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Svezia, Grecia, Irlanda o Irlanda del Nord. Ora è certo: sarà una di queste quattro nazionali l’ultimo, si spera, ostacolo tra l’Italia di Ventura e il Mondiale in Russia nell’estate 2018.
Dopo la vittoria sofferta per 1-0 contro l’Albania, la Nazionale azzurra si è piazzata come testa di serie evitando guai ben peggiori come la Croazia. Il sorteggio è in programma martedì 17 ottobre alle 14 a Zurigo e verranno decretati gli accoppiamenti che si giocheranno tra andata e ritorno, tra il 9 e l’11 novembre 2017, e tra il 12 e il 14.

Che ne sarà dell’italica sorte? I nomi rievocano emozioni alterne, ma il passato va lasciato alle spalle per rimanere concentrati su quello che è il cammino futuro. Ecco allora, nel dettaglio, le quattro possibili avversarie.

Svezia

Ibrahimovic non c’è più e la sua eredità è stata raccolta da Marcus Berg, attaccante dell’Al-Ain e, anche se autore di un poker contro il Lussemburgo, il 31enne centravanti non può rappresentare la stessa insidia di Zlatan. Ma la Svezia, pur non avendo nomi altisonanti, ha accarezzato fino all’ultimo la chance di accedere direttamente ai Mondiali, nonostante il Gruppo A davvero tosto con Francia che stacca il pass e Olanda che va a casa. Squadra fisicamente attrezzata, ha nel difensore centrale Lindelof il suo giocatore più rappresentativo, anche se nel Manchester United non sta trovando praticamente mai spazio. In squadra ci sono anche due conoscenze italiane: Ekdal e Granqvist, rispettivamente ex Cagliari e Genoa.

Grecia

La Grecia acciuffa i playoff per il rotto della cuffia e molto deve al Belgio, già qualificato, che lo scorso 7 ottobre, sul campo della Bosnia è andato a vincere per 4-3 facendo saltare tutti i piani della Nazionale dei Balcani che è scivolata al terzo posto nel Gruppo H. Dopo aver mancato la qualificazione agli ultimi Europei gli ellenici hanno voglia di rifarsi: dietro, la difesa guidata dal romanista Manolas concede davvero poco, solo sei gol in 10 match di qualificazione. Nell’equilibrio tattico a farne le spese è l’attacco che fa fatica a trovare gioco e via del gol. La punta di riferimento è Mitroglou, attualmente al Marsiglia, è ragazzo di sicuro affidamento.

Irlanda

Giocarsi l’accesso diretto in casa contro la Serbia, perdere clamorosamente, rischiare addirittura di non qualificarsi e inventarsi il colpo di genio all’ultimo contro il diretto avversario Galles. In trasferta. Andamento pazzo per l’Irlanda che con 19 punti accede ai playoff con il secondo piazzamento nel Gruppo D. Con solo 12 gol fatti, l’Irlanda ha rischiato di rovinare tutto proprio sul più bello, ma il volto di questa qualificazione è quello di James McLean, ala del West Bromwich Albion e suo il gol contro i gallesi. Curioso, il caso di McLean: il ragazzo, infatti, ha scelto di cambiare bandiera scegliendo l’Irlanda all’Irlanda del Nord. Destino doppiamente curioso: entrambe le Nazionali si giocano il pass.

 

Irlanda del Nord

In un girone, quello C, fatto di estremi (da un lato la Germania e dell’altro San Marino), l’Irlanda del Nord, quatta quatta ha scalzato posizioni superando Norvegia e Repubblica Ceca. Decisivo proprio lo scontro diretto dello scorso settembre anche perché i nordirlandesi, pur perdendo le ultime due partite, erano sicuri dei playoff. Dal punto di vista tecnico e qualitativo forse è la nazionale più abbordabile per gli azzurri, ma qui a manifestarsi è lo spauracchio del 1958. Ecco, evitiamo di chiamare la Storia a ripetersi.

 

Quale di queste squadre è la più abbordabile per l’Italia?

Indietro non si può più tornare e un bel po’ di amarezza c’è, per una scelta che si è rivelata sbagliata.

È quello che ha pensato l’attaccante classe ‘90 Aron Johansson, islandese di nascita ma con passaporto statunitense, dopo il fischio finale tra Usa – Trinidad & Tobago.

Per spiegare bene questa scelta bisogna fare un salto indietro di 4 anni. Il giocatore del Werder Brema, allora 23enne, ha deciso di puntare sulla Nazionale americana per volare in Russia per il Mondiale 2018. Il giovane Johansson è nato negli Usa da genitori islandesi. All’età di 3 anni si è trasferito nella terra della sua famiglia e, dopo esser cresciuto con il calcio islandese ed aver disputato alcune partite con l’Under 21 dell’Islanda, nel 2013 si è reso convocabile dalla Nazionale americana.

Le possibilità di giocare un Mondiale con gli Usa sono di molto superiori rispetto a quelle che avrei con l’Islanda.

Una decisione che sino a quattro anni fa era più che plausibile. Gli Usa con oltre 323 milioni di abitanti contro i soli 334mila della piccola Islanda. L’impero americano contro una piccola realtà che non avrebbe avuto scampo a livello calcistico. E invece no!

L’Islanda sorprende tutti: si qualifica prima all’Europeo 2016 in Francia, lo gioca da protagonista venendo eliminata solo ai quarti di finale e qualche giorno fa ha ottenuto anche il pass diretto per il Mondiale in Russia. Non male per uno Stato che ha meno abitanti della sola Bologna.

Una sorpresa che ha stupito anche l’attaccante Johansson il quale però ha confidato della forza degli Usa che, dal 1990 in poi, ha sempre disputato le fasi finali della Coppa del Mondo.

La beffa però c’è stata. Gli Stati Uniti, contro qualsiasi pronostico, sono stati sconfitti dai trinidadiani e addio Russia 2018.

Per Johansson ci sarà modo di riprovarci per i Mondiali 2022 in Qatar, intanto per il 2018 il campionato del mondo lo vedrà in tv e sarà costretto a guardarsi anche qualche partita dell’Islanda e i festeggiamenti con la geyser sound.

Tra il 9 e il 14 novembre prossimo, la Nazionale italiana affronterà la sua avversaria nelle due gare di spareggio per Russia 2018.

L’Italia, con un po’ di fatica, ha raggiunto il secondo posto nel suo girone alle spalle della Spagna e il 17 ottobre saprà che dovrà sfidare.
Le ultime due uscite azzurre (contro Macedonia e Albania) hanno evidenziato lacune nel gioco e schemi offensivi. In effetti l’Italia ha creato pochissimo contro i macedoni e qualcosa in più contro le aquile. Sintesi dei due match: 2 gol realizzati e uno subito. Il problema è che a segnare non sono stati gli attaccanti bensì un difensore (Giorgio Chiellini) e un centrocampista (Antonio Candreva). Un problema quello degli attaccanti che è evidente, soprattutto a causa dell’infortunio di Andrea Belotti, il quale sarà costretto a dare forfait anche per gli spareggi.
E qui la domanda spontanea: Non c’è qualcun altro, oltre Immobile, che possa sostituirlo?

In realtà c’è, anzi ci sono. Per il ct Ventura, no!

Si tratta dei due Italians: Mario Balotelli e Simone Zaza, che giocano rispettivamente in Ligue 1 a Nizza e in Liga a Valencia. Due giocatori che tanto bene stanno facendo nelle loro rispettive squadre. Ma partiamo da SuperMario.

L’attaccante ex Inter e Milan non gioca una partita con la maglia azzurra dal Mondiale in Brasile, mentre un’ultima convocazione risale al novembre 2014 dal ct Conte, in vista della partita di qualificazione a Euro2016 contro la Croazia, alla quale non partecipa lasciando in anticipo il ritiro per un infortunio.

Dopodiché il vuoto assoluto. Il passaggio in Costa Azzurra però ha dato nuova linfa all’attaccante che, nella scorsa stagione, ha realizzato 17 gol in 28 presenze e anche quest’anno è partito col piede giusto (7 gol in 9 presenze). Numeri non certo negativi, calcolando il fatto che, nel giro azzurro oltre Belotti e Immobile, c’è poca gente che fa gol. E allora perché non provarci? Perché non dare un’altra possibilità a una calciatore che, all’età di 27 anni e papà per la seconda volta, può aver raggiunto un maturità quanto meno calcistica e quindi utile alla causa azzurra?

Anche l’allenatore del Nantes, Claudio Ranieri, è a suo favore

Penso che Ventura lo segua comunque. Balotelli sta finalmente dimostrando il suo valore. Mi auguro possa tornare in Nazionale perché è un giocatore di grande qualità e l’Italia ne ha bisogno.

Mario Balotelli è comunque un ragazzo scherzoso a cui non puoi certo togliere la voglia di divertirsi, come ha fatto qualche giorno fa con un suo compagno di squadra.

Sorte simile a Simone Zaza. L’attaccante lucano sta vivendo un momento magico a Valencia (come la tripletta segnata in 8 minuti contro il Levante).

Oramai si ricorda Simone Zaza con soprattutto per quel sciagurato rigore sbagliato contro la Germania all’Europeo 2016. Invece, l’attaccante è poi stato convocato nel novembre 2016 anche per la partita contro il Liechtenstein e in un’amichevole proprio contro i tedeschi. 15 minuti in tutto in due match e poi quasi un anno di limbo.
Ok per queste ultime due gare è stato indisponibile per infortunio, ma dal prossimo week end sarà a disposizione del tecnico Marcelino.
Intanto al Mestalla se lo godono appieno, ma l’ex Juve ha voglia di rimettersi in gioco anche in azzurro per cercare di sopire l’amarezza di quel rigore calciato alle stelle. Perché non provare a convocarlo per i playoff?

Noi lanciamo l’idea, chissà se il ct Ventura avrà fatto il nostro stesso ragionamento.

Dario Sette

Le parole ingegnere e ingegnoso condividono la stessa radice, ma non sempre vanno a braccetto. Chi però ha progettato l’ammodernamento l’Ekaterinburg Arena per i Mondiali del 2018 in Russia deve avere tanto, tantissimo estro.

A fine settembre, e a meno di un anno dal via, la Fifa ha pubblicato un report sullo stato d’avanzamento dei lavori all’interno degli impianti calcistici che ospiteranno la prossima coppa del mondo e a spiccare per fantasia è proprio lo stadio dell’FC Ural, anche conosciuto come Stadio Centrale, costruito tra il 1953 e il 1957 come arena in grado di ospitare più discipline sportive come atletica e eventi invernali. Attualmente possono entrare 27mila spettatori e per ovviare all’esiguo numero dei posti a sedere secondo i requisiti Fifa (minimo di 45mila posti), gli organizzatori hanno dovuto escogitare un piano appariscente, ma ben riuscito.

 

Cosa si fa allora? Una tribuna momentanea…e pure esterna. In effetti, per consentire allo stadio di adeguarsi alle richieste, è stata montata una tribuna di metallo al di fuori del perimetro dello stadio. Sì, hanno letteralmente smontato una parte della copertura laterale per permettere di agganciare la curva dietro a una delle due porte.

Una soluzione estemporanea perché terminata la rassegna mondiale, l’Ekaterinburg Arena tornerà nella sua veste originale. L’effetto, però, è estremamente affascinante e ben riuscito e si inserisce all’interno di uno stadio che unisce gusto classico e tradizionale (visibile nella parte inferiore dello stadio) e senso iper-moderno.

Nel momento magico che sta vivendo la cestista Cecilia Zandalasini negli Stati Uniti d’America, un passo indietro lo facciamo pensando a quella che è stata una delle prime azzurre a calcare i parquet americani della pallacanestro.

È il 2005 e l’allora 29enne, Francesca Zara, riceve la chiamata dagli States per un’avventura nella WNBA. A proporgli un contratto è la squadra delle Seattle Storm.

La guardia, ai tempi della chiamata, giocava nel Napoli Vomero, con cui rimane due stagioni mentre partecipa alle qualificazioni per gli europei successivi.

La sua avventura in Usa è stato un sogno, qualcosa di inimmaginabile per una cestista che sino ad allora aveva calcato solamente i parquet italiani. Una ragazza dal grande talento che aveva bisogno di provare un’esperienza fuori dal comune e che era successa soltanto ad altre sue colleghe come, Catarina Pollini e Susanna Bonfiglio.

Ma la bravura c’era e se n’erano accorti gli americani. Il trasferimento a Seattle l’aiutano a crescere e avere più consapevolezza dei suoi mezzi. Durante tutta la parentesi in WNBA viene impiegata in 37 occasioni, di cui 34 in regular season e 3 nei playoff (persi al primo turno contro le Houston Comets).
Francesca cerca di sfruttare al meglio l’occasione capitatale e risponde con efficacia ogni qual volta scende in campo. Saranno oltre 100 i punti messi a segno. Non male per una che veniva dal basket europeo.

Il sogno però si interrompe ai playoff, amara soddisfazione per un’avventura che le ha segnato la carriera. In effetti proprio Francesca indosserà altre canotte, tra cui anche quella dello Spartak Mosca, e dalla Valenciennes all’estero, subito dopo il rientro dagli Usa.

Durante l’annata in Russia ha avuto modo anche di vincere il torneo di Eurolega nel 2007 oltre che il campionato russo. Nel 2006 È stata selezionata anche per l’All Star Game Fiba.

Attualmente a 41 anni non ha lasciato il mondo della pallacanestro, lo scorso anno ha deciso di rimettere gli scarpini e di ritornare a giocare in A1 con la squadra di cui è dirigente: la Techedge Broni.

Dario Sette

«Avete lasciato qualche medaglia agli avversari?!», chiede ironicamente un utente sulla pagina Facebook della Federazione italiana Tiro a volo. Sorride la Nazionale e mostra con orgoglio le tante medaglie conquistante in questo Mondiale disputato in Russia e appena concluso.
Se nei giorni passati, tra Senior e Junior, sono fioccate medaglie d’oro (ricordiamo su tutti Jessica Rossi, Daniele Resca e Maria Lucia Palmitesssa), anche in prossimità del gong finale, l’Italia piazza altri due colpi d’assoluto prestigio.

Dalla Russia arriva una conferma prima di equivoci: Gabriele Rossetti è sempre il numero uno del mondo nello Skeet. Lo era un anno fa dopo la vittoria alle Olimpiadi di Rio e si è riconfermato al Fox Lodge della capitale russa con la conquista del titolo iridato del 2017. Un titolo individuale che è ulteriormente impreziosito da un perfetto oro a squadre in collaborazione con Tammaro Cassandro e Riccardo Filippelli.
Gabriele Rossetti ha affrontato il Mondiale russo con la consapevolezza di essere al top della preparazione e lo ha voluto ribadire componendo un perfetto percorso di approccio alla finale. L’azzurro di Ponte Buggianese ha conquistato l’accesso al sestetto dei duellanti da primo della classe con un solidissimo 123/125 che nessun altro dei fuoriclasse in gara a Mosca aveva saputo imitare. In finale, dopo che il cipriota Achilleos è rimasto fuori dalla corsa al titolo e si è classificato terzo, l’ostacolo tra Gabriele e la vittoria iridata è stato soltanto la rivelazione tedesca Vincent Haaga, battuto per 54 a 52.

Ma non è tutto perché la spedizione russa si conclude con un’altra medaglia: bronzo nello skeet misto conquistato da Tammaro Cassandro e Katiuscia Spada, bravissimi a restare sempre coi primi e a strappare alla Cina l’ultimo gradino del podio, alle spalle di Russia e
Usa. Mentre tutti si aspettavano il colpaccio della coppia formata dai campioni olimpici Gabriele Rossetti e Diana Bacosi, gli applausi, invece, se li sono presi Cassandro e Spada, lui ventiquattrenne campano nipote di Ennio Falco, oro ad Atlanta e mito dello skeet, lei trentasei anni, umbra di una famiglia di tiratori, entrambi cresciuti a pane e piattelli e fame di vittoria che li ha portati a vincere una medaglia di bronzo che vale oro.

Sono in corso, in questi giorni, i Mondiali di Tiro a volo in Russia, 37esima edizione iridata.
Ultimi colpi ancora in canna per gli atleti, ma sulle pedane Mondiali del Foxlodge Shooting Range di Mosca, per i colori azzurri, le emozioni non sono di certo mancate.

Jessica Rossi torna a dominare il Trap femminile e si mette al collo, con classe e coraggio da fuoriclasse, il terzo titolo iridato della carriera. Dopo tre serie di qualifica chiuse con l’ottimo punteggio di 73 su 75, la poliziotta di Crevalcore ha raccolto tutta la concentrazione e le energie per affrontare la manche decisiva al meglio.
Ad attenderla sul campo di finale tiratrici del calibro della Campionessa Olimpica di Rio 2016, Catherine Skinner, e della due volte medaglia d’argento olimpica, Zuzana Stefecekova (Pechino 2008 e Londra 2012). Ed è proprio con queste due tiratrici che l’olimpionica di Londra 2012 si è giocata le medaglie in palio, mettendole in riga, una dopo l’altra. Dopo quello di Maribor nel 2009 e quelli di Lima del 2013, questo è il terzo titolo iridato per lei.

Ma il Trap parla ancora italiano, anzi emiliano: dopo l’oro di Jessica Rossi, medaglia preziosa anche per Daniele Resca, classe 1986 di Pieve di Cento, conquista l’oro con una finale da brividi. Meritatosi il pass per il round decisivo con un ottimo 122/125, il talentuoso carabiniere solo nello scontro finale con l’inglese Edward Ling, medaglia di Bronzo lo scorso anno a Rio, ha dato qualche cenno di cedimento, ma si è ripreso immediatamente ed ha regolato il britannico con 42 a 40.

Gioie tra i Senior, dunque, ma grandissimi sorrisi anche nella categoria Junior perché nella finale femminile, il tricolore invade il podio. A diplomarsi Campionessa del Mondo è stata Maria Lucia Palmitesssa, diciottenne di Monopoli, provincia di Bari, che dopo il bronzo nell’Europeo Juniores dello scorso anno a Lonato, ha confermato di avere nelle canne risultati importanti. Poco meno di un mese fa, infatti, la portacolori delle Fiamme Oro era salita sul secondo gradino del podio della Coppa del Mondo Juniores di Porpetto, iniziando la rincorsa che oggi l’ha portata fino alla vetta.

Sul podio anche Diana Ghilarducci. Dopo uno spareggio di ingresso alla finale con il punteggio di 65/75, la viareggina del Gruppo Sportivo dei Carabinieri ha messo nel suo mirino il podio e con 26/40 si è assicurata il bronzo. Ma le emozioni non finiscono per le due atlete perché, assieme a Greta Luppi di Crevalcore, undicesima con 64, è arrivato anche l’oro ed il titolo di Campionesse del Mondo a squadre con il totale di 200/225, davanti alle padrone di casa russe ed alle statunitensi, rispettivamente argento con 191 e bronzo con 187.

Medaglia d’argento, invece, per Matteo Marongiu nella categoria Junior. Dopo essersi qualificato alla finale con il punteggio di 117 su 125, il diciassettenne di Sassari è arrivato a contendersi il titolo iridato con il francese Clement Bourgue negli ultimi 10 piattelli della serie decisiva.
Pur mantenendo una pressione costante sull’avversario, l’azzurrino non è riuscito a recuperare tutto lo svantaggio accumulato nelle prime fasi e con lo score finale di 43 a 42 si è dovuto accontentare dell’argento. Per lui, già medaglia d’argento all’Europeo di Lonato 2016, è comunque una gran bella soddisfazione che lo conferma tra le giovai promesse di questa specialità.

Sono in corso, in questi giorni, i Mondiali di Tiro a volo in Russia, 37esima edizione iridata.
Ultimi colpi ancora in canna per gli atleti, ma sulle pedane Mondiali del Foxlodge Shooting Range di Mosca, per i colori azzurri, le emozioni non sono di certo mancate.

Jessica Rossi torna a dominare il Trap femminile e si mette al collo, con classe e coraggio da fuoriclasse, il terzo titolo iridato della carriera. Dopo tre serie di qualifica chiuse con l’ottimo punteggio di 73 su 75, la poliziotta di Crevalcore ha raccolto tutta la concentrazione e le energie per affrontare la manche decisiva al meglio.
Ad attenderla sul campo di finale tiratrici del calibro della Campionessa Olimpica di Rio 2016, Catherine Skinner, e della due volte medaglia d’argento olimpica, Zuzana Stefecekova (Pechino 2008 e Londra 2012). Ed è proprio con queste due tiratrici che l’olimpionica di Londra 2012 si è giocata le medaglie in palio, mettendole in riga, una dopo l’altra. Dopo quello di Maribor nel 2009 e quelli di Lima del 2013, questo è il terzo titolo iridato per lei.

Ma il Trap parla ancora italiano, anzi emiliano: dopo l’oro di Jessica Rossi, medaglia preziosa anche per Daniele Resca, classe 1986 di Pieve di Cento, conquista l’oro con una finale da brividi. Meritatosi il pass per il round decisivo con un ottimo 122/125, il talentuoso carabiniere solo nello scontro finale con l’inglese Edward Ling, medaglia di Bronzo lo scorso anno a Rio, ha dato qualche cenno di cedimento, ma si è ripreso immediatamente ed ha regolato il britannico con 42 a 40.

Gioie tra i Senior, dunque, ma grandissimi sorrisi anche nella categoria Junior perché nella finale femminile, il tricolore invade il podio. A diplomarsi Campionessa del Mondo è stata Maria Lucia Palmitesssa, diciottenne di Monopoli, provincia di Bari, che dopo il bronzo nell’Europeo Juniores dello scorso anno a Lonato, ha confermato di avere nelle canne risultati importanti. Poco meno di un mese fa, infatti, la portacolori delle Fiamme Oro era salita sul secondo gradino del podio della Coppa del Mondo Juniores di Porpetto, iniziando la rincorsa che oggi l’ha portata fino alla vetta.

Sul podio anche Diana Ghilarducci. Dopo uno spareggio di ingresso alla finale con il punteggio di 65/75, la viareggina del Gruppo Sportivo dei Carabinieri ha messo nel suo mirino il podio e con 26/40 si è assicurata il bronzo. Ma le emozioni non finiscono per le due atlete perché, assieme a Greta Luppi di Crevalcore, undicesima con 64, è arrivato anche l’oro ed il titolo di Campionesse del Mondo a squadre con il totale di 200/225, davanti alle padrone di casa russe ed alle statunitensi, rispettivamente argento con 191 e bronzo con 187.

Medaglia d’argento, invece, per Matteo Marongiu nella categoria Junior. Dopo essersi qualificato alla finale con il punteggio di 117 su 125, il diciassettenne di Sassari è arrivato a contendersi il titolo iridato con il francese Clement Bourgue negli ultimi 10 piattelli della serie decisiva.
Pur mantenendo una pressione costante sull’avversario, l’azzurrino non è riuscito a recuperare tutto lo svantaggio accumulato nelle prime fasi e con lo score finale di 43 a 42 si è dovuto accontentare dell’argento. Per lui, già medaglia d’argento all’Europeo di Lonato 2016, è comunque una gran bella soddisfazione che lo conferma tra le giovai promesse di questa specialità.

L’unico a essere ancora in campo oggi come 20 anni fa è sempre lui, Gigi Buffon. L’unico precedente spareggio che l’Italia è stata costretta a disputare per ottenere il “pass di riserva” per andare a un Mondiale è stato 20 anni fa, contro la Russia. E per Gigi, appena 19enne, fu il suo esordio nella Nazionale dei grandi.
E proprio in terra siberiana la Nazionale vuole fare tappa nel prossimo giugno. Ma dopo la pesante sconfitta contro la Spagna che consegna alle Furie Rosse il prima consolidato del girone e vedendo sfumare la possibilità di un accesso diretto, il playoff rimane l’unica soluzione.

Due decenni fa, nella Qualificazione per Francia ’98, l’Italia fu inserita nel Girone 2 assieme a Inghilterra, Polonia, Georgia e Moldavia. I ragazzi di Cesare Maldini disputarono anche un buon torneo: sapevamo che gli inglesi erano i concorrenti diretti per acciuffare il primo posto che significava qualificazione diretta senza passare dagli insidiosi pareggi.
L’Italia chiuse a 18 punti, senza nemmeno una sconfitta, con 5 vittorie e tre pareggi, un solo gol subito e la memorabile vittoria a Wembley contro l’Inghilterra firmata dal guizzo dell’inglese Zola e dalla saracinesca umana Peruzzi. Ma non fu abbastanza: l’Inghilterra passò come prima avendo totalizzato 19 punti. Per gli azzurri fu fatale il pareggio in casa nello scontro diretto contro i Tre Leoni e, forse, ancor più i due 0-0 ottenuti in trasferta in Georgia e Polonia.

Archiviate, dunque, le speranze di qualificazione diretta, il sorteggio consegnò i russi all’Italia. All’andata, il 29 ottobre, a Mosca, gli azzurri si ritrovarono un campo innevato e ai limiti della praticabilità. C’era da portare a casa la pelle limitando i danni e provare a uscire sani e salvi dalla zuffa fangosa moscovita.
Buffon, alla mezz’ora, prese il posto di Pagliuca, Vieri al 49’ da buon ariete trafisse il portiere di casa, ma appena quattro minuti più tardi, una sfortunata autorete di Cannavaro rimise tutto in discussione. Risultato finale 1-1 e qualificazione che passa per Napoli, il 15 novembre. Fu Casiraghi, al 53’, spinto dall’euforia straripante del San Paolo a regalare la vittoria e il Mondiale all’Italia.

Vent’anni dopo, cosa ci aspetta?

Agli spareggi partecipano le otto migliori seconde dei nove gironi di qualificazioni. La peggior seconda, dunque, sarà esclusa. Al momento le Nazionali sarebbero: Portogallo, Svezia, una tra Ucraina e Croazia, Slovacchia, Irlanda del Nord, Irlanda e Grecia. L’Italia, grazie al coefficiente ranking verrà valutata come testa di serie e quindi eviterà le insidie e lo spauracchio che ha il volto di Cristiano Ronaldo (eviterebbe anche la Croazia o l’Ucraina).

I playoff da dentro o fuori verso Russia 2018 si giocheranno il 9/10 novembre per la partita di andata e il 13/14 novembre per il match di ritorno.

Il triplice fischio dell’arbitro Coelho. Poi una sfrenata corsa ad abbracciare chi si ha accanto, in campo o sugli spalti. L’ultimo frame che abbiamo in mente è Dino Zoff che solleva in cielo la Coppa del Mondo. Nel cielo spagnolo, nel cielo di Madrid.
Il Santiago Bernabeu diventa l’altare della gloria azzurra: 11 luglio 1982. Rossi, Tardelli e Altobelli stendono la Germania Ovest nel 3-1 reso forse più beffardo e amaro per i teutonici per la rete di Breitner al minuto 83.

Contro la Spagna, nella partita decisiva nel girone G delle qualificazioni mondiali di cui fanno parte sia la Roja che gli azzurri, l’Italia torna nuovamente al Bernabeu 35 anni dopo l’ultima volta. Insomma l’accesso diretto al Mondiale di Russia, passa da Madrid, in una sera di fine estate. Estate che è la stagione più bella per il calcio nazionale.

Quella volta, sulla terra madrilena, c’era Zoff, Bergomi, Cabrini, Gentile, Collovati, Scirea, Conti, Tardelli, Rossi, Oriali, Graziani che si infortunò al settimo, e poi Altobelli e Causio. A guardarli e a dirigerli c’era Bearzot. Fu nel secondo tempo, dopo un’occasione sciupata da Cabrini nel primo tempo, che gli azzurri modellarono il loro trionfo: segnò Rossi di testa, poi Tardelli fece urlare la Penisola con una rete da cineteca. A “Spillo” Altobelli, la gioia del 3-0 per gentile concessione di uno straripante Conti. In tribuna, il presidente Pertini esultava come tutti i tifosi italiani.

Le Furire rosse, invece, non giocano una partita ufficiale nel tempio del Real Madrid dal 28 marzo 2009, quando incontrò la Turchia. La Nazionale italiana in realtà manca da Madrid da molto meno: il 5 marzo 2014, perse 1-0 l’amichevole contro la Spagna, ma si giocò allo stadio Vicente Calderon.