l’essere entrato nella top 5 per partite disputate (1057 di stagione regolare più 218 di playoff), punti (14043), assist (4001) e recuperi (1392). Mica male per chi ha deciso di ritirarsi lo scorso agosto a 40 anni, dopo aver vinto anche l’Eurolega con la maglia di Bologna (con annesso premio di MVP) e la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Atene 2004 con la nazionale argentina.

Senza di lui non avremmo mai vinto!

Parole secche quelle di coach Popovich il quale ha tanto amato Ginobili e con estrema schiettezza ha ribadito quanto fosse stato fondamentale per i successi degli Spurs. Con Parker e Duncan (Big Three) hanno segnato un’epoca in Nba alla base dei trionfi della franchigia texana.

Un video tributo da brividi che sintetizza in breve i sedici anni trascorsi in America, tutti con la stessa canotta, tutti con gli stessi colori.

Ora sul tetto dell’AT&T Center di San Antonio c’è anche lui, accanto ad altri campionissimi degli Spurs come la 21 proprio di Tim Duncan, oltre alla 00 di Johnny Moore, alla 6 di Avery Johnson, alla 12 di Bruce Bowen, alla 13 di James Silas, alla 32 di Sean Elliot, alla 44 di George Gervin e alla 50 di David Robinson.

Gracias Manu!