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Sul suo profilo Instagram pubblica la foto con la medaglia di bronzo al collo accompagnato da un hashtag eloquente che benedice la buona sorte che, ogni tanto, ci vuole soprattutto lungo una carriera vincente che l’ha messa davanti a sfide contro avversarie, ma anche contro sé stessa. Federica Pellegrini rientra dalla Cina, dove si sono tenuti i Mondiali di nuoto, con la medaglia internazionale numero 50 quando ha superato i 30 anni, una medaglia stregata arrivata in maniera rocambolesca: un incredibile performance nella 4×100 mista delle azzurre che, quarte in acqua dopo un grande recupero di Federica Pellegrini, salgono sul podio per la squalifica del quartetto australiano per lo stacco irregolare di 0.06 nel cambio rana farfalla da parte di Emily Seebohm.

 

La nuotatrice di Mirano c’ha creduto e ha fatto numero tondo, 50, ripensando a dove tutto è iniziato, nel 2004 quando aveva da poco compiuto 16 anni e si ritrovava a gareggiare alle Olimpiadi di Atene. Sconquassò l’Italia, abbracciò Novella Calligaris, unica italiana fino prima di lei ad aver conquistato medaglie olimpiche nel nuoto femminile, seppur un’era fa a Monaco 1972, e di un anno più grande rispetto alla ragazza veneziana.

In quell’occasione fu medaglia d’argento nei 200 stile ed entrò di prepotenza nella storia dello sport italiano. Federica Pellegrini aveva 16 anni e dodici giorni esatti e l’inesperienza acerba che la portò a non guardare la rimonta della romena Camelia Potec che trionfò per soli 19 centesimi. Un battito che avrebbe domato e controllato se Federica avesse ripetuto il tempo delle semifinali con 1’58″02. E quell’istante che la immortala sul podio ci consegnò una ragazza decisa, felice, che si aggiustava i capelli senza sciogliersi in lacrime.

Una carriera infinita, iniziata a grandi livelli nel 2004 e proseguita con un successo dopo l’altro e ben 25 ori. E una carriera che dovrebbe prolungarsi fino a Tokyo 2020, quinta ed ultima Olimpiade di Federica, che non ha però ancora deciso se in Giappone gareggerà negli amati 200 o sulle distanze più brevi, come anticipato dopo la delusione di Rio 2016.