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Un percorso netto fino alla finale di Pechino, contro l’altra imbattuta Argentina, ma la Spagna non si è incartata e ha dominato anche l’ultima partita, vincendola 95-75 e alzando in trionfo il 2º titolo iridato della sua storia, dopo quello del 2006 contro la Grecia. È l’ennesimo trofeo in una bacheca diventata di recente ricchissima: tre podi nelle ultime tre Olimpiadi e nove medaglie (tre d’oro) negli ultimi dieci Europei.

L’alchimista di tutto questo porta il nome di Sergio Scariolo, bresciano di 58 anni, il “mago” italiano, come qualcuno con orgoglio nazional popolare tende a sottolineare. Eppure proprio l’Italia gli ha chiuso le porte in faccia: nel 2013 è stato costretto a dimettersi dalla panchina di Milano e coincise con il definitivo addio del tecnico al nostro basket, dove pure aveva centrato lo scudetto 1990 con Pesaro, a soli 29 anni e più giovane di alcuni big di quella Scavolini.

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Poi guidò ancora Desio e Fortitudo Bologna, prima di fare fortuna all’estero: Vitoria, Real Madrid (2 titoli nazionali) e Malaga (1) in Spagna, Khimki in Russia, poi ancora Vitoria dopo la triste parentesi milanese. Intanto nel 2009 era diventato anche ct delle Furie Rosse e in Spagna aveva trovato la sua nuova compagna, l’ex cestista Blanca Ares, ed erano nati i figli Carlotta e Alessandro.

Ma dopo l’argento olimpico di Londra 2012, Scariolo decise di lasciare la Nazionale iberica, che però lo richiamò a furor di popolo tre anni più tardi, dopo il flop nel Mondiale casalingo. E ancora una volta il ct riuscì a rilanciarla. Laurea in legge, grande attenzione al look e il soprannome di «Pat Riley» (ex grande coach Nba dei Lakers) per il gel sui capelli tirati all’indietro, Scariolo è rimasto legato all’Italia solo per la sua passione sfegatata per l’Inter, che lo portò nel 2010 a un folle viaggio andata e ritorno in 24 ore da Mosca, dove allenava il Khimki, a Madrid per la finale di Champions tra i nerazzurri e il Bayern. Di recente è andato anche alla scoperta dell’America, dove ha appena vinto il titolo Nba con Toronto come vice di coach Nurse.

 

L’accoppiata nella stessa stagione tra titolo Usa e Mondiale è riuscita anche al più carismatico dei cestisti spagnoli, Marc Gasol, lui pure dei Raptors, secondo cestista nella storia a riuscirci dopo Lamar Odom dei Lakers nel 2010. Lo stesso Gasol è stato inserito nel quintetto ideale dei Mondiali con il compagno Rubio (Mvp della finale e del torneo iridato), Bogdanovic (Serbia), Scola (Argentina) e Fournier (Francia).
Tra i big nessuna traccia invece della Nazionale Usa, finita settima e mai così deludente nella storia, anche perché snobbata dalle stelle Nba, come LeBron James e Steph Curry.  E l’Italia? Fra le prime otto Nazionali della classifica finale (Spagna, Argentina, Francia, Australia, Serbia, Repubblica Ceca, Usa e Polonia) ci sono cinque europee ma non gli azzurri, solo decimi.

 

Non sono molti gli italiani che hanno avuto l’onere e l’onore di calcare i parquet dell’Nba, di sicuro Marco Belinelli ne ha girate di arene nei sui 11 anni americani.

La guarda bolognese, infatti, con l’ultimo debutto con i Philadelphia 76ers ha raggiunto quota 9 squadre in Nba. Nove debutti diversi per uno dei cestisti italiani più importanti della storia del basket azzurro.

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Un post condiviso da Marco Belinelli (@mbeli21) in data:

Certo non se lo sarebbe mai aspettato, il nostro Marco, quando nel 2007 ha lasciato la sua amata Bologna per trasferirsi nel campionato di pallacanestro più bello ed entusiasmante del mondo.

A quasi 32 anni ha deciso di voltare nuovamente pagina e di tuffarsi appieno nella sua nuova avventura con i Sixers. Il suo trasferimento è stato un po’ inaspettato e inusuale dato che la sua vecchia squadra, gli Hawks di Atlanta, non avevano accettato nessuna offerta recapitatoli e quindi nell’ultimo giorno di mercato, l’azzurro ha sciolto il suo contratto per poi accettare la proposta della franchigia della Pennsylvania.

Ottimo il suo debutto, ma facciamo un percorso tornando indietro di 11 anni.

GOLDEN STATE

A portarlo in  America sono i Golden State Warriors, Marco è la scelta come primo europeo. Con la squadra di Oakland esordisce nella Summer League di Las Vegas l’8 luglio 2007 realizzando 37 punti con 14/20 dal campo e 5/7 nel tiro da 3 in 40 minuti di gioco, Fino ad allora seconda migliore prestazione nella breve storia del precampionato americano.
Il 30 ottobre successivo fa il suo esordio in Nba contro gli Utah Jazz, realizzando 6 punti in 12 minuti. Tuttavia la prima stagione non è esaltante. La seconda invece è partita col piglio giusto e la chiuderà con una media di 8,9 punti, 1,7 rimbalzi e 2,1 assist a partita e un utilizzo medio di 21 minuti.

TORONTO RAPTORS

Nel 2009 vola a Toronto e raggiunge l’altro azzurro in Nba, Andrea Bargnani. Le difficoltà sono parecchie dovute al fatto di non essere il titolare, anche se il minutaggio è migliore rispetto all’esperienza con i Golden State. Il mancato approdo ai playoff, scombussola tutti i piani e a fine stagione decide di lasciare il Canada.

NEW ORLEANS HORNETS

Nel 2010 a New Orlans, Belinelli diventa titolare e fulcro centrale della squadra. Dopo la fine della stagione ottiene insieme alla squadra il passaggio ai playoff con il settimo posto nella Western Conference. Arriva l’esordio nella fase finale del campionato, ma gli Hornets perdono 4-2 contro i Lakers.
La seconda stagione per la franchigia della Louisiana è quella del flop con l’ultimo posto in classifica di Conference. Belinelli decide di cambiare aria.

CHICAGO BULLS

Il prestigio di calcare il parquet dello United Center dove il grande Michael Jordan ha fatto la storia del basket è stato tanto. Ai Bulls nel 2012/13, seppur non giocando da titolare (su 73 partite, solo 27 nel quintetto base), riuscì a ritagliarsi uno spazio in squadra. Il 5 maggio 2013 con la vittoria dei Bulls 99-93 contro i Nets, e 24 punti messi a segno da Belinelli, l’azzurro diviene il primo giocatore italiano a superare il primo turno di playoff nell’Nba.

SAN ANTONIO SPURS

Sicuramente l’esperienza più emozionante è stata quella con gli Spurs, grazie anche il titolo vinto nel 2014 oltre che al premio personale dell’Nba Three-point Shootout. La prima stagione con i San Antonio è quella dei record. Marco Belinelli oltre a essere un maestro dai tre punti, diviene il primo giocatore dell’Italia a vincere prima una Nba Conference (la Western) e successivamente anche l’anello, nella serie finale vincente contro i Miami Heat.

SACRAMENTO KINGS

Il passaggio ai Kings, dopo le gioie con gli Spurs, risulta fallimentare. Una stagione che lo stesso Belinelli ha più volte ribadito “la sua peggior stagione in Nba”. Fischiato anche dal pubblico, decide di lasciare quanto prima la California.

CHARLOTTE HORNETS

Dopo il flop con i Kings, arriva il riscatto con gli Hornets. La guardia azzurra viene addirittura accolto dal presidente del team, il grande Michael Jordan. Il suo ottimo inizio di stagione venne frenato da una distorsione alla caviglia. Comunque sia la partenza del campionato è buona per la squadra, ma a gennaio qualcosa si rompe e i playoff sono un miraggio. A fine anno, un po’ a sorpresa, arriva l’ennesima trade.

ATLANTA HAWKS

Dal giugno 2017 a pochi giorni fa. Questa è stata l’esperienza ad Atlanta per Belinelli. Gli Hawks, in piena ricostruzione, non sono certi favoriti per una grande stagione. Tuttavia i mesi ad Atlanta, in un gruppo poco forte, ha fatto sì che Marco tornasse a fare bene. Gioca oltre 23 minuti a partita segnando 11,4 punti di media ed è anche per questo che i Philadelphia hanno ora puntato su di lui.

È estate ed è tempo di mercato in Nba. Nel campionato di basket più famoso al mondo sinora sono stati una serie di trasferimenti di cestisti nelle varie squadre che fanno parte del campionato Usa.

Tra i nomi, non sono mancati gli italiani che giocano oltreoceano. Di poche ore è la notizia del cambio maglia di Danilo Gallinari che dai Nuggets di Denver è passato a Los Angeles nei Clippers. Contratto faraonico da 65 milioni in tre anni per il 28enne azzurro che diventa così lo sportivo italiano più pagato.

Prima di lui anche un’altra stella del basket italiano in Nba ha deciso di cambiare aria. Si tratta di Marco Belinelli che, dopo la vittoria del campionato con i San Antonio Spurs nel 2014 e l’ultima avventura a Charlotte, la prossima stagione giocherà ad Atlanta per gli Hawks.

Tuttavia i due giganti azzurri non sono stati certo i primi cestisti italiani a volare in America. Infatti certamente prima di loro, a emigrare nel basket che conta è stato Vincenzo Esposito, attuale coach dell’Olimpia Pistoia.

Classe ’69, Vincenzo Esposito vola negli States a 26 anni nella stagione 1995/96. A ingaggiare la guardia italiana sono i Toronto Raptors, i quali, stregati dalle belle prestazioni del cestista casertano prima nella sua Juvecaserta e poi a Bologna nella Fortitudo, hanno subito cercato di portarlo in Canada per sottoscrivere il contratto.

In quei giorni anche un altro italiano era in procinto di firmare per una compagine americana: Stefano Rusconi. Il cestista veneto si trasferì a Phoenix nei Suns. Seppur fu il secondo a sottoscrivere un contratto, fu il primo a esordire e a mettere a segno un punto.

Il team canadese dei Raptors era fresco di fondazione e con una gran voglia di fare bene. Il giovane Esposito si trova catapultato in una realtà ben diversa da quella italiana.

L’arrivo, la firma e la presentazione furono un momento bello ma anche un po’ stressante. Ero un po’ come un oggetto strano, tanto più in una città che viveva di hockey su ghiaccio e non conosceva l’Nba.

A farlo sentire meno solo, i tanti italiani che vivevano a Toronto. Proprio il cognome Esposito era uno dei più diffusi in Canada.

L’esordio stagionale avviene il 15 novembre 1995 contro gli Houston Rockets campioni Nba in carica. Il primo punto a segno è un tiro libero. Un paio di settimane dopo, il 5 dicembre, arrivarono i primi canestri su azione, contro Seattle: in 18 minuti, 7 punti ma anche 6 palle perse.

El Diablo, così era chiamato in quei tempi, ha vissuto la sua serata indimenticabile a New York in cui ha siglato 18 punti in mezz’ora di gioco.
Tuttavia, nonostante il bell’impatto iniziale, Enzino (era chiamato anche così) dopo averci pensato su decide di rinunciare ad altri due anni di contratto per tornare in Italia dove ad aspettarlo c’era la Scavolini Pesaro.

In una sola stagione nel campionato americano El Diablo disputa una trentina di partite alla media di 9,4 minuti e 3,9 punti per gara.

Ma se un po’ di amarezza sicuramente c’è per aver giocato solo una stagione in America, Esposito ha intrapreso una grande carriera da allenatore tanto da essere premiato come miglior coach della scorsa stagione.

Dario Sette