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Russia 2018

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? Mondiali.it supporta l’Islanda a Russia 2018: scopri le storie e gli eventi live

Kári Árnason è nato a Göteborg (Svezia) il 13 ottobre 1982. Da ben tredici anni è nel giro della Nazionale islandese. La sua carriera calcistica ha avuto inizio proprio nella capitale dell’isola nordatlantica, per poi proseguire nelle squadre di alcuni college americani. Ha visto il proprio paese passare dall’anonimato al gotha del calcio mondiale. Con 65 presenze, è il quinto difensore centrale in ordine di convocazioni nella storia della nazionale vichinga. Prima di lui ci sono Hermann Hreiðarsson (89), Guðni Bergsson (80), Ragnar Sigurðsson(75) e Eyjólfur Sverrisson (66).

La carriera di Kári Arnason nei club

1999–2001: Víkingur Reykjavík
2002–2003: Gonzaga Bulldogs, 25 (8)
2004: Adelphi Panthers
2001–2004: Víkingur Reykjavík, 41 (3)
2004–2006: Djurgården, 35 (0)
2006–2009: Aarhus, 51 (3)
2009: Esbjerg [prestito], 8 (0)
2009–2011: Plymouth Argyle, 72 (3)
2011–2012: Aberdeen, 33 (3)
2012–2015: Rotherham United, 116 (5)
2015–2017: Malmö, 37 (2)
2017: Omonia, 8 (2)
2017-30/06/2018: Aberdeen, 18 (2)
01/07/2018-?: Vikingur Reykjavik

La carriera di Kári Arnason in nazionale

Presenze: 65
Debutto: 30 marzo 2005 contro l’Italia, a Padova, in amichevole. Risultato finale 0-0.

Gol:
1) 12 ottobre 2005, Solna (Råsundastadion), contro la Svezia, un gol. Vittoria Svezia per 1-3.
2) 7 settembre 2012, Reykjavík (Laugardalsvöllur), contro la Norvegia, un gol. Vittoria Islanda per 2-0.
3) 6 ottobre 2016, Reykjavík (Laugardalsvöllur), contro la Finlandia, un gol. Vittoria Islanda per 3-2.
4) 6 ottobre 2017, Eskişehir (Yeni Eskişehir Stadyumu), contro la Turchia, un gol. Vittoria Islanda per 3-0.

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Hannes Þór Halldórsson è nato a Reykjavik il 27 aprile 1984. Da diversi anni è il portiere titolare della nazionale. Il ruolo di regista non riguarda il campo da calcio, ma quello con le telecamere come potrete leggere nelle curiosità. E’ una delle colonne della nazionale dei miracoli, di cui è titolare da sei anni. Con 48 presenze, è il terzo portiere in ordine di convocazioni nella storia della nazionale vichinga. Prima di lui ci sono solo Birkir Kristinsson (74 presenze) e Árni Gautur Arason (71 presenze).

LA CARRIERA DI HANNES HALLDORSSON NEI CLUB

2002–2004: Leiknir Reykjavik, 3 (0)
2005: Afturelding 18 (0)
2006: Stjarnan 18 (0)
2007–2010: Fram 84 (0)
2011–2013: KR 63 (0)
2012: Brann (prestito) 1 (0)
2014–2015: Sandnes Ulf 45 (0)
2015–2016: NEC 8 (0)
2016: Bodø/Glimt (prestito) 14 (0)
2016– Randers FC 50

LA CARRIERA DI HANNES HALLDORSSON CON LA NAZIONALE

Presenze: 48
Debutto: 6 settembre 2011 contro Cipro, a Reykjavik, per le qualificazioni europee. Vittoria Islanda per 1-0.

CURIOSITÀ

Oltre ad essere molto bravo fra i pali, lo è anche dietro la telecamera. Ha un suo canale youtube che ha aggiornato fino a quando ha deciso di dedicarsi esclusivamente ai guantoni. Prima di Euro 2016 aveva già partecipato ad una competizione europea: il video della canzone con cui l’Islanda ha partecipato ad Eurovision 2012 è stato diretto proprio da Hannes. Buona visione!

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«Se vai dal parrucchiere, potrai andare in Nazionale». A pensarlo oggi, verrebbe da ridere, eppure il concetto era questo. Se lo sentì dire Gigi Meroni, uno che viveva fuori dall’ordinario, coi calzini abbassati, maglia da fuori, prima i baffetti, poi i capelli lunghi e la barba.

Una questione di codice, di “dress-code” si dice nel 2018: Gigi accettò dinanzi alla possibilità di perdere il treno azzurro, ma quando divenne famoso e idolo di molti ragazzi che lo emulavano, Edmondo Fabbri, l’allenatore dell’Italia, dovette chiudere più di un occhio. Del resto erano gli anni Sessanta, gli anni dei Beatles e della ribellione veicolata anche attraverso un’acconciatura differente.

E poi c’è chi, trent’anni dopo, in nazionale e soprattutto ai Mondiali non è andato per colpa dei capelli troppo lunghi. Fernando Redondo, l’eleganza vestita di bianco Real, un sinistro telecomandato e un spettacolo per gli occhi. Peccato solo che ai Mondiali in Francia del 1998 nessuno ha potuto ammirare la sua classe planetaria.

Ancora una volta fu: «Tagliati quei capelli e potrai giocare con l’Argentina». A dirlo era Daniel Passarella, tecnico dell’Albiceleste: era stato categorico e non voleva vedere nella sua squadra chiome “stravaganti”. Uomo rigido e attento al rispetto delle regole, nonostante la qualità che il ragazzo poteva garantire a centrocampo,  Redondo, dal 1994 al 1998, restò fuori dal giro della nazionale, mentre in Europa faceva faville con la maglia del Real Madrid, tra “taconazi” leggendari e trofei alzati al cielo. Indossò anche la fascia da capitano prima di congedarsi dalle Merengues da vincente: la sua ultima partita con la maglia bianca fu la finale di Champions League vinta 3-0 contro il Valencia di Hector Cuper.

Una carriera a forti tinte chiare e oscure. Al Milan verrà ricordato per il suo lungo infortunio subito dopo l’acquisto nell’estate del 2000 e la decisione di non percepire lo stipendio durante l’assenza dai campi. Il ritiro nel 2004 è una diretta forzatura.

Per vederlo sorridere con la maglia dell’Argentina bisogna risalire al 1993, prima dell’avvento di Passarella, ovviamente: è l’8 agosto e, contro il Paraguay, l’Argentina si gioca la qualificazione ai Mondiali di Usa ’94. La gara è complicata e combattuta, ma sul risultato di 1-1, al 20′ del secondo tempo, il 24enne centrocampista, allora al Tenerife, inventa un gol capolavoro. L’Argentina vincerà 3-1 e quello fu il suo unico gol con la sua Nazionale.

A suo modo è stato un vincente. Atipico senz’altro per non esser sceso a compromessi. A saltare un Mondiale per orgoglio e per i suoi capelli. Unico, però, a deciderlo di farlo per ben due volte! Nel 1990, nel Mondiale italiano, aveva la possibilità di giocarsi la Coppa del Mondo con la nazionale vincitrice in carica. Come andò a finire? Sull’aereo destinazione Roma non mise mai piede: doveva terminare di seguire i corsi di Economia e Commercio all’università.

Nonostante sia capitato in un girone di ferro, con Spagna, Portogallo e Marocco, pare che l’Iran sia più che pronta ad affrontare la sfida dei Mondiali. Infatti la nazionale iraniana è stata la prima squadra, tra le partecipanti alla Coppa del Mondo, ad arrivare in Russia.

Ad accogliere i calciatori e tutto lo staff tecnico iraniano, atterrati all’aeroporto Vnukovo alle 20:30 ore locali di martedì 5 giugno, vi era, oltre a numerosi giornalisti provenienti da diversi Paesi, anche il ministro della cultura fisica e dello sport della regione di Mosca, Roman Teriushkov, il quale ha dichiarato alla stampa:

Siamo lieti di dare il benvenuto a Mosca alla nazionale dell’Iran. La nostra regione è ben preparata per accogliere gli ospiti del Campionato del Mondo di calcio e sono sicuro che tutte le delegazioni straniere saranno soddisfatte del loro soggiorno nella regione di Mosca durante la Coppa del Mondo.

Venerdì 8 giugno a Mosca, allo stadio Spartak, l’Iran disputerà una partita amichevole contro la Lituania. Questo match sarà l’ultimo test per gli iraniani prima dell’inizio della Coppa del Mondo ed è stato organizzato dopo che, la Grecia prima ed il Kosovo poi, si sono resi indisponibili a disputare un’amichevole il 2 giugno contro l’Iran.

La nazionale iraniana disputerà la fase a gironi nel gruppo B ed esordirà contro il Marocco il 15 giugno a San Pietroburgo, poi affronterà la Spagna il 20 giugno a Kazan ed il Portogallo il 25 giugno a Saransk. Come sede del ritiro, gli iraniani hanno scelto la sede di allenamento del Lokomotiv, a Bakovka, nella regione di Mosca.

Le Aquile nigeriane hanno un super cuore che batte per Carl Onora Ikeme. Il portiere africano ha la leucemia che, però, non è completamente riuscita a impedirgli di vivere un sogno: la Nigeria lo ha convocato per Russia 2018 come 24mo, il primo fuori della lista ma da parte integrante della selezione in partenza per il Mondiale.

Il ct tedesco Gernot Rorh ha commentato:

Sarà il nostro uomo in più, come se fosse con noi tutti i giorni, dalla colazione al campo. Per la sua dedizione, gli verrà consegnato il premio qualificazione al mondiale

Ikeme,  32 anni l’8 giugno, materialmente non ci sarà, la malattia lo debilita e non gli consente di prendere quell’aereo per portarlo nella Terra promessa del calcio, quello spazio magico che ogni quattro anni cambia casa e celebra la coppa del Mondo.

Lo stesso portiere, che combatte contro la malattia da un anno, ha annunciato il suo forfait su Twitter qualche giorno fa:

 

Dire che sono sconvolto di non prendere parte alla Coppa del Mondo è un eufemismo. Voglio solo ringraziare tutti per le preghiere, l’amore e i messaggi. Non riesco a spiegare quanto significhino per me e voglio augurare buona fortuna ai miei compagni di squadra, allenatori e alla NFF

La solidarietà è arrivata anche in Inghilterra, sua terra d’origine a metà visto che ha madre inglese e padre nigeriano. Il suo club, il Wolverhampton, gli ha dedicato il ritorno in Premier League solo poche settimane fa. Il suo nome sarà forse stampato sulle magliette della Nigeria che, sin dalla loro presentazione, stanno letteralmente andando a ruba in tutto il mondo. Effetto nostalgia con il richiamo a Usa ’94, effetto Carl Ikeme con il numero 24. Il quarto portiere, l’uomo in più.

N° 1 Carl

In attesa che inizi il Mondiale c’è una squadra che è già riuscita a convincere addetti ai lavori e non: la Nigeria. La selezione africana non ha messo d’accordo tutti non grazie allo stile di gioco o ai ventitré convocati ma per la bellezza delle due maglie che indosserà nella massima rassegna intercontinentale per club. Entrambe riprendono i colori della bandiera nigeriana ma sono i dettagli ad aver già fatto entrare queste due ‘jersey’ nella storia delle più belle della Coppa del Mondo.

Nigeria
Fonte foto: gianlucadimarzio.com

Non dovrete stupirvi, dunque, che i negozi targati Nike e lo store online siano stati presi d’assalto dai tifosi della Nigeria ma anche da amanti del football provenienti dalle più diverse latitudini e abbiano terminato tutti i kit in meno di tre ore. Le maglie di calcio fanno tendenza e stanno entrando sempre più a contatto con la moda: questi sono i risultati.

 

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Nell’estate del 2016 ha fatto vibrare il suolo francese e mezza Europa. “Huh, corale, tutti assieme, un ritmo scandito e cadenzato all’unisono che accelera in un climax ascendente. Aron Gunnarsson, il capitano dell’Islanda, dà il tempo, dietro di lui i guerrieri e compagni di squadra della prima storica spedizione all’Europeo lo seguono.
Le braccia spalancate, gli occhi fissi rivolti verso i tifosi. L’8% della popolazione islandese ha seguito la squadra in Francia e proprio allo Stade de France si chiude l’epopea vichinga, sconfitti 5-2 dai padroni di casa, nei quarti di finale. “Huh”, ancora una volta, e poi un battito di mani; “Huh”, sempre più veloce, in un silenzio assordante. Sugli spalti c’è anche Guðni Jóhannesson, il presidente dell’Islanda, che declinando la tribuna d’onore, va in curva. In mezzo alla sua gente, perché anche la sua voce conta. Per far tremare l’Europa.

 

La “Viking clap” o “Geyser sound” è il coro che caratterizza l’Islanda e che traghetterà la nazionale, dopo la storica apparizione agli Europei del 2016, al prossimo Mondiale in Russia. Anch’esso un “unicum” nella cronistoria dell’isola scandinava. Il palcoscenico ideale per superare latitudini e longitudini ed espandere ancor di più il loro “Huh”. Ecco, Gylfi Sigurðsson&soci hanno reso planetaria questa esultanza, ma risalendo la corrente per arrivare all’origine e alla nascita di questo simbolo di unione tra calciatori e tifosi, possiamo dire che certamente non è nato in Islanda.

Da un’isola ad un’altra, si va in Scozia. E’ Jóhann Bianco, colui che ha l’onore di dare il ritmo attraverso il tamburo, a raccontare l’aneddoto in un video emozionante e intenso: Jóhann, che fa parte dei “Tólfan” (Il dodicesimo uomo), gruppo organizzato e ufficiale che sostiene l’Islanda con cori e coreografie, spiega che tutto è iniziato nell’estate del 2014.
Lo Stjarnan, squadra della città di Garðabær, si qualifica per preliminari di Europa League, dove, dopo aver superato Bangor City, Motherwell e Lech Poznan, giunge fino ai play-off, dove viene sconfitta dall’Inter per 3-0 in Islanda e per 6-0 a San Siro.
E’ la trasferta a Motherwell, però, la genesi di questo racconto: i 22 tifosi islandesi che arrivano al Fir Park rimangono impressionati da questo coro ritmico, sulla base di “Since I Was Young”, che coinvolge tutti i supporter scozzesi.

Nel match casalingo contro l’Inter, decidono così di replicarlo all’insaputa di tutti gli altri sostenitori. Jóhann Bianco era presente allo stadio, anche lui rimane folgorato, manda un messaggio a un suo amico dall’altra parte della tribuna, è la scintilla: «Portiamo questo coro in nazionale!».

La storia, però, affascina perché è imprevedibile e ricca di contaminazioni. In Inghilterra, i fan del Middlesbrough sono stati accusati di plagio per aver portato all’interno del Riverside Stadium il “Viking Clap”. In realtà esiste un video del 2013 che darebbe proprio ai supporter del Boro la paternità del gesto. O forse no? Sì, perché anche dalla Francia è partita una richiesta di rivendicazione: arriva direttamente da Lens e a vedere il video, anch’esso del 2013, le similitudini sono evidenti.

Onore comunque all’Islanda che ha raggiunto un’altra conquista: il loro simbolico coro è apparso anche nel videogioco Fifa18, versione Mondiali di Russia!

L’Islanda è la prima nazionale a presentare i ventitré convocati in vista del Mondiale che avrà inizio il prossimo giugno: il commissario tecnico Heimir Hallgrímsson ha dato fiducia al blocco che tanto fece bene due anni fa nella kermesse continentale francese. La stella della squadra sarà nuovamente Gylfi Sigurdsson, il quale arriverà in Russia rientrando da un duro infortunio che lo ha tenuto lontano dai campi della Premier League  per oltre tre mesi: il centrocampista dell’Everton dovrà assolutamente ritrovare la condizione migliore per trascinare i compagni nel difficile girone con l’Argentina, la Nigeria e la Croazia. L’unico calciatore militante in Serie A è Emil Halfreddson, in forza all’Udinese dopo le buone stagioni con la maglia dell’Hellas Verona.

La presentazione ufficiale è avvenuta tramite un video caricato dalla federazione islandese sul proprio profilo YouTube: una scelta diversa dal solito. Oltre sei minuti di riprese nelle quali ci vengono illustrati i bei ricordi di Euro 2016 e vengono svelati i ventritré convocati uno alla volta, andando a riempire quella che potrebbe tranquillamente essere una pagina dell’album Panini. Immagini iconiche volte a caricare una nazione intera pronta a far innamorare il mondo intero ancora una volta.

Mondiali.it, come avrete già notato dal logo, si schiererà al fianco della nazionale islandese con una serie di iniziative volte soprattutto a far conoscere la cultura nazionale del paese nord europeo in Italia.

Pierre Ndaye Mulamba, bomber dello Zaire, racconta il 9-0 subito dalla Jugoslavia ai Mondiali del 1974, in uno spezzone tratto da “I Mondiali dei vinti: Storie e miti delle peggiori nazionali di calcio di Matteo Bruschetta

«L’esordio non fu positivo, ma fu solo l’inizio di un incubo. Prima della seconda partita, a Gelsenkirchen contro la Jugoslavia, abbiamo scoperto che non ci avrebbero dato i premi che ci spettavano. Il Ministro dello Sport non era presente in tribuna contro la Scozia, sospettavamo che avesse depositato i nostri soldi in un conto in Svizzera a suo nome. Ci avevano regalato una casa, una vacanza e una macchina, ma era solo una piccola parte del denaro incassato dalla federazione per la partecipazione ai Mondiali e la vittoria in Coppa d’Africa.
Il nostro capitano Kibonge ha persino telefonato al presidente Mobutu, che l’ha tranquillizzato, dicendo che avrebbe inviato uno dei suoi consiglieri a Monaco di Baviera, per farci avere i nostri premi. Io avevo fiducia nelle parole del presidente, molti miei compagni no. Ricky Mavuba, lo scherzoso del gruppo, era furioso, mi disse che ero un ingenuo, credevo alle favole e pensavo che Mobutu fosse come Babbo Natale. Le sue parole mi ferirono nell’orgoglio.

 Ripensandoci, forse dovevamo essere più patriottici ma ci avevano promesso un premio e non era giusto che si rimangiassero la parola. Avevamo trascorso due mesi lontani dalle nostre famiglie per essere presi in giro in quel modo. Il morale era sotto i tacchi e non eravamo concentrati per affrontare la Jugoslavia. Arrivati allo stadio, Vidinić scomparve e un consigliere di Mobutu lo accusò di avere venduto le nostre tattiche agli slavi, suoi connazionali. Era una frottola, Vidinić non era un traditore. Mobutu sì invece, aveva tradito la sua promessa. Il suo uomo di fiducia ci disse che i soldi li avremmo visti solo una volta ritornati a casa e in quel momento anch’io mi sono convinto che non avremmo preso un centesimo. Nel nostro spogliatoio regnava il caos, il portiere Kazadi salì su un tavolo e prese la parola. Disse che il Ministro poteva stare in porta, gli stregoni in difesa, i funzionari del ministro a centrocampo e i consiglieri in attacco. Le sue parole furono accolte da applausi convinti da parte di tutti.

Il capitano Kibonge avvisò i consiglieri del presidente che eravamo in sciopero e non saremmo scesi in campo contro la Jugoslavia. Il comitato organizzatore e i dirigenti della FIFA provarono a farci cambiare idea per non rovinare l’immagine della Coppa del Mondo. Ci fossimo ritirati, sarebbe stato un colpo basso per il calcio africano e l’idea di João Havelange di aumentare a due le partecipanti del nostro continente nei Mondiali successivi. Mezz’ora prima del calcio d’inizio, il Ct Vidinić entrò negli spogliatoi e ci disse che aveva parlato al telefono con un furioso Mobutu. Se non fossimo scesi in campo, al nostro ritorno a Kinshasa non avremmo ritrovato le nostre mogli, i nostri figli e i nostri famigliari. Abbiamo deciso così di giocare ma alcuni, come Kazadi, Kibonge, Kakoko e Mavuba, giurarono di non impegnarsi. Io rimasi in silenzio, non sapevo cosa pensare e a chi credere.

A Gelsenkirchen eravamo in campo con il corpo, ma non con la testa. Fu un disastro: dopo diciotto minuti perdevamo già 3-0 e l’allenatore decise di cambiare il portiere Kazadi con il suo secondo, Tubilandu Ndimbi. Era piccolo di statura ma un buon portiere, giocava con me nell’As Vita ed era stato titolare in finale di Coppa d’Africa. Quel cambio però non aveva senso, perché Kazadi era esente da colpe nei tre gol subiti. Abbiamo poi scoperto che la sostituzione non fu un’idea di Vidinić, ma una decisione presa dall’alto. Lontano dagli occhi indiscreti dei funzionari di Mobutu, il nostro Ct confessò al giornalista del Vrij Nederland che Lockwa, il rappresentante del Ministro dello Sport, gli aveva ordinato di togliere Kazadi.

La prima azione di Ndimbi fu raccogliere in rete il quarto gol di Josip Katalinski. Secondo noi era fuorigioco. Il terzino destro Mwepu Ilunga esagerò con le proteste e rifilò un calcio nel sedere all’arbitro. Il colombiano Omar Delgado sentì il calcio ma non vide chi glielo aveva dato ed espulse uno a caso, cioè io. Mwepu provò a discolparmi, ma Delgado non sentì ragione e nelle interviste si giustificò dicendo che “i negri sono tutti uguali”. Per me il Mondiale era finito e, qualche giorno dopo, il comitato disciplinare della FIFA mi condannò a un anno di squalifica. Un’ingiustizia».

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I campionati del mondo di calcio di Russia 2018, che si svolgeranno dal 14 giugno al 15 luglio, hanno già infranto un record: l’album digitale Panini, sponsorizzato dalla Coca Cola, ha infatti raggiunto la cifra colossale di quattro milioni di collezionisti in tutto il mondo.

Con 115 milioni di scambi effettuati nelle sette settimane in cui è stato pubblicato, e con oltre tre mesi di anticipo rispetto alla chiusura del concorso, prevista per il 31 agosto, l’edizione di Russia 2018 del Panini Digital Sticker Album ha già superato la versione di Brasile 2014 di oltre un milioni di giocatori.

Un successo clamoroso, quello della Panini, che mette d’accordo tifosi ed appassionati di tutte le generazioni. Partecipare è semplicissimo: si può giocare sia da pc (qui) ma anche su smartphone attraverso l’app ufficiale disponibile per utenti IOS e Android.

Mentre otre tre milioni e mezzo di utenti non hanno ancora completato il loro album adesivo digitale Panini, tutti i fan che lo completeranno prima del 31 agosto saranno ammessi all’estrazione a premi, con 50 vincitori del Gran Premio che riceveranno una lussuosa versione cartonata dell’album adesivo internazionale Panini per la Coppa del Mondo FIFA 2018, insieme a un codice MyPanini, che consente di ordinare gratuitamente dieci copie stampate di un singola figurina MyPanini sul sito www.mypanini.com. Ciascuno dei 50 secondi classificati riceverà un codice MyPanini gratuito.

Un motivo in più per unirsi ai quattro milioni di appassionati che da tutto il mondo scambiano e condividono le figurine digitali Panini di Russia 2018, tra cui personaggi come Kyle Walker e la superstar NBA Clint Capela, anche loro contagiati dalla febbre Panini.