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Al Mondiale di Bergen in Norvegia ha alzato per due volte le mani al cielo tagliando per prima il traguardo, due ori che hanno tenuto alto l’orgoglio azzurro del ciclismo. Stiamo parlando della bolzanina 18enne Elena Pirrone, che, un mese fa, ha fatto sognare gli italiani diventando campionessa Mondiale Juniores 2017 in due categorie: la cronometro e la prova di linea.

Una ragazza umile e sorridente a cui piace divertirsi e stare in compagnia. Per Mondiali.it ci ha voluto raccontare la sua esperienza iridata e quello che sarà il suo futuro sia sportivo che extrasportivo.

A un mese dalla vittoria, che cosa pensi che tu abbia realizzato?

In realtà devo dire che faccio ancora fatica a realizzare! (ride ndr) Nel senso che, sono contentissima di aver vinto due ori, però sono ancora in quella fase un po’ di incredulità. Ero in Norvegia per onorare la maglia azzurra e penso di averlo fatto nel migliore dei modi.

Che cosa hai provato quando stavi per tagliare il traguardo e quando lo hai tagliato?

In riferimento alla prova di linea, è stata una grande emozione, mi ricordo che quando ho passato il cartello dei 2 km all’arrivo mi sono venuti i brividi, perché mi son detta che “ora non possono più riprendermi!”, anche perché quando ero a 10 km dalla conclusione avevo un po’ di dubbi sul vantaggio accumulato e se avessi retto fino alla fine, ho anche avuto problemi con la radio.
Tuttavia il corpo rispondeva alla grande e all’ultimo chilometro sono andata via con molta tranquillità.

Tra le due gare vinte, qual è stata più dura?

Posso chiaramente dire che come sforzo fisico la cronometro: perché comunque in 19/20 minuti di gara c’è bisogno di dare il massimo in tutto il percorso e per tutto il tempo.
Se invece penso al livello di agitazione, mi viene da dire la prova di linea perché prima che partissi c’è sempre quel punto di domanda. Alla partenza non so mai cosa può accedere in gara, quindi, finché non faccio l’attacco, sono sul chi va là!

Arrivare alla prova di linea già con una medaglia d’oro al collo, ti ha dato più carica o hai cercato di resettare il tutto?

Posso confermare che poco prima della partenza della prova su strada ho pensato “ho vinto un oro, proviamo a vincerne un altro!”. Ero convinta di quello che potevo realizzare e mi sono buttata a capofitto sulla gara, e alla fine è andata bene ad entrambe le uscite.

Immagino tu abbia fatto molti sacrifici, chi ti ha guidato al meglio per questa strada?

In realtà, secondo me, quando c’è la passione nel fare, le cose i sacrifici non li reputi tali. Ci sono stati momenti no, come ad esempio l’anno scorso in cui ho avuto un problema fisico in inverno e chi è protratto per tutta la stagione. Comunque in questo caso c’è stato il supporto dei miei genitori, in particolar modo di mio padre che è anche il mio allenatore e il mio direttore sportivo. Grazie a loro ho affrontato il tutto e sono riuscita a fare con la carica giusta.

Tra poco ti affaccerai tra i professionisti, con che spirito farai questo salto?

Fino alla conclusione del 2017 farò parte della Juniores, dal 2018 passo tra i professionisti e lo farò con lo spirito di quella che vuole mettersi in gioco.
So per certo che il primo anno sarà difficile e transitorio per via anche della scuola. Però voglio dare il massimo e voglio vedere cosa riesco a fare, e i due ori conquistati mi danno molta carica.

Hai voglia di percorrere il Giro Rosa?

Mi piacerebbe tantissimo. Per il prossimo anno, ahimè, sarà difficile per via degli esami di Stato al liceo scientifico. Per le prossime edizioni, si vedrà! Comunque rientra tra i miei obiettivi.

Oltre te anche altre azzurre sul podio: Alessia Vigilia e Letizia Paternoster. Siete amiche oltre che colleghe?

Letizia Paternoster la conosco da quando avevo 6 anni. Abbiamo iniziato a correre in due squadre diverse ma abbiamo stretto amicizia sin da subito. Allo stesso modo anche Alessia Vigilia, prima non ci frequentavamo molto, mentre ora è una delle mie migliori amiche.

Da quando hai avuto questa passione per il ciclismo?

Ho avuto da piccolina il mio primo triciclo rosso, anche se ho sempre di più preferito la biciclettina con le rotelle.
Mio padre mi ha subito affiancato per via del fatto che ha sempre corso anche lui, così come mia madre. Vengo da una famiglia con una gran bella tradizione ciclistica e io ho continuato su questa scia. Sin da piccola ho subito voluto che i miei genitori mi iscrivessero a una società ciclistica.
Loro, all’inizio, sono stati un po’ titubanti perché spesso il ciclismo è attribuito uno sport duro e faticoso. I miei non mi hanno mai dato pressioni, sono io che ho tanto insistito perché mia madre voleva che facessi pattinaggio artistico, meglio com’è andata! (ride ndr).

Come sei stata accolta in classe e a Bolzano, dopo la vittoria?

Mi hanno accolta nel migliore dei modi, mi sono sentita quasi parte di una famiglia. Mi hanno fatto una torta a forma di bici con le ruote iridate e ho ricevuto un piccolo pensiero oltre che un mazzo di fiori dai docenti. Inoltre sono stata molto felice di ricevere cartoline e complimenti anche da gente che ha visto la gara in tv oltre che dal sindaco e dalla giunta comunale.

Cosa ti piace fare nel tempo libero?

Adoro stare in compagnia. Mi piace stare con i miei amici e anche quando sono a casa adoro essere circondata dai miei cari. Mi diverto molto!

Nel tuo futuro c’è solo il ciclismo o hai intenzione di continuare gli studi?

Le mie intenzioni sono quelle di iscrivermi all’Università, alla facoltà di Giurisprudenza e quindi conciliare studi e ciclismo.

Dario Sette