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Questione di “loyalty”, di fedeltà. Quella di Paolo Di Canio verso il West Ham e quella del West Ham e di tutta la tifoseria verso l’ex calciatore. Non solo perché con gli Hammers, Di Canio ha giocato quattro stagioni e mezza, ma anche perché è la maglia che ha indossato per più partite, 135, e con cui ha segnato anche il maggior numero di gol, 51 tra Premier League e coppe.

A proposito di reti e di come entrare nel cuore dei tifosi dalla porta principale. Il 31 gennaio 1999, contro il Wimbledon, il giocatore romano fa il suo esordio con il West Ham. Ancora contro il Wimbledon, il 26 marzo 2000, realizza QUEL gol in sforbiciata. Per il magazine FourFourTwo è il terzo più bel gol nella storia della Premier League, per i tifosi di quella parte di Londra che hanno tatuato sulla loro pelle l’inno “I’m Forever Blowing Bubbles” è semplicemente il gol più bello di sempre realizzato nel vecchio stadio, il Boleyn Ground o Upton Park, casa dal 1904 fino al 2016.

In oltre un secolo di partite, la rete di Di Canio svetta su tutte le altre. Destro al volo, in area di rigore, da posizione defilata su perfetto cross di Trevor Sinclair. Nota a margine con un filo di nostalgia: l‘azione è partita da Marc-Vivien Foé che intercetta il pallone a centrocampo e apre con un sventagliata sul lato destro.

Trevor ha avuto un grande ruolo, il suo passaggio fu assolutamente fantastico. Se la palla non fosse arrivata in quel modo, non sarei riuscito a calciarla così bene. Ad essere onesto, non so come abbia fatto quel gol. In allenamento provavamo spesso un’azione simile, ma io calciavo da centro area. Da una posizione così defilata è stato molto, molto, molto difficile. Devo ringraziare Trevor e Dio, per me è stato un momento magico, anche se non era una finale di Champions League.

Risultato immagini per paolo di canio west ham

Una partita che entra di diritto nella storia e nella leggenda del tennis, la prima conclusa a Wimbledon con la nuova formula del tie-break sul 12-12.  E la più lunga finale nella storia del torneo londinese, giocata ad un livello a tratti straordinario, ha decretato Novak Djokovic ancora una volta vincitore.

Il tennista serbo ha battuto in finale lo svizzero Roger Federer in cinque set con il punteggio di 7-6,1-6,7-6,4-6,13-12. È stata una finale molto combattuta e avvincente, in uno dei tornei più importanti al mondo, il più prestigioso giocato sull’erba: è durata quasi cinque ore e tre dei cinque set sono stati decisi al tie-break, compreso il quinto.  La partita era particolarmente attesa, perché Federer (37 anni) e Djokovic (32 anni) sono considerati tra i più forti tennisti degli ultimi 10 anni e tra i più forti di sempre. Entrambi, poi, hanno sempre ottenuto ottimi risultati a Wimbledon: Djokovic prima di oggi aveva vinto quattro volte (l’ultima nel 2018), Federer ha invece vinto 8 volte, come nessun altro (la prima volta nel 2003, l’ultima nel 2017).

Per il 32enne Djokovic, già campione lo scorso anno, è la 16esima prova del Grande Slam e vista l’età ora può puntare deciso a raggiungere i suoi grandi rivali Federer e Rafa Nadal. Per Federer resta l’amarezza per i due match-point falliti sul 9-7 a suo favore nel quinto set, con il servizio a disposizione. A quasi 38 anni, il fuoriclasse svizzero fallisce l’assalto alla nona corona a Wimbledon e al 21esimo torneo del Grande Slam. Con questa vittoria Djokovic consolida ovviamente il primato nel ranking ATP.

Federer, numero 3 al mondo secondo la classifica ATP, era arrivato in finale dopo aver eliminato in un’altra bellissima partita Rafael Nadal, altro suo storico rivale degli ultimi anni insieme a Djokovic. Quest’ultimo, numero 1 al mondo, aveva invece eliminato Roberto Bautista Agut. Il torneo femminile, finito sabato, è stato invece vinto da Simona Halep, che ha battuto in finale Serena Williams.

Roger Federer:

Finale da ricordare? Io cercherò di dimenticarla. E’ stata una grande partita, è stata lunga, ma devo essere soddisfatto della mia performance. Devo farmi le congratulazioni. Spero di avere dato ad altri la possibilità di credere che a 37 anni non è tutto finito. Adesso devo recuperare, però sono ancora in piedi. La mia famiglia è orgogliosa? Non saranno contenti magari del piatto

Novak Djokovic:

Se non la più eccitante, questa è stata una delle migliori finali che io abbia mai giocato, contro uno dei più grandi di tutti i tempi, per il quale ho molto rispetto. Purtroppo in questo genere di partite uno dei due alla fine deve perdere. Ognuno di noi ha avuto le proprie chance, io ho recuperato due suoi match point, ed è stato strano giocare il, tie-break sul 12 pari. Roger ha detto di dare ad altri 37enni le speranze, ma di sicuro lui ispira anche me. So di averlo già detto, ma quando ero un bimbo di cinque anni sognavo di diventare un tennista e questo è sempre stato il ‘traguardo’, volevo giocare e vincere qui, perché è una cosa superspeciale. E ora voglio dividere questo trofeo con mio figlio e miei genitori, che hanno sofferto in tribuna. E’ un sogno diventato realtà anche l’aver vinto davanti a loro

Foto 13

Volendo prenderla con le stesse parole di Matteo Berrettini, alla fine è stata solo una lezione di tennis durata 74 minuti. L’ottavo di finale più veloce della storia di Wimbledon. Sul centrale davanti, probabilmente, al tennista più forte di tutti i tempi e a uno dei migliori sportivi della storia. Roger Federer ha disintegrato le speranze del tennista romano non ancora 23enne in poco più di un’ora. 6-1, 6-2, 6-2, tre set a zero, solo cinque game concessi in un match che è sembrata una montagna impossibile da scalare.

La partita

Impaurito, spaesato, alienato da chi aveva di fronte in un teatro così prestigioso. Ai limiti della figuraccia più volte durante la gara. Berrettini, numero 20 al mondo, ha tutto per riprendersi dopo la “stesa” presa dal maestro Federer. È stato lo stesso svizzero a consolare Matteo a fine partita, mentre era proiettato sui quarti di finale con vista semifinale contro Nadal.

Forse era nervoso all’inizio, non ha giocato al meglio, io ho risposto molto bene. È importante che non sia troppo deluso, ha fatto un grande torneo e deve guardare avanti (…) Ricordo quando agli US Open presi 6-1 6-2 6-4 contro Agassi. Sei schiacciato, vai a casa, non capisci cosa ti sia successo. Capisci che devi lavorare più duro. Un’altra volta, sempre a New York dovevo giocare con Mirny, aspettai dieci ore a causa della pioggia e alla fine persi nettamente. Certe sconfitte non le puoi spiegare, l’importante è che in questi momenti non ti lasci andare

Berrettini, reduce dalla vittoria dell’Hungarian Open di Budapest e della Mercedes Cup di Stoccarda, ha mostrato la propria maturità quando ha commentato l’esito del match ai microfoni:

Lui mi ha fatto i complimenti per la mia stagione sull’erba. Io gli ho detto “grazie per la lezione, quant’è per la lezione?”

È da qui che Berrettini deve ripartire. Dalla pacca sulla spalla di un fratello maggiore come Sua Maestà Roger Federer.

 

Con la vittoria contro Roger Federer (6-4 6-4) nella finale del Master 1000 di Cincinnati Nole Djokovic ha messo la ciliegina sulla torta di una resurrezione in cui pochi credevano. A 31 anni compiuti il serbo è invece ripartito dal punto più basso della carriera per tornare quel cannibale che aveva dominato il circuito tra il 2015 e il 2016. Se il recente trionfo di Wimbledon era stato il primo segnale importante, è arrivata la vittoria nel 1000 americano a confermare la fine del periodo buio. E ora il serbo diventa il favorito per gli Us Open insieme ai due campioni intramontabili, Rafa Nadal e Roger Federer.

Durante tutto il torneo americano gli appassionati di tennis hanno ammirato il gioco che aveva fatto di Nole il prototipo del giocatore moderno: eccellente risposta, colpi profondi, il rovescio lungolinea come arma letale, il dritto sempre preciso e una capacità di muoversi per il campo e recuperare la posizione ai limiti dell’umano. Un dinamismo che non ha lasciato scampo a Re Roger, apparso frastornato in finale e incapace di trovare contromisure all’altezza per scardinare la difesa del serbo.

E pensare che appena 9 mesi fa tutti lo davano per finito. Djokovic invece ha reagito. Toccato il punto più basso della carriera è ripartito dalle sue certezze, dallo staff storico e dall’appoggio della famiglia, per tornare a dominare. In una stagione partita sottotono, l’ex numero uno del mondo ha prima vinto a Wimbledon il 13° Slam per poi confermare le quote di www.sportpesa.it/scommesse che lo vedevano tra i favoriti a Cincinnati. Una vittoria, quella americana, che ha regalato a Nole anche il Golden Masters, ovvero il riconoscimento per la vittoria di tutti i 1000 presenti in calendario. É il primo tennista della storia a riuscire nell’impresa.

Alzi la mano chi, dopo il tonfo fragoroso a Wimbledon 2016 e le ultime due stagioni negative avrebbe pronosticato una rinascita di questo livello.

Completato il Career Grand Slam con la vittoria del Roland Garros 2016, Djokovic era pronto a dominare anche sull’erba di Wimbledon. Fu invece Sam Querrey al terzo turno a mettere fine a una corsa che si preannunciava trionfale. E se la stagione si chiuse comunque con la vittoria del Masters 1000 di Montreal e la finale degli US Open, il serbo apparve svuotato di energie e lontano dai suoi abituali standard di rendimento.

Il vero anno terribile fu però il 2017. Nello Slam preferito, gli Australian Open, Djokovic esce al secondo turno contro Istomin ed è costretto ad assistere da spettatore all’ennesima finale Federer – Nadal. Per la prima volta dal 2008 il serbo esce al secondo turno in uno dei major.

Non andrà meglio a Parigi dove Nole viene dominato da Thiem (con cui aveva vinto i 5 precedenti) per 3 a 0 con l’umiliazione del 6-0 dell’ultimo parziale. A Wimbledon compariranno anche i primi problemi fisici: un infortunio al gomito lo costringe al ritiro dopo un’ora nei quarti contro Berdych. Sarà il primo stop serio della carriera che lo costringerà alla chiusura anticipata della stagione e alla rinuncia agli Us Open.

A inizio 2018 Djokovic sembra ancora la sua controfigura. Sconfitto a Melbourne da Chung, da Taro Daniel a Indian Wells e da Benoit Paire a Miami, il serbo decide di operarsi al gomito. È il punto più basso della carriera ma anche il turning point della rinascita. Ancora in fase di riabilitazione, il serbo ad aprile decide di lasciare Agassi come coach e torna ad affidarsi allo staff di Vajda per ricreare quell’ambiente che gli aveva permesso di issarsi al numero uno del mondo.

Sarà la scelta vincente. I progressi iniziano a vedersi a partire dal Roland Garros dove solo un Cecchinato in stato di grazia gli impedirà l’accesso alla semifinale. Il resto è storia recente. A Wimbledon Nole conquista il tredicesimo Slam in carriera e sul cemento americano di Cincinnati completa l’opera di rinascita dominando Federer in finale.

Quel cemento americano che sarà teatro dell’ultimo Slam della stagione, gli Us Open. Grazie agli ultimi due successi, Djokovic diventa il candidato numero uno alla vittoria a New York. Per trasformare la stagione del rilancio in un vero e proprio trionfo dovrà sfidare i rivali di una vita: Rafa Nadal e Roger Federer. Ben tornato Nole.

 

Lo avevamo già annunciato qualche mese fa che Marion Bartoli a marzo sarebbe tornata in campo , ma nessuno si aspettava di vederla giocare così presto.

Eccola, in forma e con un gran bel sorriso, al centro del Madison Square Garden di New York sfidarsi contro altri big del tennis in un evento benefico dove si esibisce per la prima volta dopo quel lontano 2013.

Quello che sembrava un evidente problema di anoressia pare che invece fosse una malattia tropicale, con la quale la tennista ha dovuto fare i conti per molto tempo abbandonando la sua grande passione, il tennis.

Dalle sue dichiarazioni di qualche mese fa era chiaro l’obiettivo di tornare a gareggiare e a vincere in slam importanti, a partire dal torneo di Miami previsto per il 19 marzo. Oggi, però, Marion Bartoli è più cauta e non si sente di fare affermazioni azzardate:

L’unica certezza è che voglio ritornare a fare ciò che adoro, ma è difficile dire in che misura. Non so se il mio corpo possa continuare a sottoporsi a allenamenti che stanno crescendo di intensità, non so come risponderanno la spalla e le ginocchia. Vivo alla giornata. Adesso credo di essere al 40-50 per cento e tornerò solo quando sarò sicura di poter dare il 100% come cinque anni fa

Ma nonostante la sconfitta nell’esibizione benefica, la campionessa risorta dalle sue ceneri dimostra di avere ancora tantissima grinta e anche un buon servizio, che con allenamento e impegno è intenzionata a migliorare:

Sui colpi da fondo sono molto vicina al mio meglio. Ma sugli spostamenti laterali devo ancora lavorare e il servizio, visto che ho cambiato il movimento, deve essere più veloce. Però la spalla non mi fa male, e questo è un buon segno. E poi ho bisogno di potenziare il fisico e recuperare il peso forma. All’inizio è stato difficile, dopo gli allenamenti dormivo ore e ore. Ma ora faccio quello che amo di più e per questo sono felice: direi che è la cosa più importante

Bartoli non vuole buttare al vento la sua seconda chance e per sfruttarla al meglio sa bene di dover attraversare ogni tappa con gradualità. Ciò che conta è aver ripreso in mano la racchetta ed essere uscita definitivamente da quel tunnel che per lei è stata anche una grande prova di vita.

L’annuncio del ritiro e una lunga degenza sono le ultime cose che ricordiamo della tennista Marion Bartoli, che ha appeso la racchetta al chiodo circa 4 anni fa. Un annuncio che ha scosso il mondo tennistico, anche perché dato subito dopo la sua vittoria a Wimbledon.

Alla base della drastica decisione c’era un problema di natura fisica, di cui ancora non si sa molto. Ciò che è certo è che ha debilitato moltissimo la Bartoli, facendole perdere circa 30 kg. Probabilmente si è trattato di un virus che l’ha condotta anche al ricovero in ospedale e ha segnato per lei l’inizio di un vero calvario.

Adesso, però, arriva la bella notizia che la tennista si è ripresa e ha una gran voglia di tornare in campo e vincere ancora una volta. L’annuncio inaspettato arriva proprio da lei, che confessa che però avrebbe voluto allenarsi in silenzio ancora un po’ prima di far sapere a tutti le sue intenzioni:

Ho cercato di mantenere il segreto il più a lungo possibile ma ora è inevitabile confessarlo al mondo

E torna con ben tre obiettivi piuttosto ambiziosi, che si propone di realizzare a partire dalla data del suo rientro, fissata per marzo 2018.

Ho tre obiettivi: vincere la Fed Cup, gareggiare alle Olimpiadi di Tokyo e vincere di nuovo un torneo dello Slam.
Ho già dimostrato di poter vincere, non è che debba rifarmi completamente una carriera. Torno per finire quello che non ho potuto finire nel 2013

Dopo essere stata vicina alla morte, la grinta e la forza di volontà sono diventate le sue migliori alleate e, certa di essersi ristabilita, Marion Bartoli non intende rinunciare alla sua carriera, stroncata per anni in modo del tutto inaspettato anche per lei.

È vero, infatti, che la sua carriera è stata interrotta sul più bello, dopo aver vinto ben 8 titoli. Adesso che sta meglio non intende quindi rinunciare a continuare il suo percorso che riprenderà dal torneo di Miami in programma per la primavera dell’anno prossimo.

Il mondo del tennis di certo festeggia il ritorno di una grande campionessa e la aspetta in campo per regalarci ancora tante altre emozioni.

E’ scomparsa ad appena 49 anni Jana Novotna, vincitrice del torneo di Wimbledon nel 1998. La tennista, ha reso noto la Wta, è stata stroncata ieri da un cancro, dopo lunga malattia. Il decesso è stato confermato dalla famiglia all’agenzia di stampa ceca CTK.

Nella sua carriera professionistica, durata 14 anni, Novotna ha vinto 24 titoli di singolare, raggiungendo la seconda posizione nel ranking mondiale femminile. Il successo a Wimbledon rimane l’unico in un torneo del Grande Slam, ma ha ne collezionati ben 12 nel doppio e quattro nel doppio misto. Vinse anche la medaglia olimpica per tre volte e la Fed Cup con la Repubblica Ceca nel 1988. Ha inoltre raggiunto la finale agli Australian Open, battuta da Moncia Seles nel ’91 e per due volte la semifinale del French Open e degli US Open.

In carriera era salta fino al secondo posto del ranking mondiale. Nel 2005 era stata inserita nella International tennis hall of fame.

Il WTA chief executive officer Steve Simon ha dichiarato: “Jana ha ispirato chiunque ha avuto l’opportunità di conoscerla, sia per quello che ha fatto in campo che fuori. La sua stella brillerà sempre nella sotira della WTA. Le nostre condoglienze e i nostri pensieri vanno in questo momento alla famiglia di Jana”

‘King’ Roger Federer entra nella storia conquistando l’ottavo successo in carriera a Wimbledon. Il tennista svizzero ha battuto sull’erba di Church Road il croato Marin Cilic col punteggio di 6-3, 6-1, 6-4, risultato che permette a Federer, 36 anni il prossimo mese, di ottenere il 19esimo successo in una prova del Grande Slam.

The final – Roger Federer (SUI) – Credit: AELTC/Jed Leicester.

Per l’elvetico si trattava dell’11esima finale sull’erba inglese. Il “Re” ha vinto sette titoli a Wimbledon (2003, 2004, 2005, 2006, 2007, 2009, 2012) e ha perso in finale tre volte (2008, 2014, 2015).

Con l’ottavo sigillo lo svizzero stacca lo statunitense Pete Sampras fermo a 7 vittorie ai Championships. Nel palmares del campione svizzero ci sono anche 5 vittorie agli Australian Open e agli Us Open, oltre a un successo al Roland Garros.

ROGER FEDERER

“Abbiamo lavorato così bene dopo quello che è successo l’anno scorso… Ed ra eccoci qua. Vincere senza aver perso un set a Wimbledon è una cosa magica. Francamente non riesco ancora a crederci. E’ davvero troppo. La conquista di otto Wimbledon? Quasi non ci credo di aver raggiunto certe altezze – sorride -. Dopo l’anno scorso era difficile pensare di essere ancora qui, ma se credi di poter andare davvero lontano nella tua vita…e io ho continuato a crederci. Questo è un campo speciale, tante leggende l’hanno calpestato. Essere qui oggi a celebrare il tennis è speciale. Dal primo giorno alla finale il campo centrale è sempre tutto esaurito, è un sogno giocare qui e spero di tornare qui a difendere il titolo l’anno prossimo”.

Garbine Muguruza vince il torneo di Wimbledon. La 23enne spagnola si è imposta nettamente in due set 7-5, 6-0, nella finale sull’erba londinese, sulla 37enne statunitense Venus Williams.

La Muguruza diventa così la seconda spagnola a vincere lo Slam sull’erba dopo Conchita Martinez regina nell’edizione del 1994.

The final – Credit: AELTC/Joel Marklund.

Primo set combattuto e vinto dall’iberica in 52 minuti, con la campionessa americana che ah sprecato due set point sul 5-4 per poi incassare i tre giochi a seguire. Senza storia il secondo set con il ‘falco’ che ha decretato il punto della vittoria. 

Venus Williams, 37 anni compiuti il 17 giugno scorso non riesce quindi a conquistare il torneo per la sesta volta a 37 anni suonati. Grazie a questo successo la Muguruza sale al quinto posto del ranking Wta, mentre Venus Willias si ferma al nono posto.

Finale inedita per il torneo femminile del Torneo di Wimbledon.

Sabato, sul campo centrale dell’All England Club, infatti, si sfideranno Garbine Muguruza e Venus Williams. Per la 23enne iberica, nata a Caracas, quella del 15 luglio è la seconda finale sui prati di Church Road e la speranza è che finisca meglio quando nel 2015 fu la più giovane delle sorelle Williams, Serena a stoppare i suoi sogni di gloria. Questa volta, dovrà vedersela conttro Venus che giocherà la sua nona finale, forte dei suoi cinque successi, anche se l’ultimo risale al 2008.

Garbine Muguruza – Credit: AELTC/Joel Marklund.

La Muguruza mette subito in chiaro di essere in ottimo stato di forma, lasciando due soli giochi alla sua avversaria, la slovacca Magdalena Rybarikova, rivelazione del torneo che però si è dovuta inchinare con un doppio 6-1. Nella seconda semifinale, alla “Venere Nera” è toccato il compito di spegnere i sogni di gloria di Johanna Konta e del pubblico londinese di vedere la propria beniamina giocare la finale del torneo di casa.

Dopo la delusione per l’eliminazione di Andy Murray nei quarti di mercoledì, non è arrivata la bella notizia che manca da 30 anni. La Konta, infatti, ha ceduto 6-4 6-2 a Venus. Le due finaliste si sono incontrate già quattro volte ed il bilancio parla di un 3-1 in favore della statunitense, ma l’iberica si è aggiudicata l’ultima sfida, disputata nei quarti al Foro Italico.