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È stata la più grande squadra di basket della storia.

Chi ha avuto modo di ammirarli tutti insieme alle Olimpiadi di Barcellona 1992, deve ritenersi fortunato.

12 cestisti, 12 fuoriclasse, 12 campioni del torneo cestistico più importante del mondo. Un vero e proprio Dream Team.

Questa magnifica squadra ha avuto come protagonisti fuoriclasse come Michael Jordan, Magic Johnson, Larry Bird e tanti altri.

E se il coach americano Chuck Daly lo definì un gruppo in cui “era come se avessero messo insieme Elvis e i Beatles”, beh non aveva tutti i torti.

Tra i leader (da mettere in evidenza dato il grande valore del team) di quella squadra da sogno c’era, tra gli altri, Michael Jordan il quale, ancor prima di partire per la Catalogna avanzò una sola richiesta al comitato olimpico americano:

O me, o Isiah Thomas!

Non proprio una pretesa leggera quella di MJ, che però fu accolta. E così il possibile MVP delle Finals 1992, presenza fissa agli All Star Game e timoniere di quei Detroit Pistons bicampioni del mondo a cavallo tra 1989 e 1990, fu lasciato a casa.

La squadra stellare fu scelta dopo il doppio flop: alle Olimpiadi di Seul 1988 e al Mondiale 1990 in Argentina, ed è per questo che l’Usa Basketball fu indotta a optare per le carte migliori.

Quell’Olimpiade fu vinta a mani basse dagli Stati Uniti che in ogni match asfaltava i propri avversari, d’altronde quando hai 12 campioni in squadra era difficile pensare diversamente. In tutti gli scontri vinti, gli Usa schiacciarono i propri avversari con punteggi quasi umilianti.

Persino la Croazia del fuoriclasse dei Nets di Drazen Petrovic, si dovette arrendere alla potenza del Dream Team.

Lo spogliatoio americano era sempre ben caldo e, se il coach Daly era riuscito a metterli insieme, le divergenze sportive dell’Nba si sentivano eccome.

L’avventura vincente di Barcellona segnò anche un’altra importantissima tappa di quel gruppo. Il 22 luglio 1992, nel ritiro di Montecarlo fu disputate la partita più grande della storia del basket. I ragazzi di quel Dream Team si sfidarono in un match a porte chiuse, che andava ben oltre un’amichevole interna. Era un match sentitissimo che ha segnato il basket in quegli anni e in quelli futuri.

La partita fu voluta da un preoccupato Chuck Daly per il clima eccessivamente rilassato in cui vivevano i suoi campioni, in vista proprio dei Giochi Olimpici. John Stockton e Clyde Drexler, infortunati, rimasero in infermeria.

Due gruppi divisi:

Il team Magic Johnson in maglia blu con: Christian Laettner, Charles Barkley, David Robinson, Chris Mullin, Magic Johnson

Il team Michael Jordan in maglia bianca con: Larry Bird, Karl Malone, Patrick Ewing, Scottie Pippen, Michael Jordan

Date tutto quello che avete. Ora, e tutto!

Le parole del coach Daly. Ma loro non avevano bisogno di essere caricati, quella partita la sentivano più delle altre.

Il match fu rigorosamente a porte chiuse tra Magic e Jordan: le gerarchie consolidate dell’Nba contro il Campionissimo reduce dal primo back-to-back.

Ad arbitrare un signore italiano di cui non si ricorda nessuno il nome. Un match in cui se ne diedero di santa ragione e dove i media riuscirono ad entrare solo per l’ultima parte dell’allenamento.

I dirigenti di USA Basketball cacciarono addirittura i responsabili delle pubbliche relazioni dell’Nba e i tecnici video Nba Show. Un unico cameraman, Pete Skorich, che era l’uomo di fiducia ai Pistons per Chuck Daly, ebbe la possibilità di registrare l’evento. Fu un universo chiuso, un piccolo mondo segreto in cui dieci dei migliori giocatori di basket al mondo in cui ne sono viste di cotte e di crude.