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In occasione di Lazio-Cagliari, lunch match di sabato 22 dicembre 2018, il mister dei biancocelesti taglierà il traguardo della 100 gare in Serie A.
E’ quanto fa sapere FootStats.it, realtà specializzata in statistiche del calcio italiano, che ha provato a riassumere con i numeri la carriera nel massimo torneo italiano di Simone Inzaghi.

OLTRE IL 50% DI SUCCESSI

In 99 gare di Serie A, tutte alla guida della Lazio, Inzaghi ha raccolto 53 vittorie (53,5%), 20 pareggi (20,2%) e 26 sconfitte (26,3%). In sostanza, per 73 volte è riuscito a raccogliere punti (73,7%).
Il bilancio di Inzaghi in casa
27 vittorie
9 pareggi
13 sconfitte
36 match a punti

Il bilancio di Inzaghi fuori casa
26 vittorie
11 pareggi
13 sconfitte
37 match a punti

La Lazio 2018/2019 viaggia a circa 1,5 punti/match.
Nel 2015/2016, anno d’esordio, il ritmo tenuto fu di 1,7; nel 2016/2017 di 1,8; nel 2017/2018 di poco sotto gli 1,9 punti/match.

AFFRONTATE 25 SQUADRE CON 4 TABÙ E LA POSSIBILITÀ DI FARE 200

Dall’Atalanta all’Udinese Simone Inzaghi ha incrociato uomini e schemi con 25 club in Serie A. Il bilancio è positivo, somma di vittorie e pareggi maggiore rispetto al numero delle sconfitte, in 21 circostanze.
Le squadre che possiamo definire problematiche da affrontare sono quattro. In rigoroso ordine alfabetico rispondono ai nomi di: Inter, Juventus, Napoli (vero e proprio tabù, mai battuta a oggi) e Roma.
Al contrario, le società contro cui il mister piacentino ha raccolto soltanto trionfi ammontano a nove: Benevento, Carpi, Empoli, Frosinone, Hellas Verona, Palermo, Parma, Pescara e Udinese.

Curiosità: i gol marcati dalle sue Lazio ammontano a 198. Se in occasione della centesima panchina arrivassero anche due o più reti…

I MISTER AVVERSARI SONO A QUOTA 39

Fu Walter Novellino a tenere a battesimo Inzaghi su una panchina di Serie A. Palermo-Lazio, 32esima giornata del 2015/2016, terminò col punteggio di 0-3. Era il 10 aprile 2016. Poi sono arrivati altri 38 mister per avversari. Da Allegri, contro cui mai ha pareggiato in 6 incroci, a Zenga, affrontato 2 volte con un bilancio di 1 successo e 1 segno X.

 

Note di lettura: V = partite vinte dalle squadre allenate da Inzaghi; X = partite pareggiate dalle squadre allenate da Inzaghi; P = partite perse dalle squadre allenate da Inzaghi

La sconfitta senza attenuanti per 3-0 del Bayern Monaco contro il Paris Saint Germain è stata troppo pesante per non avere ripercussioni. E come succede spesso in queste circostanze, la prima testa a saltare è quella dell’allenatore. Anche se si chiama Carlo Ancelotti.
Lui, giramondo vincente, che tra Milan, Chelsea, Real Madrid e PSG ha vinto e rivinto tutto quello che era possibile, è scivolato proprio a causa del match della competizione che l’ha portato nell’elite del calcio mondiale: la Champions League.

Ma guardando la carriera di Carletto, possiamo esser sereni: lui è uno dei migliori prodotti calcistici che l’Italia ha esportato in giro per Europa. E sulle sue orme (si spera solo di successi e non di licenziamenti) c’è anche Antonio Conte che ha sbalordito la Premier League con il suo Chelsea.

Il campionato inglese è terra complessa, ardua, che mette alla prova l’abilità e la bravura non solo dei calciatori, ma anche dei tecnici, o per dirla all’inglese, dei manager. E di italiani nell’ultimo periodo che hanno liberato la loro scrivania con un “arriverci e grazie” ce ne sono parecchi.
Su tutti, il 2016 è stato un annus horribilis: via Walter Zenga dal Wolverhampton, club di Championship, via Francesco Guidolin, esonerato dallo Swansea, via Roberto Di Matteo, esonerato dall’Aston Villa. E non dimentichiamoci dell’ultimo, Walter Mazzarri che, dopo aver condotto il Watford alla salvezza nella Premier League dell’anno scorso, ha salutato, di comune accordo, la società. Watford che già qualche anno prima, nel 2013, aveva provato l’Italian style con Giuseppe Sannino, anche lì, però, esperienza non molto fortunata.

Chi invece non viene licenziato, ma ha il carisma di decidere il proprio destino e di dimettersi anzitempo è Fabio Capello: storica la sua mossa, nel febbraio 2012, di lasciare l’incarico di ct dell’Inghilterra dopo la decisione della Federazione di togliere la fascia di capitano a John Terry a seguito dell’accusa al calciatore britannico di aver rivolto insulti razzisti ad Anton Ferdinand.
Don Fabio, impeccabile fino alla fine, lasciò l’Inghilterra con il record di allenatore della Nazionale inglese con la più alta percentuale di vittorie (66%) sul numero di partite disputate. Dopo decise di provare un’altra avventura su una panchina nazionale e volò in Russia. Per lui Mondiali (modesti) nel 2014 e  separazione consensulae nel luglio 2015.

Ora è in Cina, sulla panchina dello Jiangsu Suning. Nel paese orientale, Fabio Cannavaro sta provando ad ottenere credibilità e successi. Con fasi alterne. Nel novembre 2014 diventò allenatore del Guangzhou Evergrande, su richiesta di Marcello Lippi passato nel ruolo di direttore tecnico del club. Il 4 giugno 2015, con la squadra al primo posto in campionato e ai quarti di Champions, venne esonerato e sostituito da Luiz Felipe Scolari. In totale su 23 partite ne ha vinte 11, pareggiate 7 e perse 5.
Il 26 ottobre dello stesso anno venne ingaggiato dai sauditi dell’Al-Nassr, freschi campioni in carica, con cui firma un contratto di otto mesi fino a fine stagione.

E Cesare Prandelli? Le esperienze estere dell’ex allenatore della Fiorentina e commissario tecnico dell’Italia ai Mondiali in Brasile sono forse i maggiori flop:a luglio 2014 è ingaggiato dai turchi del Galatasaray, ma nonostante i 5 milioni a stagione, debuttò perdendo in Supercoppa contro il Fenerbahçe ai rigori, venendo esonerato dopo pressoché quattro mesi dopo la sconfitta in trasferta con l’Anderlecht nella fase a gironi di Champions League.

Dopo 2 anni di inattività, il 28 settembre 2016 firmò un contratto biennale con il Valencia, ma anche qui la sua avventura finì in maniera brusca: il 30 dicembre si dimisi per divergenze di mercato con 6 punti conquistati in 8 partite (1 vittoria, 3 pareggi e 4 sconfitte).