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Nove luglio 2006. In molti ricorderanno dove hanno trascorso quella serata, quando la nazionale di Marcello Lippi batteva la Francia in finale a Berlino e conquistava la quarta Coppa del Mondo della storia. Dopo un’ora e mezza di sofferenza, la lotteria dei rigori per gli Azzurri arrivati in Germania in pieno scandalo Calciopoli, tra le polemiche più feroci.

Nella finalissima, giocata all’Olympiastadion, la Francia passa in vantaggio con il solito Zidane già al 7′ su calcio di rigore, dopo un contatto in area tra Materazzi e Malouda. Zidane calcia il rigore a “cucchiaio”, la palla colpisce prima la traversa e poi rimbalza dentro la linea di porta. L’Italia reagisce pareggiando con Materazzi al 19′ sugli sviluppi di un calcio d’angolo (il secondo gol su calcio d’angolo per lui). Dopo un primo tempo in cui l’Italia gioca meglio (con un colpo di testa di Materazzi salvato sulla linea e un colpo di testa di Toni che finisce sulla traversa), nel secondo tempo gli azzurri soffrono chiudendosi in difesa e lasciando spazio alle giocate transalpine, che però non riescono a produrre importanti azioni da gol, grazie a una difesa italiana ben schierata.

Anche durante i supplementari i francesi continuano ad attaccare creando due grandi pericoli: un tiro di Frank Ribery, di poco fuori, e un colpo di testa di Zidane, sventato grazie a una grande parata di Gianluigi Buffon, eletto miglior portiere del torneo. Al 111’ però Zidane viene espulso dall’arbitro, su segnalazione del quarto uomo, per aver colpito intenzionalmente Materazzi con una testata, che susciterà enormi polemiche. Al termine dei 120 minuti il risultato è ancora fermo sull’1-1 e, per la seconda volta nella storia, la Coppa del Mondo viene decisa ai tiri di rigore, dopo i Mondiali 1994, in cui l’Italia aveva perso contro il Brasile per 3-2.

Dopo 4 rigori a testa l’Italia è a punteggio pieno mentre la Francia è ferma a 3 (Trezeguet ha sbagliato il 2° tiro colpendo la traversa, mentre hanno segnato Pirlo, Materazzi, De Rossi e Del Piero per l’Italia, e Wiltord, Abidal e Sagnol per la Francia). Fabio Grosso, che aveva già deciso le sfide con l’Australia e con la Germania, segna il rigore del definitivo 5-3 e permette all’Italia di vincere il 18° Campionato mondiale di calcio, il quarto della storia azzurra dopo i successi del 1934, 1938 e 1982.

E se è vero che ci ricordiamo con chi eravamo, nella nostra memoria sono impresse anche le frasi celebri di quei Mondiali tedeschi: dai “po-po-po” al “il cielo è azzurro sopra Berlino”. E per questo rivivere le lotterie dei calci di rigore con la radiocronaca di Riccardo Cucchi è un infinito brivido che corre lungo la schiena.

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«Mussi entra in area, Mussi e poi c’è il tiro…e il gol di Roberto Baggio! Santo Dio era ora! Era ora!». E sì, era davvero finalmente arrivato quel momento: il primo gol del “Divin codino” nel Mondiale del 1994, negli Stati Uniti. Una liberazione espressa con enfasi e trasporto da quell’inconfondibile voce rauca di Sandro Ciotti, il suo marchio di fabbrica da ascoltare e riascoltare per milioni di ascoltatori. Rimasto eterno per intere generazioni, il timbro del poliedrico radiocronista accompagnò la Nazionale azzurra guidata dal ct Arrigo Sacchi durante la spedizione americana; un’avventura iniziata tra alti e bassi, nel girone E di qualificazione, con avversari sulla carta abbordabili (Messico, Irlanda e Norvegia). L’Italia si piazzò al terzo posto e si qualificò agli ottavi solo come quarta migliore terza, così, con dubbi, scetticismi e soprattutto senza i colpi di genio del fantasista numero 10, l’Italia si presentò, il cinque luglio, a Boston al cospetto della Nigeria.

Al 26’, Amunike sbloccò il match a favore degli africani, la partita rimase incagliata sull’1-0 fino all’88’, quando la Nigeria, che stava facendo “melina” per congelare il risultato, si fece sorprendere dall’affondo di Mussi che, in area di rigore, passò la palla proprio all’attesissimo Roberto Baggio. Come l’effetto “sliding-doors”, quell’istante cambiò il suo Mondiale: Sandro Ciotti accompagnerà le giocare del miglior giocatore azzurro, esultando altre quattro volte in quel torneo (suo il gol del sorpasso sulla Nigeria su calcio di rigore, così come fu lui il marcatore del 2-1 contro la Spagna nei quarti di finale e doppietta nel 2-1 contro la Bulgaria in semifinale), prima del dispiacere di un’intera nazione per quel calcio di rigore tirato alle stelle durante la finale contro il Brasile.

Sandro Ciotti ha avuto il privilegio di raccontare la prima rete di Baggio al Mondiale, Baggio ha avuto l’onore di esser narrato da una delle voci storiche del giornalismo italiano. Per oltre trent’anni non c’è stato un evento che sia sfuggito alle sue rotonde e pungenti parole: dai 37 Festival di Sanremo, ai 15 Giri d’Italia, passando per ben 14 Olimpiadi, con la drammatica radiocronaca in diretta della stage ai Gioghi di Monaco 1972, due Mondiali di sci, oltre 2400 partite di calcio da inviato per “Tutto il calcio minuto per minuto”. Amante dello sport, ma anche e soprattutto della musica, proprio dalla musica in molti hanno preso in prestito il soprannome di Frank Sinatra, “The Voice”, per etichettare il radiocronista italiano.

Proprio parlando della sua voce, Sandro Ciotti raccontò un aneddoto:

Quattordici ore di diretta sotto la pioggia all’Olimpiade messicana del ’68 mi sono costati un edema alle corde vocali. Credevo di dover cambiare mestiere, invece Sergio Zavoli e Paolo Rosi mi rassicurarono, spiegandomi che la raucedine sarebbe diventata una specie di marchio di fabbrica

Il 12 maggio 1996, con sobrietà e stile asciutto, Sandro Ciotti, al termine di Cagliari – Parma, annuncia l’addio alla Rai e alle radiocronache:

Il primo sentimento è la gratitudine, il poter dire “io c’ero”, spettatore coinvolto pur non essendo presente a una partita di calcio o a un Olimpiade. Ma la sensazione arrugginita che lascia la radio è coinvolgente come nessun altro media può fare. Ti stimola a immaginare quello che succede, lo dipingi nella mente giocando con le parole gracchianti del radiocronista.
La radio è stato e sarà uno dei mezzi più incisivi perché è quello meno artificioso: non si possono costruire personaggi, c’è solo tanta spontaneità perché è la voce che deve arrivare. Solamente quella. Diretta, puntuale e colta.

Con Riccardo Cucchi la gratitudine è duplice. Bisogna essere onesti con noi stessi: la radio ha perso appeal nel corso dei decenni, gli affezionati ci sono e ci saranno sempre, ma soprattutto i più giovani, attratti lecitamente, dal web o dalla televisione, non potranno conosce fino in fondo il legame con alcune trasmissioni radiofoniche.
Una di queste è senz’altro “Tutto il calcio minuto per minuto” popolare programma di Rai Radio 1, ideata nel 1959 e dedicata alle radiocronache in diretta del campionato italiano di calcio. Diversi cronisti si alternano tutt’oggi sui campi di Serie A con collegamenti in studio, ritagli quando c’è la Formula1 o altri eventi sportivi in diretta. Tutti sintonizzati alle 15.00, ma prima di sentire le voci dei giornalisti, “Tutto il calcio minuto per minuto” è entrato nelle case degli italiani con questo jingle. “A taste of honey” di Herb Alpert:

Roberto Bortoluzzi, Sandro Ciotti, Enrico Ameri, Alfredo Provenzali, Livio Forma, Bruno Gentili, Tonino Raffa, Ugo Russo e poi ancora, Filippo Corsini, Francesco Repice, Emanuele Dotto e via discorrendo. Una formazione di voci variopinte e immediatamente riconoscibili. Una calorosa famiglia domenicale.
E poi c’è Riccardo Cucchi, voce un po’ nasale, che si collega per le prime volte negli anni ’80 da Campobasso, seguendo la squadra in Serie B.

La sua precisione coinvolge gli italiani, sobria ma anche esaltante: oltre al calcio segue anche canottaggio, scherma e atletica leggera che seguirà nel 1992, alle Olimpiadi di Barcellona. In totale racconterà sei Giochi olimpici e quattro Mondiali di calcio, dopo esser diventato radiocronista della Nazionale italiana nel 1994, al posto di Sandro Ciotti.
Memorabile è il suo racconto di Germania 2006, nel suo ritmo c’è tutto: ansia, agitazione, tensione, gioia. Anche lui dopo, la trasformazione del rigore di Grosso nella finale contro la Francia, esclama quattro volte “Campioni del Mondo” come ha fatto il duo Caressa-Bergomi, ma sembra più genuino e meno imposto. Un urlo liberatorio “reeeeeteeeeeeeee” che si gonfia nei polmoni, brucia la gola, la raschia ed esplode. Berlino rimarrà nei nostri ricordi, lui elogia la vittoria delle facce pulite, di Lippi, del post-calciopoli. «E’ nostra, è nostra», dice guardando il trofeo alzato da Cannavaro. E sì, è davvero nostra :

Il 4 giugno 2014 dallo stadio Renato Curi di Perugia effettua la sua ultima radiocronaca della Nazionale in occasione dell’amichevole contro il Lussemburgo, lasciando dopo vent’anni l’incarico di prima voce degli Azzurri a Francesco Repice. Il 12 febbraio 2017 è l’ultima sua radiocronaca a “Tutto il calcio minuto per minuto”. Inter-Bologna a San Siro chiude la sua lunga e avvincente carriera.

Il sentimento, pensando a Riccardo Cucchi, è la gratitudine per aver vissuto assieme una stagione memorabile di sport.