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Le prime Olimpiadi moderne dispari della storia andranno in scena entro l’estate del 2021. Questa è la situazione dopo che Shinzo Abe, primo ministro del Giappone, ha ammesso l’impossibilità di rispettare la scadenza a causa della pandemia globale da coronavirus. Il Cio, il comitato olimpico internazionale ha appoggiato, inevitabilmente, la decisione confermando però che l’etichetta continuerà ad essere Tokyo 2020.

Dice male al Giappone che si è visto annullare nel 1940 quella che sarebbe dovuta essere la prima edizione casalinga a causa dello scoppio del conflitto mondiale. Dice male anche 80 anni dopo.  Eppure l’Olimpiade, quella reinventata dal barone de Coubertin, ha attraversato crisi, guerre, boicottaggi, ha rischiato, all’inizio della sua avventura, quella che viene cinicamente definita “morte in culla” dopo edizioni caotiche e circensi e ha finito per arrendersi di fronte a un nemico subdolo come sanno essere tutti gli avversari invisibili, i più pericolosi.

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La macchina del tempo porta a più di un secolo fa quando dell’Olimpiade di Berlino rimase solo un manifesto in stile art déco. In quel 1916 era in corso una delle più spaventose battaglie di logoramento della storia: Verdun costò più di un milione di morti francesi e tedeschi. Nel 1920 la ripresa venne affidata a una città martire, Anversa. I paesi che avevano aderito all’alleanza degli Imperi Centrali (Germania, Austria-Ungheria, Bulgaria, Turchia) vennero esclusi su precisa indicazione di de Coubertin. Impensabile pensare alla presenza di una giovanissima Unione Sovietica, alle prese con sanguinosi conflitti interni.

L’edizione del 1936 venne affidata a Berlino, due anni prima della presa di potere di Adolf Hitler. Il progetto di contrapporre ai Giochi un’Olimpiade popolare o dei Lavoratori si arenò di fronte ai primi focolai della guerra civile che avrebbe insanguinato la Spagna dopo il “pronunciamento” di Franco. Il congresso berlinese del Cio assegnò i Giochi del 1940 a Tokyo: la presenza di truppe giapponesi in Cina portò a un conflitto aperto dal 1938. Helsinki prese brevemente il posto della capitale giapponese ma la Guerra d’Inverno tra Finlandia e Urss spazzò via i Giochi. Una teorica attribuzione a Londra, per il 1944, produsse, unica testimonianza, l’emissione di tre francobolli delle poste svizzere che rappresentavano l’Apollo Olimpico.

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Londra ebbe i suoi secondi Giochi, dopo quelli del 1908, nell’atmosfera austera del dopoguerra. Il Vae Victis già pronunciato nel 1920 venne ripetuto: Germania e Giappone non vennero invitati. L’Italia si salvò grazie alla co-belligeranza degli ultimi due anni del conflittoIl 1956 segna l’inizio dell’era dei boicottaggi: Iraq, Egitto e Libano disertano Melbourne per protestare contro la presa del Canale di Suez da parte di truppe franco-britanniche e poco dopo vengono raggiunte da Spagna, Svizzera e Paesi Bassi dopo l’invasione dell’Ungheria ad opera dell’Armata Rossa. Le norme fortemente restrittive sull’importazione di animali in Australia costringono all’organizzazione di Olimpiadi equestri a Stoccolma.  

Le stagioni che portano a Tokyo 1964 sono attraversate da tensioni globali che coinvolgono anche lo sport: il Sudafrica viene bandito dalla comunità internazionale per la politica di apartheid e l’Indonesia rifiuta di accogliere atleti di Israele e Taiwan ai Giochi Asiatici del 1962. È il primo passo del boicottaggio del paese asiatico ai Giochi del ’64, in compagnia della Corea del Nord.

La strage di Piazza delle Tre Culture a Città del Messico e quella del Villaggio Olimpico e nell’aeroporto militare a nord di Monaco di Baviera segnarono i momenti più drammatici e sanguinosi della storia dei Giochi e la nascita dello slogan disinvoltamente coniato da Avery Brundage: “I Giochi devono andare avanti”. Andarono avanti nel ’76, dopo il boicottaggio di 22 paesi africani per le frequentazioni rugbistiche che la Nuova Zelanda continuava a tenere con il Sudafrica messo al bando. Andarono avanti dopo il boicottaggio che il blocco occidentale (con differenti posizioni e modalità) dichiarò nei confronti dell’Urss che aveva invaso l’Afghanistan trasformando i Giochi di Mosca in quelli meno frequentati (80 paesi) dopo Melbourne. E vissero l’ultima dura mutilazione quattro anni dopo, quando la vendetta del blocco socialista (Romania a parte) venne fulminata su Los Angeles: i paesi assenti furono 14 ma rappresentavano il 58% dei titoli assegnati a Montreal.

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L’ultimo boicottaggio di un certo rilievo è del 1988: la Corea del Nord evitò di inviare atleti a Seul e venne imitata da Cuba, Etiopia e Nicaragua. Barcellona 1992 venne salutata come una nuova alba e i 200 paesi che raggiunsero Sydney 2000 contribuirono creare la luce di un giorno pieno.

L’edizione 23 delle Olimpiadi sarà dunque Tokyo 2020+1, anno dispari. Risalendo la corrente del tempo è emerso un precedente, un’altra edizione disputata in anno dispari. E il 369 dopo Cristo  e conosciamo il nome di uno dei vincitori, l’armeno Varazdat, che trionfò nel pugilato a mani nude. Un barbaro “esclamarono” con disgusto gli ellenisti. In seguito sarebbe diventato re d’Armenia.

Fonte: Fidal

Un manga che ha segnato più di una generazione e un cartone animato che ha ispirato più di un futuro campione. Chiamatelo “Holly e Benji” o “Captain Tsubasa” nella versione originale, di certo è un must per gli appassionati di calcio e da oggi, a Tokyo, c’è una stazione ferroviaria totalmente dedicata al fumetto calcistico.

La stazione in questione è la Yotsugi e dal pavimento al soffitto è stata completamente riempita con le immagini del famoso manga: al taglio del nastro c’era anche l’autore Yoichi Takahashi, ma anche il campione spagnolo Andres Iniesta, fan dichiarato e sfegatato dell’anime nipponico. L’ex blaugrana, oggi centrocampista del Vissel Kobe ha detto: «Ricordo gli stili di gioco unici dei personaggi e sono felice di giocare in Giappone, dove è stato realizzato l’anime».

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Entrando nella stazione si compie un autentico viaggio nelle avventure di Oliver Hutton e Benjamin Price, grazie a giganteschi murales che mostrano le gesta dei protagonisti della serie. Camminando all’interno si entra in un campo da calcio, sulle pareti e sul soffitto è un susseguirsi di calci di rigore, parate, dribbling e quei tiri supersonici dei giovani calciatori con le maglie immortali della New Team o della Muppet e  che hanno alimentato la fantasia, e le aspettative, di milioni di giocatori in erba.

A Tokyo la stazione di Yotsugi è già stata ribattezzata come la Mecca per i fan di Holly e Benji. La voce del protagonista è utilizzata negli annunci della stazione, mentre la sigla del cartone è utilizzata per segnalare l’arrivo di un convoglio. Ma c’è di più perché lì vicino ci sono anche le statue dei leggendari fuoriclasse: nel parco adiacente c’è la statua di Holly nel parco, quella più rappresentativa dell’intero allestimento curato in città. Rappresenta il campioncino che, pallone tra i piedi, si stringe al braccio la fascia da capitano. In bronzo e fatta ad altezza naturale, si tratta di una delle prime istallazioni: le altre, in tutto sono otto, sono dedicate a Mark Lenders , a Benji Price, a Bruce Harper, alla mitica Patty e al grandissimo Roberto Sedinho (Roberto Hongo), sono disseminate in giro per il paese. Sulle strade, appese ai lampioni, campeggiano le gigantografie di Tom Becker e degli altri campioni della nazionale giapponese dei cartoni.

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La serie manga è stata pubblicata per la prima volta nel 1981 e in pochi anni è diventata un successo planetario, anche grazie all’anime lanciato nel 1983 in Giappone e trasmesso per la prima volta in Italia nel 1986. Per quarant’anni è rimasta popolare, ancora oggi viene trasmessa dalle televisioni di tanti paesi, e nell’aprile dello scorso anno è partito il remake della prima serie. Un successo puntuale come un treno giapponese.

 

Debutto convincente per l’azzurra Camila Giorgi al Wta Premier di Tokyo per quello che è il primo di una serie di 4-5 tornei prima della chiusura dell’anno.

La netta vittoria sulla giapponese Misaki Doi ha dato buone sensazioni alla tennista maceratese, la quale continua il suo percorso di crescita. Un roboante 6-2 6-1 non ha lasciato scampo alla nipponica la quale si è dovuta arrendere sotto i colpi della Giorgi.

L’azzurra quindi vince e avanza agli ottavi del tabellone e ora la sua avversaria è sicuramente più ostica: la numero 2 del ranking mondiale e testa di serie del torneo, la danese Caroline Wozniacki.

In passato la danese è stata una delle vittime preferite dalla Giorgi, che l’ha superata in due occasioni: prima allo Us Open (2013) e poi a New Haven (2015). Va detto che la campionessa dell’ultimo Australian Open col torneo di Tokyo ha un feeling speciale (l’ha vinto 3 volte), e contro Camila ha vinto tre sfide: tutte però giocate sull’erba, mentre sul cemento l’ha sempre spuntata l’azzurra.

Camila, dunque, puntando sulla velocità del campo proverà a mettere in difficoltà la campionessa scandinava. L’azzurra attualmente è al 37esimo posto nel ranking, ma è la prima tra le italiane.

Intanto, col successo sulla Doi la 26enne marchigiana si è già garantita 55 punti, un terzo del bottino che deve raccogliere per puntare a eguagliare e migliorare la trentesima posizione del ranking, ottenuta nel 2015.

Con gli ultimi tornei da giocare entro la fine dell’anno la Giorgi potrà dare l’assalto alla classifica per raccogliere i punti necessari per completare l’assalto cercato ormai da un paio d’anni, guadagnarsi una testa di serie per il prossimo Australian Open.

Dopo l’oro Olimpico a Rio e il Mondiale vinto a Budapest sui 1500 metri, Gregorio Paltrinieri non ha la pancia piena e punta a nuovi obiettivi:

“Alle Olimpiadi di Tokyo nel 2020 – ammette a margine della presentazione del suo libro “Il peso dell’acqua” al Mondadori Megastore di Milano – punto al triplete. Vincere i 1500 che restano la mia gara di punta ma far bene anche negli 800 e nella 10 chilometri in acque libere. Punto a vincere tutto, avversari permettendo”.

Ora Paltrinieri partirà per l’Australia dove si allenerà per i prossimi sei mesi con l’amico Mack Horton, alla ricerca di nuovi stimoli:

“E’ un modo per trovare nuovi stimoli, provare allenamenti diversi, cambiare dimensione. Al record mondiale non ci penso, non è un’ossessione, ma certamente vorrei abbassare i miei tempi e continuare a vincere”.

E da tifoso juventino non poteva mancare una battuta sulla Juve impegnata questa sera contro il Barcellona:

“Le mie paure ai blocchi di partenza a Rio sono come le paure della Juventus sulla Champions League. Le aspettative di dover vincere a tutti i costi possono avere un effetto boomerang. Per questo dico alla Juventus di non avere paura e di affrontare questa competizione con cuore leggero. Restiamo una delle squadre più forti d’Europa”