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Nello sport ci sono momenti che durano centesimi di secondo, si prolungano per qualche attimo, e diventano leggenda. Prendete la disciplina in cui l’imprevedibile è nel diametro di un canestro. Il basket, appunto. Meglio se americano. All’Air Canada Centre di Toronto, i Raptors e Philadelphia disputano gara 7 delle semifinali NBA di Eastern Conference. Il punteggio è di 90 pari e Toronto ha l’ultima occasione per evitare l’over time con una rimessa da metà campo. Leonard Kawhi esce dai blocchi e riceve palla per l’ultimo possesso di quattro secondi.

Va in penetrazione laterale e cadendo va in arresto e tiro. La sirena suona subito dopo che le mani hanno lanciato il pallone verso il canestro. L’azione è quindi valida in ogni caso. Il pallone sbatte sul cesto, ma non cade. Rimbalza, assorbe i respiri degli spettatori nell’impianto canadese. E poi entra. Sono i due punti decisivi che spediscono Toronto nel paradiso della finale di Eastern Conference contro Milwaukee Bucks. Quello di Kawhi, ala piccola americana classe 1991, il giocatore più forte di Toronto, in America è chiamato un buzzer beater, un battisirena. Nella Western Conference la finale sarà tra Portland e i campioni uscenti di Golden State.

Kawhi subito dopo il canestro sulla sirena

A Genova allo stadio Pierluigi Ferraris, nell’amichevole tra Italia-Ucraina, sarà la serata dei ritorni.

Ritorna la Nazionale che ritorna nel capoluogo ligure; ritorna anche Mancini a Genova dove ha vissuto anni indimenticabili da calciatore della Sampdoria e ritorna anche Sebastian Giovinco a vestire la maglia azzurra.

In effetti sarà così, la Formica Atomica torna  a giocare per l’Italia dopo un’assenza lunga 3 anni. È stato infatti il lontano 13 ottobre 2015 l’ultimo match in cui Giovinco ha indossato la maglia della nazionale, partita valida per le qualificazioni a Euro2016 vinta contro la Norvegia per 2-1.

Dopodiché il vuoto. Il trasferimento al Toronto in Major League Soccer ha fatto uscire il fantasista dai radar dei commissari tecnici: Antonio Conte e Gian Piero Ventura.

Ora la chiamata di Roberto Mancini, in un periodo di conoscenza da parte dell’allenatore che vuole cercare di capire quali migliori soluzioni da adottare in Nations League, ma soprattutto in ottica qualificazioni a Euro2020.

 

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Noi di Mondiali.it infondo ci abbiamo sempre creduto. Abbiamo più volte pensato che l’Italians Sebastian Giovinco meritasse una convocazione in Nazionale. Dal suo trasferimento in Canada, il numero 10 ha comunque fatto sempre parlare di sé a suon di gol e di prestazioni esaltanti in un campionato che sta crescendo di anno in anno.

Leader e trascinatore dei Reds, “The Atomic Ant” (come lo chiamano oltreoceano) ha vinto 3 Canadian Championship, una MLS Supporter’s Shield e soprattutto la MLS, vinta lo scorso anno.

Dal suo arrivo a Toronto, la sua squadra è sempre stata a livelli alti: sia in campionato che a livello continentale. Con la maglia dei reds è andato a segno per 82 volte e detiene il record di miglior marcatore della storia della squadra canadese.

Per quello dimostrato dentro e fuori dal campo, Roberto Mancini ha deciso di dare una chance all’ex calciatore di Parma e Juventus. Non dovrebbe partire negli undici titolari, ma potrebbe avere possibilità a partita in corso. Il ct crede in lui.
Inoltre, ora come ora, il campionato americano è cresciuto in maniera più che evidente, grazie soprattutto all’arrivo di campioni europei, tra cui anche Zlatan Ibrahimovic. Non è da meno rispetto ad altri campionati anche europei in cui non c’è più equilibrio.

Sebastian Giovinco stavolta non è  riuscito a guidare il Toronto FC alla vittoria. I canadesi sono usciti sconfitti dalla finale di Concacaf contro il Chivas di Guadalajara del mister Matias Almeyda. 

La Formica Atomica, nonostante una prestazione da grande campione, condita anche con la rete del 2-1 che ha permesso di riacciuffare il risultato dell’andata, non ha avuto l’onore di alzare la coppa al cielo dopo i fatali rigori.

The Atomic Ant ha avuto la freddezza e la scaltrezza di segnare il 2-1 che ha permesso i canadesi di andare ai calci di rigore.

Un gol bellissimo che ha ancora confermato il talento del numero 10, idolo dei tifosi Reds.

Dal dischetto però qualcosa è andato storto, i nordamericani hanno commesso errori al contrario dei messicani.

The Atomic Ant si è “consolato” ricevendo il Golden Ball della competizione grazie alle maiuscole prestazioni fatte nella doppia sfida in finale.

La squadra di Almeyda  è riuscita ad alzare la coppa di Concacaf e quindi avrà la possibilità di andarsi a giocare il Mondiale per club il prossimo dicembre contro le altre squadre vincitrici delle coppe continentali.

Un Italians sconfitto, ma un’ex conoscenza del calcio italiano che ha trionfato. Almeyda infatti ha giocato in Serie A con il Brescia, Parma, Lazio e Inter.

Dunque neppure a Toronto riesce l’impresa di spezzare il monopolio messicano. Dal 2008, la Concacaf Champions League è stata conquistata per 10 volte da team della Liga MX. Non bastasse, in queste dieci edizioni, le messicane hanno piazzato anche sette finaliste.

Stavolta non è bastato Sebastian Giovinco a guidare i Toronto Fc. I canadesi infatti, nella gara d’andata della finale di Concacaf (la Champions League americana), sono stati sconfitti dal Chivas Guadalajara guidati dall’ex conoscenza del calcio italiano, Matias Almeyda.

La squadra di Giovinco è stata battuta in casa alloa BMFO Bield per 2-1. Per i Reds una partita comunque positiva in cui la Formica Atomica anche se non ha timbrato il cartellino ha certo fatto vedere sprazzi del suo talento.

Il numero 10 è andato più volte vicino al gol con una delle sue perle: una punizione al 31’ terminata poco fuori. È invece andata in rete la pennellata di Pulido. The Atomic Ant poi ha dispensato lezioni di calcio. Come quando al 43’ ha ricevuto palla da Altidore e con un tacco prodigioso ha messo l’attaccante di fronte al portiere. L’americano ha poi sbagliato disperatamente.

Il risultato mette comunque alle strette la squadra di Giovinco che al ritorno sarà costretta vincere con due gol di scarto se vogliono coronare il sogno di vincere la Concacaf.

Toronto ha eliminato nei quarti il Tigres, quarta in Messico; nelle semifinali il Club America, terzo, mentre il Chivas, allenato dall’ex laziale (ma anche Inter, Parma e Brescia) Matias Almeyda, una delle due società mai retrocessa, è nei bassifondi della classifica.
La Champions League americana da quando nel 2008 è stata cambaita, è dominata da squadre messicane. Infatti è stata vinta per 9 volte da team della Liga MX e altre sette finaliste. Solo il Real Salt Lake City (nel 2010/11) e il Montreal Impact (nel 2014/15) avevano spezzato il dominio, senza però riuscire ad alzare il trofeo. Nella storia di questa competizione appena due squadre Mls l’hanno vinta: il D.C. United nel 1998 e il Los Angeles Galaxy nel 2000.

Come spesso accade al Toronto Fc è l’italiano Sebastian Giovinco a guidare la squadra alla vittoria.

Così è stato anche in Concacaf Americana contro i messicani dell’America.

The Atomic Ant, che intanto ha avuto il piacere di essere “celebrato” da una famiglia americana che ha deciso di chiamare il proprio figlio con lo stesso nome del numero 10 del Toronto, ha aperto le marcature nella gara di andata della semifinale della Champions League americana. Il match è terminato 3-1.

Trascinando la propria squadra, Sebastian Giovinco è stato anche nominato come migliore in campo. Non solo il rigore trasformato dal dischetto, ma anche un assist al bacio per il compagno di squadra Jose Altidore.

 

Il match è stato avvincente tra due squadre che hanno voluto dimostrare di non essere giunti in semifinale per caso. Enorme la posta in palio e non solo dal punto di vista sportivo, con il Club America strafavorito e otto volte vincitore della competizione, accolto da tutto il calore del BMO Field.

Il 3-1 per i canadesi è importante, ma non decisivo in vista della gara di ritorno, per tutto il movimento calcistico nordamericano e una certificazione della nuova competitività della MLS contro squadre più ricche, consapevoli ed attrezzate come quelle messicane. Il tutto a discapito di un’immagine che al di qua dell’Atlantico resta snobbata dietro a luoghi comuni che nascondono la poca conoscenza della realtà sul campo.

Una cosa è certa Giovinco non mollerà la presa e continuerà a trascinare i canadesi verso la finale.

La doppietta di Zlatan Ibrahimovic regala uno slancio in più alla competizione calcistica americana che più di ogni altra al momento sta appassionando il popolo a stelle e strisce.

Dopo l’esclusione ai Mondiali di Russia 2018 che, come è successo anche alla nazionale azzurra, è una ferita aperta difficile da accettare, adesso si guarda avanti e si concentrano tutte le attenzioni sulla Major League Soccer, il più importante campionato nordamericano di calcio per club.

La competizione ha preso il via lo scorso 3 marzo e sono diverse le squadre che si contendono il titolo. E, dopo la partita dello scorso 31 marzo, tra queste viene promossa a pieni voti anche la squadra dei Los Angeles Galaxy, dove ha esordito in grande stile il calciatore svedese Ibrahimovic.

I risultati della scorsa stagione per il Galaxy non sono affatto soddisfacenti. Basti pensare che nell’ultima competizione sono arrivati ultimi. Ma con l’arrivo di Ibrahimovic si torna a sperare in un cambiamento e in una ripresa che può portare l’intera squadra al successo di un tempo. Anche perché le sue avversarie non sono proprio da sottovalutare, cominciando dalla prima classificata del campionato precedente, il Toronto.

Le punte di diamante della squadra americana la rendono quasi imbattibile. Primi fra tutti il nostro italians Sebastian Giovinco, che ha portato il Toronto alla vittoria, innalzando la coppa della Major League Soccer 2017.

Il capocannoniere, che ha all’attivo ben 16 gol, è affiancato da giocatori altrettanto forti come l’ex Chievo e Roma, Michael Bradley, e Víctor Vázquez, per formare un team che vuole ad ogni costo mantenere il titolo anche quest’anno.

Ma anche le altre squadra in gara non si lasceranno vincere senza combattere. A cominciare da una delle più giovani, l’Atlanta United, che promette di regalare parecchie sorprese in Mls. I giocatori, allenati dall’ex ct del Barcellona e della Nazionale argentina Gerardo  Martino, stanno già appassionando gli spettatori della competizione che vedono in questo nuovo team, che ha giocato la sua prima partita nella Major League Soccer proprio l’anno scorso, la rivelazione del campionato.

E la curiosità intorno a questa squadra cresce ad ogni partita, contribuendo ad aumentare anche l’affluenza dei tifosi allo stadio.

Secondo le statistiche, l’Atlanta United nel 2017 ha attirato ben 8000 persone in più rispetto alla squadra più famosa dei Seattle Sounders. Infatti, nonostante l’esperienza in Mls più radicata di altre squadre, il club guidato da Brian Schmetzer, di cui uno dei proprietari è addirittura Paul Allen, l’ideatore di Microsoft, sembra attirare meno attenzione rispetto a squadre emergenti. Se i suoi risultati nella competizione odierna non saranno di rilievo, il Seattle Sounders rischia di perdere popolarità.

Anche il Los Angeles FC potrebbe emergere e superare la fama che nel tempo hanno acquisito i giocatori del Seattle Sounders. Al suo debutto qui al torneo di Major League Soccer 2018, ha tutte le carte in regola per crescere di livello e affermarsi fra le più forti. Nonostante la recente sconfitta contro la squadra di Ibrahimovic, ha un allenatore già noto nel mondo del calcio per i suoi risultati, Bob Bradley, e alcuni giocatori di punta come il messicano Carlos Vela, acquistato direttamente dal Real Sociedad.

Tra club emergenti e vecchie potenze del calcio americano la Mls promette di essere teatro di colpi di scena anche quest’anno. E l’America, delusa e ferita dalla mancata partecipazione alla competizione mondiale come non succedeva dal 1986, ha davvero bisogno di concentrare le attenzioni su un tipo di calcio capace ancora di regalare emozioni, in attesa di vedere rinascere la nazionale americana e tornare ad essere la squadra di un tempo.

 

Che la Formica Atomica, Sebastian Giovinco, stesse facendo bene in America è sotto gli occhi di tutti. Nelle ultime uscite in Concacaf ha trascinato il Toronto in semifinale.

Tuttavia stavolta non è stato direttamente la stella del calcio italiano in Mls a far parlare di sé, ma una giovane coppia di Humble, in Texas, che hanno avuto la particolare idea di chiamare il proprio figlio proprio come il numero 10 della squadra canadese.

I genitori 26enni, Jorge e Noelia Pedraza, lo scorso 8 marzo hanno gioito per la nascita del loro primo bambino, con la consapevolezza e la convinzione di dare i nome al neonato, Sebastian Giovinco Pedraza.

I due coniugi pare che siano stati sempre d’accordo a dare questo nome al proprio figlio l’unica cosa in cui hanno discusso è stata che la mamma preferiva chiamarlo solamente Giovinco, il papà ha insistito nel mettere anche Sebastian.

La giovane Noelia, raccontando la storia al sito Toronto Star, ha sottolineato che ha sempre stimato la Formica Atomica che tra l’altro pare che assomigli all’attore Theo James.

L’incredibile vicenda dal Texas e arrivata in Canada a Toronto, alle orecchie del vero Giovinco, il quale pare che abbia piacevolmente gradito.

Un’altra cosa da evidenziare è che la famiglia Pedraza nemmeno tifa Toronto Fc, ma Dynamo Houston. Le due squadre si sfideranno alla ripresa del campionato americano e che non sia un modo per fare intrecciare i due Giovinco.

È stato ed è tuttora uno dei calciatori italiani più amati e che più rappresenta l’Italia all’estero. Con la vittoria del campionato prima e della coppa poi, è entrato ancor di più nel cuore di tutti i tifosi oltreoceano.

Sebastan Giovinco stavolta ce l’ha fatta. Nel remake della finale dello scorso anno contro Seattle Sounders, il Toronto FC ha vinto la Coppa Major League Soccer 2017, guidata proprio dalla Formica Atomica.

Davanti al proprio pubblico, i Reds hanno dominato il match con una prestazione super di tutta la squadra. Tuttavia per i gol c’è stato bisogno proprio del talento italiano che ha acceso la miccia, offrendo prima l’assist al gol di Jozy Altidore e poi passando il pallone decisivo per la seconda marcatura.

Una vittoria che The Atomic Ant ha sentito molto, perché dopo la delusione dello scorso anno (sconfitta ai rigori) c’era bisogno di un riscatto, e così è stato: vittoria prima della Canadian Championship 2017 e poi il Supporters’ Shield (la coppa che si porta a casa chi vince la regular season), battendo il record di punti durante la stagione regolare con 69 punti contro i 68 dei Los Angeles Galaxy nel 1998 ed eguagliando anche il numero di vittorie dei Seattle Sounders; infine la vittoria finale nei play-off della Major League Soccer, conquistando così il titolo della stagione regolare e la MLS Cup, divenendo il primo club canadese a vincere i due titoli.

Il numero 10 italiano si gode il trionfo con una città che lo ha accolto bene e che ora lo venera quasi come una divinità. Il calore dei tifosi e l’aria positiva che si respira nello spogliatoio del team canadese gli permettono di vivere appieno quest’avventura iniziata nel gennaio 2015. In una lettera di qualche settimana fa ha manifestato tutto il suo amore per la città canadese e le dichiarazioni post gara non hanno fatto che confermare il suo pensiero: quello di restare a Toronto, perché ci sono altri obiettivi da raggiungere.

Questa stagione è stata brillante per il trentenne ex Juve e Parma. Tanto si è parlato della sua esperienza in America e c’è chi sperava in una sua convocazione nell’Italia per il beffardo playoff perso contro la Svezia.

I complimenti per la vittoria sono arrivati anche dalla società bianconera via Twitter

Dario Sette

È atterrato a Toronto in una fredda giornata di febbraio nel 2015 ma, sin dai primi passi, ha capito che l’avventura in Canada sarebbe stato qualcosa di speciale. In effetti è così. Da subito Sebastian Giovinco si è ambientato in un campionato diverso da quello italiano. Un’altra cosa però ha portato via dal calcio italiano , oltre al talento: la voglia di vincere!

In una lettera commovente, il numero 10 del Toronto Fc ha voluto descrivere i suoi tre anni nella città canadese che lo ha accolto come un campione e lo venera come un divinità.

“Sono arrivato a Toronto da quasi tre anni e ci sono due cose che devo ancora vedere. Una sono le Cascate del Niagara. E ci andrò, alla fine. Ma prima, c’è qualcos’altro che voglio vedere. Che devo vedere: il Toronto FC che vince la MLS. L’anno scorso ci siamo andati abbastanza vicini, ma andarci vicino non è abbastanza. Vengo dall’Italia e lì ho giocato per la maggior parte della mia carriera. E in Italia abbiamo detto questo: è come andare a Roma e non vedere il Papa. Ora, non voglio confrontare il titolo della MLS con una visita in Vaticano o altro, ma …. Non sono venuto fin qui per non vedere Toronto vincere un campionato. Questo è tutto.

Ricordo il primo campo che ho calcato a Torino da bambino. Non c’era erba, solo sporcizia e linee di gesso che mi avrebbero polverizzato in qualsiasi momento con una caduta o una scivolata sbagliata. Su questo terreno difficile, se fossi caduto, è probabile che mi sarei rotto qualcosa. Ma quel campo era tutto quello che avevamo. Non c’era un grande cinema o un centro commerciale nella nostra città. Niente. Potevi giocare a calcio o … potevi giocare a calcio. Solo su quel terribile campo. Ma senza esso, non avrei iniziato a giocare a calcio. Non ero come gli altri bambini italiani che sognavano di giocare in Serie A. Non l’ho nemmeno guardato tanto in televisione. Per lo più rimanevo in giro con mia madre. Lavorava al piccolo bar che mio zio ha possedeva. Ma poi, ci sarebbe stato quel campo.

Passavo tutto il tempo con i miei amici. A volte vorrei guardare i ragazzi che giocano a calcio su quel campo. Alcuni squadre regionali. Un giorno, la squadra locale stava giocando a una partita 7 contro 7 e mancava un giocatore. All’epoca avevo solo sei o sette anni e i ragazzi della squadra erano molto più vecchi. Penso fossero disperati perché – visto che ero l’unico in giro – mi hanno buttato dentro.

E subito avevo capito: tutto sarà diverso per me. Giocare a calcio … mi ha reso felice. È stato divertente. Mi ha aiutato a crearmi nuovi amici. Quando sono tornato a casa quel giorno ho detto a mio padre della squadra e che volevo continuare a giocare per loro. Il giorno dopo sono tornato. E il giorno dopo pure.Ho iniziato come centrocampista, mi piaceva fare assist. Ma poi ho capito che l’unica cosa che mi rendeva più felice di fare un assist per un gol, era farlo. Per me, i gol erano la cosa più importante: è come vincere.

Divenne una specie di scuola per me. Ho passato tutto il tempo ad allenarmi con questa squadra: si chiamava San Giorgio Azzurri. Avrei giocato ovunque potevo, in una piazzola, nei parchi cittadini, e anche nel piccolo appartamento della mia famiglia con il mio fratellino, Giuseppe. Era un piccolo posto per noi quattro. C’era solo una camera da letto, quella per miei genitori, i capi. Io e mio fratello abbiamo dovuto dormire nel salotto. Durante la giornata giocavamo a calcio contro pareti di casa. Mia madre impazziva.

Almost the same @giuseppegiovinco

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Non avevamo molto. Vivevamo a sole 15 miglia dallo Stadio delle Alpi, ma non abbiamo mai comprato i biglietti per guardare la Juventus. Sicuramente non potevamo permetterci di comprare qualsiasi cosa. Ricordo che mio padre, che era un duro lavoratore, ha dovuto risparmiare un intero anno per comprarmi i miei primi scarpini da calcio. Scarpette, scarpini, qualunque cosa: non mi importava. Essere sul campo era l’unica cosa che contava.

Dopo un anno con la mia squadra, uno scout della Juventus mi ha invitato a giocare per le giovanili del club. Probabilmente sembra folle, ma fu così veloce. Un giorno stai giocando per la tua piccola squadra locale e poi ti chiama un club di Serie A. Almeno questo è stato per me. Un giorno un signore si è presentato, ha parlato con me e mio padre, e il giorno successivo facevo parte del vivaio della Juve.

Vivevo vicino al centro sportivo, sono quindi rimasto nella casa dei miei genitori. Ogni mattina mio padre mi portava al campo con la sua piccola Renault 5. Quindi tornava a casa, prendeva mia madre e la lasciava al bar dove lavorava. Alla fine della giornata, prendeva la mamma e la portava a casa in modo da poter preparare la cena mentre finivo l’allenamento. Vi giuro che ha fatto così tanti chilometri su quella piccola Renault che avrebbe dovuto cambiare auto ogni due anni.

Mio padre non era un fan del calcio. È stato un tifoso del Milan in quanto veniva da Milano, ed era la squadra più forte in quegli anni. Ma non ha mai giocato o visto una partita di calcio su un televisore. Quindi lui era contento di vedermi giocare alla Juventus finché io sarei stato felice di farlo.

Ma per un po’ non fui felice. Quando avevo circa 15 o 16 anni avevo tempo solo per giocare. E molte volte tornando a casa, salivo in macchina e piangevo. Un giorno, papà fermò la macchina. “Seba,” disse, “non ti voglio riportare lì domani.” Lo guardai in faccia, asciugandomi le lacrime: “Perché?” “Perché non ti porto qui per piangere.” Ho pensato per un momento: ok, non ho intenzione di piangere. Devo solo lavorare sodo. E vincere. Cosa che, onestamente, era tutto ciò che si aspettava il club. Niente lacrime. Zero. C’è questa mentalità alla Juventus. È abbastanza semplice ….Vincere. Ti insegnano il rispetto e il vincere con rispetto. Ma alla fine della giornata, conta solo una cosa. Aver vinto. Quella mentalità mi è stata inculcata dal momento in cui sono arrivato alla Juve. Vincere e basta.

E quando ho compiuto 17 anni avevo la possibilità di firmare il mio primo contratto ufficiale con la Juventus. Da quando ero piccolo, mio padre veniva con me. Avevo bisogno che mio padre venisse con me per firmare la carta per un nuovo appartamento. Era una delle prime cose che ho comprato per la mia famiglia: una stanza per tutti.

Ricordo la prima volta che ho fatto un passo sul campo allo stadio. Non era niente di simile a quello del mio primo campetto. Stavo giocando accanto a Del Piero, stavo servendo Trezeguet. Sono stato orgoglioso di aver lavorato per tornare in Serie A dopo solo una stagione. Non credo che avrei avuto l’opportunità di giocare tanto se non fossi stato in Serie B. Ma la promozione non era qualcosa di cui si parlava molto. Come ho detto, c’è solo una cosa che conta alla Juventus. E non importa come sia fatto. E per me, come sempre, tutto ciò che contava era che io fossi in campo.

Ma dopo qualche anno, sapevo che non avrei avuto più molti minuti in campo con la Juventus. Sono andato in giro per l’Italia con un paio di prestiti, e mentre il mio contratto alla Juve giungeva al termine ho iniziato a pensare di trasferirmi in MLS. Toronto fu il club che mi raggiunse e il colloquio tra le parti fu abbastanza veloce. Quindi, da quel momento c’era solo una squadra di cui mi importava: Toronto Fc. Entro due o tre giorni abbiamo raggiunto un accordo. Sarei venuto a giocare a Toronto.

La prima volta che sono arrivato a Toronto è stato nel febbraio 2015. E quando il mio aereo è atterrato … beh … diciamo solo che il freddo è la cosa che mi ricordo di più di quel giorno. Quello, e le centinaia di tifosi che sono venuti ad accogliermi in aeroporto.

E ho imparato due cose da quel momento:
1) che una giacca di Canada Goose mi terrà sempre al caldo (la squadra me ne diede una il giorno in cui ho atterrai);
2) che i tifosi di Toronto Fc saranno sempre accanto a noi.

Non credo di sapere quanto fosse bella questa città. È strano. È una sensazione strana. Ho giocato per altri club in altre città, e so non è facile spostare la propria vita, la propria carriera. Non è facile arrivare in un nuovo posto e avere i tifosi che ti accolgono. Ma a Toronto mi sono sentito subito a casa. Tutti volevano fare una sola cosa. Vincere. E lo abbiamo fatto.

Nel 2015, la mia prima stagione qui, abbiamo fatto la postseason per la prima volta nella storia del team. Ma credo che ci fosse un altro ostacolo davanti a noi. Dopo aver conquistato il nostro posto ai playoff, abbiamo festeggiato troppo. Abbiamo perso i nostri ultimi due match di campionato. E poi siamo stati eliminati nel primo round dei playoff a Montreal.

Vedi, c’è questa altra parte della mentalità della Juventus che penso che dobbiamo imparare qui a Toronto. Si vince oggi, si smette di festeggiare oggi e si passa avanti.

Quella sconfitta contro Montreal, però, è stata per me un’emozione. Volevo dimostrare qualcosa alla squadra, alla città. Volevo mostrare perché sono qui e cosa potevamo fare. Tutti hanno imparato da quella partita. Era una sorta di inizio di un viaggio per la nostra squadra. Abbiamo pensato che potevamo farcela nel 2016. Abbiamo imparato da Montreal nei playoff ma poi lo abbiamo rifatto in finale.

Ma, quella finale. Voglio dire, cosa puoi dire veramente su di essa? Se devo essere onesto, ho avuto questa sensazione un paio di giorni prima. Non lo so, c’era solo qualcosa dentro la mia mente che mi diceva che le cose non sarebbero andate per il verso giusto. Ho parlato con un paio di miei familiari e amici di questa cosa. E tentarono di scuotermi per il giorno della finale. Abbiamo avuto le nostre opportunità, ma non siamo riusciti a finirla. Non ho potuto finirla. Potrei chiedermi cosa sarebbe successo se non fossi uscito dal campo per crampi. Potrei chiedermi cosa sarebbe successo se avessi fatto questo o quello. Ma credo sia la stessa cosa di se vinci o perdi … devi andare avanti. Devi andare avanti.

Così abbiamo fatto i piccoli cambiamenti qua e là che dovevamo fare. Ed eravamo già abbastanza forti, per il semplice fatto che abbiamo due grandi giocatori:

C’è Michael Bradley. E ‘il nostro leader sul campo e nello spogliatoio. E dopo tutto quel tempo passato a giocare a Roma anche il suo italiano è abbastanza buono (forse anche meglio del mio!). Ma la cosa più importante è che lui sta dando consigli ai giovani e ci carica tutti prima di una partita.

E c’è poi Jozy. E ‘il mio uomo. È divertente, nel mio primo anno in MLS nessuno conosceva il mio stile di gioco, così potevo mettere a segno tanti gol quando i compagni mi servivano in area. Il secondo anno, immagino che gli avversari mi siano stati più attaccati. Sono stato coperto un po ‘di più. Ma quei ragazzi, come Jozy, si sono allenati per migliorare. E lo hanno fatto. Non lo so, io sento questo legame naturale con lui sul campo. Non abbiamo lunghe conversazioni prima di una partita. Andiamo là fuori e sappiamo dove l’altro sta andando.

Immagino che non sto veramente chiacchierando molto con nessuno, davvero. Forse è una cosa linguistica. Ma poi ci sono ragazzi che dimostrano sul campo il loro parlare. Del Piero era molto simile. E quando non parlo, ascolto. Sto ascoltando i nostri tifosi. Sarò onesto: ancora non capisco molti dei cori (sto imparando!), ma sento quando il mio nome viene cantato dalla folla al BMO. L’ho sentito. E lo sento.

Chiama la nostra stagione un ritorno, una storia di redenzione, qualunque cosa tu voglia. Siamo stati in cima tutto l’anno. Ma non siamo soddisfatti. E dopo ogni vittoriafermiamo i festeggiamenti e andiamo avanti. E non ci fermeremo finché non lo vedremo: uno scudetto a Toronto. E poi – dopo che ci vedrò sollevare la Coppa del MLS – so cosa farò.

Inoltre, sento che il lato canadese delle cascate del Niagara è molto più bello.”

Grande Seba!

Dario Sette

La stagione in Major League Soccer entra nel vivo. Sta per concludersi la Regular Season e vogliamo fare il resoconto degli Italians che giocano nel campionato di soccer Americano, in vista della fase finale.

Come ben sappiamo il la stagione del calcio statunitense si divide in Western ed Eastern Conference. I nostri cinque italiani, che giocano in America (tutti in Eastern Conference), hanno saputo mettersi in mostra anche quest’anno.

Tra tutti, però, ha bisogno di un capitolo a parte, Sebastian Giovinco. La Formica Atomica ha ancora una volta fatto uno stagione sopra tutti e ha guidato il Toronto Fc alla fase finale della stagione, chiudendo al primo posto la classifica della Eastern Conference.

Il numero dieci della squadra canadese ha chiuso con 16 reti la classifica marcatori e sei assist, contribuendo appieno al risultato finale in classifica generale.

Le belle prestazioni in campo hanno dimostrato che l’attaccante classe ’87 è ancora in ottime condizioni e potrebbe essere utile anche all’Italia in vista dei playoff oltre che in un Mondiale futuro nel 2018. Lo stesso Sebastian ha ribadito di pensare all’azzurro, ma che forse il ct Ventura “snobba” il campionato a stelle e strisce.

Tantissime le belle reti realizzate da Giovinco, non ultima l’imparabile punizione contro l’Atlanta United. Ma oltre ai gol, The Atomic Ant (come lo chiamano in Usa) è oramai parte di un gruppo solido che sogna di arrivare in fondo alla stagione e provare a vincere il titolo MLS, sfuggitogli di mano lo scorso anno ai rigori davanti ai propri tifosi.

Un altro focus importante ha bisogno un veterano del calcio italiano e azzurro: Andrea Pirlo. Il campione del mondo 2006 ha deciso di appendere gli scarpini al chiodo al termine del 2017. Con il New York City Fc è riuscito a piazzarsi al secondo posto in classifica, volando così ai playoff della fase finale. Il talento bresciano proverà a guidare i suoi compagni a una storica vittoria che per lui sarebbe una vera e propria ciliegina sulla torta dopo una quantità innumerevole di trofei vinti lungo tutta la sua carriera. Il Maestro (come lo chiamano a New York), dopo il calcio, dedicherà il suo tempo alla famiglia e al relax, tuttavia nelle prossime settimane cercherà di dare il massimo per la squadra.

Un’annata un po’ storta l’hanno vissuta i due italiani del Montreal Impact: Marco Donadel e Matteo Mancosu che non sono riusciti a strappare il pass per i playoff e che quindi escono di scena per questa stagione. Il centrocampista ex Fiorentina ha avuto problemi fisici che lo hanno tenuto lontano dai campi per parecchio tempo, nell’ultima parte della stagione si è rivisto con più costanza e bellissima è stata la rete realizzata contro il Toronto in un caldissimo derby.

Mancosu ha realizzato sei reti in questa stagione in 26 presenze. Un’annata poco prolifica per l’attaccante sardo che tanto bene ha fatto lo scorso anno.

Infine, per chiudere con gli Italians oltreoceano c’è il napoletano Antonio Nocerino che gioca nell’Orlando City.

A dir la verità la poco entusiasmante stagione dei Lions dal punto di vista calcistico ha dato spazio maggiore alla notizia dell’addio di un grande campione come Kakà. Il calciatore brasiliano ha deciso di lasciare il club americano, ma non ha ancora scelto se ritirarsi o provare un’altra esperienza altrove. Tornando a Nocerino, l’ex Milan ha giocato quasi tutte le gare di campionato ma forse è mancato quel guizzo in più alla sua squadra per provare a fare il salto di qualità.

Dario Sette