Gli ultimi scudetti lontano da Torino, a cavallo tra il 2009 e il 2010 spartiti da Inter e Milan. Poi un predominio assoluto e mai visto in Italia con la Juventus in grado di vincere otto volte la Serie A consecutivamente. Gli anni Dieci post Duemila si stanno per chiudere e Opta, società specializzata nell’elaborazione di dati afferenti al calcio, ha stilato il Best XI del decennio. Unendo tutti i dati collezionati, facendo una media sulle stagioni giocate e sulle presenze, ecco la formazione ideale:
Nessun giocatore del Milan se non Pirlo che proprio nell’estate del 2011 è passato a vestire la maglia dei bianconeri. Un solo giocatore dell’Inter, il terzino sinistro Maicon; il Napoli è rappresentato da Koulibaly, Hamsik e Higuain che ha vestito la casacca dei partenopei dal 2013 al 2016 prima di passare alla Juventus e alla parentesi scialba milanista.
Due menzioni specifiche: Antonio Di Natale, che completa il tridente ideale con Higuain e Gomez, è stato il miglior cannoniere dell’ultima decade con 125 reti realizzate davanti allo stesso Gonzalo e Icardi. Leonardo Bonucci, invece, è stato il calciatore che ha vinto più partite, ben 212.
Nella vittoria della Roma in casa contro il Porto il protagonista indiscusso della serata è stato Nicolò Zaniolo che, con la doppietta realizzata, è diventato l’italiano più giovane a segnare due reti in una gara di Champions League. Non male per il 19enne che, da diversi mesi, sta dimostrando un talento fuori dal comune, regalando tante gioie ai tifosi giallorossi e tantissimi rimpianti a quelli nerazzurri.
Sì perché il classe ’99 è stato inserito dall’Inter nell’operazione che ha portato Nainggolan a Milano. Sin qui i risultati sono stati completamente diversi e opposti: il belga ha reso poco e male, Zaniolo si è ritagliato lo spazio giusto e ora è imprescindibile per Di Francesco. Non un vero e proprio affare per la società di Zhang che l’estate scorsa ha ceduto un pezzo pregiato della sua Primavera e che è già nel giro della nazionale maggiore di Mancini. C’è chi si sta mangiando le mani e che non plaude di certo la scelta fatta da Ausilio e company.
Tuttavia c’è da sottolineare che in passato sono state tante le operazioni di questo genere non andate a buon fine da parte dei nerazzurri e Massimo Moratti, così come i supporters, lo sanno bene.
ROBERTO CARLOS
Giunge in Europa grazie all’Inter, ma poi passa ai Galacticos
Forse il primo vero rimpianto è stato il terzino brasiliano che arriva in Europa proprio grazie ai nerazzurri. La società, però, lo cede nel 1995 per 7 miliardi al Real Madrid su volere dell’allenatore inglese Hodgson che lo riteneva indisciplinato tatticamente. Con i Blancos vincerà tutto oltre a essere punto fermo della squadra e con cui disputerà oltre 520 partite con 69 reti.
DENNIS BERGKAMP
Acquistato dall’Ajax, Bergkamp viene poi “regalato” all’Arsenal
Meteora nerazzurra è stato anche l’olandese, divenuto poi icona dei Gunners insieme a Thierry Henry. Nello stesso anno di R. Carlos, l’orange passò all’Arsenal perché non costante nel rendimento, nonostante fosse stato il capocannoniere della Coppa Uefa vinta nel 1993/94.
ANDREA PIRLO E CLARENCE SEEDORF
Due ex Inter che hanno fatto la fortuna del Milan
Due errori che molto probabilmente i tifosi nerazzurri non hanno ancora perdonato a Moratti. Il primo venduto nel 2001 per poco più di 30 miliardi di lire, il secondo scambiato per Francesco Coco nel 2002, i due centrocampisti sono diventate leggende rossonere con cui hanno vinto in Italia, in Europa e nel Mondo. Andrea Pirlo è stato definito come uno dei più grandi registi della storia del calcio, vincendo anche con la Juventus negli ultimi anni di carriera, Seedorf ha regalato successi e prestazioni mozzafiato che i tifosi milanisti difficilmente dimenticheranno.
LEONARDO BONUCCI
Bonucci esordisce in Serie A con la maglia dell’Inter
Un po’ come Zaniolo, anche quello che da diversi anni è considerato come il difensore italiano più forte in circolazione è stato snobbato da “giovane”. Bonucci è cresciuto nell’Inter con cui ha esordito in Serie A, prima di essere “sacrificato” nel 2009 nell’operazione col Genoa che ha portato in nerazzurro due eroi del Triplete: Diego Milito e Thiago Motta. Per carità un sacrificio che ha garantito successi all’allora squadra di Moratti che però si sono visti sfuggire quello che poi sarebbe potuto diventare il difensore centrale del futuro.
PHILIPPE COUTINHO
Preso come un grande talento, Coutinho non è riuscito a farsi strada nell’Inter
Ritorno al passato. Come Roberto Carlos, anche Coutinho è giunto in Europa grazie all’Inter che poi però non ha insistito molto sulla sua crescita. Il classe ’92 è stato ceduto al Liverpool per poco più di 10 milioni di euro a causa dello scarso utilizzo, chiuso ancora dai veterani post Triplete. Con i Reds diventa un campione, ceduto nel gennaio 2018 per 120 milioni + bonus al Barcellona.
Un elenco che certo non piacerà ai tifosi nerazzurri, ma che sottolinea che spesso prima di fare affari bisogna saperne valutare meglio le decisioni.
Sarà disponibile da giugno, ma Aaron Ramsey è ufficialmente un calciatore della Juventus. Un colpo a costo zero dall’Arsenal per quelle che sono operazioni in cui la società bianconera ha ottenuto grandissimi risultati.
Il centrocampista gallese, infatti, è solo l’ultimo acquisto in ordine cronologico ottenuto dalla Juve in questa modalità.
Nel corso degli anni, questi tipi di affari sono sempre stati ottimi se si pensa che hanno fruttato milioni di euro nelle casse oltre che una ricca serie di trofei in bacheca. Il merito è stato sicuramente della dirigenza che ha saputo studiare colpi a tavolino per il bene della squadra.
Se pensiamo al parametro zero che più hanno contribuito alla crescita della squadra non possiamo far riferimento ad Andrea Pirlo e Paul Pogba.
ANDREA PIRLO
Con la Juve, Pirlo ha disputato 164 partite
PAUL POGBA
La famosa esultanza Dab di Pogba
Il centrocampista, ritiratosi nel 2017, è stato un po’ il simbolo della rinascita della Juve. È arrivato a Torino dopo che il Milan lo ha considerato “al tramonto”. Per i gioco di Antonio conte è stato fondamentale tanto da essere il protagonista dei trionfi post Calciopoli: quattro scudetti, due Coppe Italia e due Supercoppe Italiane. Il francese Paul Pogba è stato un affarone che più di tutti ha rimpolpato le casse della società guidata dal presidente Agnelli. Scippato al Manchester United nel 2012 è stato poi rivenduto ai Red Devils per 100 milioni nel 2016. Una plusvalenza mastodontica per la Juve che ha avuto la fortuna di lanciare nel calcio mondiale quello che ora è considerato uno dei centrocampisti più forti del mondo. Dopo un breve periodo di conoscenza, il francese poi è diventato titolare inamovibile, prima con Conte e poi con Allegri. Eroe di tanti trofei, in bianconero ha giocato 178 partite, segnando 34 reti.
ANDREA BARZAGLI
Il difensore toscano è alla nona stagione alla Juve
Un altro capolavoro sportivo ed economico è stato Andrea Barzagli. Tuttora a Torino, il centrale campione del mondo 2006 è stato un colpo a sorpresa che tanto bene ha fatto alla squadra. Il fiesolano è stato prelevato dal Wolfsburg nel 2011 durante il mercato invernale per soli 300mila euro. Da lì in poi il difensore è stato un perno fondamentale della difesa con cui è stata formata la BBC. Sette scudetti, quattro Coppe Italia, tre Supercoppe oltre a due finali di Champions League.
DANI ALVES
Attriti con la società ha fatto restare il brasiliano solo per una stagione
In difesa, oltre alla parentesi momentanea di Lucio, un’altra ottima operazione è stata Dani Alves. Il terzino brasiliano, dopo aver vinto tutto col Barcellona, arriva a Torino portando soprattutto esperienza internazionale. Resta alla Juve solamente un anno e va via dopo la finale di Champions persa contro il Real.
KINGSLEY KOMAN
Classe ’96, Koman è ora al Bayern
Altri milioni sono arrivati da Kingsley Koman. L’esterno offensivo francese è giunto a Torino nell’estate del 2014 dal Psg. Velocità e tecnica sono gli ingredienti giusti che fanno del transalpino una grande plusvalenza, dato che nel 2016 viene acquistato dal Bayern Monaco per circa 30 milioni di euro.
Anche Sami Khedira in gol contro il Sassuolo
Attualmente nel gruppo di mister Allegri ci sono altri affaroni come i tedeschi Sami Khedira ed Emre Can. L’ex Real Madrid è oramai un veterano: dal 2015 ha giocato tantissimo (nonostante sin lì la sua fosse stata ricca di infortuni) contribuendo anche in fase realizzativa, l’ultima segnata contro il Sassuolo (rete numero 21).
Emre Can, invece, è arrivato dal Liverpool l’estate scorsa. Un primo periodo di adattamento e uno stop dovuto a dei problemi di salute, non gli hanno permesso una costanza nelle prestazioni. Tornato arruolabile ora è pienamente recuperato e avrà modo di essere protagonista per la fase finale di stagione.
NETO & LLORENTE
Il carioca Neto in una partita di Coppa Italia
L’attuale portiere del Valencia è stato venduto dai bianconeri per 6 milioni di euro. La società bianconera ha fiutato l’affare gratuito dalla Fiorentina per poi cederlo agli spagnoli. Spagnolo è Fernano Llorente, arrivato a Torino gratuitamente dal Bilbao per restare due stagioni prima di passare al Siviglia.
I tifosi bianconeri non possono essere che soddisfatti degli affari a zero effettuati negli ultimi anni e il gallese Ramsey non va che a migliorare la lunga lista. Non resta che attendere il prossimo.
Il duopolio si è interrotto. Luka Modric ha dimostrato che c’è vita oltre l’universo dominato dai pianeti Messi e CR7. In questi anni ci si è sempre chiesti chi avrebbe interrotto il regno dei due marziani. Ci è riuscito il centrocampista del Real Madrid, primo croato della storia a vincere il trofeo. Potevano essere Griezmann, Mbappè, il tanto discusso Varane o Salah.
Questi ultimi hanno ancora tempo per non finire nel ristretto (ma non troppo) girone dei campioni che non hanno vinto il Pallone d’Oro. La premessa è d’obbligo. Solo dal 1995 i giocatori extraeuropei hanno potuto concorrere al premio. Prima era riservato esclusivamente ai campioni nati nel vecchio continente. Ecco spiegato del perché, ad esempio, Pelè o Maradona non abbiano mai vinto il Ballon d’Or.
Ecco il club dei non vincitori.
Franco Baresi. Capitano e difensore simbolo del Milan degli olandesi, quello che dominava in Italia e in Europa. Campione del mondo ’82 con la Nazionale, vice campione del mondo nel 1994 (con il rigore fallito nella lotteria finale contro il Brasile). Solo un secondo posto nel 1989, dietro Van Basten. Nel 1994 vinse il bulgaro Stoickov.
Franco Baresi
Paolo Maldini. La maledizione dei difensori colpisce anche il terzino bandiera del Milan. Condivide con Baresi i successi nel Milan, ma non riesce mai a vincere nulla con gli Azzurri. Nel 2003 arriva terzo dopo Nedved e Henry, stessa posizione del 1994.
Paolo Maldini
Alessandro Del Piero. Il 1996 è l’anno della sua consacrazione. Vince Champions League e Coppa Intercontinentale con la Juve, delizia i palati fini sui campi di mezza Europa. Ma quell’anno il trofeo lo vinse, tra le polemiche, Mathias Sammer. Più di vent’anni dopo, non si è ancora capito perché.
Alessandro Del Piero
Raul. Ha vinto tutto quello che poteva vincere con il Real Madrid. Ha avuto il solo torto di condividere quelle vittorie con altri fenomeni come Zidane, Figo, Ronaldo il fenomeno che hanno offuscato la sua stella. Ma nel 2001 finì al secondo posto dietro…Owen.
Raul
Francesco Totti. Il suo grande amore è stato, forse, il suo limite. Aver deciso di sposare una sola maglia gli ha impedito di conseguire quei successi internazionali che meritava. Non è mai salito sul podio.
Francesco Totti
Thierry Henry. Leggenda dell’Arsenal e della Nazionale francese. Paga l’etichetta da eterni secondi dei Gunners. Accarezza il sogno Champions in finale contro il Barcellona nel 2006, trofeo che vincerà con i blaugrana nel 2009. Secondo nel 2003, terzo nel 2006.
Thierry Henry
Wesley Sneijder. Nel 2010 centra da protagonista il triplete con l’Inter, arrivando in finale mondiale con l’Olanda. Ma non basta perché quell’anno il trofeo va a Messi. Non sale neanche sul podio.
Wesley Sneijder
Andres Iniesta. Discorso fotocopia rispetto a Sneijder. A differenza dell’olandese vince il primo Mondiale della Spagna nel 2010 con gol decisivo in finale proprio contro l’Olanda. Servirà solo alla medaglia d’argento dietro la Pulce. Nel 2012 arriva terzo.
Andres Iniesta
Xavi. Con Iniesta ha formato una delle coppie di centrocampo più forti della storia, condividendo i successi nel Barcellona e nella Roja. Collezione tre terzi posti consecutivi tra il 2009 e il 2011.
Xavi
Andrea Pirlo. La versione italiana del cervello spagnolo Xavi. Vince il Mondiale 2006 con l’Italia, vince Coppe e campionati con Milan e Juventus. Tutto inutile, non sale mai neanche sul podio.
Andrea Pirlo
Zlatan Ibrahimovic. Inaugura la serie finale dei campioni non premiati ancora in attività. Forse il primo terrestre dopo gli extraterrestri Messi e CR7. Ha l’unico difetto, però, di non aver vinto mai la Champions e di giocare con… la Nazionale svedese. Non è mai salito sul podio.
Zlatan Ibrahimovic
Gianluigi Buffon. Secondo alcuni è stato il più forte portiere della storia. Titolo effimero che non gli è mai valso il trofeo. Paga il ruolo di portiere, solo il russo Yascin riuscì a vincerlo da estremo difensore nel 1963. Nel 2006 ci è arrivato vicinissimo, ma si posizionò dietro Cannavaro.
Gianluigi Buffon
Manuel Neuer. Come Buffon non riesce a infrangere il tabù portiere. Eppure, a differenza dell’italiano, riesce a mettere in bacheca la Champions League. Nel 2014 vince il Mondiale con la Germania, ma gli vale solo un bronzo dietro CR7 e Messi.
L’81° minuto della Notte del Maestro è uno dei momenti più emozionanti dell’addio al calcio di Andrea Pirlo: l’ex centrocampista, tra le altre, di Milan e Juventus si ritira ufficialmente lasciando il campo al figlio Niccolò, classe 2003. Anche baby Pirlo è centrocampista come papà ed è un talento di belle speranze che milita nella squadra dilettantistica del Pecetto, ma sembra sia finito nel mirino dei talent scout juventini.
Andrea Pirlo kendisi için düzenlenen jübile maçında yerini Juventus’ta forma giyen 15 yaşındaki oğlu Niccolo Pirlo’ya bıraktı. pic.twitter.com/RlHuX8An5L
In attesa di capire se la generazione Pirlo sarà la nuova dinasty del calcio italiano, c’è un solo caso di padre e figlio che fanno la staffetta sul campo in occasione di una partita di calcio. Il precedente turnover è datato 24 aprile 1996.
Tallinn, Estonia, Kadrioru Staadion: Arnór Gudjohnsen ha 34 anni, quasi 35. E’ ormai una leggenda del calcio islandese, è centravanti con senso del gol. Un passato prestigioso nell’Anderlecht, con il titolo di capocannoniere conquistato nella stagione 1986-1987, segnando 19 reti. Poi l’esperienza in Francia a Bordeaux e, infine, ora gioca a Örebro, in Svezia.
Arno Gudjohnsen con l’Islanda nel 1982
Non è l’unico Gudjohnsen della partita. In panchina, nella Nazionale allenata da Logi Ólafsson, c’è suo figlio Eidur Gudjohnsen. Non ha neanche 18 anni, non sa del futuro luminoso che lo attende tra Chelsea e Barcellona, tra Premier e Liga fino alla Champions League. E’ una delle promesse del calcio nordico e ha tra i suoi maggiori sponsor proprio il padre Arnor che, da anni, sogna di lasciare il campo proprio al figlio Eidur.
E quel momento arriva in una delle nazioni neonate dopo la dissoluzione dell’Urss, nel 1991. L’Estonia è stata inserita nel gruppo 4 di qualificazione a Euro ’96 in Inghilterra, sfidando squadre del calibro di Italia e Croazia. Arriva ultimo nel girone, ma è un altro il motivo per cui si appresta a entrare nella storia. In quell’amichevole con l’Islanda, tra gli estoni c’è anche Martin Reim, tutt’oggi primatista di gare con la propria Nazionale, 157 gare e nessun Mondiale all’attivo. Record poco invidiabile.
E’ il 62° minuto, la partita è ampiamente indirizzata sui binari degli ospiti, in vantaggio 3-0 con la tripletta realizzata da Gunnlaugsson. Siamo in quello che gli americani definirebbero garbage time, tempo spazzatura: risultato già deciso, c’è spazio per l’allenatore per provare nuove soluzioni.
Mister Logi Ólafsson ha mandato a scaldare già da qualche minuto il biondo Eidur Gudjohnsen. Lo richiama a sé e decide di spedirlo in campo. L’arbitro, il lettone Romāns Lajuks, ordina il cambio. Il quarto uomo alza la lavagna: fuori il numero 9, il biondo Arnor Gudjohnsen, dentro suo figlio, con il numero 13. Padre e figlio si salutano, Arnor bacia fugacemente Eidur come si confà ai genitori che portano il loro figlio al primo giorno di scuola. Avrebbero dovuto giocare insieme qualche tempo dopo, sempre in Nazionale, ma un grave infortunio alla caviglia del giovane Eidor impedì di vederli entrambi in campo.
Questo inedito primato resta ancora oggi nelle mani (e nei piedi) dei Gudjohnsen, ma chissà che il passaggio di testimone tra Andrea e Niccolò Pirlo non segua le orme tra Arnor ed Eidur. Father and son.
L’Italia, è vero, non ci sarà in Russia tra le 32 squadre che si contenderanno il prossimo Mondiale di calcio, ma un italiano ha avuto il privilegio di mettere le mani sopra la prestigiosa Coppa e di portarla in giro per il globo prima di atterrare definitivamente a maggio, a ridosso dell’inizio del torneo iridato.
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Andrea Pirlo, infatti, è stato scelto come testimonial per il Fifa World Cup Trophy Tour by Coca-Cola, uno spettacolare giro del mondo nel quale l’ambito trofeo farà tappa in più di 50 stati. Da un italiano ad un altro: da Silvio Gazzaniga, ideatore dell’attuale silhouette del premio più riconosciuto nello sport, a chi quella Coppa l’ha davvero sollevata al cielo, tenuta stretta e coccolata nell’estate del 2006 a Berlino. Il Maestro che si è ritirato dal calcio giocato lo scorso novembre 2017, “scorterà” il trofeo che a bordo di un aereo viaggerà in lungo e in largo per raccogliere foto, selfies, gioie e sorrisi di tantissimi appassionati sparsi nei sei continenti.
Il tour “internazionale” è partito lunedì 22 gennaio e fa tappa il 24 gennaio a Colombo, ex capitale dello Sri Lanka. Dall’Asia, all’Oceania, passando per Europa, Africa e Americhe, il luccicante riconoscimento percorrerà oltre 126mila chilometri; in Italia farà tappa in due città: a Roma il 17 marzo e a Napoli il 17-19 marzo. Poi Parigi, Colonia e via in Sud America con sosta in Argentina prima di risalire la terraferma. (Scopri qui tutte le tappe)
In realtà, nei mesi precedenti, in ben 78 giorni di viaggio, la Coppa del Mondo ha visitato 16 città della Russia, paese ospitante, e altre nove l’accoglieranno a maggio: Vladivostok, Novosibirsk, Ekaterinburg, Samara, Kazan, Nizhny Novgorod, Rostov-on-Don, San Pietroburgo e, per finire, ultima tappa Mosca.
Coca-Cola e Fifa hanno unito le loro forze per quest’idea lanciata nel 2006 quando il tour ha visitato 29 paesi incontrando oltre 175mila fan. Per la seconda edizione, che ha portato alla Coppa del Mondo in Sudafrica nel 2010, (prima volta di un paese africano), il tour è passato per 84 stati, 50 dei quali nello stesso continente africano. In quell’occasione, quasi un milione di sostenitori ha immortalato l’evento con una accanto al premio. Nel 2014, invece, il tour è durato ben 267 giorni arrivando in 90 paesi.
La stagione in Major League Soccer entra nel vivo. Sta per concludersi la Regular Season e vogliamo fare il resoconto degli Italians che giocano nel campionato di soccer Americano, in vista della fase finale.
Come ben sappiamo il la stagione del calcio statunitense si divide in Western ed Eastern Conference. I nostri cinque italiani, che giocano in America (tutti in Eastern Conference), hanno saputo mettersi in mostra anche quest’anno.
Tra tutti, però, ha bisogno di un capitolo a parte, Sebastian Giovinco. La Formica Atomica ha ancora una volta fatto uno stagione sopra tutti e ha guidato il Toronto Fc alla fase finale della stagione, chiudendo al primo posto la classifica della Eastern Conference.
Il numero dieci della squadra canadese ha chiuso con 16 reti la classifica marcatori e sei assist, contribuendo appieno al risultato finale in classifica generale.
Le belle prestazioni in campo hanno dimostrato che l’attaccante classe ’87 è ancora in ottime condizioni e potrebbe essere utile anche all’Italia in vista dei playoff oltre che in un Mondiale futuro nel 2018. Lo stesso Sebastian ha ribadito di pensare all’azzurro, ma che forse il ct Ventura “snobba” il campionato a stelle e strisce.
Tantissime le belle reti realizzate da Giovinco, non ultima l’imparabile punizione contro l’Atlanta United. Ma oltre ai gol, The Atomic Ant (come lo chiamano in Usa) è oramai parte di un gruppo solido che sogna di arrivare in fondo alla stagione e provare a vincere il titolo MLS, sfuggitogli di mano lo scorso anno ai rigori davanti ai propri tifosi.
Un altro focus importante ha bisogno un veterano del calcio italiano e azzurro: Andrea Pirlo. Il campione del mondo 2006 ha deciso di appendere gli scarpini al chiodo al termine del 2017. Con il New York City Fc è riuscito a piazzarsi al secondo posto in classifica, volando così ai playoff della fase finale. Il talento bresciano proverà a guidare i suoi compagni a una storica vittoria che per lui sarebbe una vera e propria ciliegina sulla torta dopo una quantità innumerevole di trofei vinti lungo tutta la sua carriera. Il Maestro (come lo chiamano a New York), dopo il calcio, dedicherà il suo tempo alla famiglia e al relax, tuttavia nelle prossime settimane cercherà di dare il massimo per la squadra.
Un’annata un po’ storta l’hanno vissuta i due italiani del Montreal Impact: Marco Donadel e Matteo Mancosu che non sono riusciti a strappare il pass per i playoff e che quindi escono di scena per questa stagione. Il centrocampista ex Fiorentina ha avuto problemi fisici che lo hanno tenuto lontano dai campi per parecchio tempo, nell’ultima parte della stagione si è rivisto con più costanza e bellissima è stata la rete realizzata contro il Toronto in un caldissimo derby.
Mancosu ha realizzato sei reti in questa stagione in 26 presenze. Un’annata poco prolifica per l’attaccante sardo che tanto bene ha fatto lo scorso anno.
Infine, per chiudere con gli Italians oltreoceano c’è il napoletano Antonio Nocerino che gioca nell’Orlando City.
A dir la verità la poco entusiasmante stagione dei Lions dal punto di vista calcistico ha dato spazio maggiore alla notizia dell’addio di un grande campione come Kakà. Il calciatore brasiliano ha deciso di lasciare il club americano, ma non ha ancora scelto se ritirarsi o provare un’altra esperienza altrove. Tornando a Nocerino, l’ex Milan ha giocato quasi tutte le gare di campionato ma forse è mancato quel guizzo in più alla sua squadra per provare a fare il salto di qualità.
Un mondiale, due Champions League, sei Scudetti, due Coppe Italia, una Supercoppa italiana, un Mondiale per club e due Supercoppa europea. Solo elencando il suo palmarès è facile capire di chi stiamo parlando: Andrea Pirlo, uno dei più forti calciatori italiani di sempre, ha annunciato che si ritirerà definitivamente dal calcio a dicembre.
Non una data casuale: attualmente sotto contratto con il New York FC, appenderà le scarpette al chiodo al termine della stagione di Mls, quando il suo contratto il club scadrà. A 38 anni, dunque, dirà addio al calcio giocato l’ennesimo eroe del Mondiale 2006, l’ultimo ancora in attività – assieme a Buffon – dell’11 titolare che vince ai calci di rigore contro la Francia nella finale di Berlino. Pirlo ha iniziato a giocare a calcio nei professionisti nel 1994 con il Brescia, squadra dalla sua città. In carriera ha giocato per Inter, Reggina, Milan e Juventus e con la Nazionale italiana.
In un’intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport spiega il motivo del suo prossimo ritiro. Tra acciacchi e spazio ai giovani con una rotula che è ormai priva di cartilagine. Insomma, il momento è arrivato.
Quando si alza dal tavolino del bar all’aperto in zona Chelsea di fronte a casa sua, Andrea Pirlo si lamenta per il dolorino al ginocchio destro che lo tortura da mesi. Dice: «Dove c’è la rotula non ho più la cartilagine. Quando è venuta la Juve in tournée a fine luglio, mi sono fatto vedere anche dal loro medico. Ma c’è poco da fare». Causa infortunio ha dovuto saltare una manciata di partite della sua terza stagione in Mls e quando disponibile si è spesso accomodato in panchina: 15 presenze su 32 gare e due assist. Per dire, nel campionato passato non aveva praticamente mai saltato un match ed era sempre stato titolare. Con grande serenità, spiega: «Vanno in campo i più giovani, Herrera e Ring. A 38 anni è giusto dare spazio ai ragazzi. No, non sono arrabbiato. Anzi do una mano agli altri e all’allenatore».
A dicembre le scade il contratto. Smetterà? «Ti rendi conto da solo che è arrivato il momento. Ogni giorno hai problemi fisici, non riesci più ad allenarti come vorresti perché hai sempre qualche acciacco. Alla mia età ci sta di dire basta. Non è che puoi andare avanti per forza fino ai 50. Farò qualcos’altro».
Ha già pensato al futuro? «Non lo so ancora. Rientrerò in Italia già a dicembre. Il vice di Conte? Se ne dicono di cose. Ho delle idee, ma mi concedo tempo per decidere».
Tanti suoi ex compagni hanno scelto la panchina: Nesta, Gattuso, Inzaghi, Sheva… «… E Grosso, Cannavaro, Zambrotta, Brocchi, Oddo. Ormai tutti. Se penso ad allenare? Non è detto che siccome sei stato un buon giocatore puoi farlo. Devi essere predisposto e avere la prova del campo. Deve scattarti la scintilla. A me non è ancora scattata».
Meglio partire dal basso come Nesta o come Inzaghi subito dal Milan? «Non c’è una strada giusta o sbagliata. Dipende dalle opportunità che ti offrono. Se ti chiama subito una prima squadra, è dura rifiutare. Ripeto: per ora non ho quell’intenzione. Dopo 25 anni di calcio starò a casa con la famiglia (ad agosto gli sono nati due gemelli, ndr). Per tenermi in forma giocherò a golf (handicap 10) e a tennis».
In America oramai è osannato dai propri tifosi e dagli amanti del calcio. Nell’ultima gara ha raggiunto quota 50 reti, realizzando una doppietta contro il suo ex compagno di squadra alla Juventus, Andrea Pirlo.
Stiamo parlando di Atomic Ant, come l’hanno definito in Usa i supporters dei Toronto, Sebastian Giovinco. Con addosso la maglia numero 10 dei Reds la “Formica atomica” (soprannome quando era ancora in Italia) ha realizzato 50 gol in Major League Soccer, contando solo la Regular Season, di cui 10 da calcio di punizione.
Un post condiviso da Toronto FC (@torontofc) in data:
Partito dall’Italia nel 2015 con l’amarezza di non aver sfruttato al massimo l’occasione nella Juventus, Sebastian Giovinco ha sposato appieno il progetto del Toronto FC. La sua partenza ha fatto storcere il naso a molti dato che firma un contratto a 8,5 milioni di dollari. Una cifra esorbitante che lo rende il calciatore italiano più pagato del pianeta, superato l’anno scorso da Graziano Pellè.
Sin da subito però il fantasista torinese si è immerso nella nuova avventura dimostrando tutto il suo valore in un campionato che nel corso degli anni si è sviluppato molto e ha raccolto altri calciatori italiani ed europei (vedi Pirlo, Donadel, Lampard, Gerrard e tanti altri).
Proprio contro il New York City del MaestroAndrea Pirlo, la formica atomica ha realizzato due delle 4 reti del Toronto Fc, aiutando così la squadra a raccogliere i 3 punti e a balzare al primo posto a +6 proprio sui newyorchesi, scivolati momentaneamente in terza posizione.
La prima rete con la maglia Reds risale all’aprile 2015, alla sua quarta presenza in campionato, quando beffa il portiere del Chicago Fire con un tiro rasoterra.
Da lì in poi un crescendo dal punto di vista tecnico e realizzativo. Nella prima stagione infatti Sebastian realizza 22 reti nella stagione regolare tanto da ottenere una serie di premi che nessun altro italiano era riuscito ad ottenere nel “giovane” campionato americano di calcio. Alla sua bacheca personale aggiunge, infatti, l’Mls Golden Boot, il titolo di miglior marcatore e miglior assistman oltre che miglior debuttante e miglior calciatore di tutta l’edizione della Mls 2015. Non male per un neo arrivato in un campionato nuovo e con altri ritmi e criteri rispetto alla Serie A italiana.
Ma il “piccolo” Giovinco non si limita a far bene nella sola prima stagione, ma si conferma anche l’anno scorso quando, con 17 reti nella stagione regolare e 4 nei play-off, trascina il Toronto Fc fino alla finalissima di Mls contro il Seattle Sounders, persa ai rigori.
Tutte le belle prestazioni hanno fatto parlare di lui anche in Italia e in ottica Nazionale. Giovinco non ha mai smesso di pensare alla maglia azzurra con la quale ha disputato 23 partite e una rete (contro il Giappone nella Confederation Cup 2013 in Brasile).
Il traguardo delle 50 reti in Mls ( il numero aumenta a 54 contando anche le fasi finali del torneo, e 59 in totale in 92 presenze con la maglia del Toronto) è stato possibile anche alle 10 segnature da calcio piazzato. In effetti, Sebastian Giovinco è un vero e proprio specialista delle punizione e lo sanno bene sia i portieri americani che quelli italiani che sono stati trafitti dalle traiettorie velenosissime della Formica Atomica. Le dieci marcature lo portano ad essere il migliore in classifica Mls, superando in questa speciale classifica Jeff Larentowicz e Javier Morales.