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Sospeso tra un capitolo del libro “Cuore” e la modalità “Il viaggio” di Fifa 18 in cui si personifica Alex Hunter, promettente stella inglese sulla rampa di lancio del successo. Sogna la casacca dei Tre Leoni e, proprio come un videogioco capace di catapultare la finzione in uno stato reale, quello che sta vivendo in questi istanti Trent Alexander-Arnold lo sa solo lui.

A 19 anni, scorrendo la lista dei 23 convocati scelti dal ct. Southgate per rappresentare l’Inghilterra al Mondiale in Russia, lui ha trovato il suo nome. Lui che in prima squadra non c’era ancora arrivato. La prima convocazione da adulto, da zero a cento, direttamente alla Coppa del Mondo. E le gambe che vacillano.
Nel Liverpool, di Liverpool, il ragazzo “scouser” terzino destro, classe ’98, si è pian piano conquistato la fiducia di Klopp ed è diventato un titolare del Liverpool, specialmente in Champions League, dove ha saltato appena nove minuti nelle doppie sfide contro Manchester City e Roma.

La città di Liverpool sa essere incantevole quando dal suo freddo Albert Dock sputa storie di ragazzi tenaci. Trent è nato nel quartiere West Derby, qui ha frequentato la scuola elementare cattolica di St. Matthews e, quando aveva sei anni, i Reds ospitano un camp estivo in cui viene invitato il suo istituto. Per una storia magica ci vuole un cilindro da mago, ma questa volta dal cappello non esce un coniglio, bensì il suo nome: Alexander-Arnold viene sorteggiato per frequentare il camp dov’è presente il coach dell’accademia, Ian Barrigan, che vedendolo giocare gli offre la possibilità di entrare nell’accademy del club.

Nella favola di Trent, tra sacrifici e sudore, non ci sono al momento antagonisti o falsi-eroi. Il ragazzo ha la stoffa e si mette in mostra nell’Under 16 e poi nell’Under 18. Ma le sue guance devono far davvero male per i tanti pizzicotti che da allora continua a tirarsi: il suo secondo sussulto della vita, tra un pizzino estratto dal cappello al nome pronunciato dal ct inglese, arriva quando gli dicono:

Ehi Trent, Steven Gerrard ha parlato di te. Nel suo libro autobiografico

A pagina 353 di “My Story”, appare il suo nome. Sul libro di Stevie G., colonna leggendaria del Liverpool rosso. Nella sua testa ronza la voce dell’ex capitano, sentito chissà quante volte nelle interviste. Trent plasma la voce di Gerrard mentre pronuncia il suo nome. Lo storico numero 8 lo vede all’accademia, sa che viene da West Derby, lo paragona a John Barnes, è cresciuto con il suo mito tra i parchi e le case a schiera con gli inconfondibili bricks rossi del Merseyside. Nel suo libro, l’ex capitano dei Liverpool arriva a dire:

Trent ha una terrificante possibilità di diventare un professionista

Ecco la benedizione. Ecco l’incoronamento con tanto di rituale tra idolo e pupillo. E quasi un’investitura per Stevie che è stato il capitano dell’Inghilterra in un’era del football dal forte sapore amarognolo, dal grande potenziale smarrito per strada.

Alexander-Arnold non vuole smarrirsi, sa quello che deve fare. La corsia di destra lo facilita: deve sempre andare dritto, a testa alta. Con il numero 66 sulle spalle, lo “scouse Lahm”, quest’anno ha segnato contro Hoffenheim, Maribor e Swansea: più avversari internazionali che inglese. Un biglietto da visita non male per il Mondiale se poi si aggiungono giocate e chiusure come queste:

Nel 2015 era con la Nazionale Under 17 durante la spedizione in Bulgaria per l’Europeo. Estromessi agli ottavi di finale dalla Russia, il torneo assegnava sei posti per la Coppa del Mondo Under 17 che si sarebbe svolta lo stesso anno in Cile, ma per l’Inghilterra il biglietto passava dallo spareggio contro la Spagna. Alla vigilia del match, esattamente tre anni fa, Trent fu intervistato dalla Federazione inglese e disse:

Non riesco davvero a rendermi conto quanto sia grande questa opportunità al momento. Vengo dal West Derby di Liverpool e non conosco nessun altro della mia zona che abbia giocato in una Coppa del Mondo. Semplicemente non succede a ragazzi come me. Ci proverò così tanto per arrivarci, sarebbe un’esperienza indimenticabile. La prima Coppa del Mondo che ricordo è quella del 2006, vinta dall’Italia. Giocare in un torneo come quello a livello giovanile sarebbe fantastico

Ai rigori, l’Inghilterra sconfisse la Spagna e volò al Mondiale. Ecco, Trent “semplicemente” può succedere anche a ragazzi come te. Sognare un torneo giovanile e trovarsi al centro del mondo, profumando di sogno.