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Gigi Riva, “Rombo di Tuono”, record imbattuto di reti nella Nazionale con 35 in 42 partite, l’attaccante formidabile che nel 1970 ha regalato l’unico scudetto al Cagliari e alla Sardegna in un campionato di cui si ricorda ancora il siluro sinistro ai danni del Milan trasformato in gol a 130 chilometri orari. Ecco lui, con la sua posa plastica, potrebbe essere il primo italiano al quale verrà dedicata una statua da vivo.

L’iniziativa «Una statua per Gigi Riva» è nata nel 2018 da un’idea di Pietro Porcella, insegnante cagliaritano residente in Florida, presidente del Comitato di cui fanno parte anche Nicola, primogenito del bomber nato a Leggiuno, e Adriano Reginato, il portiere del Cagliari oggi 81enne con il quale «Rombo di Tuono» cominciò la carriera. La proposta prende forma attraverso l’azionariato popolare per finanziare l’opera e sul web ha dato il via a un crowdfunding sociale su GoFundMe (qui il link).

Una statua, alta tre metri e 60 cm, che raffigurerà Gigi Riva nel suo famoso tiro mancino, il suo marchio di fabbrica. Eretta a Cagliari, sul lungomare Sant’Elia, davanti al Lazzaretto. E in deroga alla legge 1188 del 1927, articolo 3 , la quale dice che “Nessun monumento, lapide o altro ricordo permanente può essere dedicato in luogo pubblico o aperto al pubblico, a persone che non siano decedute da almeno dieci anni”. 

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«Stiamo rifiutando qualsiasi forma di sponsorizzazione o affiliazione con enti pubblici o società», si legge sulla loro pagina GoFundMe. L’obiettivo è quello di raggiungere 100.000 euro per costruire la statua del campione. E c’è già chi ha messo sul piatto, da solo, 500 euro. «L’eventuale surplus di denaro a operazioni finite sarà destinato a un’opera di bene legata al calcio – dichiarano gli organizzatori – come ad esempio istituire delle giornate di festa alla scuola calcio, dove vengono fatti scendere in campo e assistiti dagli istruttori persone poco dotate tecnicamente o con disabilità, che provano a calciare o colpire di testa».

Se in giro per il mondo, pullulano statue dedicate a giocatori ancora in attività, l’ultimo per esempio è Ibrahimovic in Svezia, Gigi Riva potrebbe essere il primo italiano al quale verrà dedicata una statua da vivo.

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Giocare per la regione in cui si è nati e cresciuti, avendo il carattere e l’idea legata alla propria terra d’origine è segno d’orgoglio.

Con questa idea è nata la Natzionale sarda de bòcia, Nazionale di calcio sarda: squadra che si inserisce tra le “nazioni che non sono Stati”. Un progetto alternativo a quello delle vere nazionali, con una propria federazione alle spalle com’è la Fins, Federatzione isport natzionale sardu.

Il simbolo della Natzionale de bòcia Sardigna, presenti i quattro mori

Potranno essere convocati tutti i calciatori sardi in circolazione e, ovviamente, si strizza l’occhio ai professionisti di Serie A e B. A guidare il gruppo sarà il commissàriu tècnicu, Bernardo Mereu, proveniente dal settore giovanile del Cagliari ma che ha allenato anche l’Olbia il Lega Pro.

L’idea è nata seguendo le orme di altre nazionali già presenti nel panorama del calcio europeo e mondiale: come la Padania (territorio del nord Italia) campione d’Europa nel 2017 e la Transcarpazia (regione ucraina) che si è laureata campione del Mondo lo scorso giugno a Londra.

La nazionale di calcio della Padania vincitrice dell’Europeo 2017

Seguendo proprio i successi della nazionale padana, la federazione sarda ha voluto lanciare la sua formazione di calcio a 11, dopo che sono state create già le nazionali di calcio a 5 e si attende anche il basket.

Ovviamente ora c’è il totonomi dei calciatori che potrebbero essere convocati e che avrebbero addirittura la possibilità di disputare l’Europeo in programma il prossimo anno ad Artsakh, in Armenia.

La manifestazione è organizzata dal Conifa, federazione che accoglie molte rappresentative extra-nazionali e associazioni che non fanno parte della Fifa.

Le prime convocazioni il 10 dicembre e pare che abbiano già risposto presente importanti calciatori di Serie A che hanno vestito e vestono la maglia del Cagliari. Su tutti il centrocampista Andrea Cossu, ritiratosi dal calcio giocato, ma che ha una gran voglia di aiutare questo progetto e di mettere su una bella nazionale.

I sogni non possono essere che il centrocampista Nicolò Barella e il portiere Salvatore Sirigu entrambi però al centro della nuova nazionale italiana guidata da Roberto Mancini.

Nicolò Barella e Salvatore Sirigu con la maglia della Nazionale italiana. Contro gli Usa per la prima volta sono stati schierati titolari due sardi

Dalla squadra cagliaritana avrebbero dato l’ok: l’attaccante Marco Sau, il difensore Francesco Pisano, il portiere Simone Aresti oltre al capitano Daniele Dossena, nato a Parma ma cagliaritano d’adozione dato che i suoi nonni sono sardi e gioca da anni a Cagliari.
Dalla Serie B, invece, dovrebbero fare parte del progetto: il portiere Mauro Vigorito e il centrocampista Marco Mancosu (entrambi a Lecce) e l’attaccante del Pescara Andrea Cocco.

C’è da lavorare se la Sa Natzionale vuole arrivare pronta per l’Europeo 2019 guidati e spinti dall’inno sardo.

È stato uno dei talenti calcistici italiani di assoluti rilievo, uno dei primi ad essere apprezzato appieno anche in un campionato importante e con una tifoseria particolare come è quella inglese.

Stiamo parlando di Gianfranco Zola, uno dei simboli più puri del concetto di Italians. Nei sui anni trascorsi a Londra nel Chelsea ha davvero dimostrato l’essenza di uno sportivo italiano in terra straniera.

Il fantasista sardo, tra il 1996 e il 2003, è riuscito a farsi apprezzare non solo dai tifosi Blues ma da tutti gli inglesi appassionati di calcio. Le prestazioni e la correttezza dimostrata in campo gli avvalgono anche del soprannome Magic Box.

Sette stagioni in Inghilterra e nomina come Membro dell’Ordine dell’Impero Britannico dalla regina Elisabetta. Al suo arrivo l’allenatore era l’ex campione del Milan, Ruud Gullit.

Con la maglia del Chelsea 311 presenze e 80 reti, con la conquista di due coppe d’Inghilterra, una coppa di Lega, una Charity Shield, una Coppa delle Coppe e una Supercoppa Europea. A livello personale, innumerevoli premi come il Giocatore dell’anno della FWA nel 1997 oltre che l’ingresso nella British Hall of Fame.

Nel 2003, inoltre, è stato votato come il miglior giocatore della storia del club e nessun altro ha avuto il coraggio di indossare la sua maglia numero 25, forse un po’ troppo “pesante”.

Ogni punizione calciata da Zola era una sentenza, pochi difensori riuscivano a reggerlo in velocità e i suoi tocchi morbidi a superare gli estremi difensori avversari sono ancora impressi agli appassionati. Ma non furono solo le sue qualità tecniche a far innamorare i tifosi dello Stamford Bridge. Le straordinarie qualità atletiche quali la straripante agilità e velocità, grazie al baricentro basso, ma anche la sorprendente resistenza unite all’impeccabile etica del lavoro e allo spirito di sacrificio, fecero del calciatore sardo uno dei giocatori più forti.

Ai tempi di Londra non era l’unico italiano nel Chelsea. In quegli anni altri calciatori della Serie A, volarono a Londra per provare l’esperienza inglese. Nel 1998 erano addirittura quattro, e tutti titolari, gli azzurri presenti in rosa. Prima del fantasista sardo, Gianluca Vialli, poi l’arrivo dalla Lazio di Roberto Di Matteo e di Pierlugi Casiraghi. Una squadra unica che nel 1999 vide addirittura la figura di Vialli come allenatore e giocatore.

Tra tutti però spiccava la classe e il talento del piccolo sardo, giunto a Londra con molto scetticismo da parte dei tifosi che però in poco tempo si sono ricreduti. Uno dei tanti che rimase folgorato subito da Zola è stato il difensore Scott Minto al suo arrivo allo Stamford Bridge:

Quando arrivò e l’abbiamo visto allenarsi per la prima volta: fu qualcosa di speciale, che non avevo mai visto prima.

Ma Gianfranco Zola non era amato solamente per ciò che riusciva a fare con la palla, Minto sapeva che

Era davvero un ragazzo fantastico. Uno dei motivi per cui lo reputo uno dei più grandi giocatori coi quali ho giocato non ha a che fare col talento, ma col suo essere un uomo-squadra. Era sempre pronto ad aiutarti, a restare di più dopo l’allenamento per farti migliorare, per spiegarti i suoi segreti. Era un professionista esemplare, ma sapeva cos’era lo spirito di squadra. Avevamo altri giocatori forti in quel periodo, ma lui era il migliore di tutti. Il migliore con cui abbia mai giocato!

Un calciatore che è entrato nel cuore di tutti in Inghilterra. Tutti lo ricordano per le sue giocate o per i suoi gol fantastici

A dir la verità è capitato che qualcuno non lo abbia riconosciuto. Un piccolo episodio di quiproquò è successo lo scorso novembre quando, prima del match Chelsea – Tottenham, l’ex campione sardo è stato fermato da uno steward dello Stamford Bridge che non voleva farlo entrare. In quella specifica situazione è stato addirittura l’ex capitano inglese del Manchester Utd, Rio Ferdinand, a difenderlo dicendogli:

Ragazzo, ti conviene farlo entrare, questo campo è suo!

Dopo l’esperienza da calciatore è tornato nuovamente in Inghilterra come allenatore e come commentatore tecnico delle partite di Premier. Da mister tre sfortunate parentesi con West Ham, Watford e Birmingham City.

Sarà un 2018 in cui i ciclisti italiani torneranno a ruggire. Se lo aspettano in molti: gli appassionati, il commissario tecnico dell’Italia Davide Cassani e lo sperano soprattutto loro.

Abbiamo parlato di Vincenzo Nibali e di quella che sarà la sua prossima stagione nel team Bahrain Merida.

Da un isolano a un altro. Dallo Squalo al Cavaliere dei Quattro Mori, Fabio Aru. Il ciclista sardo ha da qualche mese cambiato squadra, passando dall’Astana (ex team anche di Nibali) alla UAE Team Emirates.

La scorsa stagione è stata un po’ altalenante anche e soprattutto a causa degli infortuni. In effetti la rinuncia di essere assente al Giro d’Italia numero 100 è stata assai dolorosa anche per via delle prime tappe corse proprio in Sardegna. Il grave infortunio al ginocchio lo ha lasciato ai box e, in corso d’opera, ha cambiato strategia su quella che è stata la scorsa stagione, optando per la Grande Boucle.

Proprio nel Tour, Aru è riuscito ad indossare, solo per alcune giornate, la maglia gialla e a conquistare una vittoria di tappa. Lo scettro è poi passato a Chris Froome che ha chiuso leader sugli Champs Élysées di Parigi.

Il sardo però ha chiuso i campionati italiani da vincitore tanto che per tutta la corsa francese ha indossato il tricolore. Per il 2018 il Cavaliere dei 4 Mori è pronto per un’avventura, con squadra e spirito nuovo.

A differenza del suo compagno e collega Vincenzo Nibali, Aru non ha ancora ben chiaro il programma per la prossima stagione. Lo Squalo siciliano ha chiarito che non prenderà il al Giro d’Italia, optando per il Tour de France. Il sardo invece è ancora in una fase di studio e non ha deciso ancora il piano per le grandi corse.

Una cosa è certa, sarà presente alla Vuelta di Spagna (così come Nibali) per tenere le gambe allenate in vista dei Mondiali di Innsbruck, che si correranno nel mese di settembre, un percorso duro adatto alle caratteristiche dei due corridori.

 

Convinto che il corridore sardo faccia una stagione ad altissimi livelli è il ct azzurro, Davide Cassani. L’allenatore dell’Italia è sicuro delle potenzialità di Fabio Aru data anche l’esperienza accumulata nel corse delle ultime stagioni.

 Aru ha vinto una Vuelta e un campionato italiano, ha indossato la maglia gialla, è stato protagonista al Tour de France, penso che per avere la consacrazione definitiva debba vincere un Giro d’Italia e penso che abbia le capacità per farlo.

Non ci resta dunque che aspettare la prossima primavera per vedere come starà Fabio Aru al Giro. In effetti, anche se ancora non è arrivata l’ufficialità, sembra molto più probabile la sua partecipazione alla corsa in rosa piuttosto che al Tour de France. Tuttavia c’è da attendere il programma ufficiale dell’atleta.

Il murale di Tortolì, in provincia di Nuoro, in Sardegna, sarà sicuramente ricordato come una delle icone più rappresentative di questo centesimo storico Giro d’Italia. Ha colpito i cuori degli sportivi e degli appassionati per una speciale dedica a Michele Scarponi che, quasi in disparte sull’uscio, si accomiata, con il suo pappagallo sulla spalla, e saluta tutti. Accanto a lui, una frase che lo lega a Marco Pantani.
Ma, quella apparsa sull’edificio, è un’opera che va ammirata e respirata nella sua interezza perché è legata visceralmente al territorio e alle persone che quotidianamente lo rendono luminoso e vivo.
Così abbiamo parlato con l’autore, Franco Mascia, artista poliedrico nato e cresciuto a Tortolì, che ha vissuto a Londra prima di fermarsi a Cagliari. Usa l’arte nella forma più libera, coi colori, con la voce o con l’ironia girando le piazze della Sardegna con la compagnia comica “A sa parte”, capeggiata da Alverio Cau.

Franco, partiamo dall’atmosfera che si è respirata a Tortolì nei giorni precedenti e durante il Giro d’Italia. Si può dire che, forse assieme ai Mondiali di calcio, è l’unica manifestazione sportiva ancora oggi in grado di legare le persone e portarle a scendere in strada?

Per noi è stato sicuramente un evento a livello mondiale, c’erano 180 televisioni di tutto il mondo! Edizioni precedenti del Giro in rosa erano solo nei lontani meandri della memoria di mio padre. Ci sono state davvero tante iniziative come la “bici umana” realizzata con la Pro Loco: all’aeroporto ho disegnato un’enorme bicicletta e circa 800 persone l’hanno riempita, sedendosi. Abbiamo realizzato anche le panchine d’autore con una firmata dalla maglia rosa e dai ciclisti che hanno fatto tappa

E quindi, tra le varie idee, a te è venuto in mente di realizzare un murale?

Sì, ho visto l’opportunità di vestire a festa il mio paese, così ho proposto l’idea al Comune di Tortolì che ha accettato. Il Giro d’Italia così come l’attenzione di tutti è un’occasione grande, però è tutto concentrato in due giorni, dopodiché il paese torna nella sua normalità. E io volevo far conoscere a tutti la nostra normalità. Quando realizzo un dipinto, uso la fase iniziale per capire le persone, entrare in contatto con loro per realizzare qualcosa che rispecchi chi vive

Il dipinto è ricco di dettagli e sfumature: c’è un movimento attorno con i ciclisti, donne chinate, monumenti. C’è una storia che hai voluto raccontarci, qual è?

Ho dipinto una cornice che racchiude l’opera d’arte, ma la vera opera non è quella che ho fatto io, ma quella che ha fatto la natura, qui a Tortolì, con paesaggi meravigliosi. E ho voluto dare la maglia rosa simbolicamente a si dà da fare, a chi si rimbocca le maniche e continua a lavorare per far splendere il paese che ha meno di 18mila abitanti, ma che in estate accoglie 150mila persone.
Quindi ci sono le infioratrici tortoliesi con ragazze chinate a mettere i fiori; dietro le balle di fieno che rievocano le Tortolimpiadi, una sorta di gara tra i rioni nella quale vince chi riesce a tagliare prima il traguardo spostando le balle stesse. E poi c’è Borgo Marinaro che si svolge ad Arbatax frazione di Tortoli con la degustazione di pesce pescato dai marinari.
Infine ho raffigurato tutti i monumenti come il faro di Arbatax, le Rocce rosse, la torre di San Gemiliano e la chiesa di Sant’Andrea. Il concetto è che i ciclisti si stanno addentrando in quell’opera d’arte che è Tortolì

Sopra la tela appaiono dei tagli, sembra si stia staccando. Cosa vuoi dirci?

Quello che abbiamo vissuto con il Giro d’Italia è solo un foglio e mi auguro che ci siano tanti altri per scrivere e completare un libro. E’ una bella istantanea, un augurio affinché possano seguirne altri

Cosa ha significato per te, per voi, la morte di Scarponi? Perché hai deciso di ricordarlo nella tua opera?

Il capitano dell’Astana doveva essere Fabio Aru, nostro compaesano, e noi ci tenevamo tanto a vederlo in Sardegna. Poi lui si è infortunato al ginocchio e Michele Scarponi l’ha sostituito così noi l’abbiamo “adottato” come figlio di Sardegna, pensavamo di vederlo come figlio accolto dalle nostre terre, ma così non è stato.
Ecco perché ho scritto:  «Ci siamo illusi che passassi da qui ma hai cambiato percorso, ora pedala tra le nuvole, se incontri Marco portagli i nostri saluti». Poi, mia figlia Simona, anche lei pittrice, cantante e pianista, ha realizzato i fiori che, col soffio di vento, partono dalle infioratrici e avvolgono Michele

Infine, hai voluto omaggiare anche Marco Pantani…

Non ho molta cultura ciclistica, mi piace leggere e informarmi e Pantani lo vedo come “l’Enzo Tortora” del 2000, maltrattato dalla gogna mediatica. Per questo ho invitato Michele a portare i nostri saluti a Marco perché noi, da quaggiù, già sapevamo che Pantani non c’entrava nulla in questa brutta storia che gli hanno dipinto addosso

Giovanni Sgobba