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rigore sbagliato

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Non si dimenticherà mai lo sguardo di Enzo Bearzot, quello sguardo che aveva cercato di rado durante la partita. Quella, però, era la partita più importante della sua vita e Antonio Cabrini aveva appena commesso un errore fatale. Madrid, luglio 1982, finale del Mondiale spagnolo contro la Germania Ovest. Altobelli crossa nel mezzo dove Bruno Conti viene messo giù dal tedesco Briegel: il rigore è netto. Siamo al primo tempo, minuto 25, e la partita può già prendere una svolta. Ma chi lo batte? Cabrini è il secondo rigorista della squadra azzurra, ma Giancarlo Antognoni è in panchina perché Bearzot ha preferito inserire il diciottenne Beppe Bergomi. Così tocca proprio al ragazzo venticinquenne terzino sinistro prendersi la responsabilità.

Un giocatore tedesco si avvicina per dargli fastidio, poi un fumogeno cade vicino al pallone. Antonio Cabrini non può più aspettare, deve affrontare il momento più delicato della sua carriera: inizia la rincorsa, arriva quasi sul pallone, poi alza lo sguardo e butta un occhio sul portiere tedesco. Vede che si muove, lui non sa che però è solo una finta. E Cabrini ci casca, calciando dalla stessa parte dove si butta Harald Schumacher. Una ciabattata.

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In realtà non inquadra nemmeno lo specchio, il tiro va proprio fuori. Eppure anche nei tabellini recenti questo suo errore dal dischetto è stato rimosso. Poco importa, perché l’Italia quel Mondiale lo vince per 3-1 e la carriera di Cabrini era ancora “salva”. Lui che in quell’edizione spagnola della Coppa del Mondo un gol l’aveva anche segnato, e decisivo, nel 2-1 contro l’Argentina nel complicatissimo Girone C. E immaginate la reazione dei tifosi italiani, come ha raccontato Cabrini stesso intervistato da L’Insder, capaci di esaltarsi visceralmente, ma allo stesso tempo di dare l’impressione di essere distaccarsi, salvo poi gioire per le vittorie. Da un gol a un rigore sbagliato. Ma soprattutto lui che, in Nazionale, ha disputato 73 gare realizzando 9 gol, il dato che lo rende il difensore più prolifico nella storia degli Azzurri.

Eppure non voleva tradire la fiducia del ct Bearzot che, al contrario, di fiducia ne aveva data tantissima al ragazzo cresciuto nella Cremonese e poi nell’Atalanta, prima di passare alla Juventus:  ritenuto uno dei primi terzini moderni, nonché uno dei maggiori interpreti del ruolo a livello mondiale, senza aver ancora esordito in Nazionale A, e addirittura senza vantare un posto di rilievo – ancora – tra i bianconeri, sul promettente Cabrini scommise il commissario tecnico degli Azzurri, il quale lo convocò per il campionato del mondo 1978 in Argentina. Fece il suo esordio il 2 giugno 1978, a vent’anni, nella partita Italia-Francia (2-1) disputata a Mar del Plata; conquistato il posto di titolare, giocò tutte le partite della rassegna iridata, chiusa dagli Azzurri al quarto posto, venendo inoltre premiato dalla FIFA come miglior giovane dell’edizione.

File:Mondiali 1978 - Italia vs Argentina - Daniel Bertoni e Antonio Cabrini.jpg

Nella storia dei fatali e più sciagurati errori dagli 11 metri il suo nome non c’è: Antonio Cabrini ha sollevato la Coppa del Mondo al cielo e un po’ deve ringraziare Rossi, Tardelli e Altobelli.