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Quello che gli uomini non riescono a capire con la loro ottusità, diventa tutto più semplice e naturale grazie allo sport. Basta mettere una canotta, una maglietta, un paio di pantaloncini e delle scarpe da ginnastica per rendere tutto più chiaro, immediato, lineare. La mezza maratona di Trieste aveva suscitato un vespaio di polemiche per la scelta, poi definita solo “provocatoria”, degli organizzatori di non invitare gli atleti africani per combattere “il mercimonio” dei loro ingaggi da parte di procuratori senza scrupoli. Punire le vittime per debellare il problema. Curiosa come soluzione, no?

Vince un ruandese

E così, dopo la marcia indietro dei promotori della maratona, c’è stata la marcia avanti degli atleti africani. E che marcia, visto che a trionfare, ça va sans dire, è stato proprio un atleta del continente nero. Dal Ruanda ha tagliato per primo il traguardo dei 21 km Noel Hitimana, che ha concluso la sua gara in 1h 3m 28s. A seguire l’italiano Najibe Salami e il keniota Joel Melly. Nella specialità femminile braccia alzate per Vohla Mazuronak, dal Kazakhistan con 1h 13m 56s. Poi Cavaline Nahimana dal Burundi e l’italiana Laika Soufyane.

Di giornata indimenticabile ha parlato Fabio Carini, patron della manifestazione che aveva scatenato una bufera mediatica con la proposta di non invitare gli atleti africani. Il freddo e il vento forte (la classica bora triestina) non hanno scoraggiato i duemila partecipanti alla Trieste Half Marathon. Sportivi che sanno che non c’è espressione più libera e solidale di una corsa per strada, in barba a qualsiasi forme di esclusione e discriminazione etnica.

Raheem Sterling, attaccante 24enne del Manchester City, giamaicano naturalizzato inglese, prende posizione contro il razzismo nel calcio, un problema descritto come “profondo” e “lontano dall’essere risolto” all’interno del manifesto pubblicato dal Times martedì 23 aprile: è lui stesso a proporre alcune soluzioni per lottare questo fenomeno ancora dilagante.

Sembra da pazzi che nel 2019 ci sia ancora bisogno di scrivere un editoriale su un giornale per chiedere dei cambiamenti radicali per uno sport che amo. Ma lo faccio perché il problema del razzismo nel calcio è grave, profondo e ancora lontano dall’essere risolto

Il giocatore del Manchester City è diventato una figura di riferimento nella lotta contro il razzismo dopo essere stato vittima a più riprese di insulti e la sua è una proposta decisa e dura: chiede a voce alta 9 punti di penalità al club e tre giornate a porte chiuse in caso di insulti razzisti.

 

Avere sempre più persone BAME (nero, asiatico e minoranze etniche) in posizioni di leadership in club e organi di governo, assicura pene più coerenti e adeguati per comportamenti razzisti e discriminatori, con un piano d’azione per l’educazione come parte delle sanzioni, non punire i giocatori se lasciano il terreno quando sono vittime di razzismo, cercano sponsor per finanziare i programmi contro il razzismo e incoraggiare i media a prendere le loro responsabilità nei confronti delle responsabilità razzismo

Tanti personaggi, tra giocatori ed ex professionisti hanno firmato questo testo: Alex Oxlade-Chamberlain (Liverpool), Benjamin Mendy (Manchester City), Rafael Benitez Newcastle), David Ginola, Ruud Gullit, Sol Bamba (Cardiff), Wes Morgan (Leicester), Trent Alexander-Arnold (Liverpool), Wilfried Zaha (Crystal Palace) et Vincent Kompany (Manchester City). Non c’è più da nascondere la testa sotto al suolo.

Domenica 14 aprile la Premier League potrebbe essere a un bivio con la delicata sfida tra Liverpool, in testa alla classifica, ma con una partita in più rispetto al Manchester City che insegue a due lunghezze, e il Chelsea di Maurizio Sarri che deve tener botta per difendere il terzo posto che vuol dire Champions League. Ma la vigilia è segnata da un pessimo video, diventato virale, in cui alcuni tifosi blues insultano Mohammed Salah, attaccante dei Reds e anche ex del match.

Ecco più che insulti, l’atteggiamento è davvero spregevole e razzista: all’interno di un pub, i supporter londinesi intonano un coro ripetuto, “Salah is a bomber”, con un gioco di parole che non fa riferimento alle sue capacità realizzative, ma a un chissà quale richiamo al terrorismo di matrice islamica, lui che è egiziano e musulmano.

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La società del Liverpool e ha pubblicato una nota ufficiale davvero dura:

Il video che circola in rete, che mostra vili cori discriminatori indirizzati a un nostro giocatore, è pericoloso e disturbante. In questa stagione abbiamo già assistito a ripugnanti episodi di discriminazione negli stadi in Inghilterra, in Europa e in tutto il mondo; atti registrati e pubblicati attraverso vari device. Siamo anche testimoni di numerosi e odiosi attacchi sui social. Questo tipo di comportamento va chiamato per quello che è: puro e semplice fanatismo. Il Liverpool Football Club ritiene che sia dovere delle autorità intervenire urgentemente con tutte le procedure necessarie a identificare e punire chiunque commetta un crimine d’odio. Nel calcio e nella società civile non c’è spazio per queste azioni. Le vittime di tutto questo non sono solo gli individui, ma tutta la collettività, quindi c’è bisogno di una decisa reazione. Per quanto concerne quest’ultimo incidente, il club sta lavorando con la polizia per accertare i fatti attorno a questo filmato, al fine di identificare i singoli soggetti. Inoltre, stiamo collaborando col Chelsea Football Club sulla faccenda. Ringraziamo il Chelsea per la loro condanna e il loro impegno ad agire immediatamente per individuare i responsabili.

Nella chiusura della nota, il club di Liverpool ringrazia il Chelsea per la collaborazione e condanna: infatti, la società di Stamford Bridge ha preso immediatamente provvedimenti, riconoscendo i tifosi protagonisti di questo gesto inqualificabile. Accesso allo stadio negato, abbonamenti ritirati e divieto ad assistere a una partita per almeno 10 anni. Giusto così.

 

Questa volta il buu è diverso. Perché se c’è un modo per combattere i razzisti è capovolgere il loro messaggio. Allora l’ululato non è di scherno verso il colore della pelle o l’etnia di provenienza, ma un acronimo dal significato potente. Brothers Universally United, il buu sta per fratelli universalmente uniti. E’ l’iniziativa virale che l’Inter mette in campo alla vigilia della sfida di campionato contro il Sassuolo. Le tribune di San Siro sconteranno la seconda giornata di squalifica dopo gli insulti a Koulibaly nel boxing day contro il Napoli. Lo stadio si riempirà di 11mila bambini che faranno da cornice a un buu diverso.


Il motto della serata sarà ben presente sugli schermi di San Siro, sulle magliette dei calciatori con apposita patch sulla manica e sui cappellini indossati dai piccoli spettatori. L’iniziativa, già condivisa dalle altre società di serie A sui social network, richiama lo spirito originario dell’Internazionale, ovvero quel Fratelli del mondo di cui parla nell’atto di fondazione del club meneghino.


Dal presidente Steven Zhang a Javier Zanetti, passando per Mauro Icardi, Luis Figo e Samuel Eto’o. Stelle di oggi e di domani unite contro l’inciviltà, la maleducazione e i cattivi esempi. “Scrivilo, non fermarti a dirlo”, esortano i big nerazzurri confidando nella condivisione social. Perché il buu al razzismo non è solo uno slogan o un hashtag. E’ un modo di vivere lo sport e la vita, senza alcuna differenze di pelle o etnia. Gli unici colori che contano sono quelli delle bandiere e delle magliette e il bianco, nero o giallo di un pallone che rotola su un prato verde.

Siamo usciti da un boxing day con un morto e i buu razzisti sugli spalti. Entriamo nel nuovo anno pallonaro con una piccola speranza che qualcosa di bello c’è, anche nei campi di periferia. Lì dove non arrivano le telecamere e i social, ma il pallone rotola tra fango e tribune mal messe. Igor Trocchia è un ex celebre calciatore nelle serie minori bergamasche. Oggi è un tecnico delle categorie giovanili. Lo scorso 29 dicembre è stato tra i 33 premiati dal presidente della Repubblica con l’Ordine al merito della Repubblica italiana.

Trocchia, in particolare, è stato insignito del riconoscimento «per il suo esempio e la sua determinazione nel rifiuto e contrasto a manifestazioni di carattere razzista». La sua piccola storia di impegno civile risale allo scorso primo maggio. Il 46enne allenatore degli esordienti del Pontisola sta guidando i suoi ragazzi in un’amichevole a Ponte San Pietro, in provincia di Bergamo. La sfida è contro i pari età del Rozzano. Dovrebbe essere un semplice divertimento in una giornata di festa, tra ragazzi di 12/13 anni che sognano un futuro da campioni. Invece succede qualcosa che non convince il mister.

Igor Trocchia

A fine partita un suo calciatore non stringe la mano all’avversario. Trocchia è infastidito, sul punto di andare a sgridare il baby giocatore. Cerca di capire e chiede qualcosa di più ai compagni di squadra che gli raccontano cosa era accaduto. Il ragazzo si era rifiutato di rispondere a quel gesto di sportività perché non era sincero. Perché qualche momento prima era stato insultato per il colore della pelle. “Negro di m…”. Il tecnico allora capisce che c’è bisogno di un gesto forte. Di una reazione esemplare. Ritira la squadra. “Ce ne andiamo, non giochiamo più”.

Gli altri ragazzi lo seguono in massa, il pubblico, perplesso, mugugna. Capirà dopo. Quando la storia verrà a galla. Capiranno anche il ragazzo autore degli insulti e il Rozzano, che lo punirà con la sospensione di un mese. E magari lo capiremo anche noi, che non possiamo più assistere inermi all’inciviltà e alla maleducazione.

Acclamato, osannato ma anche discusso e contestato: Mario Balotteli, o Super Mario come molti lo hanno ribattezzato, non ha mai nascosto di essere particolarmente sensibile al discorso del razzismo.

Il calciatore del Nizza sabato sera ha deciso di regalare un sorriso ai profughi ospitati dal Centro San Riccardo Pampuri a Brescia e si è intrattenuto con loro facendo selfie e ascoltando storia di vita.

La struttura, che ospita attualmente ragazzi immigrati richiedenti asilo, ha accolto Balotelli con grande gioia, perché ha portato una ventata di allegria a dei giovani il cui destino al momento è incerto.

Una visita a sorpresa che vuole essere anche un monito contro il razzismo, per esaltare centri di accoglienza come il Pampuri che si prendono a cuore la vita di questi immigrati e li accoglie offrendogli un rifugio.

Ed è proprio Balotelli che subito dopo pubblica un post su Instagram che diventa subito virale, con le parole:

Lo sport vince contro ogni discriminazione e razzismo. Grazie al Pampuri che accoglie. Persone, volti e storie da conoscere

Ancora una volta dunque si parla di lui, che è noto per i suoi problemi di razzismo anche in campo. Proprio di recente, nella partita contro il Digione, da cui il Nizza è uscito sconfitto per 2-3, ha dovuto fare i conti con un’ammonizione dovuta proprio al suo atteggiamento contro la tifoseria. Inequivocabile il suo gesto di zittire le folle mentre intonavano cori razzisti.

Aldilà dei suoi modi discutibili di affrontare le cose, resta un gran gesto quello di restare per una serata a fianco degli immigrati: prestare attenzione a ciò che avevano da dire e raccontare, ridere con loro e farsi fotografare.

Se c’è una cosa che non si può obiettare all’attaccante del Nizza è proprio quello di dire sempre quello che pensa e agire di conseguenza e stavolta il suo obiettivo era dire stop al razzismo e lo ha fatto con un’iniziativa davvero significativa.