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I precedenti sono quelli che sono e va bene così. Manuel Neuer è stato molto vicino a rompere l’egemonia Messi – Cristiano Ronaldo nella rincorsa al Pallone d’Oro. Ed è stato, beffardamente, osannato nel 2014, dopo il Mondiale vinto. Tutti a incensare le gesta del tedesco, su Facebook a pubblicare i video delle sue parate, delle sue mirabolanti uscite.

Endorsement vari, uno ai tempi proveniente addirittura dall’Argentina e portava la firma di Diego Armando Maradona. Ma poi come va a finire? Esattamente come quando tutti criticano pubblicamente il signor B. e alla fine il suo partito vince(va) sempre le elezioni. E poi “Manuanoja” è arrivato terzo, nel 2014, e nemmeno secondo. Dietro Messi. E ti pareva anche questo.

Strano ruolo, quello del portiere. E così chapeau per Lev Jašin (ma voi chiamatelo Yashin) primo ed ultimo estremo difensore a vincere questo riconoscimento. Era il 1963, il trofeo non aveva neppure dieci anni, diciamo che eravamo tutti più innocenti e sbarbatelli.
Così, Manuel non ti resta che tenere a mente queste parole dello scrittore Eduardo Galeano nel libro “Splendori e miserie del gioco del calcio”: ricordati, la maledizione ti perseguiterà fino alla fine dei tuoi giorni. Hai scelto di essere un portiere e, in quanto tale, sei uno sfigato. Con affetto.

Lo chiamano anche portiere, numero uno, estremo difensore, guardapali, ma potrebbero benissimo chiamarlo martire, paganini (nella zona rioplatense indica scherzosamente chi paga il conto), penitente, pagliaccio da circo. Dicono che dove passa lui non cresce l’erba. E’ un solitario. Condannato a guardare la partita da lontano. Senza muoversi dalla porta attende in solitudine, fra i tre pali, la sua fucilazione. Prima vestiva di nero come l’arbitro. Ora l’arbitro non è più mascherato da corvo e il portiere consola la sua solitudine con la fantasia dei colori. Lui i gol non li segna. Sta lì per impedire che vengano fatti. Il gol, festa del calcio: il goleador crea l’allegria e il portiere, guastafeste, la disfa. Porta sulle spalle il numero uno. Primo nel guadagnare? No, primo a pagare. Il portiere ha sempre la colpa. E se non ce l’ha paga lo stesso. Quando un giocatore qualsiasi commette un fallo da rigore, il castigato è lui: lo lasciano lì, abbandonato davanti al suo carnefice, nell’immensità della porta vuota. E quando la squadra ha una giornata negativa, è lui che paga il conto sotto una grandinata di palloni, espiando peccati altrui. Gli altri giocatori possono sbagliarsi di brutto una volta o anche di più, ma si riscattano con una finta spettacolare, un passaggio magistrale, un tiro a colpo sicuro: lui no. La folla non perdona il portiere. E’ uscito a vuoto? Ha fatto una papera? Gli è sfuggito il pallone? Le mani di acciaio sono diventate di seta? Con una sola papera il portiere rovina una partita o perde un campionato, e allora il pubblico dimentica immediatamente tutte le prodezze e lo condanna alla disgrazia eterna. La maledizione lo perseguiterà fino alla fine dei suoi giorni

Ps. il Mondiale – in attesa del prossimo in Russia – Neuer l’ha vinto. Messi (ancora) no.