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“Un aviòn en la cancha”, un aereo in campo, scrive la rivista argentina Olé. Sembra bizzarro, quasi drammatico, ma in buona sostanza è andata così nella notte tra il sette e l’otto febbraio, a Quito, capitale dell’Ecuador. E’ una storia assurda, incredibile, un’odissea che nemmeno negli incubi più nefasti può manifestarsi con queste sembianze. Ma è andata esattamente così.

Il Club Atlético Tucumán, società calcistica argentina con sede nella città di San Miguel de Tucumán, qualificatasi dopo 114 anni di storia per la prima volta in un torneo internazionale, sfida in trasferta il Nacional, nel match valido per l’accesso alla terza fase della Copa Libertadores, l’equivalente della Champions League sudamericana.
Ecco il primo, clamoroso intoppo poco prima della partenza verso lo stadio, a poche ore dall’inizio dell’incontro: all’aereoporto di Guayaquil, sede scelta dal Tucumán per allenarsi senza faticare ai 2850 metri di altezza di Quito, tutto sembra essere pronto per il decollo.
Ma con la squadra già sopra, la torre di controllo nega il volo perché ritenuto «non corrispondente alle norme vigenti» secondo l’aviazione civile dell’Equador. Che significa!? Boh…i maligni gridano subito il complotto e boicottaggio: il Nacional, infatti, è la squadra dell’esercito.

Il Tucumán rischia di perdere il match a tavolino, il sogno di continuare il cammino in Libertadores sembra compromesso perché il ritardo tollerato dall’organizzazione è di massimo 40 minuti.
La società, però, non si perde d’animo e riesce a prendere un altro charter per arrivare a Quito: a terra rimangono i tifosi, arrivati assieme alla squadra, e il presidente!
E’ solo l’inizio: atterrati, il team viene scorrazzato da un bus turistico per le strade ramificate della capitale ecuadoregna e scortati dalla polizia a una folle velocità di oltre 130 km orari. Si può fare, lo stadio è vicino, ma un momento: mancano i bagagli con dentro magliette, pantaloncini e scarpe.

Arrivati allo stadio, il dramma sembra quasi servito, ma ecco l’ennesimo colpo di genio e colpo di scena: uno dello staff si ricorda che, proprio a Quito, l’Argentina Sub20 sta disputando il torneo sudamericano. Ecco la telefonata surreale: «Ci potete prestare tutto l’occorrente?». E così accade: l’arbitro non può far altro che dare l’ok, il match si gioca.

Surreale, come detto, perché i giocatore del Tucumán vestono le maglie della Selección, con nomi che non sono i loro. Ma l’odissea ha il tanto ben sperato lieto fine: Fernando Zampedri di testa regala la vittoria per 1-0 e il passaggio del turno. Un momento storico e memorabile. Con un aereo praticamente entrato in campo.