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Una carriera da allenatore lunga 30 anni, costellata di successi in squadre fortissime che hanno segnato un’epoca.

Louis Van Gaal, il mister olandese che ha vinto tutto sulla panchina di Ajax, Barcellona e Bayern Monaco, ha deciso di dire addio al calcio.
Ora, all’età di 67 anni, abbandona il pallone per stare vicino alla moglie Truus, che oltre 20 anni fa ha lasciato il suo di lavoro per stargli accanto.
A dir la verità Van Gaal aveva promesso che si sarebbe ritirato all’età di 55 anni, ha atteso dodici anni in più anche se l’ultima esperienza risale al 2016 con il biennio negativo al Manchester United.

I trionfi dell’ex ct Orange sono stati tantissimi in giro per l’Europa, così come sono stati tantissimi i campioni che ha allenato e che ha lanciato.

Legato a quelle che sono stati i calciatori che poi sono diventati dei fuoriclasse a livello internazionale, l’importante sito sportivo transfermarkt.com ha messo in campo una formazione fatta di talenti fatti esordire dal tecnico di Amsterdam.

Uno schema di gioco poco utilizzato: il 3-2-3-2 che però raggruppa quei giovanissimi che poi sono diventati veterani e stelle.

IN PORTA

Tra i pali c’è l’ex canterano del Barcellona Victor Valdes, fatto esordire all’età di 20 anni nei preliminari di Champions League il 14 agosto 2002 contro i polacchi del Legia Varsarvia. Da quell’esordio sono ha poi trascorso tanti anni a difendere i colori azulgrana, anni arricchiti da tantissimi trionfi.

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Victor Valdes in una delle prime partite ufficiali con il Barça
DIFESA

Retroguardia guidata da Charles Puyol, Holger Badstuber e David Alaba.
Uno dei capitani più famosi della storia del Barcellona è stato proprio lanciato dal tecnico olandese all’età di 21 anni nel terzo turno di Coppa del Re 15 dicembre 1999 contro la Polideportivo Almeria. Dopo quel giorno è diventato il simbolo della squadra catalana per 15 anni.
Gli altri due difensori sono stati fatti esordire durante l’esperienza al Bayern Monaco. Il tedesco Badstuber, seppur falcidiato da tantissimi infortuni, è stato notato da Van Gaal e fatto giocare nei bavaresi all’età di 20 anni.
È andata ancora meglio all’austriaco Alaba che ha giocato il primo match ancora da minorenne, all’età di 17 anni contro il Greuther Fürth nei quarti di finale di Coppa di Germania il 10 febbraio 2010.

CENTROCAMPO

Al centro la tecnica e la grinta di due fuoriclasse degli ultimi 20 anni di calcio: Edgar Davids e Xavi. Entrambi a 18 anni hanno debuttato uno nell’Ajax e l’altro nel Barça (dove è restato per 20 anni, tra canter e prima squadra).

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Edgar Davids con la maglia dell’Ajax

Il Pitbull è stato il perno del centrocampo dei Lancieri e della Juventus. Ha fatto il suo esordio con gli olandesi nella gara di ritorno del primo turno di Coppa Uefa nel 1991, contro gli svedesi dell’Orebro.
Il regista catalano ha avuto il suo exploit già alla prima da in Supercoppa di Spagna contro il Maiorca, grazie alla rete che ha sbloccato il match, poi vinto per 2-1.

La fase offensiva è stata affidata al genio Iniesta, all’intelligenza di Seedorf e alla grinta di Lingaard.
Don Andrés ha esordito in prima squadra a 18 anni per poi non lasciare il campo per i restanti 15. Gettone numero 1 nella stagione 2002/03 in Liga, anch’egli contro il Maiorca.

L’olandese Seedorf è stato uno dei pupilli di Van Gaal sin da subito, ha esordito con la maglia dell’Ajax alla giovanissima età di 16 anni (il più giovane) nella partita di Coppa Uefa contro il Vitoria Guimaraes il lontano 3 novembre 1992. Da quel giorno tantissimi successi nazionali e internazionali, tra cui cinque Champions League con tre squadre diverse (Ajax, Real Madrid e Milan).

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Rashford, uno degli ultimi talenti lanciati da Van Gaal

L’inglese Lingaard è uno dei più recenti, durante la sua ultima esperienza a Manchester.

ATTACCO

Insieme al centrocampista ha esordito (a 18 anni) anche l’attuale numero 10 Reds, Marcus Rashford. Il talentuoso attaccante si è preso la scena dopo l’addio di Rooney e ora è punto fermo della squadra e della nazionale inglese.

La prima punta è Patrick Kluivert. Il bomber è stato lanciato nell’Ajax nel lontano 1994, prima di girare l’Europa al Milan, Barcellona e Inghilterra.

Campioni che devono ringraziare mister Van Gaal per aver creduto in loro, quel mister che ha vinto tanto.

Ole Gunnar Solskjaer sta volando con il suo Manchester United. In meno di un mese ha rivitalizzato la squadra dopo l’esonero di Mourinho. Sei vittorie su sei tra coppa e campionato, nessuno mai ci era riuscito prima nel club inglese. L’ultimo sigillo a Wembley contro il Tottenham. Gol di Rashford, assist di Pogba: due rinati sotto la cura del norvegese. Agganciato l’Arsenal al quinto posto a quota 41, i red devils puntano la zona Champions occupata dal Chelsea a 47. Eppure, il neo manager dello United non fa parlare di sé solo in campo.

Da qualche giorno Giuseppe Rossi si sta allenando con il Manchester. Un favore concessogli dal suo vecchio amico Ole Gunnar, compagno di squadra a Old Trafford tra il 2004 e il 2006. In quegli anni il giovane Pepito disputò due stagioni alla corte di Ferguson, mentre Solskjaer era nella fase finale della carriera. Rossi sarebbe esploso qualche anno dopo tra Parma e Villareal. In Emilia, in sei mesi da gennaio 2007, l’attaccante segna ben 9 gol in 19 partite. In Spagna la stagione migliore è nel 2010-2011: Rossi centra la porta 32 volte in 56 gare disputate.

I troppi infortuni hanno pesantemente condizionato la carriera del classe 1987. In tre anni alla Fiorentina, tra il 2013 e il 2016, gioca solo 42 partite segnando 19 reti. Bersagliato dai problemi fisici, tenta di riprendersi nuovamente in Spagna con Levante e Celta Vigo e poi al Genoa. In Liguria, la scorsa stagione, colleziona solo 10 gettoni segnando un gol. Viene anche trovato positivo dopo il match con il Benevento per un componente utilizzato nei colliri. Rossi viene tuttavia punito solo con una nota di biasimo.

Ora Pepito è svincolato e cerca una nuova risalita bussando alla porta dell’amico Solskjaer. Il tecnico del Manchester ha escluso che Rossi possa restare Oltremanica ma ha speso parole di elogio per l’attaccante italo americano:

No, non firmerà con noi. Non penso proprio. Si sta allenando bene con noi, lo vedo bello pimpante. Sta cercando una squadra che lo ingaggi, perciò rimarrà ancora ad allenarsi anche nella prossima settimana, finché qualche società non lo chiamerà. Ieri in allenamento ha segnato un gol fantastico. Sir Alex (Ferguson, ndr) mi ha chiesto: “Chi è quel ragazzo?”. Lo stiamo aiutando a rimettersi in forma prima del prossimo trasferimento. Se c’è qualche club che sta cercando rinforzi, gli consiglio di essere rapido

 

 

 

Anche da subentrante in panchina fa le cose per bene così come accadeva da giocatore. Ole Gunnar Solskjaer è il nuovo manager dal Manchester United dal 19 dicembre al posto di José Mourinho. Finora in Premier League l’ex attaccante norvegese ha saputo solo vincere. Quattro partite, quattro vittorie: 14 gol fatti, 3 reti subite. Una posizione di classifica sensibilmente migliorata nei distacchi rispetto allo Special One. Sesto posto, ma a sola 3 e 6 lunghezze di distanza da Arsenal e Chelsea che precedono i Red devils. E una serie di giocatori rivitalizzati, a partire da Pogba.


L’obiettivo per Solskjaer è continuare questa striscia positiva anche in FA Cup. Oltremanica il calcio non si ferma mai e oggi è in programma il terzo turno di Coppa d’Inghilterra. All’Old Trafford arriva il Reading, formazione che milita in Championship. Le quattro vittorie consecutive nell’era Solskjaer costituiscono un record prestigioso. Era dai tempi di Sir Matt Busby nel 1946 che il club non raggiungeva un filotto di vittorie simile. Prima di una piccola pausa, il Manchester vuole fare strada in Coppa. Poi si volerà a Dubai, in quello che tutto sembra tranne che un ritiro. La Premier ripartirà il 12 gennaio, il giorno dopo lo United sarà impegnato a Londra con il Tottenham. Solskjaer preparerà la partita nel lussuoso resort “One & Only Royal Mirage Arabian Court” di Dubai, votato tra i migliori 25 alberghi degli Emirati Arabi Uniti.


Lì Pogba e compagni potranno rinvigorire l’amalgama di gruppo persa con Mourinho. L’arrivo di Solskjaer ha fatto bene a diversi campioni che sembravano dispersi. Pogba, ad esempio. Dalle voci su una probabile cessione a 4 reti e 3 assist in tre partite. Poi Rashford (3 gol e 1 assist), Lingaard (2 gol e 1 assist), Martial (1 gol e 1 assist) e Sanchez (1 assist).


Tutto merito del norvegese, abile da subentrante anche quando segnava gol decisivi nel Manchester di Ferguson. Chiedere per informazioni al Bayern Monaco nell’incredibile finale di Champions di vent’anni fa a Barcellona. L’unico problema per giocatori e addetti ai lavori sembra essere solo uno: ma come si pronuncia davvero Solskjaer? La risposta arriva direttamente dall’interessato.

Alain Boksic e Andy Cole, Pippo Inzaghi e Dwight Yorke, Alessandro Del Piero e David Beckham. Juventus Manchester United è stata la sfida regina del calcio europeo degli anni ’90. Prima di Massimiliano Allegri e Josè Mourinho c’erano Marcello Lippi e sir Alex Ferguson. Prima di Ronaldo e Lukaku,  Bobo Vieri e Van Nistelrooij. Lo stadio Delle Alpi e prim’ancora il vecchio Comunale. Old Trafford è rimasto, invece, sempre lì. Una Coppa dei Campioni a testa per le due squadre in quegli anni. I bianconeri con la finale di Roma nel 1996, i diavoli rossi con la rocambolesca finale di Barcellona nel 1999. Prima e dopo ci sono stati 13 precedenti tra le due squadre, analizziamo gli ultimi 5 a Torino.

Coppa Coppe 1983 – 1984. E’ il ritorno della semifinale di una competizione che oggi non esiste più. La Juventus di Trapattoni ha il vantaggio del fattore campo dopo l’1-1 in Inghilterra. Vincono i bianconeri 2-1 con reti di Boniek e Paolo Rossi al 90’, inframezzate dal pareggio di Whiteside. La Juve accede così in finale, che la vedrà trionfante contro il Porto nella gara di Basilea.

Champions League 1996 – 1997. Secondo Gary Neville, la Juventus del 1996 “era la più forte squadra europea che abbiamo mai incontrato”. Ed effettivamente quella squadra, neo campione d’Europa, poteva sfoggiare qualità in abbondanza in ogni parte del campo: da Peruzzi a Ferrara, da un emergente Zidane a Del Piero, con Vieri e Boksic in attacco. E proprio l’attaccante croato realizzò la rete decisiva nella gara di esordio del gruppo C.

Champions League 1997 – 1998. Un anno dopo, sempre durante la fase ai gironi, Juve Manchester è la partita conclusiva del girone B. Inglesi già qualificati, la Juve deve vincere e sperare che nel gruppo D il Rosenborg non vinca ad Atene contro l’Olympiakos. In questo modo i bianconeri passerebbero tra le migliori seconde. All’84’ a Torino la gara è bloccata ancora sullo 0-0 mentre i norvegesi stanno vincendo in Grecia. In un minuto cambia tutto: Inzaghi segna di testa su assist di Zidane, Djordjevic pareggia su punizione per l’Olympiakos. Al Delle Alpi si può festeggiare.

Champions League 1998 – 1999. Le due squadre si incontrano per il terzo anno consecutivo, questa volta in semifinale. All’andata Giggs aveva rimediato a tempo scaduto alla rete di Conte. Era la Juve di Ancelotti, subentrato a Conte, a caccia di una storica quarta finale di Champions consecutiva. Non andrà così per l’incredibile rimonta del Manchester al ritorno. Dopo la mortifera doppietta di Inzaghi, lo United rimonta 2-3 con i Calypso Boys Yorke e Cole assieme al capitano Roy Keane.

Champions League 2002 – 2003.  All’inizio degli anni 2000 la Champions aveva una seconda fase a gironi che precedeva la fase a eliminazione diretta dai quarti di finale in poi. Nel febbraio 2003 la squadra di Ferguson espugna nuovamente il Delle Alpi con un secco 0-3. La doppietta di Giggs e la rete di Van Nistelrooij annichiliscono la Juventus di Lippi. I bianconeri troveranno poi la qualificazione con un gol di Tudor a tempo scaduto nella gara contro il Deportivo La Coruna.

 

Cristiano Ronaldo torna a casa. Nel tempio di Old Trafford in cui è arrivato come una promessa ed è andato via da fuoriclasse. Manchester United Juventus, in programma alle 21 per il gruppo H di Champions League, è la partita di CR7. Con la maglia dei red devils il portoghese ha giocato dal 2003 al 2009, con 292 presenze e 118 gol. In quelle sei stagioni Cristiano vince praticamente tutto consacrandosi come uno dei grandi calciatori della storia dello United. Tre Premier League, una Champions, un Mondiale per club, due Coppe di Lega e una Fa Cup. Il primo Pallone d’Oro lo vince nel 2008 quando gioca in Inghilterra. Poi, nel 2009 il passaggio al Real Madrid per 80 milioni di sterline.


Quando viene ingaggiato dal Manchester, Ronaldo ha 18 anni. E’ uno dei giovani emergenti più promettenti sul panorama internazionale. Si è messo in mostra nel suo Sporting Lisbona, facendo l’esordio in Champions nella stagione 2002-2003 contro l’Inter. Il 6 agosto 2003, per l’inaugurazione dello stadio Josè Alvalad di Lisbona, i biancoverdi dello Sporting incontrano in amichevole lo United. Tra i padroni di casa c’è un giovanissimo Cristiano, con i brufoli in viso e i capelli ossigenati. Sir Alex Ferguson, che attraverso i suoi collaboratori aveva già fatto visionare il portoghese, non ha più dubbi osservandolo dal vivo. In quella partita l’asso portoghese fa letteralmente impazzire il difensore irlandese John O’Shea. Una settimana dopo, per 18 milioni di euro, Ronaldo firma con i Red Devils e viene presentato a Old Trafford assieme al brasiliano Kleberson.

La presentazione con Kleberson e Sir Alex Ferguson

All’arrivo in Inghilterra è solo Cristiano. Vuole mantenere la maglia numero 28 già indossata in Portogallo per non sentire il peso della numero “7”. Quella era stata di George Bests, Steve Coppell, Bryan Robson e David Beckham, passato proprio in quell’estate al Real Madrid. Diventerà anche la sua maglia che lo consacrerà come CR7.

L’esordio è datato 16 agosto, mezz’ora contro il Bolton. Segna il primo gol il 1° novembre 2003 al Portsmouth su punizione, dopo un periodo di adattamento al calcio inglese. La prima stagione è di crescita, 29 presenze in campionato e 4 gol, tra cui il primo nella vittoria in finale di FA CUP ai danni del Milwall. Ma in quel periodo Cristiano è ancora un esterno, un’ala vecchio stampo, non ancora un centravanti di razza come poi diventerà. Nelle stagioni successive il portoghese esplode. Segna il primo gol in Champions contro il Debrecen nei preliminari, contribuisce alle tre Premier di fila vinte dalla squadra di Ferguson assieme a Giggs, Scholes e Rooney. Nella stagione 2007 2008 segna 42 gol in 49 partite, di cui 31 in campionato che gli permettono di vincere il titolo di capocannoniere.

L’8 giugno 2008 è la data cerchiata in rosso nel calendario della sua vita. Allo stadio Lužniki di Mosca Manchester United e Chelsea si contendono la Champions League. CR7 sblocca il match al 26’ con un colpo di testa (Ronaldo, tra i tanti record, è l’unico giocatore ad aver segnato in tre finali di Champions). Pareggia al 45’ Frank Lampard. L’equilibrio regna fino ai calci di rigore. Sul 2-2 si presenta Cristiano dal dischetto. Il suo tiro è parato da Cech. Il mondo potrebbe crollargli addosso, ma il fuoriclasse ha con sé una buona dose di fortuna oltre che un grande talento. Il penalty decisivo per la vittoria del Chelsea è fallito da John Terry, che scivola sul dischetto. Van De Sar respinge il rigore di Anelka, il Manchester United è campione d’Europa, Cristiano vince la sua prima di 5 Champions League.

Un anno dopo lascerà Old Trafford per il Real Madrid, dopo la finale di Roma persa con il Barcellona di Messi. Da allora la maglia numero 7 dei red devils è diventata una maledizione. L’hanno indossata Owen, Valencia, Di Maria, Depay e Sanchez. 34 reti in nove stagioni, il confronto con i 118 gol di Cristiano Ronaldo è impietoso.  Nel 2013 il campione  di Funchal era tornato per la prima volta da avversario, quando il suo Real si qualificò ai quarti di Champions vincendo 2-1 a Old Trafford.  Il gol decisivo fu segnato proprio dal figliol prodigo CR7.

Uno striscione esposto durante Manchester Real del 2013

 

Chelsea Manchester United non è mai una partita come le altre. La rivalità storica tra le due squadre di alta classifica si è accentuata dopo l’approdo di Jose Mourinho sulla panchina dei Red Devils. L’ex tecnico dei Bleus a Londra ha vinto tre Premier League, ma non è più troppo amato a Stamford Bridge. Prima le polemiche con Antonio Conte, quando l’allenatore italiano allenava Hazard e compagni. Poi il finale burrascoso dopo il pareggio in extremis della squadra di Maurizio Sarri nel match dell’ultimo turno di Premier.

Dopo il gol nel primo tempo di Antonio Rüdiger, il Manchester aveva ribaltato il match con una doppietta di Anthony Martial nella ripresa. Al 96’ ci ha pensato Ross Barkley in mischia a regalare un punto prezioso al Chelsea. Proprio dopo il gol del centrocampista di casa si è scatenata una rissa dalle parti della panchina di Mourinho. Un assistente di Maurizio Sarri, Marco Ianni, si è lasciato andare un’esultanza di troppo proprio davanti allo Special One che non ha gradito. Si è così scatenata una rissa furibonda che è stata sedata solo grazie all’intervento degli uomini della sicurezza e dei componenti delle rispettive panchine.

Negli spogliatoi Mou ha poi così commentato:

Sono stato insultato da Ianni e non mi ha fatto piacere. Sarri è stato il primo a venire da me e dirmi che avrebbe risolto il problema: Maurizio mi ha portato nel suo ufficio per scusarsi e ha portato pure il suo assistente affinché si scusasse pure lui. Le ho accettate e non c’è altro da dire

Maurizio Sarri, dal canto suo, ha ammesso l’errore del suo collaboratore:

Sinceramente, non ho visto quello che è successo, ma ho parlato con José e naturalmente ho parlato con il mio staff perché credo fossimo dalla parte del torto. E quindi l’ho affrontato immediatamente in privato

Non bastasse il pareggio beffa e la rissa finale, Mou ha concluso il suo pomeriggio a Stamford Bridge con i fischi e gli insulti dei suoi ex supporter. Il manager portoghese ha rispedito le punzecchiature al mittente indicando con le tre dita il numero di Premier vinte con il Chelsea.

Le tre dita mostrate da Mou ai tifosi del Chelsea