Tag

messico 1986

Browsing

Era il 5 giugno 1986, una calda estate  messicana del Mondiale in cui vide il trionfo di Diego Armando Maradona con la nazionale dell’Argentina.

Proprio una delle vittime del Pibe de Oro fu l’Italia di Bearzot che contro gli azzurri realizzò la rete che permise l’Albiceleste di pareggiare il gol di Altobelli su rigore.

Il gol fu definito da Luca di Montezemolo «fesso». In effetti, allo stadio messicano Cuauhtémoc di Puebla, molte colpe furono attribuite al portiere Giovanni Galli.

Il numero uno azzurro restò come un gatto di sale sul tocco del numero 10 e capitano argentino. Galli rimase inspiegabilmente immobile; anzi, un piccolo movimento il portiere pisani l’accennò verso la palla, ma parve quasi ritirare la mano.

Nello specifico Maradona riuscì a curvare il sinistro, bruciando Gaetano Scirea sullo scatto.

Un tocco da biliardo e palla nell’angolo per l’1-1 che facilitò il passaggio del turno dei sudamericani.

Per quel gesto così strano, si parlò addirittura di “tacito accordo”.

Anche il grande Gigi Rivera caricò molto le parole

Si è fermato a metà strada: non ha neanche allungato il braccio. L’ Italia ha rinunciato troppo, si è impegnata solo nelle marcature di Maradona e delle due punte. Non ha saputo sfruttare il vantaggio!

Il povero Galli, incerto fin dall’inizio della rassegna continentale, quando tornava negli spogliatoi, nervoso, chiedeva subito ai compagni: “come sono andato?”.

E’ ipnotica, invitante e soprattutto divertente. L’effetto ottico, poi, in uno stadio gremito, leva il respiro per il suo andamento ritmico e sinuoso che coinvolge chi ti sta accanto. Una  marea umana che si incunea nelle tribune, passa per le curve e rientra prima di svanire. Diffusa, oggigiorno, nelle manifestazioni sportive internazionali (dalle amichevoli di calcio alle Olimpiadi, passando per i Mondiali), la “Ola” è  una coreografia entrata a far parte di una tradizione ormai acquisita del culto sportivo. Però, c’è da chiedersi: chi l’ha inventata?

In molti, nel corso degli anni, si sono scervellati alla ricerca di una fonte attendibile dell’atto primordiale della genesi. Mitologie, racconti, testimonianze, ovviamente si mescolano rendendo il tutto estremamente torbido. Eppure, qualche anno fa, il quotidiano inglese The Guardian aveva chiesto ai suoi lettori di approfondire la materia, proponendo alcune date e accogliendo nuovi riferimenti.
Alcune risposte sono state esilaranti: un lettore ha sostenuto di esser stato il primo a farla, da solo, nel suo soggiorno nel 1954, mentre un altro ha giurato di averlo visto fare nel 1945, da quattro persone in una partita di softball giovanile in Canada. Poi c’è stato lo storico che ha detto: «Sono stati i nativi americani nelle grandi pianure durante la caccia che, in fila, alzavano le braccia ondulandole per disorientare il bisonte e portarlo in una certa direzione, in una trappola o su una scogliera». Dicono di averla vista anche in una corrida in Spagna nel 1930.

Com’è intuibile i casi di “avvistamento” sono più numerosi di quelli sugli Ufo. E il nome, di certo, non aiuta: “Ola”, infatti, è la versione spagnola di “onda”; nei paesi anglofoni è chiamata “Mexican wave” perché è diventata popolarissima, diramata in tutto il globo, grazie alle riprese televisive del Mondiale del 1986 in Messico vinti dall’Argentina di Maradona.
Ma l’onda ha un origine ancor più anteriore. Di cinque anni. La Ola, infatti, è nata come “The Wave” a Oakland, in California, negli Stati Uniti, il 15 ottobre 1981. Durante il match di baseball tra Oakland A’s e New York Yankees, circa 48.000 spettatori ondeggiarono simultaneamente, capitanati da Krazy George Henderson, un cheerleader professionista che può, dunque, considerarsi il genitore della coreografia.

Krazy George, padre della “Ola”

Ovviamente, come tutte le cose belle, anche l’Ola è nata fortuitamente: Henderson, infatti, afferma che  è nata per un ritardo di sincronia durante una partita di hockey al Northlands Coliseum di Edmonton, in Canada. La sua idea originale era quella di far alzare e far applaudire gli spettatore di un lato dell’arena con successiva risposta di quelli seduti sul lato sopporto.
Ma quella sera una sezione adiacente, sempre sullo stesso lato, ritardava di qualche secondo a saltare in piedi, così, incantati dal movimento, anche gli altri hanno iniziato a rispondere in ritardo. La partita di baseball del 1981, giocata all’Oakland Alameda Coliseum, fu l’occasione perfetta, visto la grande affluenza di pubblico, per sperimentare ufficialmente l’Ola. Ci furono alcune false partenze, tre o quattro, ma alla fine la folla capì l’idea di Krazy Henderson.

Tra le varie curiosità esiste un sito internet, StoptheWave.net, che organizza campagne contro questa coreografia perché, secondo alcuni fan, distrae il pubblico che perde l’adrenalina per l’incontro o anche perché spesso è fatto al momento sbagliato.
In occasione delle Olimpiadi di Pechino del 2009, la Ola divenne oggetto di studio: circa 300 persone furono incaricate di studiare nei dettagli la tecnica per replicarlo durante la manifestazione e trasformare, così, lo sport in una grande festa.