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Una disputa durata molti anni finalmente ieri ha trovato la sua conclusione. Oggetto delle critiche sin dalla sua nascita è il simbolo dei Clevelands Indians, detto Chief Wahoo, che ha sempre rappresentato la squadra di baseball nei cappellini, nelle divise e nei gadget.

Il logo, che raffigura la caricatura di un indiano, è stato però contestato sin dall’inizio da parte dei nativi americani che lo definiscono razzista e decisamente offensivo per la stirpe pellerossa. E così nel corso degli anni si sono susseguite polemiche e proteste, anche al di fuori dagli stadi.

Di recente si è diffusa una maggiore sensibilizzazione al problema e, dopo diversi incontri, pare sia stato raggiunto un accordo che prevede l’eliminazione ufficiale da tutte le divise a partire dal 2019. La decisione è stata presa di comune accordo tra la Major League Baseball e i Cleveland Indians, seguita da una nota divulgata dal commissioner della Mbl Rob Manfred:

La Mbl è impegnata a costruire una cultura della diversità e dell’inclusione nel gioco. Nell’ultimo anno, abbiamo accentuato il dialogo con l’organizzazione degli Indians sull’uso del logo Capo Wahoo. Nel corso dei nostri colloqui, Dolan ha chiarito che ci sono molti tifosi di lunga data fidelizzati al logo ma ha convenuto con la mia posizione secondo cui quel logo non è più appropriato sui campi della Mbl

Questa è la tanto attesa conclusione di una vicenda che si porta avanti dal 1952, data in cui si è ufficializzato il nome di Chief Wahoo e si è realizzata anche una mascotte fisica per il suo personaggio. Da allora l’immagine dell’indiano simbolo della squadra si è modificata, cambiando anche colori e forma, ma ha mantenuto le fattezze del pellerossa spiritoso coi denti grossi evidenziati da un sorriso beffardo.

Forse non tutti sanno che il logo ha preso spunto da un fumetto degli anni trenta e non c’era affatto l’intenzione da parte della Mbl di offendere gli indiani e la loro stirpe. Ma l’immagine un po’ buffa di questo pellerossa non è stata accettata dai diretti interessati che hanno quindi cominciato le polemiche che sono continuate sino ai giorni nostri.

Dal 2019, quindi, i tifosi dovranno affezionarsi ad un altro logo e dimenticarsi per sempre di Chief Wahoo, con la consapevolezza però che è stato fatto un grosso passo in avanti contro il razzismo e a favore del dialogo e del rispetto fra culture diverse.

Non è passato nemmeno un mese da quando è scoppiato il contrasto aperto tra il presidente americano Donald Trump e i membri di alcuni sport, a causa delle discordanze legate all’inno nazionale.

Tutto è nato quando per difendere delle minoranze etniche i giocatori del basket con l’Nba, del football con la Nfl e del baseball con la Mlb hanno deciso di inginocchiarsi durante l’inno. Uno dei primi a schierarsi era stato un ex giocatore, Colin Kaepernick, ed era appoggiato completamente anche da Roger Goodell, il commissario della Nfl.

Anzi, dalle sue stesse parole si leggeva una nota di rimprovero nei confronti del presidente d’America che tendeva a creare divisioni all’interno dello sport.

Infatti, durissima è stata la reazione del presidente contro queste manifestazioni sovversive che lui stesso ha giudicato irrispettose verso il paese. Le sue parole sono state molto chiare e decise e addirittura è arrivato ad invitare gli allenatori a licenziare i dissidenti.

Una polemica che ha assunto contorni sempre più sgradevoli con botta e risposta tra le autorità americane e alcuni team sportivi, coinvolgendo intere squadre, pronte ad inginocchiarsi ad ogni inizio partita.

Ad oggi cos’è cambiato? La Nfl ha ritrattato la sua posizione a favore dei giocatori che protestavano e ha iniziato ad appoggiare Trump.

Ecco le dichiarazioni di Goodell:

Come molti dei nostri fan, crediamo che tutti dovrebbero stare in piedi per l’inno nazionale. È un momento importante delle nostre partite – Vogliamo onorare la nostra bandiera e il nostro Paese, e i nostri tifosi se lo aspettano da noi

La notizia fa subito scalpore. Nessuno si aspettava questo cambio di rotta repentino, che, invece, è stato accolto da Trump con grande soddisfazione.

Probabilmente il commissario della Nfl ha deciso di sedare le polemiche che stavano diventando sempre più forti raggiungendo il culmine qualche giorno fa, quando il vicepresidente Mike Pence ha deciso di non rimanere nel campo di Indianapolis a causa del comportamento di molti giocatori che ancora una volta si sono messi in ginocchio mentre veniva suonato l’inno nazionale.

Sulla stessa scia, anche Jarry Jones, il proprietario del Dallas, ha minacciato la sua squadra di non fare giocare chi decideva di protestare in quel modo mancando di rispetto all’intera nazione di appartenenza. Comportamento alquanto strano visto che proprio qualche settimana fa era il primo ad inginocchiarsi in mezzo agli altri!

Sembra, quindi, che la questione stia finalmente trovando una soluzione che sicuramente non accontenta tutti ma fa felice il presidente Trump, che si è rasserenato e ha espresso i suoi elogi verso chi lo sta finalmente appoggiando in questo frangente:

Un grande plauso a Jerry Jones, proprietario dei Dallas Cowboys, che metterà in panchina chi non rispetta la nostra bandiera. In piedi all’inno o seduti in partita!

Anche stavolta Trump riesce ad assoggettare al suo volere anche chi, per amore dello sport o per paura di ritorsioni, si era messo contro di lui. Resta il fatto che nonostante sia in parte stato assecondato in questa questione dell’inno nazionale, in molti continuano a pensare che sia comunque giusto far sentire la propria voce contro le ingiustizie, in un modo o nell’altro.