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A maggio 2014, è stato trovato positivo a uno stimolante, ma fu sospeso dalla Federazione cinese appena tre mesi, in tempo per partecipare ai Giochi Asiatici. Poi lo scorso settembre la polemica per la presunta distruzione, a colpi di martellate, di una provetta contenente il suo sangue: Una vicenda che la Wada, l’agenzia internazionale anti-doping, ha portato all’attenzione del Tas che però non si pronuncerà prima di settembre 2019, a Mondiali ormai finiti.

Con questa losca e nebulosa premessa il nuotatore cinese Sun Yang, sei medaglie olimpiche e 14 mondiali, sta partecipando ai Mondiali di nuoto a Gwangju. Una situazione delicata che, però, sta trovando l’opposizione e il rifiuto di diversi colleghi con gesti clamorosi: il primo è dell’australiano Mack Horton, che aveva preceduto il cinese a Rio 2016, piazzatosi secondo nei 400 in un podio chiuso dal bronzo di Gabriele Detti.
Ecco, su quel podio Horton non c’è proprio salito, proprio non ne voleva sapere ed restato giù. Il momento è stato imbarazzante, Horton fissava il vuoto, non degnando nemmeno di uno sguardo il campione del mondo. Serissimo l’australiano davanti al presidente Barelli, che doveva effettuare la consegna delle medaglie: «Le sue azioni e il modo in cui è stata gestita tutta la faccenda la dicono lunga», ha commentato dopo la cerimonia della premiazione a Gwangju Horton, che già a Rio aveva attaccato Sun Yang definendolo un “drug cheat”, un truffatore dopato.

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E mentre la Fina, la Federazione internazionale del nuoto, ha ammonito l’australiano – che nel frattempo è stato accolto da una standing ovation dagli altri nuotatori quando è entrato nella mensa del villaggio -lunedì 23 luglio, è andato in scena un altro gesto eclatante: Sun Yang ha vinto nuovamente questa volta nei 200 stile libero, perché i giudici hanno squalificato il lituano Danas Rapsys, primo in vasca, per falsa partenza.  Ma lo stesso cinese ha perso le  staffe durante la premiazione mandando a quel paese in mondovisione il britannico Duncan Scott, bronzo ex aequo col russo Malyutin colpevole di non avergli voluto stringere la mano. Un doppio sonoro “fuck” che ha tradito il serafico e glaciale nuotatore cinese.

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A poco meno di un mese dall’inizio della competizione mondiale in Russia, il Perù deve fare i conti con un’amara delusione. La gioia di ritrovarsi qualificati dopo ben 35 anni viene infatti offuscata dalla vicenda di Paolo Guerrero, capitano della nazionale, che è costretto a rinunciare al suo sogno di guidare la squadra.

Coinvolto in una vicenda di doping già sei mesi fa, la sua partecipazione al Mondiale era in dubbio da tempo.

Tutto risale al match giocato contro l’Argentina per le qualificazioni al Mondiale. In quell’occasione, dai controlli antidoping il capitano peruviano era risultato positivo ad un metabolita della cocaina. Immediata la squalifica per 12 mesi, poi ridotta a sei in seguito al ricorso presentato dal giocatore al Tas.

Una condanna dura ma scaduta di recente, fugando ogni eventuale dubbio sulla presenza del calciatore nella competizione iridata in Russia.

Ma quando ormai sembrava tutto finito arriva invece il ricorso presentato dalla WADA (agenzia Mondiale Antidoping) che chiede di prolungare tale squalifica fino a 14 mesi, precludendo per Guerrero la possibilità di prendere parte al Mondiale.

Il Tas pare abbia accolto il ricorso e Guerrero è stato ufficialmente eliminato dalla lista dei convocati della nazionale peruviana di cui già era parte integrante.

Un sogno infranto e un paese in rivolta: ecco cosa ha scatenato la sentenza del Tas. Né il protagonista né i suoi tifosi ci stanno e si continua a proclamare l’innocenza del capitano. Secondo la sua versione, infatti, non avrebbe fatto uso di droghe ma semplicemente bevuto un tè alla coca, popolare nel suo paese e addirittura in vendita nei market.

 

Attraverso i social si consuma lo sfogo di un giocatore deluso che attendeva da tempo la realizzazione del suo sogno di giocare nel Mondiale (di cui il Perù non fa parte dal 1982!) e invece sarà costretto a vedere e tifare la sua squadra da casa:

La prima cosa che voglio dire è che non c’è una prova di tutto ciò, nulla è mai stato provato. Quello che non capisco è come si possa dare una sanzione di 14 mesi, spezzando il mio sogno di giocare il Mondiale senza giustificazione. Spero che i giudici e le persone che hanno contribuito a rubare il mio sogno e il mio Mondiale continuino a dormire in pace. Ringrazio tutte le persone che mi sono state vicine, che sanno il professionista che sono e la persona che sono: spero che continuino a credere in me

Parole dure che esprimono un forte rammarico, ma che non gli impediscono di stare vicino ai suoi compagni, sostenerli e, ironia della sorte, apparire ancora nelle foto di gruppo del team mondiale.

Lui, che con il cuore è ancora lì a sentirsi uno dei convocati, può almeno illudersi di aver preso parte anche se per breve tempo a questo tanto atteso Mondiale. Anche se serve a poco, gli rimane la consolazione di vedere ancora la sua figurina nell’album Panini digitale che è espressione del grande evento e dove la sua immagine non può essere cancellata!