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Rimmel è una delle cose più immense della musica italiana. L’album e l’omonima canzone che racchiudono l’arte poetica di Francesco De Gregori, videro la luce nel 1975.
Franco Baresi aveva 15 anni e, già al tempo, era soprannominato “Piscinin” prima di cedere spazio e gloria al più pomposo nomignolo di “Kaiser Franz” in onore di Franz Beckenbauer. Il paragone regge e reggerà nel corso dei decenni calcistici: Franco Baresi, genio, anticipo, tackle, purezza e scorza. Tra i più completi liberi nella storia.

Anzi no. Completo tecnicamente, incompleto e incompiuto per quello che tanto ha dato al mondo del pallone e tanto poco ha ricevuto. Pallone ingrato. Dalle pagine chiare e ricche di trionfi con il Milan, legato sempre e per sempre (altra citazione di De Gregori) ai rossoneri, alle pagine scure della Nazionale.
Dalle pagine chiare di un Mondiale, quello del ’94, che l’ha visto leader anche fuori dal campo, con il recupero record in 20 e poco più giorni dall’infortunio al menisco, alle pagine scure del triste epilogo americano. Il sogno americano frantumato dagli 11 metri.

Franco Baresi, l'ultimo difensore

Il capitano della Nazionale allenata da Arrigo Sacchi si infortunò nella sfida contro la Norvegia. Era appena la seconda partita del girone. Che si fa, si torna a casa? Nemmeno per scherzo.
Decise di operarsi immediatamente, a meno di 24 ore dall’infortunio. Voleva rientrare a tutti i costi sperando in un successo dietro l’altro dei suoi compagni di squadra. A 34 anni si è saggi e stolti abbastanza per fare di tutto pur di acciuffare l’ultimo treno della vita: un Mondiale con la fascia di capitano.
Dopo sette giorni dall’operazione lasciò la clinica, senza stampelle e raggiunge il ritiro degli azzurri. «Un miracolo», dissero gli altri strabuzzando gli occhi.

Franco non crede ai miracoli, ma li sa fare (ancora De Gregori): in difesa è il leader, elegante, ordinato, deciso e sportivo. Dopo l’operazione non aveva bisogno di allenarsi, che gli serviva? Conosceva Sacchi, Maldini, Costacurta e Tassotti. Blocco Milan sinergico e amici di tante sfide.
Rimesso in piedi e in ottime condizioni fisiche e muscolari, non così scontato se si gioca a luglio, il 17, in un clima umido che sbalzava i gradi oltre i 40°.

Franco Baresi, un nome e un numero: 6 per sempre

La finale contro il Brasile è una delle sue migliori partite si sempre. Con il numero sei sulle spalle, annienta gli attaccanti verdeoro da Romario a Bebeto. Solo i crampi lo buttano a terra, ma al 120’ dopo i supplementari e prima dei calci di rigore.
Visto i continui rimandi a De Gregori, sarebbe lineare dire che non è da questi particolare che si giudica un giocatore. Vorremmo, quasi con paterna consolazione ripeterlo ancora oggi, dopo più di 20 anni, a Franco Baresi. Sussurrargli parole dolci e di conforto dopo il tiro, travolto dalla stanchezza, calciato alto, oltre la traversa.

E’ un eroe fragile, un eroe incompiuto e forse anche per questo è eterno nei ricordi degli appassionati. Perché si è dimostrato umano. Una divinità che, a 34 anni, dopo aver recuperato in meno di un mese da un infortunio serio, dopo i rigori falliti e la coppa del Mondo alzata dal Brasile, si è lasciato andare in un genuino pianto.
La Gazzetta dello Sport gli diede 9. A un passo dalla perfezione.

Se in una partita una squadra calcia 6 rigori e ne realizza solo uno, a prescindere dal risultato, quello stesso match è destinato a entrare nella narrativa sportiva. E’ già mitologia. Se poi abbiamo un portiere che si innalza a ruolo di eroe, una squadra costretta a difendersi per tutti i 90 minuti più supplementari in 10 uomini, all’interno di uno stadio che ti fa il tifo contro, allora si sconfina nell’epica più autentica.

Olanda – Italia, 29 giugno 2000, semifinale degli Europei che si disputano proprio in Olanda e Belgio. L’Amsterdam Arena è oranje: «C’era un’atmosfera quasi surreale: tre quarti dello stadio era arancione», dice prima del match Francesco Toldo. Il gladiatore di quell’impresa, l’ultimo a rimanere in piedi nell’eterna lotteria dei rigori.
Che poi Italia e Olanda dagli 11 metri hanno ricordi amari, amarissimi. Una sfida che poteva essere la redenzione per una e la condanna eterna per l’altra.
L’Olanda va fortissimo, prende il palo dopo pochi minuti con Bergkamp. Poi, al 34esimo, Zambrotta si fa espellere per doppia ammonizione. Passano quattro minuti e Cannavaro fa un fallo ingenuo in area: rigore. Va Frank de Boer, capitano e rigorista, tira. Prima parata di Toldo.
I padroni di casa vanno a ritmi forsennati, vogliono sbloccare la partita. L’Italia alza i muri, ma al 62esimo, Iuliano entra in scivolata in area sul suo compagno juventina Edgar Davids. Secondo rigore. Questa volta è Kluivert a prendere il pallone. Lo vuole battere lui, lui che che nel corso degli Europei ha già segnato cinque gol. Tiro angolato e quasi perfetto. Quasi. Palo interno e sputata nuovamente in campo.

E’ 0-0, si va ai supplementari, Delvecchio potrebbe anche segnare e chiuderla con il Golden gol, ma si arriva ai rigori. Parte Di Biagio in un’ideale filo mai interrotto da Francia ’98. Lui ha chiuso sulla traversa quell’avventura, lui apre una nuova serie. Nella sua testa è ancora lì che riprova e riprova sperando di invertire il senso della storia. Questa volta la butta dentro. Poi de Boer, di nuovo lui, contro Toldo. Qui gli olandesi iniziano a credere in un anatema, uno sciamano che ha fatto un rito porta-sfiga. Francesco para anche questo. Pessotto tira praticamente senza rincorsa e fa 2-0. Poi è il turno del roccioso difensore Stam.

Come detto in apertura questa partita si muove tra mito, racconti fantastici, eroi e antieroi. Tra loro c’è anche la figura del santone o del mago, se preferite. C’è un istante che, solo diversi anni dopo, è stato svelato dallo stesso portierone ex Fiorentina e Inter. Stam si presenta sul dischetto. Tira una sassata alta, sgangherata al di sopra della traversa. Toldo volge lo sguardo al cielo e grida: «Alberto, Alberto!».
Ecco lo sciamano della novella fantastica. Alberto Ferrarini. Motivatore o mental coach, anche se lui, non si sente né l’uno né l’altro.

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Tutto nasce da un incontro fortuito che lo stesso Toldo ha raccontato: prima del Natale 1999, il portiere va fuori a cena con moglie e amici, tra cui Bressan, compagno alla Fiorentina. Nello stesso tavolo c’è Alberto e nasce subito una sintonia. C’è curiosità, poi Alberto, gli dice: «Nel 2000 farai cose importanti. E giocherai da titolare all’Europeo». Ci scommettono anche un caffè, ovviamente Toldo sa che è Buffon il portiere numero uno dell’Italia.
E quando il ct Zoff assegna i numeri di maglia, Toldo si rassegna: a lui spetta la numero 12, quella del panchinaro. Alberto, però, non molla e rilancia: «Strano, dovrebbe toccare a te». Beh, in amichevole, contro la Norvegia, Gigi Buffon si fa male alla mano e come l’effetto sliding-doors cambia la carriera di Francesco.

Il portiere e il suo nuovo amuleto si incontrano e saldano il caffè che si erano promessi. Qui Alberto azzarda una giornata di gloria eterna per Toldo: «Guarda che non finisce qui: ci sarà una giornata dove tutti parleranno di te. Facciamo una cosa: ti chiamo quando sarà il momento». E indovinate quando chiama? Esatto, la mattina del 29 giugno durante la riunione tecnica.
I numeri non mentono, dice lui. Toldo inizia a crederci, chiede cosa diavolo potrà mai succedere e Alberto quasi con ovvietà dice: «Beh sei un portiere quindi ci saranno tanti rigori. Ma non avere paura: li prendi tutti oppure sbagliano. Fidati dell’istinto: è il tuo giorno».

E’ il giorno del ragazzotto nato a Padova. E’ il giorno di un grande professionista, un atleta modello la cui unica colpa è stata quella di nascere calcisticamente nella generazione di Buffon e di Peruzzi. E’ il giorno di un’intera nazione che si scrolla di dosso l’etichetta di perdente da quel dannato dischetto di gesso bianco del rigore.
Ma ci vuole un gesto screanzato, folle, per farlo capire al mondo intero. E il terzo rigore per gli azzurri spetta all’altro Francesco, Totti. «Mo je faccio er cucchiaio» aveva confidato all’amico Di Biagio. E segna.
Poi Kluivert segna l’unico dei sei rigori tirati dall’Olanda in questa partita. Stizzito, dopo la realizzazione, calcia l’aria e l’erba. Calcio il vuoto. Un pugno di mosche. Maldini, distrutto dai crampi, ciabatta il suo penalty. Per ultimo, per l’Olanda, tira Bosvelt.

Come disse un altro Francesco, De Gregori: «La fine del discorso la conosci già». Titolo della canzone: Pezzi di vetro. Storia di un “santo a piedi nudi”. Italia in finale contro la Francia. Per una sera, l’Italia è un paese di santi, portieri e motivatori.

Entrano nel vivo i Mondiali femminili con la prima sfida degli ottavi di finale. Sabato 22 giugno, ha aperto il programma del tabellone la sfida tra Germania e Nigeria, che ha visto a Grenoble il netto successo delle tedesche per -30 che dunque volano ai quarti di finale dove affronteranno la vincente di Svezia – Canada (in programma il 24 giugno). Alle ore 21 invece entusiasmante match tra Norvegia-Australia, decisa solamente ai calci di rigore a favore delle scandinave. Sam Kerr sbaglia dal dischetto.

GERMANIA-NIGERIA 3-0

20’ Popp, 27’ rig. Dabritz, 82’ Schuller

GERMANIA (4-4-2): Schult; Gwinn, Doorsoun, Hegering, Schweers (dal 46’ Simon); Huth, Leupolz (dal 46’ Buhl), Magull (dal 69’ Oberdorf), Dabritz; Popp, Schuller. Ct Voss-Tecklenburg

NIGERIA (4-4-2): Nnadozie; Okeke, Ebi, Nwabuoku (dal 46’ Ajibade), Ohale; Ordega, Ayinde, Okobi, Kanu (dall’84’ Ogebe); Ihezuo (dal 75’ Uchendu), Oparanozie. Ct Dennerby

La Nigeria comincia provando a tenere subito i ritmi alti, ma ben presto la tecnica superiore della Germania viene fuori e le tedesche prendono il controllo del gioco fin dalle prime battute. Al 19’, Popp calcia dal limite ma la sua conclusione viene deviata in angolo: sugli sviluppi del corner è proprio l’attaccante a svettare di testa e portare la Germania in vantaggio, con l’arbitro chiamato al VAR per valutare una posizione di fuorigioco ritenuta ininfluente. Pochi minuti e l’arbitro Yamashita è chiamato nuovamente al monitor per valutare un intervento scomposto della Nwabuoko su Magull: le immagini lasciano poco all’interpretazione e viene concesso il calcio di rigore. Sul dischetto si presenta Dabritz, che piazza bene il pallone e firma il raddoppio al 27’. La Nigeria ha una prima reazione nervosa ma che non produce frutti. Nel finale di primo tempo, Oparanozie rischia l’autorete su azione di calcio d’angolo ma il pallone termina a lato. In apertura di ripresa, l’attaccante nigeriana sfiora il gol, arrivando in leggero ritardo sulla bella assistenza di Ajibade a pochi passi dalla linea di porta. Al 58’ Gwinn può calciare da ottima posizione dopo una splendida azione, ma il suo tiro termina alto. Tanti gli errori della Nigeria nella trequarti avversaria, che aprono alle ripartenze della Germania, che comunque non ha mai perso il controllo della partita. Al 79’ avrebbe anche la chance di chiudere definitivamente la gara, quando Dabritz trova un buon corridoio centrale ma poi chiude troppo il sinistro in diagonale che finisce fuori. Tre minuti dopo, le tedesche calano il tris: un’incomprensione banale sul limite dell’area tra Ohala e Ayinde diventa un assist per Schuller, che fredda Nnadozie con tiro ad incrociare perfetto. Nessuna emozione nei minuti finali, con la squadra della c.t. Voss-Tecklenburg che si qualifica con merito per i quarti di finale; alle africane, sostenute dal pubblico di Grenoble, tanti applausi.

 

NORVEGIA-AUSTRALIA 1-1 (4-1 d.c.r.)

31′ Herlovsen (N), 83′ Kellond-Night (A)

NORVEGIA (4-4-2): Hjelmseth; Moe Wold (102′ Hansen), Mjelde, Thorisdottir, Minde; Saevik (72′ Maanum), Boe Risa, Engen, Reiten; Graham, Herlovsen (77′ Utland). Ct Sjogren

AUSTRALIA (4-3-3): Williams; Carpenter, Kennedy, Catley, Kellond-Knight (94′ Polkinghorne); Logarzo, Van Egmond (116′ Roestbakken), Yallop; Raso (74′ Gielnik), Kerr, Foord. Ct Milicic

Espulsa: Kennedy (A)

Nell’altro ottavo di finale di giornata la Norvegia supera l’Australia ai calci di rigore dopo un match all’insegna dell’equilibrio. Nei tempi regolamentari è 1-1: scandinave in vantaggio alla mezz’ora con Herlovsen e raggiunte da Kellond-Night a 7′ dalla fine. Nell’extra time le australiane restano in 10 per l’espulsione di Kennedy (104′), ma riescono a resistere sino ai calci di rigore. Dagli undici metri Norvegia glaciale con zero errori su cinque, mentre sono due gli errori per le ragazze di Milicic. La squadra del ct Sjogren affronterà ora la vincente di Camerun-Inghilterra.

 

Gli altri ottavi

Inghilterra – Camerun oggi alle 17:30

Francia – Brasile oggi alle 21:00

Spagna – Stati Uniti 24/6 alle 18:00

Svezia – Canada 24/6 alle 21:00

Italia – Cina 25/6 alle 18:00

Olanda – Giappone 25/6 alle 21:00

Jordan Pickford nell’estate 1996 è un bambino inglese di poco più di due anni, non sa ancora e non può sapere chi sarà e cosa sarà della sua vita. Gareth Southgate ha 25 anni, è un difensore di buon livello dell’Aston Villa ed è al suo primo torneo internazionale con l’Inghilterra, gli Europei del 1996 disputati in casa.

Gareth è titolare della Nazionale dei Tre Leoni allenata da Terry Venables che sta provando a vincere per la prima volta il trofeo continentale. E’ il 26 giugno, è il giorno della semifinale con la Germania, ancora i tedeschi, sfida infinita resa ancor più incandescente dopo il precedente di Italia ’90, in cui la squadra di Beckenbauer guadagnò il pass per la finale vincendo ai rigori al Delle Alpi di Torino. L’inizio di un incubo per i sudditi di Sua Maestà.

Anche quella sera a Wembley si decide tutto dagli 11 metri: al gol di Shearer (capocannoniere di quel torneo con 5 reti ) dopo 3 minuti, ha risposto Kuntz al 16’. 1-1, risultato immutato anche dopo 120 minuti nonostante il debutto della regola fatale del golden goal (che poi deciderà la finale tra tedeschi e Repubblica Ceca con gol di Bierhoff).
Jordan Pickford non ha cognizione di quello che sta vedendo, è ancora troppo piccolo. I suoi genitori e la sua famiglia probabilmente sono incollati alla tv, in trepidante attesa prima di capire se la loro Inghilterra arriverà in finale.

Ai rigori segnano tutti, 5 su 5, va a bersaglio anche Stuart Pearce, che nel 1990 si era fatto parare il penalty da Bode Illgner. Inizia la serie a oltranza, da centrocampo si avvicina all’area di rigore Gareth Southgate. Sa che non può sbagliare, sa che la finale è un passo, sa che se segna mette una pressione incredibile all’ultimo tiratore tedesco.

Di fronte ha Andreas Köpke, portiere di discreto livello dell’Eintracht Francoforte, ma che in quell’Europeo è già diventato protagonista parando un rigore a Gianfranco Zola nella fase a gironi contro l’Italia. A causa di quell’errore, gli Azzurri di Sacchi furono eliminati dalla competizione.
Fischia l’arbitro Sandor Puhl, uno dei migliori al mondo in quegli anni. Parte Gareth, inizia la sua rincorsa poco fuori dall’area di rigore. Decide di tirare il pallone basso, rasoterra, alla destra del portiere. Il problema è che Köpke ha già capito tutto e respinge il tiro.

In quell’attimo ti crolla addosso il mondo intero, torni a centrocampo e speri che il tuo errore non sia decisivo, speri che David Seaman possa aiutarti e parare il rigore di Andy Moeller. Non sarà così, l’ex attaccante della Juventus va a segno e porta la Germania in finale, ultimo scoglio prima di salire sul tetto d’Europa grazie a Oliver Bierhoff.

La sera sfortunata di Wembley perseguiterà Southgate per tutta la sua carriera. Addirittura diventerà il protagonista di uno spot della Pizza Hut in compagnia di Stuart Pearce e Chris Waddle, i suoi compagni di avventura nella saga del rigore sbagliato iniziata contro i tedeschi a Italia ’90. La rock band The Business ne fece anche una canzone, “Southgate (Euro ’96)”.

Jordan Pickford inizia pian piano a crescere, sogna di diventare portiere e di interrompere quella maledizione che colpisce l’Inghilterra ogni volta che una gara a eliminazione diretta finisce dagli 11 metri. Vittime delle loro stesse creazioni: hanno inventato il calcio, hanno codificato nel 1891 l’idea dei rigori venuta a un irlandese, William McCrum, un anno prima.

Italia ’90 ed Euro ’96 sono solo il prologo. Francia ’98, out contro l’Argentina agli ottavi di finale, nonostante il rigore di Alan Shearer che la scienza brevettò come il rigore perfetto. Euro 2004, out contro il Portogallo ai quarti di finale, quando il portiere Ricardo parò l’ultimo rigore senza guanti a Vassell prima di andare a trasformare quello decisivo.

Germania 2006, sempre i lusitani, sempre quarti di finale, ancora l’incubo Ricardo in porta. Fuori con l’ultimo rigore trasformato da un giovane Cristiano Ronaldo. Euro 2012, derby della sfortuna contro l’Italia, altra Nazionale che vive gli undici metri come un’ossessione (ko per 3 edizioni consecutive ai Mondiali, tra il 1990 e il 1998, prima di prendersi la rivincita nella finale di Berlino nel 2006). Fuori dopo il cucchiaio di Pirlo.

Russia 2018, 3 luglio, Spartak Stadium di Mosca.

Jordan Pickford ha 24 anni, gioca nell’Everton ed è il portiere titolare della squadra di Sua Maestà. Gareth Southgate è il commissario tecnico da due anni, promosso dall’Under 21 dopo lo scandalo che coinvolse il suo predecessore, Sam Allardyce.

Ottavi di finale contro la Colombia, 1-1 dopo 120’, perfetta parità prima degli ultimi rigori. Hanno sbagliato Henderson e Uribe. Alle 22.50 Carlos Bacca si presenta sul dischetto, di fronte a lui Pickford. Jordan lo guarda, si butta alla sua destra ma con la mano di richiama riesce a intercettare il rigore centrale dell’ex milanista. E’ per te Gareth, è per te che vivi un’ossessione da 22 anni, è per te l’ultimo penalty trasformato da Eric Dier. Southgate può correre a centrocampo ad abbracciare i suoi ragazzi, a ringraziare Jordan che nel 1996 aveva poco più di 2 anni e non sapeva chi sarebbe diventato.

Oggi è l’uomo che fa esplodere Londra e Manchester, Liverpool e Birmingham. Dopo 12 eliminazioni su 14 ai rigori, l’Inghilterra può finalmente festeggiare. Ora c’è la Svezia ai quarti di finale, anche i rigori non fanno più paura.

 

Il calcio ha un grande merito: fa giri storicamente lunghi, si perde nelle partite e nelle sfide, ma alla fine riequilibra le sorti, anche inaspettatamente. L’Inghilterra espugna la battaglia contro la Colombia nell’ultimo ottavo di Russia 2018 che si è protratto fino ai rigori. E i tiri dal dischetto questa volta hanno detto bene ai Tre Leoni: l’ultima volta, ai quarti nel 2006 in Germania, uscirono contro il Portogallo per gli errori di Lampard, Gerrard e Carragher.

L’Inghilterra è l’ultimo tassello che definisce così i quarti di finale in programma il 6 e il 7 luglio:

 

 

Cosa è successo nel pomeriggio: Svezia – Svizzera 1-0 | Forsberg 21’ st.

La squadra che ha eliminato l’Italia negli spareggi di qualificazione procede, non senza sorprese, nella sua avventura mondiale. Senza Ibrahimovic, i ragazzi di Andersson, che hanno chiuso al primo posto il girone F dove la Germania è uscita e il Messico è arrivato secondo, se la vedono contro la Svizzera che, nel girone E, si è piazzata al secondo posto alle spalle del Brasile con cui avevano pareggiato 1-1 all’esordio.

Il primo acuto della partita si registra all’8’ con Berg che riceve palla davanti alla porta, ma la sua conclusione è sbilenca, quindi la sfera termina a lato. Un minuto più tardi ci prova Ekdal, ma il suo tiro è alto. Dopo due grandi azioni della Svezia, si riprende la Svizzera che al 24’ prova a far male con il colpo di testa di Zuber su cross di Shaqiri: palla alta sopra la traversa. Al 28’ miracolo di Sommer che salva i suoi sul tiro potente e a botta sicura di Berg. Dzemaili al 38’ sfiora il gol con un destro potentissimo: palla che sfiora la traversa. L’ultima emozione del primo tempo la regala Ekdal: cross al bacio di Lustig che pesca il centrocampista dell’Amburgo, il cui tentativo al volo è goffo.

Il secondo tempo si apre con la geniale giocata di Forsberg che fa fuori due avversari creando superiorità in mezzo al campo, la palla arriva a Toivonen in area che, ostacolato, calcia alto. Svezia che continua a spingere e che trova il vantaggio al 66’ con Forsberg: il dieci riceve palla al limite dell’area e calcia, il suo tiro viene deviato da Akanji e Sommer è beffato. Al 73’ esce il centrocampista del Bologna, Dzemaili: al suo posto Seferovic. La Svizzera prova ad attaccare a testa bassa, alla ricerca del gol del pareggio, che potrebbe arrivare all’80’ quando il colpo di testa di Embolo (entrato al posto di Zuber) viene salvato da Granqvist. La Svizzera ci prova fino alla fine e per poco non trova il pari al 91’ con il colpo di testa di Seferovic ben parato da Olsen. Alla fine è 1-0 per gli uomini di Andersson.

 

Cosa è successo in serata: Colombia – Inghilterra 1-2 (dopo rigori) |12′ st rig. Kane (I); 45’+3 st Mina (C)

Gareth Southgate continua ad affermare che l’obiettivo è provare a vincere i Mondiale del 2022 perché la squadra è ancora giovane, ma sarà la spensieratezza e Harry Kane davanti (sesto gol), fatto sta che l’Inghilterra segna un passaggio storico a questo Mondiale: i rigori sono favorevoli alla squadra della Regina.

La partita è a lungo bloccata, primo tempo avaro di emozioni. Solo Kane da un lato e Cuadardo dall’altro vanno vicini, di testa il primo, con un tirocross il secondo al gol del vantaggio. Per spezzare gli equilibri ci vuole quindi l’episodio e una nuova disattenzione di Carlos Sanchez che ingenuamente, sugli sviluppi di un corner, si aggrappa a Kane, lo strattona e poi lo affossa. Rigore ineccepibile che Kane trasforma al 58’. Sei gol al primo Mondiale, tanti quanti segnati da Messi in quattro edizioni.

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La Colombia fatica a reagire e soltanto l’ingresso di Bacca scuote i Cafeteros. L’attaccante del Milan dà profondità, e serve sui piedi di Cuadrado una nitida palla gol che l’esterno della Juventus manda alle stelle. Ma è un segnale e allo scadere la beffa si concretizza. Pickford vola e neutralizza un tiro all’incrocio di Uribe, ma sugli sviluppi del corner allo scadere, al 930, Yerri Mina svetta su Maguire e segna il pareggio.

Nei supplementari le squadre si allungano, ma le occasioni non aumentano. Vardy va vicino al 2-1 ma in fuorigioco e anche Bacca non riesce a concretizzare uno dei pochi affondi colombiani. E allora è da un’incursione improvvisa di Rose che arriva l’occasione più clamorosa con il sinistro ad incrociare da dentro l’area che supera Ospina ma si spegne a lato di un soffio. Nulla da fare, a decidere la gara sono i rigori con l’errore di Carlos Bacca che condanna i Cafeteros e manda i Tre Leoni ai quarti di finale.

Il calcio di rigore assegnato al Cagliari contro la Juventus, nella prima giornata di Serie A, mediante l’utilizzo del Video assistant referee (Var) ha aperto ufficialmente la strada a una svolta epocale nel calcio italiano. Con entrambi i piedi, lo sport più seguito in Italia ha fatto un salto deciso e convinto verso il futuro e l’era moderna.
Non senza qualche perplessità o giri a vuoto (del resto “Roma non è stata costruita in un giorno”) anche sugli altri campi di Serie A abbiamo visto gli arbitri ricorrere alla “moviola” per togliersi dubbi su situazioni di non immediata comprensione.

La tecnologia metterà d’accordo tutti quanti e potremo presto dire addio alle chiassose liti da bar (che si sono spostate al momento sul: “si dice la Var o il Var?” Con tanto di Accademia della Crusca costretta a intervenire e dar forza al pronome maschile del termine).

Lo sport, dunque, cambia e accetta contaminazioni ed evoluzioni per star al passo coi tempi e alle logiche sempre più pressanti e imperanti di interessi, spettacolarità, giri economici e social. Non solo il calcio, abbiamo detto, ma anche basket e volley sono prossimi a significative evoluzioni. Vediamole assieme.

 

Calcio – moviola, 5 sostituizioni e diversa lotteria dei rigori

Se nei piani alti del calcio italiano abbiamo visto l’introduzione del Var, cambiamenti significativi avverranno anche nelle serie inferiori. All’inizio di agosto il Consiglio Federale della Figc aveva approvato la proposta della Lega Nazionale Dilettanti di portare le sostituzioni da tre a cinque.
Un’opportunità per dare alle società la possibilità di schierare più giovani che così vedranno sempre meno la panchina durante la stagione, ma anzi avranno modo di crescere e di farsi “le ossa”. Una rivoluzione che ha immediatamente coinvolto anche la Serie C (ormai ex Lega Pro): in pratica già dalla stagione 2017-2018, pur mantenendo le tre finestre per i cambi durante una partita, l’allenatore potrà mandare in campo cinque giocatori freschi.

Certamente è uno storico cambiamento se pensiamo agli anni 60’ e alle prime proposte di introdurre un giocatore per far posto a uno infortunato, ma che dire all’idea già sperimentata in Inghilterra di alterare l’ordine dei calci di rigore? Infatti, come si è potuto già vedere durante l’ultimo Community Shield vinto dall’Arsenal contro il Chelsea, la lotteria dagli 11 metri ha subito un cambiamento: non più l’ordine classico A-B-A-B con alternanza delle due squadre, ma la novità è A-B-B-A come avviene similmente nel tie-break tennistico.
Qui potete capire meglio:

 

Basket – cambio infrazione di passi

Anche se ufficialmente non si parla di rendere il basket, al di fuori dei confini della Nba, più spettacolare è evidente che la pallacanestro guardi agli Stati Uniti come modello da seguire. Tempo fa, infatti, ci fu il cambio delle dimensioni del campo con allargamento dell’area e aumento della distanza della linea dei tre punti.
Ma la Fiba, la Federazione internazionale che gestisce il basket (tranne la Nba), il 17 agosto, ha annunciato un’altra importante novità che entrerà in vigore dal prossimo mese di ottobre: cambierà, infatti, la regola che riguarda l’infrazione di passi.

Nella Nba (ma prossimamente anche su tutti i parquet del mondo) il regolamento è più permissivo: infatti, il piede che è a terra nel momento in cu si riceve il pallone non è considerato il primo dei due passi consentiti, ma un simil “passo zero”. Ciò significa che verrà concesso al giocatore che in fase di corsa o palleggio raccoglie la palla di compiere due passi prima di liberarsene con un passaggio o un tiro. Questo rende l’azione molto più fluida dando più libertà ai giocatori.
Attenzione, però, alle critiche – consentite – dei puristi: le infrazioni di passi, in America, non sempre vengono fischiate e ai giocatori capita spesso di fare più passi senza palleggiare e non essere sanzionati dall’arbitro. Una cosa è certa: si discuterà per molto tempo e vedremo un po’ di confusione nei primi mesi.

 

Volley – cambio dei set e della battuta

Calcio, basket…e ora pallavolo. Anche la Fivb, la Federazione internazionale di volley, vuole stare al passo degli altri sport popolari e, sempre nel mese di agosto, ha comunicato l’intenzione di stravolgere alcune regole basilari e di usare il Mondiale U-23 in Egitto come tester per valutare se promuovere o bocciare il cambio.

Il primo, significativo, impatto riguarda i punteggi: non più cinque set da 25 punti, ma sette da 15. La squadra che si aggiudica per prima i quattro set, vince. In caso di vittoria con almeno due set di scarto, alla squadra vincitrice verranno assegnati tre punti, mentre in caso di vittoria per 4-3 i punti saranno due. La squadra che perde con questo punteggio tornerà a casa con un punto.

Dimentichiamoci, inoltre, le poderose sassate in battuta con i giocatori che pestano la riga di fondo: per non commettere fallo, infatti, bisognerà ricadere prima della linea che delimita il campo.
Varia anche il tempo di interruzione tra un set e l’altro: non più tre minuti, ma soltanto due. Il cambio di campo avverrà ogni due set, mentre attualmente avviene al termine di ogni parziale.

 

Lo abbiamo lasciato piegato in due su se stesso, con il fraterno abbraccio di Luis Suarez a consolare chi, nella sua lunga, tenace e sempre controcorrente carriera, si è ritrovato a lottare contro nemici più grandi di lui. Capitano del Liverpool, capitano dell’Inghilterra in un’era del football dal forte sapore amarognolo, dal grande potenziale smarrito per strada. Una condanna eterna, per chi nell’eternità ci entra a colpi di tackle, sassate da fuori area e inserimenti puntuali. Geometra e scassinatore, progressista del centrocampo moderno. Steven Gerrard, annunciando il suo ritiro dal calcio giocato ha detto:

Ho avuto una carriera incredibile e sono grato per ogni momento della mia carriera a Liverpool, con l’Inghilterra e nei Los Angeles Galaxy. Mi sento fortunato ad aver vissuto così tanti momenti meravigliosi nel corso della mia carriera

Se con il Liverpool la gioia più grande l’ha provata nella notte pirotecnica di Istanbul con la vittoria della Champions League ai danni del Milan, in Nazionale le cose sono andate diversamente. Drammaticamente. Dalla felicità del suo esordio, il 31 maggio 2000, a 20 anni compiuti da un giorno, alla prima acerba delusione per il Mondiale del 2002 saltato per un infortunio, fino ai ripetuti ceffoni presi nelle edizioni successive. Dodici partite in tutto, da Germania 2006 a Brasile 2014. Lui ha provato a invertire un destino nefasto, un peccato originale che la Nazionale inglese si trascina da mezzo secolo. Ecco alcune istantanee che immortalano gli alti e i bassi di Gerrard nelle sue esperienze mondiali:

10 giugno 2006 – L’esordio in un Mondiale con la maglia dell’Inghilterra

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E’ il primo Mondiale per Steven Gerrard, gara d’esordio nel Girone B contro il Paraguay e lo inizia alla sua maniera. Tanta intensità a centrocampo, derviscio trita palloni ed entrate decise a tenaglia contro gli avversari sudamericani (vedere qui). Mentre Lampard, accanto a lui nella mediana di centrocampo, mantiene una certa compostezza mista a brillantina in testa e pensa principalmente ad avanzare e a cercare la rete, Stevie, fastidioso, si sporca sin da subito i calzettoni bianchi beccandosi un’ammonizione dopo appena 19’. Come diceva Brera, nella mente del numero 4 c’era solo da menare il torrone;

15 giugno 2006 – Il primo gol al Mondiale

English midfielder Steven Gerrard (L) sh

Va bene essere sporchi e cattivi, ma Gerrard, colui che ha anticipato i tempi incarnando il ruolo del centrocampista fosforo&tacchetti, doveva lasciare il suo timbro personale – non sui parastinchi degli avversari – al Mondiale in Germania. Contro Trinidad&Tobago, in un match viscoso sbloccato solo sul finale da Peter Crouch, il ragazzo del Liverpool chiude i giochi al 91’ con un bel tiro di sinistro piazzato all’angolino alto, dopo una bella finta a rientrare da fuori area;

20 giugno 2006 – Usa la testa Stevie!

3-svezia

La Nazionale dei Tre Leoni, che ha raccolto più punti che bel gioco, si fa travolgere dagli assalti della Svezia. Il gol spettacolare di Joe Cole non cambia la storia dell’incontro, fino all’ingresso di Gerrard. Entrato al 70’, quando l’1-1 sembrava andar più che bene all’Inghilterra e strettissimo agli svedesi, dopo 16 minuti, il centrocampista riceve in area un cioccolatino morbido del solito Joe Cole e dolcemente, ma con giustezza infila Isaksson di testa. L’incontro termina comunque 2-2 e l’Inghilterra di Sven-Göran Eriksson accede agli ottavi contro l’Ecuador;

1° luglio 2006 – Non è da questi particolare che si giudica un giocatore

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Rigori, dannati rigori. Contro il Portogallo, l’Inghilterra crea tante occasioni quante ne ha avute in tutti i match precedenti della fase a gironi, nonostante l’inferiorità numerica per l’espulsione scellerata di Rooney al 62’. Non bastano 120 minuti: Ricardo e la difesa portoghese alzano le barricate e, in queste circostanze (Gerrard lo sa bene pensando a Milanliverpooltreatre), chi l’ha giocata meglio alla fine cade nel tranello della tensione, della paura. Dagli 11 metri sbaglia subito Lampard, la rimette in piedi Hargreaves, poi crollo definito proprio di Stevie G. e del suo fido alleato in zona Merseyside, Jamie Carragher. Quattro rigori, tre errori, auf Wiedersehen Mondiale;

12 giugno 2010 – Con la fascia di capitano al braccio

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Dopo la clamorosa mancata qualificazione agli Europei del 2008, l’Inghilterra si presenta al Mondiale del 2010 con Fabio Capello in panchina e Steven Gerrard a guidare una Nazione con la fascia di capitano al braccio. E’ un tentativo di rinascita dopo la fallimentare gestione di McLaren, lo scandalo che coinvolse la vita privata di Terry, capitano fino a quel momento. Nei piani di Capello, in realtà, la fascia sarebbe spettata a Rio Ferdinand, ma un infortunio gli fece saltare quell’edizione dei Mondiali. Gerrard, in questa tormenta, è sempre lì: nel match d’esordio contro gli Stati Uniti è proprio lui a segnare la prima rete dell’Inghilterra. Classico inserimento che lo hanno reso giocatore moderno e poliedrico. L’incontro finirà 1-1;

27 giugno 2010 – La disfatta tedesca

Le istantanee che hanno fatto la storia di questo incontro e del calcio moderno sono due: il frame che immortala il gol di Lampard non convalidato, nonostante la palla avesse superato di netto la linea e la successiva disperazione del centrocampista del Chelsea. Quello in Sudafrica è stato un Mondiale sciapo per l’Inghilterra: dopo il pareggio all’esordio, segue uno spento 0-0 contro l’Algeria e una vittoria risicata contro la Slovenia. Contro la Germania è notte fonda: finisce 4-1, con la beffa di una possibile rimonta strozzata da un gol non visto (poteva essere il possibile 2-2). Unico sussulto parte dal solito piede di Gerrard che scodella in mezzo il cross per il 2-1 momentaneo realizzato dal difensore Upson. Solo tre reti per i Tre Leoni a questo giro: il capitano del Liverpool, magra soddisfazione per un Mondiale condotto da capitano, partecipa attivamente in due di queste;

19 giugno 2014 – La fine di un’era sbagliata: sconfitta contro l’Uruguay e titoli di coda

7-uruguay

Un lento declino che trova nel Mondiale del 2014 in Brasile la mazzata finale. Lo scetticismo che c’è attorno a Roy Hodgson trova conferme sul campo: Gerrard è ancora il capitano di una Nazionale che prova a ridisegnarsi con Sturridge, Sterling e Wellbeck su tutti, ma che si affida ancora alla Golden Generation di Lampard, Rooney e Gerrard appunto. Ma le cose vanno male. L’Italia sconfigge l’Inghilterra all’esordio per 2-1, il girone D è anomalo con Uruguay e Costa Rica a dettare legge, l’Inghilterra annaspa e crolla proprio nel secondo incontro, contro Suarez&co.
E’ la cartolina di addio, poche parole scritte frettolosamente per dimenticare al più presto. E’ Suarez che abbraccia e consola Gerrard a fine incontro, due amici, due che hanno provato a scrivere un pezzo di storia a Liverpool. Ed è un peccato che sia stato proprio il centrocampista col numero 4 sulle spalle a spizzare la sfera di testa consegnandola al letale attaccante per il gol del 2-1. La Nazionale della Regina è già fuori, per Gerrard è l’ultima partita con la fascia da capitano: nell’ultimo, inutile, match contro il Costa Rica, entra, infatti, a partita in corso.

Dopo 14 anni, 114 presenze, 21 gol, tra gioie, lacrime e delusioni, tra contrasti, calzettoni sporchi e tagliati e la carica di un condottiero che si è perso tra primedonne, quella volta chiuse con la Nazionale. Questa volta è davvero finita. Stevie, it’s over.