Ci sono due medaglie d’oro che si passano 16 anni di distanza, ma uno stesso scenario: la Francia. E il medesimo avversario in finale: la Spagna.
C’è il basket italiano sul tetto d’Europa nel 1983 a Nantes e nel 1999 a Parigi. Secolo scorso, millennio passato.
Nantes 1983
Nel Girone B, per esempio, URSS e Germania Ovest si scontravano sul parquet, ma le scintille andavano oltre il palazzetto. E poi c’era il girone A con Italia, Spagna, Francia, Jugoslavia, Grecia e Svezia. Passavano solo le prime due.
Eppure l’impresa di 34 anni fa (perché di impresa si parla) confermò la forza di un gruppo che aveva vinto a Mosca, l’anno prima, l’argento alle Olimpiadi. Un’Olimpiade monca per il boicottaggio statunitense. L’Europeo del 1983 fu un autentico atto di forza e di sovversione: cinque partite su cinque vinte nel girone, poi giù con l’Olanda sbolognata in semifinale e poi Spagna in finale. Era il 4 giugno 1983 e la vittoria per 105 a 96 chiuse il cerchio magico aperto proprio contro gli spagnoli, nella prima gara di Limoges.
Lì il primo segno di un percorso che sarebbe diventato fantastico: il canestro sul “ferro e dentro” di Pierluigi Marzorati e vittoria allo scadere di misura. E poi il bacio al pallone di Charlie Caglieris al suono della sirena nella finale contro la Spagna. In mezzo una scazzottata nera contro la Jugoslavia, con tanto di paio di forbici branditi Goran Grbovic.
Quella vittoria della pallacanestro italiana guidata da coach Sandro Gamba e dal magistrale Dino Meneghin è una delle pagine più belle della nostra storia sportiva. Questi gli uomini d’oro di Nantes, oltre a SuperDino: Marco Bonamico, Roberto Brunamonti, Carlo Caglieris, Ario Costa, Enrico Gilardi, Pierluigi Marzorati, Antonello Riva, Romeo Sacchetti, Renzo Vecchiato, Renato Villalta e Alberto Tonut.
Una convocazione, quella di Tonut, che oggi fa sorridere: rimasto fuori dalla lista dei convocati, passò una giornata a mare con amici e con la ragazzi. Aveva solo 21 anni anni. Tornato a casa, la madre disse di aver ricevuto la chiamata di convocazione in Nazionale e lui ovviamente lo prese come uno scherzo. No, era tutto vero.
PARIGI 1999
Chi crebbe a pane e miti come Meneghin e Caglieris fu la generazione d’oro del 1999, quella fatta di grandi nomi, ma anche di spalle solide che sapevano giocare di squadra, nonostante le individualità di spicco. Se nel 1983 non figurava nessun italiano nel quintetto tipo di quell’Europeo, nell’edizione di fine secolo c’erano Gregor Fucka (anche MVP del torneo), Carlton Myers e Andrea Meneghin.
Sotto canestro Roberto Chiacig e Denis Marconato trasmettevano sicurezza, dietro c’era la fantasia e lo spirito vincente di Alessandro Abbio, Gianluca Basile e Davide Bonora. Jack Galanda poteva essere decisivo anche ad altissimo livello. Sandro De Pol, Michele Mian e Marcelo Damiao erano lì pronti a dare l’anima.
E l’allenatore? Bogdan Tanjević, infinita conoscenza del basket e di come si gestisce un gruppo, uno che ha lasciato a casa Gianmarco Pozzecco. L’Italia passò il girone come seconda dietro la Turchia, poi una lunga cavalcata verso la finale fatta di deja vu: battuta la Russia ai quarti, ecco nuovamente la Jugoslavia, superata questa volta senza rissa. E poi la Spagna ancora a sbarrare la strada nella finale. Il risultato sorride nuovamente agli azzurri: 64 a 56 con 18 punti infilati da Myers.
Da un Meneghin a un altro. Amici veri: ecco la ricetta per essere sul trono d’Europa e ancora oggi nei cuori non più giovani dei tifosi.