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Non so cosa dire, in questo momento ricordo poco, diciamo il doppio fallo sul primo match point. È stata una bella lotta, e complimenti a Monfils. Mentre giocavo pensavo anche di star assistendo, dal campo, a una delle più belle partite che abbia mai visto

Sì, Matteo Berrettini è in semifinale. Ce l’ha davvero fatta. Ha avuto bisogno di tre ore e 55 minuti. Il secondo italiano di sempre a giocarsi una semifinale agli US Open e il quarto in uno Slam dopo Panatta, Barazzutti e Cecchinato, sarà proprio lui. A cadere è Gael Monfils, che vende carissima la pelle ma deve anche mangiarsi le mani per tantissimi errori specialmente al servizio. Ma rimane un dato: i cinque match point della partita sono tutti del romano.

La partita è durissima, e almeno inizialmente Berrettini dà l’impressione di patire la portata storica dell’evento: nel primo set è infatti in sostanziale balia dell’esperto avversario, che si prende il break portandosi sul 4-2 (dopo averci provato già nel quarto game) senza che l’azzurro riesca mai a reagire: addirittura a un certo punto si indica la testa, come a dire che la mente non è collegata al corpo. E sembra che l’uggioso pomeriggio newyorkese possa tramutarsi in una giornataccia per Berrettini.

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La svolta: il controbreak del secondo set

La conferma arriva nelle prime fasi del set successivo, che si apre subito con il break del francese che addirittura arriva a una palla dal doppio break e dal 3-0. Qui però improvvisamente la partita di Berrettini svolta: non solo il romano conserva il servizio, ma va a prendersi il controbreak del 2-2 e ribalta tutto con grande autorevolezza. Sono infatti suoi tre game di fila, con Monfils che inizia a faticare di fronte alle sue accelerazioni e in particolare a un dritto che non lascia scampo: il sorpasso arriva grazie a un provvidenziale ace, quindi Berrettini trova addirittura il doppio break del 5-3, dopo alcuni gravi errori (tra cui due doppi falli) di un Monfils con il fiatone. E il game successivo si chiude a 0, con il set facilmente a Berrettini.

Il francese è nervoso, e lo dimostra chiedendo a gran voce che siano accese le luci sull’Arthur Ashe Stadium sul 2-1 Berrettini. Poco cambia, però, dato che l’azzurro controlla con tutta tranquillità le operazioni, artigliando anche un doppio break che vale il 5-2 dopo ben 16 punti in uno dei giochi più accesi e vibranti della partita (si vedono ace, doppi falli, dritti al fulmicotone, recuperi da urlo e colpi lungolinea da infarto). E il terzo set sorride a un Berrettini calmo e quasi spietato.

Intanto inizia anche a diluviare su Flushing Meadows e in qualche modo Monfils rientra in partita: lo fa strappando il servizio a Berrettini in un altro game eterno (il quarto) e poi riuscendo a rintuzzare i tentativi del romano, che deve arrendersi sul 3-6 dopo aver costruito una sola palla del controbreak, non sfruttandola, sull’1-4.

 

Il quinto set dura oltre un’ora

Ma è il quinto set, con la sua ora e dieci minuti di durata, a rendere tale l’impresa del 23enne capitolino: un set in cui la fanno da padroni i nervi tesi, i capovolgimenti di fronte e anche tanti errori. Berrettini si porta subito sul 2-0, ma nel game successivo cede il servizio. Monfils è esausto, ma anche l’azzurro si contrae: dopo essersi preso un controbreak a 0 (è il punto del 4-2), vanifica infatti il primo match point permettendo al francese di chiudere il controbreak e di trovare cinque punti di fila. Altri due match point vengono annullati sul 6-5, nonostante i tantissimi errori in battuta di Monfils, che alla fine arriverà a 17 doppi falli. Alcuni dei quali spostano anche gli equilibri di un tie-break tesissimo (anche l’occhio di falco regala un punto al romano, quello del 4-1). Ma alla fine a prevalere è Berrettini. Che ora si prepara a giocarsi una semifinale agli US Open. E non è il sogno di una notte di fine estate.

 

Sassari realizza il suo sogno in Germania, soffre per 39 minuti, ma rimane sempre attaccata alla partita, riuscendo a piazzare nel finale le giocate decisive che difendono il +5 dell’andata, valgono la vittoria anche nella sfida di ritorno (81-79) e regalano il primo storico successo europeo alla Dinamo. La Fiba Europe Cup resta, così, in Italia, dopo il successo di un anno fa di Venezia nella finale tutta italiana con Avellino.

Dopo aver vinto (89-84) la gara di andata in Sardegna, la Dinamo di coach Pozzecco ha battuto i tedeschi del Wurzburg anche nel match di ritorno conquistando il primo trofeo europeo della sua storia. Sassari è al 14esimo successo consecutivo tra campionato e coppa e nove anni dopo la storica promozione in Serie A e quattro anni dopo il mitico “Triplete” Scudetto-Supercoppa-Coppa Italia con Meo Sacchetti, mette in bacheca un successo firmato Gianmarco Pozzecco, subentrato in corsa ad Enzo Esposito, e capace di regalare al club di Stefano Sardara la prima coppa internazionale.

Tutto esaurito alla St. Oliver Arena per la finale di ritorno della FIBA Europe Cup: prima parte di gara equilibrata, Wurzburg prova a sfruttare il fattore campo, parte forte grazie al pick and roll su Morrison e massimizza la serata positiva al tiro di Bowlin tanto da sfiorare il vantaggio in doppia cifra, Sassari però viene fuori alla distanza, sono Smith e Polonara a girare l’inerzia nel secondo quarto, riportando la squadra di Pozzecco a -5 al 20’ lavorando bene a rimbalzo e punendo i raddoppi impostati dalla difesa tedesca. Il quarto fallo di Cooley con cui si apre la ripresa costringe Pozzecco a cambiare le rotazioni alleggerendo il quintetto mentre Wurzburg fugge sino al +11, nonostante la differenza di stazza però Sassari riesce a fare ancora una volta la differenza a rimbalzo anche in attacco, tanto da ritrovare ritmo e punti con Pierre e Gentile capaci di richiudere il gap.

Sassari mette il naso avanti ad inizio ultimo quarto, con Polonara protagonista, ma la gara si decide negli ultimi 90”; le percentuali dal campo di Wurzburg crollano, ma la Dinamo non chiude la gara, per lo meno non fin quando Spissu strappa la palla dalle mani di Bowlin e poi dalla lunetta sigilla il +2 (+7 complessivo) che di fatto consegna la coppa nelle mani dei Sardi, inutili gli ultimi disperati tentativi tedeschi, con tanto di fallo sistematico, per trovare il break che possa interrompere il sogno sardo. Festeggiato da coach Pozzecco strappandosi la camicia.

Wurzburg-Sassari 79-81

(26-19, 46-41; 65-64)

Wurzburg: Cooks 5, Bowlin 20, Wells 18, Oliver 12, Morrison 9; Olaseni 8, Koch 7, Hoffmann, Loesing. N.e. Obiesie, Hadenfeldt, Albus. All. Wucherer

Sassari: Smith 15, McGee 8, Pierre 19, Thomas 14, Cooley 4; Spissu 4, Carter 1, Gentile 10, Polonara 6. N.e. Re, Devecchi, Magro. All. Pozzecco

Note – Tiri liberi: Wurzburg 15/20, Sassari 14/21. Tiri da tre: Wurzburg 8/29, Sassari 5/23. Rimbalzi: Wurzburg 31 (Oliver 11), Sassari 36 (Polonara 9). Assist: Wurzburg 18 (Wells 10), Sassari 12 (Smith e Thomas 3).

Un intero paesino di 9mila abitanti a fare il tifo per la loro beniamina dall’altra parte del mondo. E lei, nonostante i pronostici sfavorevoli, riesce a vincere. E’ la storia di Barbara Pozzobon, 23 anni, di Maserada sul Piave (in provincia di Treviso) che, caparbiamente, si è voluta mettere in gioco nella maratona acquaticaSanta Fe – Coronda.
In cosa consiste? Ben 57 km da percorrere nuotando nelle acque del fiume argentino Coronda, prima tappa del Fina Open Water Swimming Grand Prix 2017. Una competizione estenuante e prestigiosa, giunta alla 43esima edizione, riconosciuta e ammirata sia per la sua difficoltà che per la sua tradizione: a seguirla, infatti, c’erano circa 100mila spettatori.

Quella di Barbara è un’autentica impresa: tra bracciate e crampi dolorosissimi, la nuotatrice tesserata alla società Usd Hydros ha sbaragliato la concorrenza delle altre 15 donne in gara, tagliando per prima il traguardo con un tempo di 8 ore 53’ 42’’. Un debutto da sogno alla prima apparizione in Coppa del mondo di gran fondo: nella storia della “Santa Fe – Coronda” è il primo successo di una nuotatrice azzurra.

E pensare che Barbara nemmeno doveva esserci: gli organizzatori, infatti, a causa delle numerose richieste di partecipazione, l’avevano inserita tra le riserve per dare spazio a chi, in passato, aveva già disputato una gara nella Coppa del mondo. Dopo il forfait di un’atleta e le pressioni della Federazione italiana che si è esposta come garante, la nuotatrice ha ottenuto il pass per la maratona.

Certo che il viaggio in Argentina costa, costa davvero tanto. Come fare? Ecco che dietro al trionfo sportivo c’è anche il successo umano di un paese che ha spinto per vederla gareggiare, tanto da finanziarle il viaggio.
Barbara si è rivolta a un paio di aziende che, poi, autonomamente hanno organizzato un colletta coinvolgendo praticamente ogni abitante di Maserada. Sono arrivati a mettere insieme circa 2mila euro, una cifra sufficiente per pagare parte delle spese.
Ma non è tutto: come una finale Mondiale di calcio, i più “scalmanati” hanno provato a seguire la gara in diretta streaming dal bar del paese. La connessione non era il massimo, ma l’entusiasmo, quello sì, c’era tutto.