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Nei giorni in cui Sanremo canta l’Italia, il pallone non resta a guardare. C’è il campionato in concomitanza, tra anticipi per la Champions e quelli per il Sei Nazioni (Lazio Empoli). Ci sono i protagonisti del prato verde che entrano direttamente nelle canzoni (chiedere ad Achille Lauro di Paul Gascoigne). E poi ci sono le fedi calcistiche mai nascoste dai cantanti in gara. Nino D’Angelo e il suo Napoli, con l’artista napoletano che in questi giorni ha esultato per il (momentaneo) mancato approdo di Hamsik in Cina. Daniele Silvestri, la Roma giallorossa e il suo amore sconfinato per Zeman. L’aretino Pau dei Negrita che ha scelto la Juve come opposizione alla Fiorentina dominante in Toscana.

Ma calcio e musica non sono certo un binomio nuovo. Abbiamo scelto cinque canzoni che ben rappresentano questo legame al di là di Sanremo, con una special guest d’obbligo. Iniziamo da chi incarna alla perfezione il tifo sul palco. Antonello Venditti ha dedicato alla sua Magica ben due canzoni che risuonano allo stadio Olimpico in testa e in coda alle partite. Grazie Roma, in particolare, è stata scritta nel 1983 per celebrare lo scudetto giallorosso.

Luciano Ligabue non ha mai nascosto il suo amore verso l’Inter. Ai colori nerazzurri, e a un interprete particolare, ha dedicato Una vita da mediano. Troppo banale scrivere una canzone ai grandi idoli acclamati dalla folla. Più ricercato è pensare un testo in onore dei portatori di borracce. Di quelli che recuperano palloni e ricominciano un’azione.  Coprono le spalle ai campioni e corrono in ogni zona del campo. Di quelli come Lele Oriali.

E’ da 40 anni che, quando si sbaglia un rigore, ci si consola dicendoci che non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore. Il dischetto come metafora di vita, non solo di Nino, ma un po’ di tutti noi quando la vita sa offrirci anche il calice amaro del fallimento. Francesco De Gregori ha messo in rima una delle più belle canzoni dedicate al calcio. E quel protagonista non si mai capito chi fosse tra Agostino Di Bartolomei e Bruno Conti. Anche se E hanno appeso le scarpe a qualche tipo di muro e adesso ridono dentro a un bar sembra propendere verso il primo.

Si può dedicare un pezzo a uno stadio più che a un calciatore?  Il professor Roberto Vecchioni dice di sì con la sua Luci a San Siro. Evocativa delle notti di Coppa dei Campioni al Meazza, la Scala del calcio è così cara al cantautore di nota fede interista. E così la storia d’amore tra due giovani ha come sfondo l’impianto meneghino perché Luci a San Siro di quella sera
che c’è di strano siamo stati tutti là.

Se c’è chi canta lo stadio in una canzone, c’è anche chi lo Stadio nel nome. La band di Gaetano Curreri ha scelto questo nome, su consiglio di Lucio Dalla, ispirandosi a un periodico sportivo bolognese in edicola fino al 1977. La fede viola del frontman non ha impedito agli Stadio di dedicare un pezzo a due simboli, perbene e silenziosi, di Juventus e Inter. Gaetano (Scirea) e Giacinto (Facchetti). Due tipi che parlano piano anche adesso che sono lontano

Special guest. Superiamo i confini nostrani, direzione Liverpool. Dove, ironia della sorte, l’inno dei Reds non è di matrice beatlesiana viste le origini dei Fab Four. Ma You’ll never walk alone di Gerry and the pacemakers, gruppo pop rock che imperversava sul Mersey negli anni ’60, spodestando dal trono di Anfield nientemeno che Lennon e McCartney.