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Lo sapevano un po’ tutti, ma mancava la schiacciata che confermasse gli spifferi dei corridoi. Dirk Nowitzki si ritira, dopo 21 anni dalla stessa parte il centro tedesco lascia Dallas e la pallacanestro alla soglia dei 41 anni. L’annuncio è arrivato nella notte, dopo il match vinto 120-109 contro Phoenix e alla vigilia dell’ultima gara, quella contro San Antonio Spurs. E dire che nell’ultima gara in casa all’American Airlines Center Wunder Dirk è andato a segno 31 volte, con 10 punti nei primi tre minuti. Ma le precarie condizioni fisiche gli hanno consigliato di dire basta, non senza le emozioni classiche dell’addio.

Sto provando a respirare come mi hanno insegnato a yoga ma non sembra funzionare. Per me è stato un anno davvero duro, soprattutto fisicamente. Voglio ringraziare i miei compagni per essermi stati vicini. Ne ho avuti circa 200 lungo la mia carriera e sono stati tutti grandiosi. È stata una lunga e magnifica corsa

Stella tra le stelle

Ad ascoltarlo, sul parquet della sua Dallas, c’erano le leggende della Nba come Larry Bird, Charles Barkley, Scottie Pippen e Shawn Kemp. Protagonisti del basket americano che lo stesso Dirk ha contribuito a rendere ancora più grande. Sesto miglior marcatore di sempre (scalzando nientemeno che Wilt Chamberlain), MVP della regular season nel 2007 e delle finali nel 2001. Quattordici convocazioni nell’All Star Game e il tanto agognato anello nel 2011.

A fine match con Phoenix Nowitzki ha imbracciato il microfono e ha annunciato l’addio. Parole al miele per gli avversari, per quello stesso Dwyane Wade che ha annunciato anch’egli il ritiro nella notte. “One more year” hanno intonato gli spettatori dell’impianto di Dallas, per 21 anni il nido d’amore della storia tra Dirk e i Mavericks. Da tre anni e mezzo aveva già appeso al chiodo la canotta della Nazionale, dopo 16 anni tra il 1999 e il 2015.

Questa è ovviamente una serata molto emozionante per me, ho davvero troppe persone da ringraziare. Abbiamo fatto una cavalcata incredibile, nonostante tutti gli alti e bassi, con voi tifosi che siete sempre stati al mio fianco. Il vostro supporto è stata la cosa che ho più apprezzato in questi 21 anni.

L’annuncio del ritiro e una lunga degenza sono le ultime cose che ricordiamo della tennista Marion Bartoli, che ha appeso la racchetta al chiodo circa 4 anni fa. Un annuncio che ha scosso il mondo tennistico, anche perché dato subito dopo la sua vittoria a Wimbledon.

Alla base della drastica decisione c’era un problema di natura fisica, di cui ancora non si sa molto. Ciò che è certo è che ha debilitato moltissimo la Bartoli, facendole perdere circa 30 kg. Probabilmente si è trattato di un virus che l’ha condotta anche al ricovero in ospedale e ha segnato per lei l’inizio di un vero calvario.

Adesso, però, arriva la bella notizia che la tennista si è ripresa e ha una gran voglia di tornare in campo e vincere ancora una volta. L’annuncio inaspettato arriva proprio da lei, che confessa che però avrebbe voluto allenarsi in silenzio ancora un po’ prima di far sapere a tutti le sue intenzioni:

Ho cercato di mantenere il segreto il più a lungo possibile ma ora è inevitabile confessarlo al mondo

E torna con ben tre obiettivi piuttosto ambiziosi, che si propone di realizzare a partire dalla data del suo rientro, fissata per marzo 2018.

Ho tre obiettivi: vincere la Fed Cup, gareggiare alle Olimpiadi di Tokyo e vincere di nuovo un torneo dello Slam.
Ho già dimostrato di poter vincere, non è che debba rifarmi completamente una carriera. Torno per finire quello che non ho potuto finire nel 2013

Dopo essere stata vicina alla morte, la grinta e la forza di volontà sono diventate le sue migliori alleate e, certa di essersi ristabilita, Marion Bartoli non intende rinunciare alla sua carriera, stroncata per anni in modo del tutto inaspettato anche per lei.

È vero, infatti, che la sua carriera è stata interrotta sul più bello, dopo aver vinto ben 8 titoli. Adesso che sta meglio non intende quindi rinunciare a continuare il suo percorso che riprenderà dal torneo di Miami in programma per la primavera dell’anno prossimo.

Il mondo del tennis di certo festeggia il ritorno di una grande campionessa e la aspetta in campo per regalarci ancora tante altre emozioni.

Dopo l’addio di Andrea Pirlo al New York City e al calcio giocato, un altro Italians trapiantato negli Stati Uniti ha deciso di chiudere il capitolo professionale che lo legava a un club americano.

Stiamo parlando dell’allenatore, Alessandro Nesta, che ha appunto annunciato di lasciare il Miami Football Club, club che lo ha lanciato come allenatore. Nesta è già pronto per rilanciarsi in altre sfide.

Il grande ex difensore, campione del Mondo 2006, ha deciso dunque di imbattersi in nuove avventure calcistiche un po’ com’è stato da calciatore con il sorprendente passaggio dalla Lazio al Milan.

La decisione di lasciare il timone del Miami Fc è maturata dopo la dolente sconfitta nei playoff di Nasl (la Serie B americana) contro il New York Cosmos. Fatale è stato l’errore dal dischetto di Trafford. L’amarezza per mister Nesta è stata difficile da mandar giù anche perché la sua squadra ha dominato in tutta la stagione (tanto da alzare i trofei di Spring e Fall season).

In un post sui suoi canali social ha voluto ringraziare la società, i calciatori e soprattutto i tifosi che hanno sempre supportato la squadra.

L’avventura americana per Sandro Nesta è iniziata prima da calciatore nel 2012, quando accettò la proposta di giocare a Montreal in Canada per il campionato di Major League Soccer.

Dopo aver appeso gli scarpini al chiodo è il suo vecchio compagno di squadra al Milan e in Nazionale, Paolo Maldini, che gli da l’incarico nel 2015 di guidare la squadra statunitense, in quanto è uno dei proprietari del club.

La prima stagione si chiude con un settimo posto, la seconda vede la squadra protagonista che però cede proprio sul più bello, contro quella che fu la squadra di Pelè e di un altro storico Italians, Giorgio Chinaglia.

Ora per l’ex difensore azzurro attende una nuova chiamata per rimettersi in gioco e provare a dimostrare che solo la sfortuna non gli ha dato la possibilità di guidare alla vittoria finale la sua squadra.
Chissà che qualche club europeo non ci faccia un pensiero?

Dario Sette