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Agli inizi di novembre 2008 Alessandro Del Piero ha 33 anni, è in procinto di farne 34 il 9. Prima però c’è un appuntamento di quelli segnati in rosso sul calendario o salvato nell’agenda dello smartphone. Il 5 novembre la Juventus di Claudio Ranieri va al Santiago Bernabeu. Quello stadio, così come Manchester, Monaco di Baviera o Barcellona è uno dei tempi del calcio europeo. La Champions League da brividi si gioca lì e Del Piero sa come si fa. Protagonista della prima e seconda Juve di Lippi, ha già vinto il trofeo nel 1996 a Roma. Ha però perso tre finali che ancora bruciano (1997, 1998, 2003).


Dopo lo scandalo di Calciopoli nel 2006, la Juve in quella stagione torna in Europa grazie al terzo posto in campionato maturato l’anno prima. Della squadra dominatrice in Italia sono rimasti, oltre a Del Piero, Buffon, Nedved, Camoranesi, Trezeguet, Chiellini. I bianconeri cercano di tornare agli antichi splendori, hanno acquistato Amauri dal Palermo, a centrocampo c’è Tiago proveniente dal Chelsea con il maliano Sissoko, in difesa una roccia come il vichingo Mellberg.

In Champions, dopo aver eliminato l’Artmedia di Bratislava ai preliminari, sono capitati nel girone H con Real Madrid, Zenit San Pietroburgo e Bate Borisov. La Juve fa un grande girone di qualificazione, si qualifica al primo posto, batte in casa Zenit e Real e vive la sua notte di gloria il 5 novembre.

Santiago Bernabeu, si diceva. Il Madrid ha come capitano l’eterno Raul, in porta Casillas, in difesa Fabio Cannavaro accanto ai giovani Sergio Ramos e Marcelo. I blancos, a caccia della “decima” che vinceranno solo nel 2014, sono allenati dal tedesco Schuster. Il reparto offensivo è composto da Sneijder, il già citato Raul e l’olandese Van Nistelrooij, arrivato in Spagna dopo gli anni a suon di gol con lo United. Nella ripresa, al ventesimo minuto, entrerà anche un giovanissimo Gonzalo Higuain, all’epoca 21enne. Drenthe, che sarà uno dei migliori, sostituisce all’ultimo minuto l’infortunato Robben.

I blancos partono all’attacco, ma Madama tutto sommato non corre grandi rischi. Drenthe imperversa sulla fascia, Van Nistelrooij cerca il guizzo giusto, ma non crea granchè. Alla prima vera occasione la Juve passa. Guti perde palla, recupera Marchionni che serve Del Piero a centrocampo. Il capitano si avvicina all’area di rigore avversaria, piazza il sinistro dai 20 metri come una punizione in movimento, rete. 0-1 e bianconeri avanti. Nel secondo tempo, Madrid avanti all’arma bianca, la squadra di Ranieri balla un po’ dietro ma tiene. Al 67’ c’è una punizione ideale per Del Piero, sul centrosinistra a 25 metri da Casillas. Il portiere spagnolo piazza malissimo la barriera, il capitano della Juve ne approfitta e va a firmare una doppietta memorabile.

Avrebbe il tempo anche di portarsi a casa il pallone, ma la tripletta è solo sfiorata. Claudio Ranieri, a tempo scaduto, decide di regalare una meritata e indimenticabile standing ovation al suo numero 10, sostituito da De Ceglie. Il Santiago Bernabeu risponde e si alza in piedi ad applaudire. Anche Maradona in tribuna batte le mani per Del Piero. La Juve si qualifica così agli ottavi di finale con due giornate di anticipo. Sarà poi eliminata dal Chelsea nel marzo 2009.

 

Gareth Bale fa il Cristiano Ronaldo e il Real Madrid non delude le attese. Dopo la clamorosa eliminazione del River Plate, il Mondiale per club rispetta i pronostici della vigilia. I blancos si sbarazzano abbastanza agevolmente dei giapponesi del Kashima Antlers (3-1) e volano in finale per la terza volta consecutiva. Decide una tripletta del gallese, nonostante i campioni asiatici abbiano messo in difficoltà la squadra di Solari nelle fasi iniziali del match.

Mister 100 milioni di euro squilla per tre volte la porta dei giapponesi, tra la fine del primo tempo e l’inizio del secondo. Bale firma il vantaggio al 44’ al termine di una triangolazione con Marcelo. Il raddoppio arriva al 53’ al termine di un pasticcio difensivo della difesa del Kashima. Bravo il gallese ad approfittarne e a depositare in rete la palla che sigilla il match. Giapponesi in bambola, passano due minuti e il Madrid fa tris. Ancora assist di Marcelo, ancora l’esterno ex Tottenham che fulmina il portiere avversario con un bolide in diagonale.


Il Real si siede dopo il 3-0 e concede il gol della bandiera a Doi al 78’ che, tuttavia, non cambia gli equilibri della semifinale. Bale esce e riceve la meritata standing ovation, Benzema sfiora il poker, ma il punteggio non cambia più. Merengues in finale, prevista per sabato 22 dicembre alle 17.30 contro l’Al Ain. Il pronostico pende tutto per la squadra spagnola, che vincerebbe il terzo torneo negli ultimi tre anni. Considerando anche la vecchia Coppa Intercontinentale, il Real ha in bacheca sei titoli di campione del mondo.

Luka Modric ha vinto il Pallone d’Oro, spezzando dopo dieci anni l’egemonia Messi – Cristiano Ronaldo. Il croato, con 753 punti, ha superato sul podio il portoghese (476) e Antoine Griezmann (414). Fuori dal terzetto Kylian Mbappè, che però si consola con il premio “Kopa” al miglior giocatore under 21. Solo quinto Messi, settimo Varane, 15° Pogba. Neymar fuori dalla top ten (12mo), per trovare il primo giocatore della serie A bisogna scendere al 25mo posto con Mario Mandzukic.


Eppure, c’è stato un tempo in cui il neo Pallone d’Oro era considerato come il peggior acquisto della stagione. Nell’agosto 2012 Modric passa dal Tottenham al Real Madrid per circa 33 milioni di sterline. Il calciatore, cresciuto nella Dinamo Zagabria, era esploso a White Hart Lane. A 27 anni, dopo un ottimo Europeo con la sua Nazionale, era pronto per il grande salto. Il debutto è da favola, subito una Supercoppa spagnola conquistata contro il Barcellona. Ma l’ambientamento è più difficile del previsto, Mourinho fatica a trovargli una giusta collocazione tattica. Accanto a sé, Modric ha Xabi Alonso, Khedira e Özil.

Modric ai tempi della Dinamo Zagabria

Così un sondaggio del quotidiano “Marca” a fine 2012 lo elegge peggior acquisto dell’anno nella Liga. Il centrocampista ottiene il 32,2% dei voti, superando Alex Song del Barcellona. I lettori premiavano, invece, come miglior acquisto dell’anno Jordi Alba, passato dal Valencia al Barcellona.

Sei anni dopo Modric ha vinto tutto quello che si poteva vincere a livello di club. Nel solo 2018 ha conquistato Pallone d’Oro, premio calciatore dell’anno Fifa e Uefa, miglior giocatore secondo la Federazione Internazionale di Storia e Statistica del Calcio (IFFHS) e miglior giocatore dei Mondiali in Russia. Con dedica speciale ai lettori di “Marca”, il bruco è diventato farfalla.

Il Real Madrid tre volte campione d’Europa negli ultimi tre anni non esiste più. Il sospetto è diventato certezza dopo la nuova sconfitta patita dai blancos. Al Bernabeu passa il Levante, settimo in classifica, per 2-1. L’avvio dei padroni di casa è da incubo, con Varane in particolare nel pallone. Due suoi errori propiziano il break ospite dopo 13 minuti, vani sono i tentativi di rimonta del Real che per 3 volte si infrangono sui legni. Il gol di Marcelo al 72’ serve solo a interrompere un digiuno di gol che durava da quattro partite e da otto ore in totale. Il Real non vince da un mese, il 22 settembre contro l’Espanyol. Poi tre ko (Siviglia, Alaves e Levante) e uno scialbo 0-0 interno nel derby contro l’Atletico.

In Champions le cose non vanno meglio. Nel girone G la squadra di Lopetegui ha vinto la prima partita 3-0 contro la Roma per poi soccombere 0-1 a Mosca contro il Cska. Il primo obiettivo stagionale, la Supercoppa europea, è stato fallito ad agosto con la sconfitta 2-4 contro i cugini dei colchoneros. In attesa che si completi la giornata di campionato (con, tra le altre, Barcellona Siviglia), il Madrid è quinto in classifica con 14 punti, a 3 lunghezze di distanza dalla sorprendente capolista Alaves.

La stagione era iniziata con il ko in Supercoppa Europea contro l’Atletico Madrid

La panchina di Julen Lopetegui traballa sempre di più. L’ex ct della Spagna, dopo l’addio burrascoso alle furie rosse a pochi da Russia 2018, non è riuscito finora a rigenerare una squadra che appare sazia. L’addio di Cristiano Ronaldo, non adeguatamente rimpiazzato, ha inevitabilmente indebolito una squadra che tre anni dettava legge in Europa e nel mondo con Zidane. Il nuovo numero 7, Mariano Diaz, non sembra all’altezza di un’eredità pesante come quella di CR7. L’ombra di Antonio Conte aleggia sempre di più sul Santiago Bernabeu. La speranza di Lopetegui è che la gara di martedì prossimo contro il Viktoria Plzen in Champions League possa dare la sterzata alla stagione. Tra una settimana, al Camp Nou, è già tempo di Clasico contro il Barcellona. Julen Lopetegui non è più sicuro di esserci, il suo destino è nelle mani di Florentino Perez.

La panchina di Lopetegui è a rischio