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Ad un passo dall’eliminazione, ci pensa lui, Toni Kroos a salvare la sua nazionale da un’uscita clamorosa dai Mondiali di Russia 2018.

Un gol al 95esimo e tutta la Germania può festeggiare di avere ancora una possibilità per poter sognare di sollevare ancora una volta la Coppa del Mondo.

Nella partita che la Germania ha giocato contro la Svezia si è davvero temuto il peggio. Fino agli ultimi minuti di gara quel pareggio segnava la fine dell’avventura mondiale per i campioni del mondo in carica. Ma proprio ad un soffio dal triplice fischio arriva il miracolo che prende il nome di Toni Kroos.

La sua rete ha regalato nuove speranze a tutta la Germania e lo ha eletto eroe della partita.

Ma chi è Toni Kroos?

Conoscere da vicino il calciatore significa anche rispolverare i libri di storia fino alla caduta del muro di Berlino, perché è proprio quello il periodo in cui nasce il centrocampista tedesco.

Siamo nel 4 gennaio 1990 nella cittadina di Greifswald, appena 9 mesi prima della riunificazione. Ed è per questo che c’è chi lo ha definito “l’ultimo figlio della Germania est”. Appassionato di calcio sin da piccolo, si era già fatto notare soprattutto nel 2014, quando insieme alla sua squadra, conquistò il titolo nei Mondiali giocati in Brasile.

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Ed è allora che è stato battezzato il primo e ultimo figlio dell’est ad aver vinto una competizione mondiale. Adesso, a distanza di quattro anni, si torna a parlare di lui con orgoglio e ammirazione, per aver riportato in corsa la sua nazionale da un’esclusione che sembrava ormai sicura.

Toni Kroos si gode, dunque, il suo momento di gloria e sono queste le sue parole alla fine di una partita al cardiopalma:

A molte persone sarebbe piaciuto se oggi fossimo usciti, ma non è così facile. Il primo tempo non è stato positivo ma poi devi avere gli attributi per giocare la ripresa in quel modo. Ora dobbiamo riposarci, battere la Corea del Sud e giocare in modo convincente

Adesso il calciatore e tutta la Germania devono affrontare l’ultima grande sfida. Sarà vero che le vincitrici dell’anno precedente registrano quasi sempre dei flop nella competizione successiva? I tedeschi hanno tutto l’interesse a dimostrare che il destino si può anche cambiare.

Toni Kroos, capace di cambiare le sorti della nazionale tedesca quando ormai non ci credeva più nessuno, ne è convinto: vincere è ancora possibile e l’ultimo figlio dell’est non ha intenzione di passare il testimone così facilmente e porta la Germania in cerca del suo quinto titolo mondiale.

Dopo aver scoperto chi sono gli allenatori più longevi nella storia del calcio, adesso vogliamo concentrarci solo su una classifica che riguarda esclusivamente i commissari tecnici alla guida delle nazionali nelle diverse competizioni mondiali.

Ed ecco che subito balza all’occhio il nome di un ct italiano, Vittorio Pozzo, che ha seguito la nazionale azzurra dal 1929 al 1948. Ben 19 anni di grandi successi, coronati nel 1934 e nel 1938 con la vittoria della Coppa del Mondo.

Solo un anno in meno per l’allenatore dell’Austria, Hugo Meisl, che ha guidato la sua squadra per 18 anni, dal 1919 al 1937. Un uomo dalle mille sfaccettature, che non si limitava a seguire la nazionale ma al contempo faceva anche da segretario generale della federcalcio austriaca e delegato FIFA.

Al terzo posto, a pari merito, troviamo ben due allenatori con 16 anni di servizio presso la nazionale.

Paul Philipp è stato ct del Lussemburgo dal 1985 al 2001. Attuale presidente della federcalcio del suo paese ed ex calciatore, come commissario tecnico è ricordato per le sue tre vittorie in vista delle qualificazioni agli Europei del 1996.

Walter Winterbottom è stato ct dell’Inghilterra dal 1946 al 1962. Per un totale di 4 mondiali consecutivi era lui alla guida della nazionale inglese.

In questa speciale classifica che ricorda figure di rilievo nel calcio mondiale degli anni passati, c’è anche un allenatore ancora a capo della nazionale, che, alla luce del nuovo contratto, si ritroverebbe in quinta posizione per longevità. Si tratta di Joachim Löw, ct della Germania, che guida la squadra del suo paese verso la conquista della coppa del mondo dal 2006.

Da ben 12 anni è lui il volto guida della nazionale tedesca e sarà sempre lui a guidarla anche negli imminenti Mondiali di calcio in Russia. Infatti, il suo contratto è stato rinnovato fino al 2022: questo lo farebbe entrare di diritto nella classifica dei ct più longevi nella storia dei mondiali, all’interno della top five.

Tra gli allenatori più longevi ancora alla guida di una nazionale al momento si trova allo stesso livello di Oscar Tabarez, che guida la nazionale dell’Uruguay.

Se Low, senza intoppi, continuerà a guidare la Germania fino alla data prevista, per lui sarebbe un gran salto di qualità che gli permetterebbe di superare non solo Tabarez, ma anche allenatori come Olsen (Danimarca), Giampaolo Mazza (San Marino) e Bob Glendinning (Olanda), i quali hanno guidato le loro squadre per ben 15 anni.

Un bel risultato per un allenatore che ha cominciato come calciatore, per poi proseguire la sua carriera calcistica diventando commissario tecnico e portando al successo la sua squadra nei Mondiali del 2014.

 

Un’escalation di successi che oggi lo trovano sempre lì, sulla panchina tedesca, a spronare i suoi ragazzi a dare il massimo e guidare i campioni in carica nella nuova competizione mondiale che prenderà il via il 14 giugno in Russia.

La partita di Champions League tra Real Madrid e Juventus, che ha deciso all’ultimo minuto il passaggio della squadra di Ronaldo, ha sicuramente lasciato il segno. E tra polemiche, accuse e recriminazioni arrivano anche i commenti da altri rappresentanti del mondo calcistico, soprattutto nei confronti di Gigi Buffon. 

Senza entrare nel merito dell’episodio che poi ha deciso la sua espulsione, l’ex portiere del Bayern Monaco e della nazionale tedesca, Oliver Kahn, esprime la sua opinione in un’intervista realizzata da Sport Bild. Le sue sono parole piuttosto dure nei confronti del portiere italiano, che per Kahn ha già fatto la sua storia. È giunto ora il momento di mettersi da parte e risparmiarsi così altre amare delusioni.

Ecco cosa dice:

Non è facile capire quando smettere. Se si fosse ritirato prima si sarebbe risparmiato l’eliminazione con la Svezia e quest’ultima delusione col Real Madrid, ma è spinto dalla voglia di raggiungere sempre nuovi record e dal sogno di vincere la Champions League

Dall’alto della sua esperienza personale, il portiere tedesco si sente di dare un consiglio al collega:

Avrei potuto giocare altri 2-3 anni, ma per cosa? Anche Lahm è stato perfetto nella decisione. Se non riesci a individuare il momento giusto per fermarti il distacco poi fa davvero male. Io suggerirei a Buffon di smettere, è stato campione del mondo, è stato il portiere più forte del mondo, questo conta, non il cartellino rosso col Real o il fatto che non abbia vinto la Champions

La decisione di ritirarsi, per Kahn è stata del tutto graduale, proprio per abituarsi lentamente all’idea di non giocare più. Infatti, all’inizio ha lasciato la nazionale tedesca nel 2006 e solo due anni dopo ha ufficializzato il suo ritiro dal mondo del calcio.

Buffon dovrebbe seguire la sua strada?

Il nostro Gigi ha dimostrato di essere ancora un grande portiere: di certo nemmeno Kahn può obiettare questo dato di fatto. Ma che sia giunto per lui il momento di lasciarsi tutto alle spalle è una decisione talmente importante che spetta solo al diretto interessato. Chi può dire quando deve smettere?  Di sicuro non sarà né un’esclusione ai Mondiali, né un’amara delusione in Champions e nemmeno un cartellino rosso.

Una cosa è certa: fino a quando scenderà in campo continuerà a dare il massimo come ha sempre fatto, con la stessa passione e la stessa grinta di chi non molla mai.

Gioie e dolori di una carriera brillante: ecco cosa emerge quando si leggono le parole pronunciate direttamente dal calciatore Per Mertesacker, che racconta un retroscena della sua vita legata al suo ruolo di giocatore.

Forse nessuno si aspettava di sentirgli dire che il calcio è un peso. Lui, che vanta alle spalle un curriculum degno di nota, sia come attuale difensore dell’Arsenal che come uomo di punta della nazionale tedesca con le sue 104 presenze, per tutti era felice. Nel 2014 è stato anche uno dei protagonisti della grande vittoria tedesca che ha portato al titolo di Campione del mondo la sua squadra e il suo paese per la quarta volta.

 

A testimonianza di come l’apparenza molto spesso inganna, oggi si scopre che Mertesacker è sollevato di essere prossimo al ritiro, previsto a fine stagione.

Ecco come lui stesso ha spiegato a Spiegel cosa lo ha portato a fare queste amare considerazioni:

Noi veniamo valutati solo per le nostre prestazioni, non si gioca per divertirsi ma bisogna rendere sempre al meglio senza giustificazioni. Questo è l’ultimo anno in cui giocherò, non ce la faccio veramente più. Preferisco stare in panchina o meglio ancora in tribuna. Ma tra qualche mese sarò libero

Il malessere che racconta il calciatore tedesco non è solo mentale ma anche fisico e si traduce in disturbi più o meno gravi che si presentano poco prima di scendere in campo, creando non poco disagio:

Nei momenti che precedono la partita il mio stomaco gira come se dovessi vomitare. Devo soffocare questa sensazione così violentemente che poi iniziano a lacrimarmi gli occhi. Ormai so come devo fare, è come se simbolicamente vomitassi tutto quello che viene dopo il fischio d’inizio. Gli infortuni spesso sono mentali, ti fai male perché non ce la fai più 

Questo sfogo che ha visto protagonista Mertesacker getta un’ombra anche nel Mondiale 2006, dove la sua squadra, la Germania, è stata eliminata in semifinale proprio dall’Italia. Un duro colpo per il giocatore? Niente affatto, anzi pare proprio che questa eliminazione sia stata solo un sollievo per abbattere la pressione intorno all’evento, che per lui era diventata insopportabile:

Quando, nel 2006, abbiamo perso contro l’Italia ero dispiaciuto, ovviamente, ma anche sollevato. Pensavo soltanto ‘è tutto finito’

La storia di Per Mersacker non è un caso isolato. Altri calciatori si ritrovano a vivere il suo stesso dramma, spesso in silenzio, e continuano a giocare cercando di combattere quel malessere che rischia anche di pregiudicare le loro performances in campo.

Ecco perché Mersacker ha deciso di condividerlo col mondo e perché ha deciso che dopo il suo ritiro aiuterà i giovani dell’Accademia dell’Arsenal a vivere meglio la carriera calcistica, dedicandosi anche ad altro e non lasciando che quest’attività assorba interamente corpo e mente. Imparare a gestire lo stress diventa fondamentale e non tutti ne sono capaci, come dimostra la sua stessa testimonianza

Non devono puntare tutto sul calcio, non devono trascurare la scuola. Solo una piccola percentuale ce la fa