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Ho promesso al bambino che sognava di diventare calciatore, che avrei giocato fino a quando avessi provato meraviglia entrando in campo. Ma il cuore mi ha detto che stavo venendo meno alla promessa. Mi fermo, ma sento di dover dire grazie sogno, mi hai dato forza e felicità!

Con queste parole il centrocampista Claudio Marchisio ha annunciato il suo ritiro dal calcio a 33 anni. Ben 23 di questi li ha passati alla Juventus, suo sogno e grande amore: un fiero scudiero della Signora, dalle giovanili alla prima squadra, passando anche per la Serie B, che però l’ha fatto entrare nei cuori dei tifosi e l’ha consacrato nel calcio italiano ed europeo. Una decisione difficile ma presa con consapevolezza e annunciata in una conferenza stampa all’Allianz Stadium, nella sala “Gianni e Umberto Agnelli”. Dopo l’ultimo infortunio al ginocchio, professionale ed etico fino alla fine, ha rescisso anticipatamente il contratto con lo Zenit, squadra di San Pietroburgo, “dolce esilio” quando non rientrava più nei piani della Juventus. Non ha accettato altre proposte in Serie A, ma non è quello il suo rimpianto:
Il rimpianto? Quello di non vincere la Champions con la Juve e l’Europeo con la Nazionale. Sono i miei due rimpianti più grandi. Il momento più bello è quello in cui mi sono reso conto che il sogno si stava realizzando ed è stato l’anno della Serie B. Vedevo le facce dei campioni che avevano scelto di restare in B. Per me non era indossare la maglia della Juve in Serie B, era indossare la maglia della Juve e basta” Il gol più bello? “Sono due: quello contro l’Inter e il primo segnato nel nuovo stadio, è stato l’inizio di un ciclio vicente irripetibile. La partita che vorrei rigiocare? Quella contro il Barcellona in finale di Champions a Berlino, anche solo una parte del secondo tempo
389 partite con la maglia della Juventus, una sola espulsione e sette scudetti – tra i tanti altri trofei alzati al cielo. Con la casacca azzurra della Nazionale, l’esordio nell’agosto del 2009 contro la Svizzera, poi 55 sfide, molte delusioni e l’Europeo del 2012 giocato da protagonista e leader. L’ultima partita nel 2017 in un 3-0 contro l’Uruguay in cui Claudio gioca appena 19 minuto ed esce per infortunio. Diversi i messaggi sui sociali, ma da un ex-Barça arriva un’autentica poesia, breve ma profonda: per Andrés Iniesta, da oggi il “calcio è un po’ meno calcio”. 

Se nel mondo del calcio l’atmosfera della Champions la si vivrà la prossima settimana, nel volley il torneo europeo è nel vivo, con due squadre italiane a giocarsi i posti in finale.

C’è chi vince: la Lube Civitanova, e c’è chi è uscita sconfitta: la Sir Safety Perugia.

La Lube passeggia in trasferta a Lodz in Polonia contro la Skra Bełchatów vincendo con un netto 3-0.

I marchigiani sono stati trascinati da un super muro della coppia Stankovic – Juantorena che hanno avuto modo di divertirsi anche con attacchi dalla seconda linea.
I primi due set sono andati via in maniera leggera con un 14-25 e un 20-25; prima di un terzo set più equilibrato chiusosi con un 23-25.

Questa netta vittoria, in appena 82 minuti di gioco, offre il giusto piglio per la gara di ritorno in Italia per quello che, ora come ora, è già un piccolo pass per la finale di Berlino.


La squadra polacca, guidata dall’italiano Roberto Piazza, si è inclinata allo strapotere dei cucinieri dopo che ai quarti di finale si sono sbarazzati dei russi dello Zenit San Pietroburgo.

Leggermente diversa è la situazione di Perugia che, invece, è uscita sconfitta in casa contro i russi dello Zenit Kazan per 3 set a 2.

Al PalaBarton, infatti, è andata in scena una vera e propria battaglia, tra due squadre fortissime, conclusasi solamente al tie-break dopo 139 minuti di gioco.

Per poter strappare il pass per la finale gli uomini di coach Bernardi dovranno vincere la gara di ritorno e con almeno due set di scarto (3-0 o 3-1) nella tana dei Campioni d’Europa (quattro nelle quattro edizioni).

Un’impresa che comunque la squadra campione d’Italia può e deve poter pensare di fare, perché c’è in gioco la vittoria del titolo europeo e molto probabilmente contro la Lube Civitanova.

Lo scorso 17 agosto è l’ultimo giorno di calciomercato. Claudio Marchisio è (ancora) un giocatore della Juventus. Una vita in bianconero, sin dalle giovanili, con la sola parentesi di una stagione a Empoli. Sette scudetti, quattro Coppe Italia, tre Supercoppe italiane. Uno degli ultimi senatori juventini con Chiellini e Barzagli. Buffon è andato a Parigi, Bonucci è appena tornato e deve riconquistarsi l’affetto perduto. Ma quella mattina, una nota della società mette la parola fine alla lunga storia d’amore col Principino.

A 32 anni Marchisio deve ricominciare daccapo. Si prende due settimane di tempo per capire bene cosa ne sarà del suo futuro. Le offerte non mancano, si parla anche di un interessamento del Milan. Ma Claudio ha i colori bianconeri tatuati addosso, non potrebbe sposarne altri. Il 3 settembre comunica il suo approdo in Russia, nello Zenit San Pietroburgo. Un cambiamento professionale e umano. Prende la numero 10, l’obiettivo del club è riprendersi il titolo nazionale che manca dal 2015. Ha voglie di rivincite. Forse alla Juve lo consideravano già bollito, forse Allegri l’ha precocemente accantonato. Gli ultimi infortuni, specie quello grave contro il Palermo nel 2016, hanno condizionato questa sua fase di carriera. Eppure a Torino avrebbe fatto comodo. Con gli infortuni d Khedira ed Emre Can, Max da Livorno si ritrova con i soli Pjanic, Matuidi e Bentancur in mezzo al campo.

In Russia Marchisio esordisce il 16 settembre ad Orenburg, entrando al 71’ al posto dell’ex romanista Paredes. Per il primo gol bisogna aspettare due settimane. Il 30 settembre segna nel match perso contro l’Anzhi. Il secondo centro arriva agli inizi di novembre. Rigore decisivo per l’1-0 contro l’Akhmat Grozny. Dopo 15 partite lo Zenit è saldamente in testa al campionato con 34 punti, a +5 sul Krasnodar. CSKA e Lokomotiv Mosca sono distanti otto e nove punti. In Europa League la squadra di Semak conduce il girone C con 8 punti, davanti a Slavia Praga (7) e Copenaghen (5). Proprio questa sera è in programma la sfida decisiva interna contro i danesi per il passaggio del turno. Marchisio sarà in mezzo al campo, il cuore batte ancora per la Juve ma il presente è altrove.

 

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Jumping on the Wave crest 🌊 #zenit #davai #MC10

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Quando Leandro Paredes è stato espulso nel match del campionato russo tra Zenit e Akhmat c’è chi aveva ipotizzato che il centrocampista si fosse fatto espellere volontariamente per saltare la partita contro il Cska Mosca e volare a Buenos Aires per gustarsi il Superclasico alla Bombonera tra Boca – River.

Beh è andata così!

L’ex calciatore della Roma ha postato un suo selfie allo stadio del Boca Juniors tra i tifosi in tribuna. Il numero 5 dello Zenit, però, aveva già anticipato la sua presenza allo stadio a una trasmissione tv argentina, affermando che il tutto era stato concordato con la società russa e che non vi fossero alcun problema. I tifosi però non l’hanno preso proprio bene, a maggior ragione perché lo Zenit ha perso 2-0 in trasferta a Mosca.

Paredes è cresciuto nelle giovanili degli Xeneizes e da sempre è innamorato dei colori del Boca Juniors e della propria tifoseria. L’argentino è comunque rimasto in patria dato che da lì a poco ha ricevuto la chiamata dal commissario tecnico della Selección, Lionel Scaloni, in vista della doppia amicheveole contro il Messico del 17 e del 20 novembre.

La gara di ritorno della Coppa Libertadores è in programma sabato 24 novembre al Monumental e, complice anche il divieto di trasferta ai tifosi gialloblu, Paredes credo se la gusterà sul divano di casa.

La finale di Coppa Libertadores si avvicina sempre di più e il clima a Buenos Aires si fa sempre più rovente. Boca Juniors e River Plate si stanno preparando al meglio per la sfida di sabato 10 novembre alle ore 21 italiane.

A fare notizia però non è stato solamente il divieto alle trasferte per le due tifoserie, ma anche il discusso episodio in cui è stato protagonista l’ex centrocampista della Roma, Leandro Paredes.

Il calciatore argentino, ora in forza allo Zenit San Pietroburgo, pare si sia fatto espellere appositamente durante l’ultima partita di campionato russo contro l’Akhmat per volare a Buenos Aires e gustarsi la gara d’andata della finale di Libertadores alla Bombonera.

Le accuse sono state mosse dai tifosi dello Zenit i quali hanno palesemente insultato Paredes sul suo profilo Instagram. L’ex giocatore anche dell’Empoli qualche giorno fa ha pubblicato un post in cui palesava il suo amore per gli Xeneizes, squadra in cui è cresciuto prima dell’approdo in Europa, invitandoli a un tifo pacifico.

Da sempre, infatti, il tifo in un Superclasico è accesissimo. Durante i prepartita spesso ci sono tafferugli, anche con gravi incidenti. Leandro Paredes, in una foto con il suo attuale compagno di squadra Sebastian Driussi, ex River Plate.

 

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Somos rivales no enemigos , disfrutemos de esta histórica final sin violencia ⚽️?￰゚メロ @sebadriussi.11

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Ovviamente non si saprà mai la verità resta il fatto che Leandro Paredes prima di prendere un aereo direzione Argentina deve pensarci su due volte.

Sette anni a San Pietroburgo, di cui gli ultimi tre da capitano, non sono di certo passati inosservati dalle parti dell’ex capitale imperiale: lo testimonia l’addio che i tifosi dello Zenit hanno riservato a Mimmo Criscito, 31enne difensore partenopeo. All’aeroporto di San Pietroburgo, infatti, i tifosi russi lo hanno aspettato per l’ultimo saluto: bandiere, cori, fumogeni e persino uno striscione con scritto “Ciao Mimmo, Bravu guaglion”.

Pubblicando su Instagram il video del saluto dei tifosi, l’ormai ex terzino dello Zenit non ha trattenuto la sua commozione:

Grazie, grazie, grazie. Siete venuti a salutarmi in aeroporto: qui lascio sicuramente un pezzo del mio cuore

L’avventura con la maglia dello Zenit di Mimmo Criscito si conclude dopo aver disputato 224 partite, segnando 20 gol e fornendo ai compagni 30 assist vincenti, con ben cinque trofei messi in bacheca: due campionati, una coppa nazionale e due supercoppe nazionali. Nel video postato su Instagram, l’ormai ex difensore dello Zenit era all’aeroporto, dove lo aspettava un volo per l’Italia, con destinazione finale Genova, per la firma del contratto quinquennale con la sua nuova-vecchia squadra. Il Genoa infatti è la società a con la quale Criscito esordì in Serie A nella stagione 2003/2004, disputando complessivamente cinque stagioni.

Avendo rifiutato sia il Fenerbahce che il Galatasaray, il futuro di Criscito sarà quindi ancora a Genova, sponda rossoblu, una decisione assunta con entusiasmo:

Tutti sanno quanto amo il Genoa, quando il Genoa chiama è facile dire di no agli altri. Sono felicissimo di tornare al Genoa, ho mantenuto la parola: sette anni fa avevo detto che era un arrivederci e adesso sono qui a indossare nuovamente questi colori e speriamo di toglierci tante soddisfazioni

 

Il difensore azzurro ha poi parlato anche della nomina di Roberto Mancini come nuovo commissario tecnico della nazionale italiana:

Credo che il mister sia la persona giusta per la panchina dell’Italia. Purtroppo non andremo ai Mondiali, adesso bisogna ricominciare e credo che Mancini sia l’uomo giusto. Ritorno in azzurro? Lo spero, tutto dipende da me e dalle mie prestazioni. Il mister mi conosce e sa cosa posso dare e magari è più facile arrivarci adesso, visto che ho lavorato un anno con Mancini e quindi lui sa come sono. Un sogno? Tornare tra una settimana in Nazionale

La situazione degli allenatori Italians in Europa dell’est non è proprio delle migliori.

Dopo l’esonero di Andrea Stramaccioni anche il mister dello Zenit San Pietroburgo, Roberto Mancini, sta vivendo una situazione particolare.

Il club russo non sta passando un bel periodo dal punto di vista dei risultati sia in Europa League che in campionato.

L’ultimo 0-0 contro il Rostov ha messo in evidenza i limiti che ora stanno vivendo i ragazzi di Roberto Mancini.

Domenico Criscito e compagni sono sempre più vicini all’anti-record della società riguardo reti fatte e realizzate.

In effetti la squadra, nelle ultime partite di Prem’er Liga, ha collezionato tre pareggi, tutti a reti inviolate: 283 minuti senza gol.

Il primato in negativo appartiene a Anatoliy Byshovets. Nel 1997, sotto la sua guida lo Zenit non è andato a segno per 384 minuti (solamente 100 in più rispetto all’Italians Mancini).

Dopo il match con il Rostov, il tecnico italiano ha incalzato la dose con i giornalisti russi.

Non siamo in crisi, ma abbiamo un problema: Kokorin è l’unico che fa gol. Se non segna lui, non lo fa nessun altro!

Problemi col gol che si sono presentati anche in Europa League quando contro il Lipsia è stato il capitano italiano a segnare la rete del 2-1.

Intanto sui social inizia a prendere sempre più piede l’hashtag #Manciniout.

È stata una giornata da non dimenticare ieri soprattutto per gli amanti dello sport e per chi lo pratica. L’ultimo saluto a Davide Astori ha commosso tutti.

Ha voluto ricordarlo in maniera speciale, un suo ex compagno di Nazionale, il difensore Italians, Domenico Criscito.

L’ex Genoa, e attuale capitano dello Zenit San Pietroburgo, ha voluto dedicare il gol realizzato in Europa League nella trasferta di Lipsia.

Un gesto umile ma pieno di significato quello di Criscito che ha marcato l’amicizia tra lui e l’ex capitano Viola, soprattutto durante i ritiri della Nazionale.

Insieme hanno preso parte ad alcune amichevoli con la maglia azzurra sia in quella maggiore che negli Under.

È convinto che proprio Davide Astori abbia dato una mano a segnare la rete che lasciare aperte le speranze di qualificazione alla squadra russa guidata dall’altro Italians, Roberto Mancini.

Era una persona speciale e il gol di stasera era tutto per lui. Mi piace pensare che mi abbia dato una mano a infilare quel calcio di punizione nel sette!

Astori ha lasciato il segno in molti dei suoi ex compagni che lo hanno salutato con tanto calore ma che non lo dimenticheranno mai.

In Italia è ricordato come il collaboratore tecnico di Antonio Conte; colui che, negli anni di rinascita bianconera, ha dato il contributo alla vittoria dei primi tre scudetti accanto all’allenatore salentino.
A qualche anno di distanza però, Massimo Carrera è diventato finalmente il vero protagonista indiscusso del successo in un campionato di calcio, e lo ha fatto in Russia.

Il 53enne tecnico milanese è riuscito a trionfare con lo Spartak Mosca, ottenendo la decima Prem’er-Liga russa della storia del club moscovita dopo 16 lunghi anni d’attesa. Infatti, il titolo di campione  mancava in casa biancorossa dal lontano 2001, dopo che nelle prime dieci stagioni gli Spartachi erano riusciti a trionfare addirittura nove volte.
Il successo, per l’ex campione della Juventus, arriva anche grazie alla sconfitta dello Zenit San Pietroburgo per 1-0 contro il Terek.
Una stagione calcistica dominata sin dall’inizio. In effetti la squadra, a suon di vittorie, è riuscita a domare club molto più prestigiosi e blasonati come lo Zenit di mister Lucescu, e i rivali cittadini del Cska Mosca. Il tutto è stato appunto possibile grazie alla guida di Massimo Carrera che, dopo gli anni accanto ad Antonio Conte, è riuscito a mettere in pratica gli insegnamenti tanto da poi essere vincente anche da solo.

L’avventura in Russia inizia a rilento perché il tecnico lombardo entra nello staff del team in qualità di allenatore in seconda. Dopo la prima giornata di campionato però, prende provvisoriamente il posto del dimissionario Dmitrij Alenicev. Dopo la più che positiva partenza, il presidente del club moscovita, Leonid Fedun, lo ha confermato sulla panchina e lui ha ricambiato la fiducia con uno storico trionfo, ottenuto addirittura con tre giornate d’anticipo.

“Abbiamo pianto per l’emozione. Io e mia moglie Pinny. Al fischio finale ho provato un’emozione fortissima. Un risultato molto bello e importante per tutta la nostra famiglia e per la mia carriera. Sono felice per i giocatori, per i nostri tifosi e per il presidente. È la vittoria di tutti”.

A contribuire nella vittoria c’è anche un altro po’ di Italia. In effetti, all’interno della rosa biancorossa, c’è anche un altro italiano doc, Salvatore Bocchetti. Il difensore ex Genoa e Milan è oramai russo d’adozione poiché ha vestito anche la maglia del Rubin Kazan. Nel club, inoltre, militano anche altre conoscenze della Serie A come i brasiliani Luiz Adriano (ex Milan), Fernando (ex Sampdoria) e Mauricio (ex Lazio).

Un trionfo italiano in Russia quello di Massimo Carrera che si va ad aggiungere ai due campionati vinti da Luciano Spalletti nel 2010 e nel 2012 alla guida dello Zenit.
I complimenti per la vittoria del Russian Premier League sono arrivati anche dal club bianconero attraverso i social.

Per l’allenatore italiano ora non resta che chiudere al meglio il campionato per poi godersi le meritate vacanze in vista della prossima stagione che vedrà il club moscovita protagonista non solo in Russia ma anche in Europa in Champions League; e magari il destino potrà fare scontrare il tecnico lombardo con il suo mentore Antonio Conte, ora alla guida degli inglese del Chelsea.

Dario Sette