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SuperSic e Alex Zanardi. Nel mezzo il 23 ottobre. Una beffarda coincidenza. Perché “solo” di questo si tratta, una fatalità del caso. Due vite, dannatamente simili, in un punto ben preciso, si sono sfiorate, si sono incrociate, ma hanno assunto percorsi diversi, epiloghi tragicamente opposti. Due piloti, entrambi romagnoli, con quel simpatico accento e con quel modo di sorridere alla vita, entrambi con la stessa passione per la velocità, per quella scarica di adrenalina che essa sola sa suscitare e che solamente lei può appagare. Marco Simoncelli lo pensava per davvero:

Si vive di più andando cinque minuti al massimo su una moto come questa, di quanto non faccia certa gente in una vita intera

Alex Zanardi, colui che, senza falsa retorica, è un modello da seguire, uno che con genuinità ti insegna a vivere, nasce il 23 ottobre 1966 a Bologna. La sua vicenda è nota: nel settembre del 2001, è stato vittima di un terribile incidente, durante un gran premio della Formula Cart in Germania. Una collisione tra la sua vettura e quella di un altro pilota che gli ha causato la lacerazione istantanea degli arti inferiori con conseguente emorragia. Drammatici istanti, nel quale la vita di Alex sembrava scappare via per sempre, l’estrema unzione fatta in fretta e furia poco prima di abbandonare il circuito, litri di sangue persi e una corsa (ironia del destino) disperata verso l’ospedale. Successivamente dirà, riferendosi alla gara ed agli ultimi giri:

Domino, come ai bei tempi, i sorpassi mi riescono facili, i pit-stop sono perfetti, sento la macchina rispondere ai miei comandi come non accadeva da tanto. E come non accadeva da tanto mi diverto, sono felice, mancano solo tredici giri alla fine e sto vincendo. Solo che per fare quei tredici giri, dovrò aspettare un anno e mezzo, perché per adesso, scende il buio

 

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La grandezza di questa eterno ragazzone sta proprio qui: cala il buio più crudele, come macchia di petrolio che invischia chi ci finisce dentro, ma esce dal coma e si rialza. Nel vero senso del termine. E riacciuffa la sua “nuova” vita, assolutamente non dissimile da quella condotta precedentemente, perché i suoi affetti rimangono immutati, lo stesso per le sue passioni, la prima specialmente, quella per le corse in auto. Riuscirà a concludere quei 13 giri e poi sarà il primo pilota nella storia a competere ufficialmente in una gara con piloti normodotati. E non si è più fermato: vincerà anche qualche titolo e si proietterà nel mondo dell’handbike dove tutt’oggi macina vittorie e record su record.

E poi c’è Marco Simoncelli, campione del mondo 250 e con il suo numero 58 visto per l’ultima volta sul circuito di Sepang il 23 ottobre 2011. Un destino quasi incrociato, ma il fato ha voluto prendere una strada diversa.
SuperSic non riuscirà mai a concludere quei suoi giri restanti, ma sarà sempre viva l’immagine e il ricordo di un 24enne smaliziato, guascone e buffoncello che con quei suoi capelloni l’hanno reso amato e stimato da tutti.

Alex Zanardi più forte di Alex Zanardi. L’atleta bolognese ha infatti superato se stesso nel triathlon per la categoria disabili, stabilendo un nuovo record. Ha percorso in 8 ore, 26 minuti e 6 secondi i 3,8 km a nuoto, i 180 km in bicicletta e i 42,2 km di corsa previsti dalla manifestazione “Ironman” svoltasi a Cervia e nelle province di Forlì e Cesena. Il totale dei chilometri è di 226.

Zanardi nella gara di Cervia

Il precedente primato era stato conseguito dallo stesso Zanardi lo scorso anno a Barcellona: 8 ore, 58 minuti e 59 secondi, primo paraolimpico a scendere sotto il muro delle 9 ore. Un risultato migliorato di oltre mezz’ora, che ha permesso allo sportivo italiano di classificarsi al quinto posto assoluto tra i normodotati. In questa categoria ha vinto il tedesco Andi Boecherer, che ha concluso la prova di triathlon in in 8 ore, 1 minuto e 50 secondi. A seguire i connazionali Michael Ruenz e Julian Mutterer.

L’atleta bolognese all’arrivo

Su twitter Zanardi ha espresso la sua felicità, mista a incredulità per un risultato che lo proietta con maggiore forza nell’olimpo degli atleti più forti di sempre:

La modestia non è la mia qualità migliore, ma oggi me la tiro proprio! 08h26’06”, nei miei sogni migliori non sarei arrivato a tanto. Nuovo record mondiale per la cat. disabili, e 5o assoluto su quasi 3000 atleti in gara! Che roba!

Il trionfo di Zanardi non rappresenta solo l’ennesima conquista da parte di un campione, ma un’altra importante vittoria per chi è diverso a causa di determinati limiti fisici.

Ieri Alex Zanardi, paratleta pluripremiato, ha realizzato un altro suo grande obiettivo: innalzare il trofeo dell’Ironman di Barcellona. Nonostante i suoi limiti e nonostante l’età riesce perfettamente a prevalere sugli altri e imporsi sempre come protagonista.

Con i suoi 50 anni è riuscito a superare se stesso ancora una volta ed è il primo a guadagnarsi il titolo in meno di 9 ore.

La specialità dell’Ironman è una sorta di triathlon full distance che incorpora nuoto, ciclismo e corsa.

Il 1 ottobre a Barcellona l’Ironman si è svolto per un percorso complessivo di ben 226 km che erano suddivisi in 3,86 chilometri da fare a nuoto, una prova di ciclismo per una distanza di 180,2 chilometri e una corsa di 42.195 chilometri, a conclusione dell’intera gara.

Alex Zanardi ha vinto con un tempo record di 8h 58′ 59”! Nessuno era mai arrivato a tanto e il successo in Catalogna è totale, riscuotendo applausi da parte di tutti. Il suo incredibile Ironman da record si è avvalso di alcuni strumenti ad hoc pensati proprio per la sua condizione fisica, tra cui l’handbike e la sedia a rotelle olimpica.

L’ex pilota di formula 1, che nel 2001 ha subito dei grossi danni fisici in seguito ad un incidente automobilistico, ha dimostrato che niente lo può fermare e a chi lo vedeva già in “pensione” risponde con questo ulteriore premio conquistato dopo un serio e duro allenamento.

Ecco i numeri che lo hanno accompagnato verso il traguardo: 1:00:04 nei 3.8 km di nuoto, 4h54’22” nei 180 km di bike e infine 2h48’51” nella maratona. Un percorso non privo di difficoltà, che più di una volta lo ha visto vacillare per la stanchezza, senza però precluderne la vittoria finale.

Come non rimanere affascinati dalla sua storia? Zanardi ha fatto dello sport la sua arma contro i limiti che il destino ha cercato di imporgli e ogni giorno e in ogni gara riesce ad essere un esempio per tutti di come si può sempre migliorare ed essere vincenti.

La sua vita da campione non si fermerà di certo qui: Zanardi non ha intenzione di ritirarsi a breve e siamo sicuri che sarà capace di stupirci ancora una volta con altri importanti trofei che si aggiungeranno alla sua collezione.

Umiltà e determinazione sono le qualità che lo guidano in ogni nuova prova, come lo dimostrano le sue stesse parole dopo la vittoria catalana:

Mi scalda il cuore che non mi sentano solo come uno sportivo, perché gli sportivi, anche quelli grandi, da Maradona, ad Alberto Tomba a Valentino Rossi, comunque un po’ dividono. Invece la gente vuole vedere in me qualcosa di diverso

Ancora una volta è riuscito a trasformare l’impossibile in possibile e non possiamo che essere fieri di un campione italiano che è diventato un’icona: il primo disabile a vincere la specialità mondiale dell’Ironman.

Dalle serie televisive al cinema, passando per musica e anche fumetti, il “crossover” è un espediente narrativo che consiste nell’unire o meglio nell’intrecciare diverse ambientazioni o personaggi in un’unica storia. Letteralmente “crossover” deriva dall’inglese “to cross over” ovvero passare dall’altra parte e questa indicazione ben si addice anche per i diversi sportivi che, nella loro carriera, hanno abbandonato lo sport con cui sono cresciuti e si sono affermati vincendo per provare a sfondare in altre competizioni.

L’ultimo in ordine di tempo è stato Gianmarco Tamberi, il primatista italiano di salto in alto che, il 23 settembre, si è tolto proprio un bello sfizio: lui, super appassionato di basket, ha giocato una partita versa a contatto con la Serie A.
Infatti Gimbo è stato prima aggregato alla Soundreef Siena e poi è sceso sul parquet nei minuti conclusivi dei primi tre quarti contro The Flexx Pistoia, per il memorial Bertolazzi. Maglia numero 4 addosso per il marchigiano e il fascino di giocare con la Mens Sana, squadra di Serie A2.
Del resto Gimbo ha più volte detto di sentirsi un cestista prestato al salto in alto…e qualcosa vorrà pur dire, lui che ha portato a casa un Mondiale indoor e un Europeo. Ma nessun tradimento: il basket per lui, al momento, resta una bella passione.

Nel recente passato anche un altro atleta ha avuto un serio tentennamento: Usain Bolt, che da anni sogna di giocare con la sua squadra del cuore, ovvero il Manchester United, si è allenato qualche giorno con il Borussia Dortmund. Dalla Premier League alla Bundesliga, soprattutto con la maglia dei gialloneri, il compromesso non è così malaccio. E come non ricordare la passione “rossa Ferrari” di Valentino Rossi? Il campione di MotoGp, ha dimostrato negli anni non solo di essere a suo agio in sella a una moto, ma di saperci fare anche all’interno di un abitacolo. Più volte ha partecipato a gare di rally, nel 2008, invece, fece qualche test alla guida della monoposto di Maranello e tutti i tifosi sognavano un suo passaggio nella scuderia Ferrari.

Danny Ainge è legato all’Nba, in particolar modo ai Boston Celtics. In questa franchigia a cavallo degli anni Ottanta ha vinto due anelli accanto a Larry Bird, mentre nel 2008 ha trionfato come general manager. Una grande giocatore di basket, ma a un bivio adolescenziale della sua vita, Danny poteva scegliere di essere ricordato anche in alti due sport: Ainge è, infatti, tuttora il primo e unico atleta dello sport americano a essere entrato nella miglior squadra di basket, football e baseball a livello di high school. Non solo: tra il 1979 e il 1981, prima di dedicarsi definitivamente alla palla a spicchi, ha giocato diverse partite coi Toronto Blue Jays, nella Mlb.

Non dimentichiamoci di Tim Wiese, ex-portierone del Werder Brema, classe 1981, che ha appeso i guanti al chioso per mettersi qualche kilo in più e provare l’adrenalina della carriera da wreslter. Soprannominato “The Machine”, Tim si è ritirato dal calcio nel 2014, poi si è dedicato al body-building e, 30 kg, è stato notato da Triple H, leggenda del wrestling, che l’ha introdotto alla Wwe. Ma Wiese, dopo tre anni di assenza per provare l’emozione del ring, è tornato brevemente a difendere la porta nelle file del Dillingen, squadra ultima in classifica nella sesta categoria tedesca.

E che dire di Alex Zanardi? Il simbolo del riscatto e della rinascita, un uomo e un atleta dal cuore d’oro che si è reinventato dopo il tremendo incidente che lo vide coinvolto nel settembre del 2001. Prima aveva partecipato a 44 Gp di Formula 1 e a diversi Cart; poi nell’handbike ha distrutto ogni record: quattro ori paralimpici e otto ori mondiali.

Sopra di tutti, però, c’è Jim Thorpe. Nato a Prague il 28 maggio 1887 e morto a Lomita il 28 marzo 1953), Jim è da considerarsi come un eclettico multiplista, giocatore di football americano e giocatore di baseball statunitense, fra i più versatili dello sport moderno. Vinse due ori olimpici nel pentathlon e nel decathlon, fu una stella del football americano a livello universitario e professionistico e giocò nella Mlb. Fu anche il primo presidente della Nfl, la lega di football americano.
Ma con una beffa: i titoli olimpici gli furono ritirati proprio per aver giocato a baseball da professionista, ma gli vennero riconosciuti postumi dal Comitato olimpico internazionale solo il 18 gennaio 1983, quando avvenne la restituzione dei suddetti titoli ai figli dell’atleta oramai deceduto quasi 30 anni prima.

Abbiamo aperto con il basket e con il basket concludiamo citando l’esperienza, diciamo poco azzeccata e decisamente impropria, di Michael Jordan. Icona mondiale dello sport, celebrità nei Chicago Bulls, dopo tre anelli e tre titoli di Mvp, MJ decise di cambiare sport, ma non città: un anno e mezzo da dimenticare nel baseball coi Chicago White Sox. Poi nel marzo del 1995 ci ripensò, tornò a giocare a basket e i Bulls vinsero altri tre titoli Nba. Il resto è leggenda.